Taranto sul baratro: «buco» da 400 milioni, la città è in ginocchio
Il Comune non ha più un centesimo, tredicesime non pagate, strade al buio.
Un mare di sperperi: da Cito a Forza Italia
di Sandra Amurri
30 Dicembre 2006
LE STRADE quasi buie costellate di buche.
Il clima che si respira girando per la città è triste, desolato, rassegnato. Un’atmosfera cupa che trova un po’ di sollievo negli addobbi natalizi, nelle sole vie del centro, pagati dai commercianti e si infrange nell’attesa di un Capodanno che si presenta con la veste della crisi.
Una crisi economica, il buco in bilancio si aggira intorno a 385 milioni di euro - che ha tutta l’aria di arrivare a un miliardo - e cioè 6 mila euro di «rosso» a famiglia, quella che ha investito Taranto, senza precedenti.
Una crisi che sta creando anche un forte allarme sociale considerato il forte aumento dei furti negli appartamenti, delle auto, degli scippi e grossi problemi di ordine pubblico a causa delle moltissime manifestazioni, cortei e sit-in che ogni giorno bloccano il traffico.
Conseguenza della corruzione, di una gestione politica scellerata iniziata con l’era di Giancarlo Cito, il sindaco che i tarantini avevano proclamato Re, che durante Tangentopoli, prima di finire in carcere, ripeteva orgoglioso «riempiremo la bocca di Di Pietro con il cemento a presa rapida» e terminata con il sindaco forzista Rossana Di Bello, festeggiata da Berlusconi che scese a Taranto per proclamarla primo cittadino, dimessasi dopo solo alcuni mesi da una vittoria che registrava percentuali bulgare.
Un disastro che ora è nelle mani dei tre commissari-liquidatori: Mario Pazzaglia, una vita a girare l’Italia da segretario comunale, che afferma di non aver mai trovato una situazione tanto drammatica; Giuseppe Caricati e Francesco Boccia, inviato dal ministro Amato.
Ma anche della magistratura che dovrà accertare l’esistenza di reati come falso in bilancio per un appalto di 28 milioni di euro per l’illuminazione pubblica ma anche per la gestione a 1000 euro l’anno (sembrerebbe mai pagati) del Parco Cimino affidata a un ristoratore che, anche questo è da accertare, avrebbe svolto lavori edilizi in nero mandando i conti al Comune.
Ma anche per la famosa fontana galleggiante costata due milioni di euro mai entrata in funzione e molto altro.
Per non andare a mettere il dito nella giungla dei dipendenti: dove è stato anche possibile, grazie a misteriosi lavori, che un dipendente, in cinque anni, si sia gonfiato la busta paga di 389 mila euro.
I casi accertati dalla Guardia di Finanza hanno nome e cognome:
- Giuseppe Cuccaro, 429 mila euro;
- Nicola Blasi, 434 mila euro;
e così via che si sentono in diritto di tornare al loro posto in attesa di una sentenza definitiva o magari di una legge, come quella per fortuna scongiurata, che avrebbe cancellato i reati contabili, per essere ripuliti da ogni macchia.
Conclusione: il Comune non ha più soldi neppure per pagare le tredicesime.
Il 2 gennaio, e questa è già una buona notizia, la riceveranno 473 lavoratori delle pulizie nelle strutture comunali.
Mentre solo il 20 gennaio ripartirà l’attività dell’inceneritore, fermo per mancanza di fondi, e poco a poco anche i 49 dipendenti avranno qualche speranza in più di ricevere la tredicesima anche se l’Epifania avrà già spazzato via ogni festa lasciando il ricordo di un Natale che più povero non si può.
Così povero che il 10% ha avuto difficoltà nel comperare generi alimentari.
Mentre la situazione resta drammatica per le cooperative sociali che si sono viste arrivare dal Comune appena 600 mila euro complessivi con cui sono riuscite a pagare solo qualche mensilità ai circa 300 lavoratori che non percepiscono lo stipendio da 11 mesi.
Il rischio è che il Comune, non riuscendo a mantenere l’impegno per i servizi sociali destinati alle fasce più deboli, non riesca neppure a evitare un regresso del welfare che peggiorerebbe la già drammatica situazione in cui versano molte famiglie.
Anche la riapertura di diverse scuole a Taranto significherà rischio di aule gelide a causa dei termosifoni spenti per mancanza di metano.
È accaduto anche che le famiglie abbiano dovuto dare un contributo per pagare le bollette arretrate.
E intanto l’amministrazione Di Bello - mentre aumentava le rette degli asili nido comunali, che ora rischiano di chiudere per mancanza di bimbi perché molte famiglie li hanno ritirati lasciando in mezzo alla strada maestre e personale ausiliario - faceva lievitare le commistioni pubblico-privato con prerogative ai privati per servizi che sono pubblici e affidava gli appalti con evidente sovradimensionamento.
Clientelismo utile per raccogliere voti e far impoverire la città.