Di seguito posto la richiesta di adesione al Campo Antimperialista di Socialismo e Liberazione.
Come potrete leggere c’è una condanna FERMA e COMPLETA del fascismo e quindi anche di tutto il “socialismo” fascista.
Non voglio aprire polemiche con nessuno in merito al Duce e al tipo di regime che creò, voglio solo sottolineare che il concetto di socialismo a cui si richiamava il fascismo è INCOMPATIBILE con quello a cui si richiamano i comunitaristi dell’omonima rivista.
Su questo ci tengo ad essere chiaro perché, purtroppo, nell’ambiente marcio del pettegolezzo giornalistico italiano, di destra o di sinistra, o non si parla dei comunitaristi o si parla di loro intermini di infiltrazione fascista.
Visto che questo è il forum dei comunitaristi continuare a discutere del socialismo della RSI o del giovane Mussolini non fa altro che creare dell’inutile e dannosa confusione. Solo per questo motivo, non per censurare, ho scritto questo messaggio.
Detto ciò se uno vuole pensare che nella RSI ci fu un tentativo di socialismo che ritiene desiderabile e in qualche modo riproponibile, faccia pure.
Per etica della chiarezza io sottolineo che veniamo da esperienze ideologiche diverse, su questo forum ci siamo incontrati su alcune tematice (Libano, critica del neoliberismo, ecc.), ma che andiamo in direzioni diverse. Tutto qui.
Io personalmente sarò disposto a discutere sul sul “socialismo” della RSI solo quando qualcuno mi darà una risposta convinciente su tre fatti stilizzati un po’ inquietanti per chi pensa che nel ’43-45 le imprese del nord vennero socializzate:
1) nel ’43-45 gli operai delle imprese “socializzate” divennero TUTTI comunisti o quasi;
2) gli operai delle imprese “socializzate” furono uno dei gruppi antifascisti più attivi (sabotaggio della produzione, GAP, diffusione stampa clandestina, ecc.);
3) nel Dopoguerra il MSI prendeva il massimo dei suoi voti nelle zone d’Italia che mai avevano cosciuto il “socialismo” fascista (tipo la Campania) e il minimo nelle zone che avevano ben conosciuto il “socialismo” fascista (tipo Sesto S. Giovanni).
Con ciò, a seguire il comunicato di Socialismo e Liberazione:
Cari compagni, vi inviamo questa nostra lettera per chiedere ufficialmente la nostra adesione al Campo. La decisione di fare questo passo proviene dalla constatazione politica maturata in questi anni che il Campo è l’unica struttura che si sia dato un programma coerentemente rivoluzionario, anticapitalista ed antiimperialista, perseguito sia nella teoria che nella prassi. Come aggregazione di libere individualita’ che hanno svolto un percorso politico impegnativo e che ha comportato una seria ed attenta autocritica, abbiamo partecipato alle ultime tre edizioni del Campo, condividendone impostazioni e finalità ed oggi pensiamo sia venuto il momento di chiedere un adesione ufficiale. Fondamentale, per noi, è la costruzione di un vasto ed articolato Fronte antimperialista internazionale che, interpretando al meglio le lotte dei popoli oppressi, sappia creare quelle condizioni necessarie per l’abbattimento del capitalismo e la costruzione del socialismo. Apprezziamo particolarmente, in questo senso, l’opera svolta in questi anni dal Campo sia sul piano teorico, con prese di posizione anche coraggiose sia attraverso l’intervento fattivo in seno al campo comunista nel suo complesso, che hanno sicuramente incoraggiato, chi come noi ritiene centrale la tematica antimperialista. Le lotte di solidarietà con il popolo palestinese, con la resistenza irachena, con il popolo basco e la rivoluzione bolivariana, con gli sfruttati e gli oppressi di tutta la terra, ci trovano in piena sintonia, nel segno di un’urgente ripresa della lotta di classe sul piano interno ed internazionale, che non può non coincidere con le lotte delle masse sfruttate e proletarie in Italia come nel resto del mondo. Non usiamo nasconderci dietro un dito e sappiamo benissimo che l’ostacolo maggiore per la nostra piena e completa adesione al Campo è rappresentata dalla militanza politica in formazioni di destra radicale di alcuni di noi che è comunque terminata molti anni orsono . Abbiamo più volte chiarito con tutti i mezzi a nostra disposizione questo problema, che nonostante riguardi un numero limitato di due o tre persone, ha sempre rappresentato per noi un handicap di partenza. Siamo contenti di questa opportunità per chiarire alcuni punti, speriamo in via definitiva e senza concedere nulla a possibili confusioni . Molto sinteticamente, i pochi (visto che alla nostra Rivista ormai collaborano molti compagni che hanno avuto esperienze politiche di sinistra oppure nessuna esperienza politica), che hanno militato nella destra radicale, hanno dato un taglio netto al loro passato sulla base della semplice constatazione del carattere reazionario e filocapitalista di quell’area . Da questo punto di partenza si è sviluppata l’analisi della contrapposizione capitale/ lavoro come fattore discriminante tra l’adesione a un’ideologia “interclassista” e capitalista come il fascismo e la scelta marxista. Di qui si è innestata la ricerca di un percorso che tenesse conto del fattore della lotta di classe e della validità dell’analisi marxiana dei modi di produzione capitalistici, coniugando questo filone con la lotta internazionale dei popoli oppressi, in questo coadiuvati sicuramente dall’apporto di molte persone incontrate durante questo cammino culturale e politico, tra i quali sicuramente dobbiamo citare Costanzo Preve, al quale siamo debitori di una visione filosofica che attualizza il pensiero comunista in modo, secondo noi, esemplare. In questa elaborazione pensiamo che la resistenza comunitaria popolare sia sicuramente un tassello nella variegata e tutt'ora endemica resistenza globale all'ordine imperialistico. Ma siamo altrettanto convinti che essa è destinata ad essere fenomeno localistico e controproducente se non si accompagna ad autentiche visioni sociali di liberazione internazionale e di classe. La guerra alla Yugoslavia e all'Iraq hanno dimostrato che, o il piano dello scontro è internazionale e contempla due campi a confronto (ovvero un campo ostile a quello imperialistico americano), o lo scontro non sussiste. Per dirla con Mao (pur non essendo noi "maoisti"), "la lotta di liberazione nazionale è in'ultima analisi lotta di classe". In questo contesto potrebbero trovare espressione anche molte istanze tese all'autodeterminazione di diverse "nazioni senza stato". Istanze che avrebbero un effetto dirompente anche sulle politiche coloniali degli obsoleti stati-nazione: ma in un quadro costruttivo, in una prospettiva di ridefinizione di un vasto campo antimperialista; non ovviamente nel quadro di una strategia americana per la disintegrazione dei propri possibili antagonisti sul piano capitalistico: come il regionalismo –federalistico liberista, tanto per capirci. E' nostra convinzione, infatti, che il problema della liberazione sociale dai rapporti di produzione capitalistici non deve lasciare sullo sfondo, irrisolto, quello della liberazione nazionale dal dominio imperialistico. Quest’ultimo, si badi bene, assume valenze differenti, ma non prive di decisive connessioni, per i paesi «non centrali» del sistema geopolitico occidentale/capitalistico, da un lato, e per quelli più direttamente dominati da quest’ultimo (e in particolare dal paese «centrale» del sistema cioè gli Stati Uniti d’America) dall’altro. La liberazione nazionale (che ha in vista la costruzione di una nazione indipendente) è da noi concepita come passo per la liberazione sociale , e non certo come volano per un rafforzamento delle classi dominanti nazionali, per cui, in definitiva, la posizione «nazionalitaria» progressiva e libertaria si contrappone senza ambiguità ad ogni visione reazionaria o borghese della questione nazionale, e ha per scopo la costruzione di un vero internazionalismo tra popoli liberi per la costruzione del socialismo Da queste considerazioni abbiamo, quindi, dedotto in modo chiaro , naturale e consequenziale quello che avevamo già abbozzato anni addietro, e cioè il fatto che il fascismo sin dal suo affacciarsi sulla scena politica italiana sia stato un chiaro fenomeno nazionalista e social-imperialista, nato all’interno delle esigenze della classe dominante italiana negli anni venti, come strumento “emergenziale” per fare fronte alla crisi economica del primo dopuguerra ed all’insorgenza delle classi popolari come protagoniste dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917. In quest’ottica si dispiega , infatti, in tutta la sua chiarezza, la precisa scelta “interventista “ di Mussolini che assume con questa scelta la responsabilita’ di interpretare la volonta’ della neonata borghesia imprenditoriale italiana di esercitare un ruolo nel ridisegnamento degli assetti economici e militari in Europa. Ci teniamo a precisare, infatti, che queste conclusioni non sono state il frutto di un “illuminazione sulla via di Damasco” ma di un serio e meditato percorso di approfondimento ed analisi. In questo senso anche il fenomeno “sansepolcrista” è da noi ritenuto chiaramente un diversivo di tipo “populista” che è stato utilizzato lo spazio di un mattino, per irretire le masse popolari allora organizzate in un forte Partito Socialista e che già nel 1920 si rivela essere un espediente teso a reprimere il movimento operaio, in particolare attraverso le squadre finanziate ed organizzate dagli agrari con la complicita’ del potere monarchico che troveranno la sola opposizione armata degli Arditi del Popolo al ricordo dei quali abbiamo dedicato molti articoli e recensioni. Il sansepolcrismo, abbandonato subito dagli onesti sindacalisti rivoluzionari, uno per tutti De Ambris --che già nel 1920 ne denunciava il carattere “conservatore ed antiproletario”-- è la “maschera socialistoide” che il fascismo abbandona immediatamente, per proporsi già nel 1921-1922 come Partito d’ordine e di sicurezza per il potere borghese e la Monarchia sabauda. Il regime fascista del Ventennio, dal canto suo, ha coerentemente espresso la sua politica capitalista attraverso il corporativismo, vero e proprio tentativo di eliminare il conflitto di classe tra capitale e lavoro a favore del primo, e la repressione di ogni tentativo di organizzare la classe operaia con le leggi liberticide e la feroce persecuzione attuata nei confronti dei comunisti. Sul piano internazionale, ha perseguito una politica di espansione colonialista ed imperialista necessaria ai piani di espansione del capitalismo italiano (Eritrea, Libia Albania, Jugoslavia…) e l’alleanza con il nazismo che ha portato l’Italia ad intraprendere una guerra disastrosa in piena collaborazione con l’aberrante ideologia razzista hitleriana, in questo accentuando il nazionalismo espansionista prefascista sino al parossismo mitologico della Nazione, paravento degli interessi capitalistici della borghesia italiana. Dopo l’8 settembre e lo sbandamento del Regime, la sudditanza militare del fascismo al nazismo hitleriano diventa evidente con l’invasione e l’occupazione tedesca del paese, e il tentativo di verniciatura “socializzatrice” che il fascismo compie non attenua, di fatto, il carattere conservatore e filocapitalista dello stesso, ma ne esalta, al contrario, l’opportunismo politico. La collaborazione con l’occupante tedesco pone, inoltre, un’ulteriore aggravante a carico del fascismo : quello di essersi dimostrato un regime che non ha esitato a mettere a repentaglio l’indipendenza nazionale, rispristinata solo grazie alla lotta partigiana capace di unire la lotta per il Socialismo con quella per l’indipendenza dall’occupante in chiave antiimperialista. La storia del neofascismo comincia, infatti, proprio a Salò, con l’intervento dei servizi angloamericani e delle strutture parallele della NATO, interessate al sorgere di un Partito, come il MSI, che fosse oggettivamente filoatlantico e filoborghese da utilizzare in funzione anticomunista, compito che ha svolto appieno sino alla sua trasformazione in Alleanza nazionale. Il MSI, al di là della sua contraddittoria ed ambigua propaganda giovanile, ha sempre scelto il campo dell’imperialismo filo-USA, sin dal voto a favore dell’ingresso nel Patto Atlantico nel 1952, e ha sempre svolto il duplice ruolo di irretire migliaia di giovani con visioni romantiche e sentimentali di un fascismo mai esistito nella realtà, e di indirizzarli in veste di “truppa di complemento” contro partiti ed organizzazioni della sinistra. Il giudizio sul neofascismo nel suo complesso, e nel suo dipanarsi nei 50 anni dal dopoguerra ad oggi, non può che essere totalmente negativo : la sua funzione è stata controrivoluzionaria e oggetto delle più ignobili infiltrazioni di poteri forti e di trame pilotate da servizi segreti ed apparati della NATO . Oggi il neofascismo, tenta la riabilitazione come catalizzatore di estrema destra di istinti xenofobi ed antiislamici, ancora una volta incoraggiato e sostenuto da partiti della destra istituzionale allo scopo di svolgere la medesima funzione svolta negli anni Settanta , stavolta in chiave antiaraba. Ieri per la DC, oggi al servizio di AN e la Lega. Quel che deve preoccupare oggi, non è tanto la consistenza del fenomeno in termini aggregativi, ma il fatto che certe “parole d’ordine” o strategie politiche di quell’area siano solo l’esasperazione estremistica di pulsioni presenti in ampi strati reazionari del centrodestra . La lotta contro questi fenomeni deve avvenire, secondo noi, sul piano politico e culturale smascherandone il falso antimperialismo, che è assolutamente contraddittorio con le loro posizioni anti-immigrazione e antiislamiche, e un antiamericanismo parolaio che è seriamente inficiato dalla nostalgia di un “imperialismo europeo” concorrente, in nulla anticapitalista e democratico, ma poggiante su “comunità organiche” dal sapore evoliano e medievale . Deve far riflettere molto i comunisti che giovani proletari si sentano attratti da queste tesi deliranti e che le formazioni di estrema destra peschino in un bacino tradizionalmente operaio e proletario nelle grandi città. Su questo noi crediamo che l’intervento degli antiimperialisti ed anticapitalisti coerenti e non irretiti dalla sinistra imperiale e borghese può fare molto, perché solo con un approccio culturale e politico credibile antiimperialista e di classe si possono strappare i proletari alle sirene dell’estremismo di destra . Queste sono le nostre posizioni sull’argomento, ed esse sono ormai “patrimonio genetico” di tutti quelli che animano “Socialismo e Liberazione” in una coerente e rivendicata collocazione anticapitalista, antimperialista, comunista e nazionalitaria . Siamo lieti con la richiesta di aderire al Campo, di aver potuto ancora una volta spiegare le nostre posizioni, sperando di aver chiarito ogni dubbio residuo, , convinti come siamo di poter dare un valido e fattivo contributo allo sviluppo delle tesi e dei programmi del Campo stesso. Saluti antiimperialisti ai compagni del Campo. SOCIALISMO E LIBERAZIONE
P.S. per i moderatori
Vi consiglio di mettere questo comunicato in evidenza.