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  1. #1
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    Consulta e nuovo Statuto.

    L’Unione Sarda, 22.05.06


    Manca l'anello che unisce l'Isola
    Francesco Casula

    Aver abbandonato la Costituente, da parte della maggioranza che governa la Sardegna, è stato un gravissimo errore. Ma non tanto o non solo perché la scelta della Consulta ha spaccato il Consiglio regionale e ha visto la minoranza votare contro: ricordo che intorno all’ipotesi dell’Assemblea Costituente si era invece creato un vastissimo fronte unitario con l’adesione di sindacati come la Cisl e la Css; quanto perché quello strumento era un modo migliore e più democratico per riscrivere la Nuova Carta Costituzionale della Sardegna, per regolare con un nuovo patto fra i Sardi, i rapporti fra la Sardegna, l’Italia e l’Europa e insieme per definire e sancire le prerogative e i poteri di una Comunità moderna, orgogliosa e sovrana. Poteva essere un’occasione formidabile per mettere in campo il
    protagonismo e la partecipazione diretta dei Sardi, per realizzare un grande movimento di popolo, finalmente coeso, che creda in se stesso e che prenda coscienza della sua Identità. Si dirà che una siffatta Carta di sovranità può comunque riscriverla e rifarla la Consulta proposta e votata dal Consiglio
    regionale. Può darsi. Ma senza il coinvolgimento di una parte, la minoranza consiliare: quando invece occorrerebbe che la Carta fondamentale dei Sardi avesse il consenso se non di tutti della stragrande maggioranza. E soprattutto senza la partecipazione attiva del popolo sardo. Anzi con il rischio che la Consulta stessa risulti un doppione inutile del Consiglio regionale e con i “consultori” brutalmente lottizzati, in base al famigerato manuale cencelli, dai Partiti rappresentati nello stesso. Lasciando fuori e potando quelle culture e quelle sensibilità più nazionalitarie, federaliste e indipendentiste, che pur non avendo rappresentanze consiliari sono ben presenti nella società e nella opinione pubblica sarda. Vorrei sbagliarmi, ma nella scelta della maggioranza del Consiglio regionale, colgo questo rischio: che ancora
    una volta si possa procedere, con le stantie e consunte procedure e riti e mediazioni sempre al ribasso. Scelto infatti un percorso che esclude rigorosamente la partecipazione e il protagonismo della gente sarda, mi chiedo: quale Statuto potrà produrre, una Consulta fotocopia di un Consiglio regionale monco, ma soprattutto chiuso nell’invalicabile palazzo di via Roma, che enfatizza superbamente la separazione fra la piazza e lo stato?
    * Scrittore

  2. #2
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    Predefinito L’Unione Sarda, 03/07/06

    Italia, Sardegna e federalismo

    Una battaglia per il nuovo Statuto

    DI SALVATORE CUBEDDU

    Bene ha fatto l’assessore alle riforme Massimo Dadea ad esprimersi prima del risultato referendario.
    Il confronto tra la Sardegna e la Catalogna nella conquista delle rispettive costituzioni si misura infatti – per dirla con il titolo di un vitatissimo saggio apparso su Le Monde Diplomatique dello scorso gennaio – nella problematica collocazione “entre autonomie et nation”.
    E perché, come è avvenuto in Catalogna attraverso il referendum “locale”, anche in Sardegna l’insieme del percorso istituzionale non potrà non richiedere la conferma del voto popolare.
    Tant’è: il relativo successo dei sì nel Lombardo- Veneto ha subito tentato Bossi a spingersi anche lui nella direzione del referendum “regionale”, riproponendo anche nel metodo quel riferimento ai Catalani che, peraltro, non l’hanno quasi mai gradito.
    Poco si sa e da noi poco se ne parla.
    Padani e Catalani sono entrambi ricchi, ma in politica giocano molto diversamente la loro prosperità. Laddove, infatti, a Barcellona si cerca la linfa identitaria nella lingua (non a caso proibita e perseguitata dal franchismo), nella storia e nella cultura, la “Padania” è il frutto dell’operazione di un ambizioso management politico a finalità economica. Infatti, consapevole della propria debolezza “fondativa”, la Lega ha costruito un mito fatto di acqua sorgiva del Po, ampolle, percorsi acquatici, sbocco sul mare.
    Ma ha anche fatto da capofila, qualche mese prima della fine della legislatura, alla bocciatura della ratifica della Carta europea delle lingue minoritarie (il sardo, il ladino, il valdostano, il friulano, il sud-tirolese).
    Quella che ha dato origine alla legge italiana n. 482 e che fonderebbe pure il nostro diritto a una sicura rappresentanza in Europa.
    Lo statuto dell’autonomia della Catalogna, approvato dopo grandi contrasti dal Parlamento spagnolo (manifestazioni a Madrid, dichiarazioni preoccupate dello stato maggiore militare, accuse di voler “balcanizzare” la Spagna) vede ora l’opposizione dei delusi del compromesso e la crisi del governo della Generalitat.
    Non è proprio senza difficoltà e fatica che un popolo conquista i propri spazi di autogoverno.
    E in Sardegna?
    Si conferma il centralismo o si va verso una “vera” federazione?
    Il “federalismo a geometria variabile”, che Francesco Cossiga consigliava ai suoi compatrioti sardi, non è altro che quello che Zapatero ha accettato per la Catalogna, i Paesi Baschi e la Galizia, regioni che ospitano nazionalità che non vogliono rinunciare alla propria “specialità”.
    Una particolarità che il presidente Spissu, scrivendone su questo giornale, conferma come irrinunciabile. Pensa che, anche da noi, avverrà senza battaglia? Che uno Stato debole con i forti e forte con i deboli – che non riesce a imporsi all’Enac nel rispetto degli impegni firmati per la continuità territoriale e che non si vergogna di appropriarsi delle risorse finanziarie di una regione ritenuta povera mentre lascia languire gran parte delle sue infrastrutture (ferrovie, porti, aeroporti, strade) - permetterà che affermiamo i nostri diritti fondamentali di popolo? Gli onorevoli Dadea e Spissu giocheranno la partita da protagonisti. È un bene, per loro e per tutti, che seguano il caso catalano.

  3. #3
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    Predefinito Il Sardegna, 18 luglio 2006

    Diritti e leggi

    L'antico concetto di sovranità


    Gianmario Demuro*.

    Il tema della sovranità è un tema antico.
    Sovrano è colui che non riconosce nessuno al di sopra di sé. Sovrano è, di conseguenza, lo Stato sul suo territorio. Sovrano è il Popolo che si governa mediante una Costituzione. Sovrano è lo Stato nei rapporti con gli altri Stati. In democrazia la sovranità è collegata alla giustificazione del potere che, solamente in quanto legittimo, può essere sovrano. Tutti questi esempi aiutano a descrivere la costellazione di significati chela sovranità può assumere. Anche il concetto di autonomia si muove in una simile costellazione.
    Nell’antico significato greco rappresenta la facoltà e la capacità di governarsi da sé.
    L’autonomia può essere accompagnata da diversi aggettivi: statutaria, legislativa, finanziaria, amministrativa, regolamentare, di bilancio, scolastica, funzionale, e tanti altri ancora. Da questa consapevolezza può trarsi qualche riflessione sulla paventata impugnazione da parte dello Stato della legge regionale istitutiva della Consulta che dovrà provvedere alla “elaborazione di un progetto organico di nuovo statuto di autonomia e di sovranità del popolo sardo”. Si legge negli atti preparatori al possibile conflitto che la legge sarda si porrebbe in contrasto per un verso con l’art. 1 della Costituzione, che affida al popolo la sovranità; per un altro verso con l’articolo 114 della Costituzione, che fonda la Repubblica delle autonomie. Secondo la ricostruzione governativa la semplice utilizzazione della parola “sovranità ” sarebbe in grado di violare la Costituzione repubblicana; mettendo in crisi il principio di titolarità in capo al Popolo italiano ed il principio del pluralismo dei soggetti istituzionali di cui si compone la Repubblica. Una lettura collegata alle finalità concrete della legge potrà aiutare a dissolvere qualsiasi dubbio di sapore secessionistico.
    Si tratta di una legge che promuove la partecipazione e la consultazione democratica di tutta la società sarda. Il compito principale è quello di costruire un progetto condiviso di nuovo Statuto speciale che nasca da una discussione pubblica. In nessuna parte della legge è dato riscontrare finalità che non siano in linea con una interpretazione policentrica della legalità costituzionale.
    Autonomia regionale e sovranità statale convivono nella nostra Costituzione nell’art. 5 laddove la Repubblica riconosce e promuove le autonomie.

    *Professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università di Cagliari

  4. #4
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    Predefinito L’unione sarda, 19 luglio 2006

    L’ultimo pasticcio

    Se lo Statuto sardo fa paura a Roma

    DI SALVATORE CUBEDDU

    Il governo che ricorre alla Corte Costituzionale, perché dichiari inammissibile la legge che istituisce la Consulta per lo Statuto della Sardegna, è un atto troppo inverosimile per essere vero. Inverosimile, per chi è vissuto in Sardegna negli ultimi cinque anni. O, per lo meno, ne ha letto i giornali.

    Ma come? Nessuno, a Roma, aveva posto il problema dell’accettabilità costituzionale dell’assemblea Costituente sarda. La legge regionale era entrata negli ordini del giorno delle commissioni parlamentari, ed era stata già approvata da quella per gli Affari regionali. Il comitato che la promuoveva era stato ricevuto dai Presidenti della Repubblica e del Consiglio, Ciampi e Berlusconi, e nessuno di loro aveva sollevato difficoltà sui principi. Allora, si disse da alcuni, il problema era politico, cioè di mettere insieme i numeri che avrebbero permesso la doppia lettura e l’approvazione da parte del Parlamento.

    A dire la verità qualcuno aveva parlato di incostituzionalità della legge sulla costituente, ma l’aveva detto a Cagliari.“Mai lo Stato italiano avrebbe concesso alle istituzioni sarde una tale libertà!”. Sono stati gli avversari sardi della costituente ad averle posto come alternativa la Consulta.
    E’ stata da Cagliari che è nata la gara a chi fosse più fedele allo Stato.
    Depotenziando quella dignità che ci avrebbe permesso di dare inizio ad un nostro statuto capace di novità e di libertà.
    Nessuno, nel comitato per la costituente, si proponeva, neanche nascostamente, l’obiettivo dell’indipendenza della Sardegna.
    Gli “estremisti” tra loro ragionavano di un’Italia, giustamente e correttamente, federale. Come da quasi un secolo predica il miglior autonomismo, non solo in Sardegna.

    Oggi, che si rimette in discussione persino uno strumento inoffensivo quale quello della Consulta, non è tempo di risentimento o di alzate d’orgoglio. Bisogna sapere e capire cosa stia succedendo. Può essere che si sia deciso che, per risolvere la grave crisi italiana (che non è solo economica), sia necessario tirare i remi in barca?
    Che per queste regioni “spendaccione” la vacanza sia finita? Che al risultato referendario occorre dare seguito con il ritorno a un vero centralismo?
    Che si voglia iniziare dall’anello debole, e più fedele, della catena?
    Chissà, forse siamo diventati tutti un po’ troppo suscettibili.
    Vedrete che è una bolla d’estate.

  5. #5
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    Predefinito L’unione sarda, 28 luglio 2006

    Pronto il ricorso contro la Consulta

    Oggi il Governo decide. Sanna (Dl): «Sarebbe un grave errore»


    Il Governo potrebbe ricorrere oggi alla Corte costituzionale contro la legge sulla Consulta statutaria.
    Appello di Sanna (Dl): «Sarebbe un errore».

    Ora o mai più. Oggi il Consiglio dei ministri decide se fare ricorso contro la legge regionale sulla Consulta statutaria: i due mesi dalla pubblicazione del provvedimento stanno per scadere, la seduta odierna è l’ultima utile per l’impugnazione.
    Ieri si è sparsa una voce in Consiglio regionale: il ricorso è molto probabile.
    «E sarebbe un grave errore», protesta Francesco Sanna (Margherita), uno degli autori del testo, «non è il modo corretto di risolvere le questioni tra Stato e Regione».

    La Consulta è l’organismo che dovrà scrivere una bozza del nuovo Statuto speciale: ma sarà il Consiglio regionale ad approvare la vera proposta di legge costituzionale da trasmettere al Parlamento.
    Che il Governo mediti di impugnare la legge istitutiva è emerso due settimane fa: il ministero degli Affari regionali non gradisce che si parli di sovranità del popolo sardo.
    Ma secondo Francesco Sanna, l’obiezione è fuori luogo. «Mi sembra – spiega il componente della commissione Autonomia, che ha elaborato il testo – che chi contesta l’espressione sovranità e l’espressione popolo sardo , si attenga a un significato direi ottocentesco, romantico, dei due termini».

    Ottocentesco?
    «Sì, quando all’idea di popolo corrispondeva l’idea di nazione, dunque di uno Stato. Ora quell’equazione non è più valida».

    Vuol dire che il Governo vi sospetta di volontà separatistiche?
    «In un certo senso. Ovviamente nego che il Consiglio volesse affermare una volontà statuale. Si tratta di concepire un’evoluzione della nostra autonomia: del resto il quadro dei rapporti tra Stato e Regione è mutato per effetto della riforma del 2001 della Costituzione».

    Perché il termine “autonomia” andrebbe bene, e “sovranità” no?
    «La parola autonomia è già scritta nello Statuto sardo, indica l’attribuzione di competenze legislative più ampie di quelle delle regioni ordinarie».

    Le quali però, proprio dopo la riforma del 2001, hanno poteri più ampi.
    «Appunto perciò cerchiamo forme più avanzate di autonomia, attraverso quelli che la legge chiama elementi di sovranità».

    Qualche esempio?
    «Il governo del mare. I rapporti con regioni straniere: cose che già accadono, stiamo trattando con l’Algeria per il metanodotto. Vorremmo fare queste cose con più intensità».

    C’era davvero bisogno di inserire nella legge quei concetti a rischio?
    «In commissione avevo previsto un’occhiuta attenzione del Governo. Ma poi ho accettato con piena convinzione».

    Nessun pentimento?
    «No, e anzi direi che è stata una scelta consapevole, che non dimostra dilettantismo. Proprio la Corte costituzionale di recente ha detto che, se la sovranità appartiene al popolo, non ci sono però sedi
    dell’organizzazione costituzionale in cui la sovranità possa esaurirsi».

    Tradotto?
    «La sovranità non è solo nello Stato ma anche nella Regione. E nel Consiglio».

    Quindi, se il Governo ricorrerà, la Corte costituzionale gli darà torto?
    «Io dico al Governo: attento, rischi di perdere».

    Meno male che era un Governo amico.
    «È presto per giudicare la politica costituzionale».

    Però sta impugnando tutte le leggi sarde, come il precedente.
    «Certo, se impugnasse la Consulta sarebbe un atto di banale continuità col passato. Comunque la vicenda della legge sulle tasse è del tutto differente».

    Tanto che, par di capire, stavolta il conflitto con lo Stato sarà più duro.
    «Vuol sapere se faremo le barricate? Io dico che la migliore barricata sarà insediare subito la Consulta, fare un grande dibattito nell’Isola, e poi portare il testo in Consiglio».

    Cioè beffare la Corte costituzionale sul tempo.
    «Considerando i suoi tempi, cesserebbe la materia del contendere».

    Non a veva r agione chi, come An, diceva che il nuovo Statuto deve elaborarlo il Consiglio?
    «No: la scelta di uno strumento che coinvolga la società sarda e le autonomie locali resta valida».

    GIUSEPPE MELONI

  6. #6
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    Predefinito Il Sardegna, 29/07/06

    Palazzo Chigi. Scontro in Consiglio dei ministri tra Parisi e Lanzillotta. Sardegna in rivolta

    Il governo boccia la Consulta
    «Il popolo sardo non è sovrano»
    Stop anche alla legge sullo scioglimento dei consigli comunali Soru: un nostro diritto.

    Il consiglio dei ministri ha impugnato la legge regionale con la quale circa due mesi fa l’assemblea regionale sarda ha istituito la Consulta per la riscrittura dello Statuto. Impugnata anche la legge sulla indizione delle elezioni comunali e provinciali e sullo scioglimento degli organi degli enti locali, quella che dà il potere alla Regione di nominare propri commissari al posto di quelli prefettizi.
    La decisione, sulla proposta del ministro degli affari regionali, Linda Lanzillotta, non è stata unanime. Anzi, decisamente contrastata. Contro l'iniziativa, proposta dal ministro degli Affari regionali Lanzilotta, si sarebbe schierato il ministro della Difesa Parisi.
    Quella di ieri è la terza delle sei leggi regionali sarde esaminate dal nuovo Governo che non ottiene il via libera. Le tre su cui non sono state sollevate obiezioni riguardano l'istituzione dell’Arpas (l'agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), il Commercio e la Pesca. L’altra legge impugnata è quella che istituisce le cosiddette “tasse sul lusso”, che violerebbe il principio di uguaglianza e generalità delle imposte, dal momento che fissa per i tributi da pagare per seconde case, barche a aerei (per soste o ormeggi) una disparità di trattamento tra sardi, esentati, e i non residenti o non nati nell’isola.

    DURISSIMO IL COMMENTO di Antonello Soro coordinatore della Margherita. «Sono molto amareggiato - ha detto – per questa decisione. Considero la scelta dei ministri legittima ma assolutamente un grave errore di valutazione politica e di merito. Non mi sembra il modo migliore di inaugurare i rapporti con le regioni e in particolare con una regione come la Sardegna che della specialità autonomistica ha fatto una religione». Secondo Soro «i ministri hanno demonizzato una ordinarissimi legge. Sembra che sia stata impugnata perché evocava le parole sovranità e popolo sardo». Ma, ha aggiunto, «la sovranità del popolo italiano si esprime compiutamente attraverso il complesso delle istituzioni che la Costituzione identifica come la Repubblica, particolarmente dopo l’approvazione del nuovo Titolo V e alle quali la Costituzione assegna i poteri di rappresentanza democratica. Una sovranità che non contemplasse i poteri autonomistici come luogo di autogoverno sarebbe monca».
    Per l'assessore alle Riforme, Massimo Dadea «la decisione del Governo suscita delusione ed amarezza. Per il presidente della Regione, Renato Soru, «la sovranità è propria del popolo sardo. E non deve far paura a nessuno».

    I dati. I motivi del ricorso.
    «Parlare di sovranità del popolo sardo - sostiene il consiglio dei ministri nel ricorso alla Consulta – appare in contrasto con i principi fondanti la nostra carta costituzionale. Ciò finisce per eccedere dalle competenze statutarie regionali, dove si parla solo di autonomia e non già di sovranità».

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da Su Componidori
    Palazzo Chigi. Scontro in Consiglio dei ministri tra Parisi e Lanzillotta. Sardegna in rivolta

    Il governo boccia la Consulta
    «Il popolo sardo non è sovrano»
    Stop anche alla legge sullo scioglimento dei consigli comunali Soru: un nostro diritto.

    Il consiglio dei ministri ha impugnato la legge regionale con la quale circa due mesi fa l’assemblea regionale sarda ha istituito la Consulta per la riscrittura dello Statuto. Impugnata anche la legge sulla indizione delle elezioni comunali e provinciali e sullo scioglimento degli organi degli enti locali, quella che dà il potere alla Regione di nominare propri commissari al posto di quelli prefettizi.
    La decisione, sulla proposta del ministro degli affari regionali, Linda Lanzillotta, non è stata unanime. Anzi, decisamente contrastata. Contro l'iniziativa, proposta dal ministro degli Affari regionali Lanzilotta, si sarebbe schierato il ministro della Difesa Parisi.
    Quella di ieri è la terza delle sei leggi regionali sarde esaminate dal nuovo Governo che non ottiene il via libera. Le tre su cui non sono state sollevate obiezioni riguardano l'istituzione dell’Arpas (l'agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), il Commercio e la Pesca. L’altra legge impugnata è quella che istituisce le cosiddette “tasse sul lusso”, che violerebbe il principio di uguaglianza e generalità delle imposte, dal momento che fissa per i tributi da pagare per seconde case, barche a aerei (per soste o ormeggi) una disparità di trattamento tra sardi, esentati, e i non residenti o non nati nell’isola.

    DURISSIMO IL COMMENTO di Antonello Soro coordinatore della Margherita. «Sono molto amareggiato - ha detto – per questa decisione. Considero la scelta dei ministri legittima ma assolutamente un grave errore di valutazione politica e di merito. Non mi sembra il modo migliore di inaugurare i rapporti con le regioni e in particolare con una regione come la Sardegna che della specialità autonomistica ha fatto una religione». Secondo Soro «i ministri hanno demonizzato una ordinarissimi legge. Sembra che sia stata impugnata perché evocava le parole sovranità e popolo sardo». Ma, ha aggiunto, «la sovranità del popolo italiano si esprime compiutamente attraverso il complesso delle istituzioni che la Costituzione identifica come la Repubblica, particolarmente dopo l’approvazione del nuovo Titolo V e alle quali la Costituzione assegna i poteri di rappresentanza democratica. Una sovranità che non contemplasse i poteri autonomistici come luogo di autogoverno sarebbe monca».
    Per l'assessore alle Riforme, Massimo Dadea «la decisione del Governo suscita delusione ed amarezza. Per il presidente della Regione, Renato Soru, «la sovranità è propria del popolo sardo. E non deve far paura a nessuno».

    I dati. I motivi del ricorso.
    «Parlare di sovranità del popolo sardo - sostiene il consiglio dei ministri nel ricorso alla Consulta – appare in contrasto con i principi fondanti la nostra carta costituzionale. Ciò finisce per eccedere dalle competenze statutarie regionali, dove si parla solo di autonomia e non già di sovranità».
    Ci siamo è scontro istituzionale

    lo Stato contro lo Stato si tratta ora di far emergere chiaramente che una delle due parti dello Stato è lo Stato Sardo che rivendica la sua Sovranità, che richiede indietro quella Sovranità che gli fu estorta maldestramente con la famigerata fusione tra Regno Sardo e Piemonte.

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Davide Nurra
    Ci siamo è scontro istituzionale

    lo Stato contro lo Stato si tratta ora di far emergere chiaramente che una delle due parti dello Stato è lo Stato Sardo che rivendica la sua Sovranità, che richiede indietro quella Sovranità che gli fu estorta maldestramente con la famigerata fusione tra Regno Sardo e Piemonte.
    La strada è ancora lunga e tortuosa…
    Ma le contraddizioni tra il governo italiano e quello della “Regione”, retti da una stessa maggioranza di centro-sinistra stanno esplodendo…
    A leggere i quotidiani di oggi c’è da divertirsi… li posterò tra poco.
    Ieri sono stato a sa Festa Manna di iRS (come nei due anni precedenti) ed ho sentito l’intervento del Presidente Soru… seppur con una impercettibile titubanza e quasi sottovoce ha affermato che la Sardegna è una Nazione.
    Alla replica di F. Sedda, pare poi che non avrebbe nulla in contrario a che il termine compaia nella stesura del nuovo Statuto da sottoporre prima al Consiglio regionale e poi al Parlamento italiano.

    Certo che la parolina “sovranità” e “popolo sardo”, emendamenti dei due Consiglieri regionali sardisti Beniamino Scarpa e Giuseppe Atzeri, ed accolti dalla maggioranza in segno di apprezzamento per la loro scelta di restare in aula, astenendosi nella votazione della legge istitutiva della Consulta, ha scatenato un bel putiferio!
    E figuriamoci che le indicazioni del contenuto per il “progetto di statuto” sono proprio “all’acqua di rose”, ma su questo mi ripromettevo di intervenire in modo più approfondito.

  9. #9
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    Predefinito il Sardegna, 30/07/06

    Regione

    Fadda (Margherita) «Riuniamo tutte le forze politiche presenti in Parlamento per prepararci a nuove battaglie. Subito lariunione dei parlamentari».

    Lo schiaffo. Dopo la bocciatura della legge sulla Consulta statutaria il presidente promette: resisteremo

    Scontro col governo, Soru attacca
    «Siamo un popolo e una nazione»

    Il governatore va alla festa di Irs: sono contro l'indipendenza ma voglio sovranità

    Fabrizio Meloni
    fabrizio.meloni@epolis.sm

    Guai a parlare di indipendenza. «Mica - dice Soru – ci sono le condizioni perché noi dichiariamo guerra a qualche nazione, che ne so alla Grecia» .
    Ma Soru la guerra la dichiara al governo perché «ci deve dare quanto ci spetta», dice il presidente parlando del ricorso fatto dal governo contro la legge che istituisce la Consulta che dovrà redigere il nuovo Statuto di autonomia.

    UN RICORSO CONTRASTATO
    (Parisi non ha partecipato al voto) deciso perché la legge parla di sovranità del popolo sardo. Insomma un Soru determinato quello che si presenta alla Festa Manna davanti a una platea che l'indipendenza la dichiarerebbe molto volentieri: i militanti di Irs. «Tutti siamo per l'indipendenza e per la libertà - dice il
    presidente tra i mugugni – ma non sono per il piccolo Stato della Sardegna separato dall'Italia.
    Siamo parte integrante e consapevole dello Stato italiano e dell'Europa. E non ci sono le condizioni per proclamare una guerra a uno Stato o decidere quali sono le medicine che fanno bene ai sardi». Ma il tema della sovranità, aggiunge il governatore, «deve essere distribuita a diversi livelli. Non esiste uno stato centrale che impone la sua sovranità». Soru elenca una serie di materie per le quali la Regione rivendica la sua sovranità: urbanistica, ad esempio, ma anche ambiente, servitù militari. «Sembra -
    spiega Soru - che in consiglio dei ministri abbiano avuto paura più delle parole popolo sardo che del termine sovranità. Ma queste parole non devono spaventare nessuno. Noi siamo un popolo e una nazione che sta dentro l'Italia e in Europa. Un popolo che non china ma alza la testa». L'autonomia e la sovranità, aggiunge, «si esercitano nei migliori modi possibili, non elemosinando nulla».
    Durissime le reazioni politiche. E se Stefano Pinna dice che «le contestazioni del governo non ci turbano e noi andremo avanti», An chiede «che ora sia il Consiglio a occuparsi della revisione dello Statuto». E i riformatori Massimo Fantola e Michele Cossa chiedono che si torni al progetto dell'Assemblea Costituente: «Il gesto immotivato del governo è grave in sè, quale che sarà la decisione
    della Corte costituzionale. Non si possono perciò accettare negoziazioni, preludio di umilianti
    compromessi». Infine la Cisl invita le forze politiche a «contrastare l'atteggiamento del governo ricercando il più ampio consenso politico e sociale».

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Su Componidori
    Regione

    Fadda (Margherita) «Riuniamo tutte le forze politiche presenti in Parlamento per prepararci a nuove battaglie. Subito lariunione dei parlamentari».

    Lo schiaffo. Dopo la bocciatura della legge sulla Consulta statutaria il presidente promette: resisteremo

    Scontro col governo, Soru attacca

    «Siamo un popolo e una nazione»


    Il governatore va alla festa di Irs: sono contro l'indipendenza ma voglio sovranità

    Fabrizio Meloni
    fabrizio.meloni@epolis.sm

    Guai a parlare di indipendenza. «Mica - dice Soru – ci sono le condizioni perché noi dichiariamo guerra a qualche nazione, che ne so alla Grecia» .
    Ma Soru la guerra la dichiara al governo perché «ci deve dare quanto ci spetta», dice il presidente parlando del ricorso fatto dal governo contro la legge che istituisce la Consulta che dovrà redigere il nuovo Statuto di autonomia.

    UN RICORSO CONTRASTATO
    (Parisi non ha partecipato al voto) deciso perché la legge parla di sovranità del popolo sardo. Insomma un Soru determinato quello che si presenta alla Festa Manna davanti a una platea che l'indipendenza la dichiarerebbe molto volentieri: i militanti di Irs. «Tutti siamo per l'indipendenza e per la libertà - dice il
    presidente tra i mugugni – ma non sono per il piccolo Stato della Sardegna separato dall'Italia.
    Siamo parte integrante e consapevole dello Stato italiano e dell'Europa. E non ci sono le condizioni per proclamare una guerra a uno Stato o decidere quali sono le medicine che fanno bene ai sardi». Ma il tema della sovranità, aggiunge il governatore, «deve essere distribuita a diversi livelli. Non esiste uno stato centrale che impone la sua sovranità». Soru elenca una serie di materie per le quali la Regione rivendica la sua sovranità: urbanistica, ad esempio, ma anche ambiente, servitù militari. «Sembra -
    spiega Soru - che in consiglio dei ministri abbiano avuto paura più delle parole popolo sardo che del termine sovranità. Ma queste parole non devono spaventare nessuno. Noi siamo un popolo e una nazione che sta dentro l'Italia e in Europa. Un popolo che non china ma alza la testa». L'autonomia e la sovranità, aggiunge, «si esercitano nei migliori modi possibili, non elemosinando nulla».
    Durissime le reazioni politiche. E se Stefano Pinna dice che «le contestazioni del governo non ci turbano e noi andremo avanti», An chiede «che ora sia il Consiglio a occuparsi della revisione dello Statuto». E i riformatori Massimo Fantola e Michele Cossa chiedono che si torni al progetto dell'Assemblea Costituente: «Il gesto immotivato del governo è grave in sè, quale che sarà la decisione
    della Corte costituzionale. Non si possono perciò accettare negoziazioni, preludio di umilianti
    compromessi». Infine la Cisl invita le forze politiche a «contrastare l'atteggiamento del governo ricercando il più ampio consenso politico e sociale».
    Un plauso alla posizione ferma del P.S.d'AZ. espressa autorevolmente da Beniamino Scarpa.

 

 
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