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  1. #1
    Il Patriota
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    Thumbs up Onore agli Hezbollah: dopo due settimane di assedio Bint Jbeil non cede!!!

    Libano: soldato israeliano ucciso
    Nasrallah, il conflitto e' entrato in una nuova fase
    26-07-2006


    (ANSA) - DUBAI, 26 LUG - Un soldato israeliano e' rimasto ucciso e altri cinque feriti nei duri combattimenti contro gli Hezbollah per la conquista di Bint Jbeil.Lo afferma la tv 'al Jazira'. Un portavoce a Gerusalemme ha affermato che nei combattimenti di Bint Jbeil 'diversi soldati' sono rimasti feriti. Intanto l'ambasciatore d'Israele negli Usa Ayalon ha detto che gli hezbollah dispongono di missili a lungo raggio, mentre il leader di Hezbollah Nasrallah ha indicato che il conflitto e' entrato in una nuova fase.

  2. #2
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  3. #3
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    HUSSEIN HAJI HASSAN

    «La pace non passa da Roma
    Ci difendiamo dagli aggressori» Un leader Hezbollah: ««Non abbiamo cominciato noi»

    Dal nostro inviato

    BEIRUT — La Conferenza di Roma? «Parole inutili. Aria fritta». Nessuno spazio per il compromesso. I dirigenti dell’Hezbollah in Libano si sentono braccati e rispondono duri contro Israele, gli Stati Uniti e l’intera comunità internazionale. Per loro incontriamo al Parlamento Hussein Haji Hassan, 47 anni, originario di Baalbek, professore di biofisica con laurea a Parigi, deputato dal 1996 tra i 14 del suo partito.
    A Roma si cerca una formula per il cessate il fuoco e la pacificazione del Libano. È possibile?
    «Siamo stanchi di conferenze che non conducono a nulla. Ne abbiamo viste troppe: Madrid, Oslo, Camp David, Wye Plantation e infinite altre. Tante promesse, che si sono rivelate altrettante delusioni per il mondo arabo. L’Europa poi è un ridicolo burattino nelle mani di Washington. La via è molto più semplice e non passa da Roma. Prima di tutto occorre che Israele cessi la sua aggressione ingiustificata contro il Libano. Occorre il cessate il fuoco immediato».
    Come?
    «Si decide che domani a una certa ora si smetterà di sparare, punto e fine. Ecco il cessate il fuoco. Non siamo stati noi a iniziare questa guerra».
    Scusi, ma siete stati voi a uccidere e rapire i soldati israeliani il 12 luglio. Da sei anni gli israeliani avevano lasciato il Libano. E non volevano tornarci.
    «Questa è una grande menzogna. Israele continua ad aggredire tutto il mondo arabo. Perché non raccontate del pastore libanese ucciso 4 mesi fa e dei pescatori feriti? Israele occupa ancora la zona di Sheba. E ci sono tre prigionieri libanesi che noi vogliamo liberare. Sono: Samir Countar, attivista comunista, rapito nel 1977; Tehya Skaff, un druso rapito nel 1984. E c’è Passim Nisr, rapito nel 1994. Avrebbero dovuto essere resi nello scambio di prigionieri mediato dai tedeschi nel 2004. Allora fu Israele a non mantenere i patti. E noi avvisammo che per liberare i nostri fratelli avremmo catturato alcuni soldati israeliani. Non ci hanno creduto».
    Dunque basta liberare i 3 libanesi e voi liberate gli israeliani?
    «Troppo facile. Ora potremmo chiedere in cambio anche migliaia di palestinesi».
    La vostra azione è legata ai fatti di Gaza?
    «In Libano vivono oltre 600.000 palestinesi, non possiamo ignorare le loro ragioni. Forse noi abbiamo commesso un errore tattico, avevamo sottovalutato la reazione israeliana, perché essa è dettata dagli Stati Uniti, che vogliono l’annientamento dell’Hezbollah, come di Hamas e dell’Iraq».
    Cosa pensa di una forza internazionale nel Libano del Sud?
    «Troppo presto parlarne. Prima di tutto si arrivi al cessate il fuoco, poi si vedrà».
    In Libano il fronte del 14 marzo, che raccoglie cristiani, drusi e sunniti, vi accusa di aver agito unilateralmente, di avere provocato i bombardamenti israeliani e chiede il vostro disarmo. Che rispondete?
    «Con loro faremo i conti dopo. Dovranno spiegare politicamente le loro critiche. Ma per ora non c’è spazio per le polemiche interne. Dobbiamo fare fronte comune contro l’aggressione israeliana. E comunque sino a qualche giorno fa con loro c’era un dialogo quotidiano, mirato ad affrontare le loro richieste sul nostro disarmo. Non lo abbiamo mai escluso. Ma adesso tutto questo è saltato, i nostri soldati combattono una guerra di difesa».
    Vi accusano di avere un’ideologia pan-islamica, legata a Siria e Iran, che ignora gli interessi libanesi.
    «Non è un mistero che siamo un partito pan-islamico. Eallora, che c’è di male? Noi non riconosceremo mai Israele, che voi occidentali avete impiantato nel mezzo delle terre arabe. Ma voglio anche dire al premier italiano Prodi che non si lasci ingabbiare nell’impotenza europea. Reagisca agli americani e ascolti le nostre ragioni».
    Lorenzo Cremonesi
    26 luglio 2006

  4. #4
    Il Patriota
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    SCONTRI IN LIBANO: "ALMENO 12 SOLDATI ISRAELIANI UCCISI"


    Roma, 26 lug. (Apcom) - Secondo la tv al Arabiyah, sarebbero almeno 12 i soldati israeliani uccisi in combattimento con i miliziani degli Hezbollah nei pressi della cittadina Bin Jbail nel sud del Libano.
    Secondo l'altra emittente araba, Al Jazeera - che ha riferito di 9 soldati uccisi- ci sarebbero anche "numerosi feriti, tra i soldati israeliani" e parla di "difficoltà dell'esercito israeliano a recuperare il corpo delle vittime e prestare soccorso ai soldati feriti. "Due mezzi corazzati, sono stati saltati in aria a causa di ordigni collocati dai miliziani degli Hezbollah", sarebbe la causa dell'alto numero di vittime israeliane, come afferma l'inviato dell'emittente al Jazeera.

  5. #5
    Il Patriota
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    Libano:tv, morti 12 soldati Israele
    Radio israeliana, 13 militari colpiti da Hezbollah
    26-07-2006 11:04


    (ANSA) - BEIRUT, 26 LUG - 'Un largo numero' di soldati israeliani, almeno 12, sono stati uccisi nei combattimenti nel Sud del Libano, dice la tv al Arabiya. Intanto la radio militare israeliana ha comunicato che almeno tredici soldati sono stati colpiti dal fuoco di miliziani Hezbollah che da diverse ore infuria nella citta' di Bint Jbel. L'emittente non ha precisato quanti di essi possano essere morti.

  6. #6
    Non sono d'esempio in nulla
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  7. #7
    Il Patriota
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    sotto il fuoco sionista Bint Jbeil "citta martire"


    Libano - Pesanti bombaradamenti israeliani nella notte su Bint Jbail
    27-07-2006

    L'aviazione israeliana ha pesantemente bombardato durante la notte la zona di Bint Jbail, la città libanese a 4 chilometri dal confine israeliano dove ieri 8 soldati di Tel Aviv sono stati uccisi nel corso del più duro combattimento dall'inizio del conflitto. E questa mattina i caccia hanno colpito anche a nord di Beirut, distruggendo altri ripetitori televisivi.

  8. #8
    Il Patriota
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    Maurizio Blondet
    26/07/2006


    LIBANO - Notevole il sermone che Muktada al-Sadr, il giovane imam sciita iracheno e capo della temibile «armata Mehdi» ha tenuto a Kufa venerdì scorso: «Continuerò a difendere i miei fratelli sciiti e sunniti, e dico loro: se ci uniamo, sconfiggeremo Israele, e senza armi». (1)
    E' un effetto collaterale imprevisto del brutale attacco israeliano in Libano, e della fiera resistenza che continuano ad opporre gli Hezbollah: emerge uno spirito di resistenza che tende a superare le divisioni settarie.
    Un effetto sgradito, se si pensa agli sforzi che americani, Mossad e sauditi (coi loro «Al-Zarkawi» e squadre di massacratori di sciiti) hanno fatto per scatenare la guerra civile irachena.
    Invece, nel povero lacerato parlamento-fantoccio di Baghdad, è accaduto l'inaudito: sciiti, sunniti e curdi hanno votato unanimi una mozione di condanna ad Israele con la richiesta di un cessate il fuoco.
    In visita a Washington, il primo ministro iracheno-fantoccio Nuri Al-Maliki si è rifiutato di definire gli Hezbollah «terroristi»: fantoccio, ma sciita e coraggioso uomo d'onore.
    Quanto ad Al Sistani, il grande ayatollah, ha emanato una fatwa contro Israele.
    Avviene lo stesso in Libano.
    Israele, distruggendo le infrastrutture di tutti e infliggendo perdite umane ai libanesi incolpevoli, sperava di coalizzare le altre denominazioni, specie i maroniti, contro i provocatori Hezbollah.




    Al contrario; il generale Michel Aoun, tornato da 14 anni di esilio ed ora capo del terzo partito libanese, cristiano da tutti rispettato perché guidò la resistenza contro la Siria, ha ordinato a chiese, parrocchie e conventi di aprire le porte ai profughi sciiti in fuga dal sud, in quanto concittadini nel bisogno.
    Aoun si è alleato politicamente con gli sciiti in una visione generosamente nazionale.
    «Un Libano unito deve includere gli Hezbollah perché sono parte integrante del nostro popolo», ha detto ad Al-Jazeera (2).
    Non a caso il suo partito si chiama Libero Movimento Patriottico.
    «Vogliamo creare insieme alla gente una cultura a-confessionale, in modo che sia il popolo a richiederla, affrontando i capi religiosi che la rifiutano», dice il programma del partito.
    Negli anni '80, l'OLP coi suoi profughi palestinesi riparati in Libano non ebbe certo l'appoggio dei cristiani.
    Fu facile a Giuda aizzare i capi-milizia maroniti contro questi stranieri, fino alla strage di Sabra e Shatila e all'espulsione delll'OLP.
    Ma gli Hezbollah non sono stranieri.
    Sono libanesi.
    Gli sciiti, il 40% della popolazione, confidano in Hezbollah come partito politico e organizzazione sociale efficiente, che si prende cura degli orfani, vecchi e invalidi.
    Il partito di Nasrallah ha deputati e ministri.
    Qui la differenza.




    Ancor più fa la differenza la fiera e ben organizzata resistenza che i guerriglieri Hezbollah continuano ad opporre all'esercito israeliano, anche dopo due settimane di bombardamenti incessanti.
    Una delle armate più potenti del pianeta non riesce a piegare forse meno di 5 mila combattenti, letteralmente incastrati nel terreno - la loro terra - in cunicoli e bunker, sorprendentemente ben addestrati e forniti di mortai ed armi anticarro, coraggiosi e animati dallo spirito sciita del martirio.
    La rivista Jane's ha paragonato gli Hezbollah ai Vietcong.
    Ma hanno appreso qualche lezione anche dai ceceni, il solo altro gruppo guerrigliero che si è mostrato capace di affrontare tenacemente un esercito potente.
    Per il «glorioso» Tsahal, troppo abituato a «vincere» a Gaza contro ragazzini armati di pietre e militanti armati di kalashnikov, mal riforniti e non addestrati alla guerriglia, è stata un'amara sorpresa.
    «E' guerra vera», ha detto il comandante di un gruppo corazzato isareliano di ritorno con un carico di feriti.
    «Quasi tutti i nostri mezzi sono stati bucati», ha detto un infermiere sionista.
    Gli Hezbollah hanno missili anticarro capaci di neutralizzare un carro armato Merkavah.
    Nelle facce esauste dei soldatini israeliani, l'inviato del Times ha visto la paura.
    Il generale Shuki Shachar, vicecomandante ebreo delle forze del nord, ha ammesso:
    «Non voglio dare voti al nemico, ma questi combattono. Non scappano». Naturalmente ha aggiunto: «Sono fanatici, altamente motivati».




    Giora Eiland, già capo del Consiglio di Sicurezza nazionale d'Israele, dubita perfino della saggezza della penetrazione terrestre di Tsahal: «Il prezzo di questa azione sarà alto, la sua efficacia bassa». (3)
    S'intende che alla fine la potenza di fuoco e la brutalità senza limiti di Tsahal avrà la meglio.
    Ma intanto, la resistenza imprevista rallenta il piano di una liquidazione di Hezbollah «in tre settimane», che fu presentato un anno fa dagli israeliani, con tanto di presentazione PowerPoint, a giornalisti, diplomatici e analisti USA.
    E ogni giorno in più che passa, aumenta la legittimità di Hezbollah - che si va configurando come un vero esercito nazionale libanese - e la sua reputazione presso le piazze arabe, non abituate a vedere qualcuno dei loro che resiste con tanto successo agli ebrei.
    Nasrallah, il capo, viene continuamente intervistato dalle TV islamiche, e diventa di ora in ora più popolare.
    Anzi, si va profilando come un incubo per i tiranni musulmani filo-americani (o loro servi) come i sauditi e i giordani, che sono sunniti: perché Nasrallah è sciita, e la sua stella sorgente evoca la possibilità di un'egemonia unificante sciita - iraniana - nel mondo musulmano.
    Il discorso di Al-Sadr e il coraggioso rifiuto di Al-Maliki di condannare Hezbollah di fronte a Bush dice che proprio questo può avvenire in Iraq.
    Il risultato può essere un'estensione di guerriglie asimmetriche sferrate da entità non-statali e quasi invisibili (come gli Hezbollah sul loro terreno) capaci di ritorsioni sanguinose alle aggressioni.




    Per contro, il tempo che passa non è a favore di Israele.
    Nonostante gli sforzi dei suoi servi nei media euro-americani, la sua guerra unilaterale rivela ogni giorno di più la sua criminosa atrocità.
    L'uccisione di quattro osservatori ONU nel Libano meridionale è stata definita «deliberata» da Kofi Annan, e non l'hanno fatto gli Hezbollah, ma l'aviazione ebraica.
    E benchè i media occidentali ne tacciano, tutti i media arabi riportano sempre più chiari indizi di come l'attacco israeliano al Libano sia stato deliberato, progettato in anticipo e non provocato. L'agenzia SANA, ad esempio, riferisce di una rete di spie israeliane smantellata in Libano: «Membri della rete, forniti di apparati tecnici e di comunicazione avanzati, selezionavano bersagli nei sobborghi meridionali di Beirut 'illuminandoli' per guidare su di essi gli aerei d'Israele», scrive il giornale libanese A-Safir».
    E aggiunge: «Uno dei capi dei questa rete, sotto interrogatorio, ha confessato che Israele aveva messo in allarme le cellule dormienti in Libano quattro giorni prima dell'arresto dei due soldati israeliani, fornendo loro direttive e gli apparati tecnologici per illuminare i bersagli». (4)
    Dunque «quattro giorni prima» del cosiddetto attacco proditorio in cui Hezbollah avrebbe «rapito» due innocenti soldatini di Tsahal, pretesto della risposta «sproporzionata» israeliana.
    I nostri giornalisti noachici potranno tacere questo genere di notizie.
    Ma ogni giorno che passa, Israele che carbonizza bambini e uccide caschi blu perde un po' di credibilità morale; la sua pretesa di essere stata provocata perde legittimità.




    Le opinioni pubbliche musulmane sanno ormai, dalle loro TV, quello che i lettori del Corriere e del Foglio ignorano ancora, e che sanno invece i nostri lettori: l'aggressione non si fermerà al Libano, ma è parte di un piano per «rifare un nuovo Medio Oriente» con ulteriori guerre a Iran e Siria, Libia e Sudan e Somalia.
    Sanno che Israele vuole annettersi il corso del fiume libanese Litani, per sottrarre acqua agli arabi. Sanno che Israele vuole attaccare la Siria perché è d'ostacolo al progetto dell'oleodotto che dovrebbe portare il greggio dell'Iraq da Kirkuk (in mano ai curdi collaborazionisti) ad Haifa, per far godere lo Stato ebraico dell'oro nero saccheggiato agli iracheni.
    I nostri servi possono ripetere che Israele «non fa altro che difendersi» e che «non vuole conquistare territorio».
    I musulmani sono al corrente che quel che avviene è parte del progetto stilato da Richard Perle nel '96, intitolato «Un taglio netto» (A clean break) per «mettere in sicurezza il regno» (d'Israele).
    In questo documento, si additavano le seguenti tappe:
    - l'annullamento del processo di pace di Oslo (fatto);
    - l'eliminazione di Arafat (fatto);
    - il rovesciamento di Saddam Hussein (fatto)
    - e lo smembramento dell'Iraq in statarelli mono-etnici e mono-settari, in cui - fra l'altro - ritagliare uno «Stato palestinese» coi i palestinesi che Israele conta di espellere in massa e deportare dai territori occupati, che diverranno sacra terra del «regno di David» redivivo.
    Questo è il «nuovo Medio Oriente» di cui parla Condi Rice.




    Gli arabi e i musulmani ormai lo sanno, e ne traggono le conclusioni: sentono l'urgenza di rispondere a questo attacco, che li minaccia tutti, con un nuovo spirito di unità.
    Che riescano davvero ad agire uniti, è da vedere.
    Ma già la loro presa di coscienza contrasta con lo spettacolo miserevole di servilismo che danno gli europei nel cosiddetto vertice di Roma.
    Basti un solo episodio, riportato da Reseau Voltaire.
    Alle prime bombe sul Libano, Chirac aveva mandato il ministro degli eEsteri Villepin a Beirut, a difendere quel che resta là degli interessi francesi.
    Ma al vertice del G-8 a San Pietroburgo, Bush ha bloccato i francesi.
    Dicendo chiaramente, e brutalmente, che l'attacco in corso non era un'operazione israeliana approvata dagli USA, bensì un'operazione americana condotta attraverso Tsahal.
    Decisa tra Dick Cheney e Benjamin Netanyahu in un colloquio a Beaver Creek, il 17-18 giugno, a cui erano presenti Richard Perle e Nathan Sharanski, il capo del partito ebraico razzista.
    De Villepin non ha potuto che abbozzare, e dire a Beirut solo buone parole. (5)
    E a Roma, D'Alema si è impegnato per una partecipazione italiana alla forza d'interposizione. Speriamo solo, visto com'è andato il vertice, che non se ne faccia niente: non è allegro essere mandati nel tritacarne, esposti agli attentati «false flag» che sono la specialità giudaica, e insieme agli attacchi Hezbollah




    Forse Condi Rice faceva bene a dare al suo nuovo amico questa ultima informazione, che i media italiani non riportano: in Libano, le operazioni di Tsahal sono sotto la supervisione del Pentagono.
    Se ne occupa il generale Bantz Craddock, in quanto capo del Comando Sud.
    Craddock, un esperto di guerra corazzata, è un favorito di Donald Rumsfeld - il che può spiegare gli ultimi insuccessi israeliani - e lo ha aiutato ad allestire il lager di Guantanamo per i «combattenti nemici».
    E' dunque anche un esperto di tortura e repressione.
    Del resto quest'uomo è un membro di spicco della Jinsa, Jewish Institute for National Security Affairs: ossia non solo un fiduciario dei giudei, ma uno che ha dovuto studiare il «pensiero» neo-barbarico di Leo Strauss, di rigore alla Jinsa.
    A novembre, Craddock sarà nominato capo dell'European command della NATO.
    Potrebbe essere lui a dirigere dunque la «forza d'interposizione» a favore di Israele in Libano.
    Lui a comandare «i nostri ragazzi» in guerra per Giuda: c'è da tremare.




    Maurizio Blondet





    --------------------------------------------------------------------------------
    Note
    1) Pepe Escobar, «The spirit of resistance», Asia Times, 26 luglio 2006.
    2) Margaret Griffis, «Israeli onslaught may spark Aounist resurgence», Antiwar.com, 26 luglio 2006.
    3) Sami Moubayed, «Hezbollah banks on home-ground advantage», Asia Times, 26 luglio.
    4) «An israeli spy network arrested in Lebanon», SANA, 22 luglio 2006, ore 14.50.
    5) Thierry Meyssan, «Les néo-conservateurs et la politique du chaos constructeur», Reseau Voltaire, 26 luglio 2006.




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  9. #9
    kalashnikov47
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    Anche oggi Beint Jbeil resiste!
    Onore agli eroici difensori della terra libanese!

  10. #10
    schwarzewolf
    Ospite

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    Onore e gloria ai Guerrieri Hezbollah!
    Morte ai criminali sionisti!

 

 
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