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  1. #1
    albisca
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    Predefinito La festa di Ognissanti: tutti siamo chiamati ad essere Santi.


    In principio, la “festa di tutti i martiri”

    La festa attuale di Ognissanti risale al VII secolo, quando papa Bonifacio IV trasforma il Pantheon a Roma in un santuario cristiano e, il 13 maggio 610, lo consacra alla Madre di Dio e a tutti i santi martiri. Da allora, “una festa di tutti i martiri”, fu celebrata il 13 maggio.

    Questa venne spostata al primo novembre sotto papa Gregorio IV (827-844) e celebrata in onore di tutti i santi.

    Posta alla fine dell’anno liturgico, questa festa ricorda la seconda venuta di Cristo e l’instaurazione del Suo regno glorioso.

    La celebrazione di Ognissanti

    Il prefazio della messa propria di Ognissanti dice: “Oggi ci dai la gioia di contemplare la città del cielo, la santa Gerusalemme che è nostra madre, dove l’assemblea festosa dei nostri fratelli glorifica in eterno il tuo nome. Verso la patria comune noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa, che ci hai dato come amici e modelli di vita”.

    La santità: un obbligo per ciascuno

    Conviene, a questo punto, definire cosa si intende per santità.

    Un primo approccio è quello dell’Antico Testamento:

    Dice: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». (Ex 3,5). Dio parla a Mosé in questo modo nel momento in cui gli appar per la prima volta nel roveto ardente. Perché tale luogo è santo? E’ santo perché colui che lo abita è santo. E’ Dio che ci santifica; noi dobbiamo “toglierci i sandali”, cioè tutto ciò che non è compatibile con la Sua presenza.

    “Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono santo” dice il Levitico (11,44).

    Con il Concilio Vaticano II la chiamata alla santità è chiara:

    “Chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto”. (Lumen gentium, n.40).

    San Josemaría, la chiamata universale alla santità:

    Questo è il messaggio di san Josemaría a partire dal 1928; rivolto a tutti i battezzati che vivono nel mondo:

    “«Chi ha detto che, per arrivare alla santità, sia necessario rifugiarsi in una cella o nella solitudine di una montagna?», si domandava, meravigliato, un buon padre di famiglia, che aggiungeva: «Allora sarebbero sante non le persone, ma piuttosto la cella o la montagna. Sembra che si siano dimenticati che il Signore ha detto espressamente a tutti e a ciascuno: siate santi, come è santo il mio Padre celeste».

    Mi limitai a commentare: «Il Signore, oltre a volerci santi, concede a ciascuno le grazie opportune»". (Solco, n.314).

    “La santità: quante volte pronunciamo questa parola come se fosse priva di senso! Molti la considerano addirittura come un traguardo irraggiungibile, un luogo comune della letteratura ascetica, non un fine concreto, una realtà viva. Non la pensavano così i primi cristiani, che usavano il nome di "santo" per chiamarsi fra loro, molto spesso e con la massima naturalezza: Vi salutano tutti i santi; salutate tutti i santi in Cristo Gesù”. (E’ Gesù che passa, n.96)

  2. #2
    albisca
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  3. #3
    albisca
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    O Dio, che per mediazione di Maria Santissima concedesti a San Josemaría, sacerdote, innumerevoli grazie, scegliendolo come strumento fedelissimo per fondare l’Opus Dei, cammino di santificazione nel lavoro professionale e nell’adempimento dei doveri ordinari del cristiano, fa’ che anch’io sappia trasformare tutti i momenti e le circostanze della mia vita in occasioni per amarti e per servire con gioia e semplicità la Chiesa, il Romano Pontefice e tutte le anime, illuminando i cammini della terra con la fiamma della fede e dell’amore. Concedimi, per intercessione di San Josemaría, la grazia che ti chiedo: ... (si chieda). Amen.
    Padre nostro, Ave Maria, Gloria.

  4. #4
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    Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


    PRIMA DELL’ANGELUS

    Cari fratelli e sorelle,
    celebriamo oggi la solennità di Tutti i Santi e domani commemoreremo i fedeli defunti. Queste due ricorrenze liturgiche, molto sentite, ci offrono una singolare opportunità per meditare sulla vita eterna. L’uomo moderno l’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga a una mitologia ormai superata?

    In questo nostro tempo, più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della nostra stessa vita. L’esistenza umana però, per sua natura, è protesa a qualcosa di più grande, che la trascenda; è insopprimibile nell’essere umano l’anelito alla giustizia, alla verità, alla felicità piena. Dinanzi all’enigma della morte, sono vivi in molti il desiderio e la speranza di ritrovare nell’aldilà i propri cari. Come pure è forte la convinzione di un giudizio finale che ristabilisca la giustizia, l’attesa di un definitivo confronto in cui a ciascuno sia dato quanto gli è dovuto.
    "Vita eterna" per noi cristiani non indica però solo una vita che dura per sempre, bensì una nuova qualità di esistenza, pienamente immersa nell’amore di Dio, che libera dal male e dalla morte e ci pone in comunione senza fine con tutti i fratelli e le sorelle che partecipano dello stesso Amore.

    L’eternità, pertanto, può essere già presente al centro della vita terrena e temporale, quando l’anima, mediante la grazia, è congiunta a Dio, suo ultimo fondamento. Tutto passa, solo Dio non muta. Dice un Salmo: "Vengono meno la mia carne e il mio cuore; / ma la roccia del mio cuore è Dio, / è Dio la mia sorte per sempre" (Sal 72/73,26). Tutti i cristiani, chiamati alla santità, sono uomini e donne che vivono saldamente ancorati a questa "Roccia"; hanno i piedi sulla terra, ma il cuore già nel Cielo, definitiva dimora degli amici di Dio.

    Cari fratelli e sorelle, meditiamo su queste realtà con l’animo volto verso il nostro ultimo e definitivo destino, che dà senso alle situazioni quotidiane. Ravviviamo il gioioso sentimento della comunione dei santi e lasciamoci attrarre da loro verso la meta della nostra esistenza: l’incontro faccia a faccia con Dio. Preghiamo che questa sia l’eredità di tutti i fedeli defunti, non soltanto dei nostri cari, ma anche di tutte le anime, specialmente quelle più dimenticate e bisognose della misericordia divina. La Vergine Maria, Regina di Tutti i Santi, ci guidi a scegliere in ogni momento la vita eterna, la "vita del mondo che verrà" – come diciamo nel Credo; un mondo già inaugurato dalla risurrezione di Cristo, e di cui possiamo affrettare l’avvento con la nostra conversione sincera e le opere di carità.

    [01551-01.01] [Testo originale: Italiano]



    DOPO L’ANGELUS


    Je salue avec joie les pèlerins de langue française, en particulier les Orphelins Apprentis d’Auteuil, venus nombreux à l’occasion du 140e anniversaire de la Fondation d’Auteuil. Rendant grâce pour l’engagement des éducateurs, j’invite les jeunes à grandir avec confiance sous le regard de Dieu, qui veut les aider à développer le meilleur d’eux-mêmes et à marcher dans la voie de la sainteté, à l’exemple du Bienheureux Daniel Brottier et de tous les saints que nous fêtons aujourd’hui. Que Dieu vous bénisse tous!

    I offer a warm welcome to all the English-speaking visitors gathered for this Angelus prayer. Today’s Solemnity of All Saints invites us to rejoice in the fellowship of the saints, to imitate their example and to strive to share in their eternal reward. Through their prayers, may all of us be strengthened in our fidelity to the Gospel and its promises. God bless you all!


    Einen frohen Gruß richte ich an die Pilger und Besucher aus dem deutschen Sprachraum, besonders an die Wallfahrer aus dem Bistum Passau. Am Fest Allerheiligen blicken wir voll Dankbarkeit auf die große Schar der Gläubigen, die schon im Himmel an der Herrlichkeit Gottes Anteil haben. Wir alle sind berufen, auf dem Weg der Seligpreisungen Christus nachzufolgen, der uns in die ewige Heimat führen will. Dabei helfen uns die Heiligen durch ihr Vorbild und mit ihrer Fürsprache. Euch allen einen gesegneten Aufenthalt hier in Rom!


    Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española. Queridos hermanos, hoy celebramos la belleza de la santidad de Dios, que brilla de modo especial en sus Santos. Que la intercesión de la Virgen María nos ayude a vivir en plenitud nuestra vocación de hijos de Dios, identificándonos cada vez más con Nuestro Señor Jesucristo. ¡Feliz Fiesta para todos!


    Pozdrawiam obecnych tu Polaków. Dzień Wszystkich Świętych przypomina nam o powszechnym powołaniu do świętości. „Przykład świętych nas pobudza, a ich bratnia modlitwa nas wspomaga" w dążeniu do spotkania z Panem w Jego chwale. Pozwólmy się im prowadzić na codziennych drogach świętości. Niech Bóg wam błogosławi.
    [Saluto i polacchi qui presenti. Il giorno di Tutti i Santi ci ricorda l’universale vocazione alla santità. "Il grande esempio dei santi e la loro fraterna intercessione ci sostengono" nel cammino verso l’incontro con il Signore nella sua gloria. Lasciamoci guidare da loro sulle quotidiane vie della santità. Dio vi benedica.]


    Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo che porta la "Fiaccola del Dialogo" sulle orme di Sant’Agostino. Partita dall’antica Tagaste, in Algeria, la Fiaccola è passata da Ippona, Tunisi e Malta; giunta ad Ostia e quindi a Roma, partirà per Pavia, dove si trova la tomba del Santo. Volentieri benedico questa iniziativa dell’Ordine Agostiniano e questa Fiaccola, simbolo di fede e di pace.

    A tutti i presenti e a quanti ci seguono mediante la radio e la televisione auguro una buona festa di Tutti i Santi.


    [01552-XX.01] [Testo originale: Plurilingue]
    [B0544-XX.01]
    __________________
    "Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero" (Santa Caterina da Siena)


    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  5. #5
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    CAPPELLA PAPALE PER LA SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI, 01.11.2006

    OMELIA DEL SANTO PADRE

    Cari fratelli e sorelle,

    la nostra celebrazione eucaristica si è aperta con l’esortazione "Rallegriamoci tutti nel Signore". La liturgia ci invita a condividere il gaudio celeste dei santi, ad assaporarne la gioia. I santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la liturgia ci esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina. Della gran parte di essi non conosciamo i volti e nemmeno i nomi, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio.

    Quest’oggi la Chiesa festeggia la sua dignità di "madre dei santi, immagine della città superna" (A. Manzoni), e manifesta la sua bellezza di sposa immacolata di Cristo, sorgente e modello di ogni santità. Non le mancano certo figli riottosi e addirittura ribelli, ma è nei santi che essa riconosce i suoi tratti caratteristici, e proprio in loro assapora la sua gioia più profonda. Nella prima Lettura, l’autore del libro dell’Apocalisse li descrive come "una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7,9), segnati con il sigillo di Dio sulla fronte. Questo popolo comprende i santi dell’Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell’inizio del cristianesimo e i beati e i santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca. Li accomuna tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo, sotto l’impulso dell’eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo.

    Ma "a che serve la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità?". Con questa domanda comincia una famosa omelia di san Bernardo per il giorno di Tutti i Santi. E’ domanda che ci si potrebbe porre anche oggi. E attuale è anche la risposta che il Santo ci offre: "I nostri santi – egli dice – non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Per parte mia, devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri" (Disc. 2; Opera Omnia Cisterc. 5, 364ss). Ecco dunque il significato dell’odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei santi risvegliare in noi il grande desiderio della santità. Siamo tutti chiamati alla santità. Questa verità, con vigore ribadita dal Concilio Vaticano II, è oggi riproposta in modo solenne alla nostra attenzione.

    Ma in che consiste la santità? All’interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario semplicemente "servire" Gesù, ascoltarlo e seguirlo senza perdersi d’animo di fronte alle difficoltà. "Se uno mi vuol servire – Egli ci ammonisce - mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Gv 12,26). Chi si fida di Lui e lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé stesso. Egli infatti sa che chi ama la sua vita la perde e chi odia la propria vita in questo mondo "la conserverà per la vita eterna" (Gv 12,24– 25). L’esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce. Ma la storia mostra che non esiste ostacolo e difficoltà che possa arrestare il cammino del cristiano impegnato sulle orme di Cristo. Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio. Hanno perseverato nel loro impegno, "sono passati attraverso la grande tribolazione – si legge nell’Apocalisse - e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello" (v. 14). I loro nomi sono scritti nel libro della vita (cfr Ap 20,12); loro eterna dimora è il Paradiso. L’esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per l’uomo è vivere lontano da Lui.

    La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cfr Is 6,3). Nella seconda Lettura, l’apostolo Giovanni osserva: "Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1 Gv 3,1). E’ Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi. Nella nostra vita tutto è dono del suo amore: come restare indifferenti dinanzi a un così grande mistero? Come non rispondere all’amore del Padre celeste con una vita da figli riconoscenti? Egli si prende cura di noi nonostante i nostri peccati e la nostra ingratitudine; non ci lascia soli e non ci abbandona in balìa di forze ostili e sconosciute, ma amorevolmente ci guida e sostiene sempre con la sua misericordiosa provvidenza. In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, ci ha manifestato e comunicato la sua eterna e perfetta santità e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui. Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a nostra volta, ad amare i fratelli.

    Dinanzi alla grandezza del dono ricevuto è normale che avvertiamo la povertà dei nostri mezzi. Ci conforta però la certezza che Iddio ci ha scelti, afferma san Paolo, in Cristo "prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi" (Ef 1,4-5). Ci ha voluto nel mondo perché fossimo santi. Tutto questo non ci deve inorgoglire né può farci considerare superiori agli altri. Anzi, la consapevolezza di questa scelta, che è alla radice della nostra chiamata alla santità, deve suscitare sentimenti di umiltà e di viva riconoscenza.

    La via che conduce alla santità è rischiarata dalla luce delle Beatitudini, che anche poco fa abbiamo sentito risuonare in questa Basilica. Dice Gesù: Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia (cfr Mt 5,3-10). In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù. E’ Lui, infatti, il vero povero in spirito, l’afflitto, il mite, l’affamato e l’assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l’operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Con le Beatitudini Gesù ci addita come seguirlo ed imitarlo. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela, anche noi possiamo partecipare della sua beatitudine. Con Lui l’impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell’ago (cfr Mc 10,25); con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (cfr Mt 5,48).

    Cari fratelli e sorelle, entriamo ora nel cuore della Celebrazione eucaristica, stimolo e nutrimento di santità. Tra poco si farà presente nel modo più alto Cristo, vera Vite, a cui, come tralci, sono uniti i fedeli che sono sulla terra ed i santi del cielo. Più stretta pertanto sarà la comunione della Chiesa pellegrinante nel mondo con la Chiesa trionfante nella gloria. Nel Prefazio proclameremo che i santi sono per noi amici e modelli di vita. Invochiamoli perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo! Amen.

    [01550-01.02] [Testo originale: Italiano]

    [B0543-XX.01]

    fonte: Sala Stampa della Santa Sede
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  6. #6
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  7. #7
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    Dalla prima lettura ai Corinzi di san Paolo, apostolo 15, 12-34

    Cristo risorto é la speranza dei credenti

    Fratelli, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
    Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi (Sal 8,7). Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.
    Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro? E perché noi ci esponiamo al pericolo continuamente? Ogni giorno io affronto la morte, come è vero che voi siete il mio vanto, fratelli, in Cristo Gesù nostro Signore! Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Èfeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo (At 19,23). Non lasciatevi ingannare: «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi». Ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna.
    Buona giornata a tutti.

  8. #8
    VINCIT OMNIA VERITAS!
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    "O voi che avete gli intelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto'l velame de li versi strani."
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    Chi si rivede!! Ben tornata
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  9. #9
    Amore vince la morte
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    Citazione Originariamente Scritto da albisca Visualizza Messaggio


    O Dio, che per mediazione di Maria Santissima concedesti a San Josemaría, sacerdote, innumerevoli grazie, scegliendolo come strumento fedelissimo per fondare l’Opus Dei, cammino di santificazione nel lavoro professionale e nell’adempimento dei doveri ordinari del cristiano, fa’ che anch’io sappia trasformare tutti i momenti e le circostanze della mia vita in occasioni per amarti e per servire con gioia e semplicità la Chiesa, il Romano Pontefice e tutte le anime, illuminando i cammini della terra con la fiamma della fede e dell’amore. Concedimi, per intercessione di San Josemaría, la grazia che ti chiedo: ... (si chieda). Amen.
    Padre nostro, Ave Maria, Gloria.



    SALVE ALBISCA!

    PF

  10. #10
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    Questo intervento è solo una divagazione, e chi lo salterà non si perderà niente.
    E' che mi ha incuriosito la piccola immagine del Paradiso collocata da Albisca all'inizio di un intervento che confesso di non aver letto. Ho salvato questa immagine per ingrandirla.
    Per quel che si vede è sfacciatamente triteistica, e si affida agli schemi iconografici imperiali. La Santa Trinità è raffigurata al modo di tre sovrani su tre troni identici. In un trono laterale è assisa la Santa Vergine. Tali figure sono servite da un angelo. Ai piedi dei troni gli animali simbolici degli Evangelisti. Davanti ai troni, il coro dei Beati.

    Mi ha fatto venire in mente un raccontino di Buzzati - su cui sto lavorando molto in questo periodo - e ve lo riporto, sperando che a qualcuno possa non dispiacere una pausa letteraria.

    Il primo giorno in Paradiso

    Sei stato buono e onesto. Dopo, salirai in Paradiso. Entrato, ti guarderai intorno. Corrisponde tutto alle previsioni?
    Per prima cosa, essendo gli occhi abbacinati, sarai colpito dalle trombe: le trombe famose degli angeli; cherubini, arcangeli, troni, potenze, dominazioni. Come ponti ricurvi, i loro squilli passeranno da una parte all'altra del creato. Bellissimi. Mai sentiti suoni tanto puri, melodie così sgomentanti. Ogni nota un capolavoro, pur di inventarne anche una sola i musicisti laggiù sulla terra si farebbero cavare gli occhi volentieri. Tu ascolterai, con dei lunghi brividi su per la schiena. Certo non hanno niente a che fare con le classiche fanfare dei bersaglieri e neppure con quelle dell'Aida, non assomigliano neanche alla patetica tromba che eseguì il silenzio fuori ordinanza nel vasto cortile della caserma, 7° fanteria, piazza Sant'Ambrogio, ricordi?, interamente illuminato dalla luna nelle notti di quella primavera (e pareva che dallo strumento il soldatino esalasse l'anima sua, con tanto trasporto suonava, slancio, dedizione, amore).
    Poi, abituati gli occhi all'immensa luce, vedrai la scena. A destra, a sinistra, sopra, sotto, altri beati come te; disposti in cerchi sterminati a scala, un sublime imbuto di anime che si perde inferiormente in una vertigine senza confini, e in alto sale aprendosi verso le maestà sovrumane di un cielo azzurro che pure emana raggi più di mille soli; un po' come nei famosi disegni di Doré. Che cosa ti sostiene nello spazio? Nulla, pare. Eppure non vacilli. Paradisiaca gradinata donde si assiste al trionfo dell'Eterno. Certo è diversa dalle gradinate di San Siro dove andavi la domenica (ricordi? c'era un pallido sole di novembre, la folla ululava, Miglioli batté la punizione, palla a Amadei, Lorenzi scattò verso il centro, Tognon e Foglia gli furon dietro, il pallone guizzò verso la porta, ti batteva il cuore, all'improvviso si vide Amadei lanciato e dinanzi a lui il pallone che gli obbediva...). Ti passerai una mano sulla fronte, sentirai la liscia indefinibile pelle di te beato, che non è pelle e che non ha calore.
    A questo punto ti accorgerai di indossare l'incorruttibile manto dei giusti, per cui nessuno ti ha preso le misure eppure si adatta come un guanto alla tua corporatura. Meraviglia! Par fatto di un'acqua che non bagna, tanto è trasparente; è un tessuto di raggi, è più lieve del pensiero. Lo palpi con curiosità, ne stringi un lembo. Le dita si toccano tra loro come se in mezzo non ci fosse niente. E che bel caldo tiene. Certo laggiù neanche nei primari negozi si trova nulla di simile. Non vien da ridere al ricordo del tuo vecchio abito grigio di tutti i giorni? Era stata all'origine una nobile 'grisaille', poi, i gomiti erano diventati lucidi, i calzoni non tenevano la piega, tua moglie manovarava di nascosto per farlo sparire, ti diceva: 'Ma non hai dignità, diranno che sei proprio un pezzente!', tu però non lo mollavi, ti pareva, indossandolo, di ritrovare un fedele amico. (E le tue scarpe nuove messe appena due volte, che sembravano fatte in Inghilterra, chi adesso le adopera? e quel pullover blu così soffice? e il frac disteso nella naftalina, che pur mettevi un tempo quando c'erano feste, inviti, prime alla Scala, e ci trovavi gusto?)
    A un tratto, dietro le schierate anime, scorgerai le colonne dell'universo, le quali sprofondano a perdita d'occhio negli abissi e dall'opposta parte si smarriscono nelle inconoscibili vastità del tutto. Solo una breve porzione tu ne vedi, senza riuscire a concepirle. Correndo a perdifiato, occorrerebbe forse un mese intero per contornarne una. Spaventose, sono; lisce, assolutamente a picco, nude. Certo, un meschino sasso al paragone è lo spigolo settentrionale dell'Agnèr, ricordi? che pure ti sembrò pauroso visto da sotto coi suoi milleseicento metri di precipizio (come era bello, però, nuvole bianche gli urtavano contro pigramente, si deformavano in silenzio, erano le quattro di un pomeriggio di settembre, tu già vecchio vi fantasticavi sopra agghiaccianti scalate che non avresti mai potuto fare così dimenticando le altre cose della vita). Ma ecco una leggiadra pattuglia di angeli giovanetti, disposti a ghirlanda, avvicinarsi.
    Essi ti offrono manna da mangiare: è una cosa bianca, preparata a piccoli coni su dei gran vassoi lucenti. Ne prendi un pizzico, poi un altro ancora. Gli angeli sorridono. Ma che c'è dentro, per darle questo gusto senza pari? E' dolce, è salata, è amara, sa insieme di fragola e di arrosto, di funghi e di salmone, di capperi e di whisky. Poveri cuochi, laggiù, che sudano e stentano ai fornelli. (E ti pareva una gran cosa la trattoria nel vicolo a Firenze, serrata tra i palazzi cupi, quei crostini, rammenti?, quelle costate mostruose, e l'insalata di zucchini, e i cari amici, e quel Chianti pieno di mistero? Si era già di primavera. Caldo vocìo, benessere. Da un angolo una ragazza forestiera, dalle labbra viola, si mise a cantare un'aria. Una gran cosa, ti pareva!)
    Un'anima gentile si fa accanto. 'Da poco?' chiede. 'Da poco' tu rispondi. 'Anch'io' fa lo sconosciuto. ''Che paura, però, vero?'. Dici: 'Eh, non c'è male.' Lui: 'Che ridicola paura quando si è trattato di partire!' e ride.
    Ma tu non ridi. Quella vitaccia! Stormi angelici battendo all'unisono le ali, intonano, a te d'intorno, inni di trionfo. Vitaccia? Certo: l'affanno quotidiano, di giorno in giorno aspettare qualcosa che non viene e a un tratto tutto è terminato, il lavoro, le passioni infelici, le malattie, le tombe, le paure, l'odio, la povertà, lo sporco. (Vitaccia; ma c'era anche la mamma, il mare azzurro, ricordi?, gli amici, le serate in campagna, la donna che un poco ti amò, vero? , le notti di luna, le città perfino, al crepuscolo, quando i vitrei globi si accendono e stormi di nuove illusioni popolano le case illumninate).
    Sei nella reggia della luce eterna, voli, divori manna, partecipi dell'infinito amore. Ma tu non hai dimenticato. Hai la suprema grazia, ma ricordi. E ricordando soffri. E' il purgatorio.

    (1963)

    PS il corsivo è mio.

 

 
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