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  1. #1
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    Predefinito DOTTRINA - Antologia Patristica


    Vorrei dedicare questo spazio, aperto al contributo di tutti i forumisti, a testi dei Padri della Chiesa. Credo sia importante oggi nel solco degli insegnamenti del Concilio Vaticano II e dei sommi pontefici riscoprire lo studio dei Padri (e delle madri!). I Padri sono testimoni privilegiati della tradizione, essi hanno espresso le prime strutture portanti della Chiesa insieme ad atteggiamenti dottrinali e pastorali che rimangono validi per tutti i tempi. Inoltre i santi padri sono per noi nutrimento spirituale: essi sono dei maestri di vita spirituale che hanno segnato la storia di intere generazioni e contribuito a creare una coscienza comune tanto per l'oriente (Basilio,Gregorio di Nazianzo,Gregorio di Nissa e Atanasio) che per l'occidente (Ambrogio, Agostino, Girolamo, Benedetto, Gregorio Magno). Ogni cristiano può attingere a questo profondo pozzo dei Padri della Chiesa sicuro di restare nell'ortodossia e di ricavarne giovamento per l'anima. Auguro a tutti buona lettura e sollecito generosi contributi.
    Ultima modifica di emv; 02-06-20 alle 13:33 Motivo: Rititolazione a scopo classificazione argomenti

  2. #2
    VINCIT OMNIA VERITAS!
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    Un'iniziativa eccellente

    Comincio con il segnalare questo link veramente prezioso. Vi sono moltissimi testi in italiano.
    Buona lettura!!

    [inwin=300]www.monasterovirtuale.it/patristica.html[/inwin]
    "In girum imus nocte et consumimur igni"

  3. #3
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    Ottimo link! Grazie!

  4. #4
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    Mi rallegro! ottima iniziativa.

  5. #5
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    Dal «Commento sul salmo 118» di sant'Ambrogio, vescovo
    (Nn. 12. 13-14; CSEL 62, 258-259)

    «Io e il Padre verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Sia aperta a colui che viene la tua porta, apri la tua anima, allarga il seno della tua mente perché il tuo spirito goda le ricchezze della semplicità, i tesori della pace, la soavità della grazia. Dilata il tuo cuore, va` incontro al sole dell'eterna luce «che illumina ogni uomo» (Gv 1, 9). Per certo quella luce vera splende a tutti. Ma se uno avrà chiuso le finestre, si priverà da se stesso della luce eterna. Allora, se tu chiudi la porta della tua mente, chiudi fuori anche Cristo. Benché possa entrare, nondimeno non vuole introdursi da importuno, non vuole costringere chi non vuole.
    Nato dalla Vergine, uscì dal suo grembo irradiando la sua luce sulle cose dell'universo intero, per risplendere a tutti. Quelli che lo desiderano ricevono la chiarezza dell'eterno fulgore che nessuna notte riesce ad alterare. A questo sole che vediamo ogni giorno tiene dietro la notte tenebrosa. Ma il sole di giustizia non tramonta mai perché la sua luce di sapienza non viene mai offuscata da alcuna ombra.
    Beato colui alla cui porta bussa Cristo. La nostra porta è la fede la quale, se è forte, rafforza tutta la casa. E' questa la porta per la quale entra Cristo. Perciò anche la Chiesa dice nel cantico dei Cantici: «Un rumore! E` il mio diletto che bussa» (Ct 5, 2). Ascolta colui che bussa, ascolta colui che desidera entrare: «Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, perfetta mia; perché il mio capo è bagnato di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne» (Ct 5, 2).
    Rifletti sul tempo nel quale il Dio Verbo bussa più che mai alla tua porta: allorché il suo capo è pieno di rugiada notturna. Infatti egli si degna di visitare quelli che si trovano nella tribolazione e nelle tentazioni perché nessuno, vinto per avventura dall'affanno, abbia a soccombere. Il suo capo dunque si riempie di rugiada, ovvero di gocce, quando il suo corpo soffre. E' allora che bisogna vegliare, perché quando lo Sposo verrà non si ritiri, vistosi chiuso fuori. Infatti, se dormi e il tuo cuore non veglia, egli bussa e domanda che gli si apra la porta. Abbiamo dunque la porta della nostra anima, abbiamo anche le porte delle quali è scritto: «Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria» (Sal 23, 7). Se vorrai alzare queste porte della tua fede, entrerà da te il re della gloria, recando il trionfo della sua passione. Anche la giustizia ha le sue porte. Infatti anche di queste leggiamo scritto quanto il Signore Gesù ha detto per mezzo del profeta: «Apritemi le porte della giustizia» (Sal 117, 19).
    L'anima dunque ha le sue porte, l'anima ha il suo ingresso. Ad esso viene Cristo e bussa, egli bussa alle porte. Aprigli, dunque; egli vuole entrare, vuol trovare la sposa desta.

  6. #6
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    S. Giovanni Crisostomo. Chiesa della Panaghia, Rossano.


    I vantaggi del perdono ai nemici. - S. Giovanni Crisostomo ( 407), In Mattheum 61,5.


    Questa parabola cerca di ottenere due cose: che noi riconosciamo e condanniamo i nostri peccati, e che perdoniamo quelli degli altri. E il condannare è in funzione del perdonare, affinché cioè il perdonare diventi più facile. Colui infatti che riconosce i propri peccati, sarà più disposto a perdonare al proprio fratello. E non solo a perdonare con la bocca, ma di cuore. Altrimenti noi rivolgeremo la spada contro noi stessi. Che male può farti il tuo nemico che possa essere paragonato a quello che tu fai a te stesso, accendendo la tua ira e attirando contro di te la sentenza di condanna da parte di Dio? Se infatti tu sei vigilante e vivi filosoficamente, tutto il male ricadrà sulla testa di chi ti offende e sarà lui a pagare il malfatto; ma se ti ostini nella tua indignazione e nel risentimento, allora sarai tu stesso a riportare il danno: non quello che ti procurerà l’offesa del nemico, ma quello che ti deriverà dal tuo rancore. Non dire che t’insultò e che ti calunniò e ti fece mille mali, quanti più oltraggi tu enumeri, tanto più dimostri che egli è tuo benefattore. Egli infatti ti ha dato modo di espiare i tuoi peccati. Quanto più infatti egli ti ha offeso tanto più è diventato per te causa di perdono. Infatti se noi vogliamo, nessuno potrà danneggiarci; anzi i nostri stessi nemici saranno per noi causa di bene immenso. Ma perché parlò soltanto degli uomini? C’è qualcosa di più perverso del demonio? Eppure anche lui può essere per noi occasione di grande gloria, come lo dimostra Giobbe. Se dunque il diavolo può essere per te occasione di ricompensa, perché temi un uomo, tuo nemico? Considera infatti quanto tu guadagni sopportando con mansuetudine gli attacchi dei tuoi nemici. Il primo e più grande vantaggio è il perdono dei tuoi peccati. In secondo luogo tu acquisti costanza e pazienza e inoltre mitezza e misericordia: infatti chi non sa adirarsi contro coloro che l’offendono, tanto più sarà mite verso gli amici. Infine, sradicheremo per sempre da noi l’ira: e non vi è bene pari a questo. Chi infatti è libero dall’ira, evidentemente sarà libero dalla tristezza di cui l’ira è fonte e non consumerà la sua vita in vani affanni e dolori. Chi non s’adira né odia, non sa neppure essere triste, ma godrà di gioia e di beni infiniti. Odiando infatti gli altri, noi puniamo noi stessi; e, al contrario, benefichiamo noi stessi, amando. Oltre a tutto questo, tu sarai rispettato persino dai tuoi nemici, anche se essi sono demoni; anzi, con questo tuo atteggiamento non avrai più neppure un nemico. Infine, ciò che vale più di tutto ed è prima di tutto: tu ti guadagnerai la benevolenza di Dio; se hai peccato, otterrai il perdono; e se hai praticato il bene, aggiungerai nuovi motivi di fiducia e di speranza.

  7. #7
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    San Bernardo di Chiaravalle, da alcuni ritenuto "l'ultimo dei padri della Chiesa". Lettera indirizzata al cardinale Pietro di Santa Maria in via Lata.

    Conoscere e amare Dio

    Penso che in me sia stimato o amato non ciò che sono ma ciò che si ritiene che io sia. Allora non sono amato, quando sono amato così; ma non so cosa ci sia in me , a mio favore, che però io non sono. Anzi a dire la verità non è che non lo sappia: perché so con assoluta certezza che non c'è nulla. Infatti non è nulla, senza dubbio, ciò che si crede ci sia e invece non c'è. Perciò, quando si ama quello che non c'è, ma che si crede ci sia, non è che siano nulla l'amore o la persona che ama, ma è nulla ciò che è amato. C'è da meravigliarsi, anzi c'è più da dolersi che da meravigliarsi, che ciò che non è nulla possa essere amato.
    Da ciò possiamo facilmente comprendere da dove veniamo, dove andiamo, cosa abbiamo perso, cosa abbiamo trovato. Aderendo a Colui che sempre esiste e nella beatitudine, anche noi avremmo potuto esistere sempre e nella beatitudine. Aderendo però, intendo dire, non solo nella conoscenza, ma anche nell'amore. Infatti, alcuni tra i figli dl Adamo, "pur avendo conosciuto Dio, non lo glorificarono né gli resero grazie come Dio, ma vaneggiarono nei loro ragionamentI" (Rom 1,21). Perciò, comprensibilmente,"si è ottenebrato il loro cuore insensato" (Rom 1,21), poiché, avendo conosciuto la verità e avendola disprezzata, ricevettero giustamente come punizione di non conoscerla più.
    Ahimè, aderendo alla verità nella conoscenza, ma allontanandosene nell'amore, cioè amando al suo posto la vanità,"l'uomo è divenuto simile alla vanità" (Sal 143,4).
    E cosa e più vano che amare la vanità, cosa più iniquo che disprezzare la verità? Cosa, allora, è più giusto che sottrarre la conoscenza stessa a coloro che la disprezzano?
    Cosa, dico, è più giusto che non sia in grado di gloriarsi della conoscenza di Lui chi, pur avendola avuta non l'ha glorificato? Perciò la brama della vanità è il disprezzo della verità, e il disprezzo della verità è la causa della nostra cecità. "E poiché non hanno apprezzato - dice l'apostolo -la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d'una intelligenza depravata" (Rom 1,28) (Ep 18,1).

    L'uomo è conoscenza di Dio

    Da questa cecità deriva, quindi, che, il più delle volte, invece di ciò che è, amiamo o apprezziamo ciò che non è, perché "finché abitiamo in questo corpo, siamo in esilio lontano" (2 Cor 5,6) da Colui che è sommo. "E che cosa è l'uomo", o Dio, se non "ciò che hai reso noto a lui?" (Sal 143 ,3) . E così, se la conoscenza di Dio è causa che l'uomo sia qualcosa, la sua ignoranza fa sì che egli non sia nulla. Ma Colui che "chiama le cose che non sono al pari di quelle che sono" (Rom 4,17), avendo in certo modo pietà di quelli ridotti a nulla, poiché non possiamo ancora contemplare direttamente ne abbracciare nell'amore quella manna nascosta - della quale l'apostolo dice: "E la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,3) -, ci concesse intanto di conoscerlo nella fede e di cercarlo col desiderio, cosicché, ricondotti, grazie a queste due esperienze, dal non essere all'essere, cominciamo a divenire "come una primizia delle sue creature" (Gc 1,18), per poi passare ad essere finalmente "allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ef 4,13). E ciò accadrà, indubbiamente, quando la giustizia sarà convertita in giudizio, cioè la fede in intelligenza, vale a dire la giustizia, che deriva dalla fede, nel giudizio che viene dalla piena conoscenza e, allo stesso modo, il desiderio che ci accompagna nel pellegrinaggio sarà trasformato nella pienezza dell'amore. Se, infatti, quelli che sono ancora lontani vengono iniziati dalla fede e dal desiderio, quelli che arrivano vengono certamente portati alla perfezione dall'intelligenza e dall'amore.
    Come la fede conduce alla piena conoscenza, così il desiderio conduce al perfetto amore. E come è detto: "Se non avrete creduto, non comprenderete" (Is 7,9), così si può dire anche, non senza ragione: "Se non avrete desiderato, non amerete alla perfezione". L'intelligenza, infatti, è frutto della fede, la perfetta carità lo è del desiderio.
    Per il momento "il giusto vive mediante la fede" (Rom 1,17), mentre il beato vive mediante l'intelligenza. Per il momento il giusto desidera Dio "come la cerva anela alle fonti delle acque" (Sal 41,2), mentre il beato beve già, nella gioia, alle fonti del Salvatore, cioè gode nella pienezza della carità (Ep 18,2).

    Abbracciare Cristo con l'intelligenza e l'amore

    Quindi, per mezzo di queste che sono, per così dire, le due braccia dell'anima, l'intelligenza e l'amore, cioè la conoscenza e l'amore della verità, vengono abbracciate e comprese, con tutti i santi, la lunghezza, la larghezza,la sublimità e la profondità, cioè l' eternità, la carità, la virtù e la sapienza. E tutto ciò e CristO. Egli è l'eternità, poichè "questa è la vita eterna: che conoscano te, il vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv 17,3). E' la carità, poiché è Dio: "Dio infatti è carità" (1 Gv 4,16). E' anche la virtù di Dio e la sapienza di Dio. Ma questo quando sarà? Quando "lo vedremo così come egli è" (1 Gv 3,2), quando lo ameremo così come egli è (Ep 18,3).
    "In girum imus nocte et consumimur igni"

  8. #8
    Ut unum sint!
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    grazie a tutti voi per il topic piu' bello del forum
    UT UNUM SINT!

  9. #9
    presbitero cristiano ortodosso
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    ed eretico perfino di se stesso -contraddisse e si contraddisse
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    San Gregorio Palamas, arcivescovo di Tessalonica


    Del modo con cui i cristiani debbano sempre pregare



    Miei fratelli cristiani, vi esorto ancora, per la salvezza dell'anima vostra, non trascurate la pratica di questa preghiera [la preghiera di Gesù o preghiera del cuore]...

    Sul principio vi apparirà difficoltosa, ma vi assicuro, da parte di Dio Onnipotente, che il nome del Signore Gesù invocato costantemente, vi aiuterà a superare gli ostacoli, e, quando col progredire del tempo vi sarete resi familiari a questo esercizio gusterete quanto è soave il nome del Signore. Con l'esperienza imparerete che è effettuabile e piacevole. Per questo S. Paolo che più di noi conosceva il grande bene che questo esercizio procura, ci comanda di pregare senza interruzione. Non avrebbe mai imposto quest'obbligo se fosse stato molto difficoltoso e inattuabile, in questo caso avrebbe pensato anticipatamente che non avendo la possibilità di adempirlo saremmo stati disobbedienti e trasgressori, così da incorrere nel biasimo e nella riprovazione. L'Apostolo non poteva avere questa intenzione.

    Ricordiamo, per comprendere la possibilità della preghiera incessante, che il metodo consiste nel pregare con la mente. Questo lo possiamo fare ogni qualvolta lo vogliamo. Lavorando con le nostre mani, camminando, mangiando o bevendo, possiamo pregare con il cuore e così praticare la preghiera del nostro cuore , l'unica gradita a Dio. Lavoriamo col corpo e preghiamo con la mente, il nostro uomo esteriore compia i suoi impegni corporali, l'uomo interiore sia del tutto dedicato al servizio di Dio, mai tralasci questo esercizio della preghiera , in conformità a quanto Gesù, Dio e Uomo, ci ha ordinato: "Quando preghi, entra nella tua cella, quando avrai chiuso la porta prega il Padre che è nel segreto" .

    La cella dell'anima è il corpo; le porte sono i cinque sensi. L'anima entra nella cella quando la mente cessa di vagolare qua e là, vagabondando in mezzo alle cose e agli affari del mondo, ma si stabilisce nell'interiorità, nel cuore. I sensi si chiudono e rimangono chiusi, quando li teniamo immuni dalle realtà sensibili esterne. Dio, che conosce tutte le cose segrete, vede la preghiera mentale e la ricolma in maniera percepibile con i suoi munifici doni. Vera e perfetta è quella preghiera che colma l'anima di grazia divina e di doni spirituali. Un balsamo colma col suo profumo il vaso che è accuratamente sigillato, altrettanto la preghiera quanto più è raccolta nel cuore, sovrabbonda di grazia divina.

    Beati quelli che acquistano l'abitudine di questo esercizio celeste, supereranno le tentazioni dei demoni malefici, come David sconfisse l'orgoglioso Golia. Placa le disordinate passioni della carne, come i tre fanciulli spensero le fiamme della fornace. La consuetudine della preghiera interiore doma le passioni, come Daniele domò le fiere selvatiche. La rugiada dello Spirito discende nel cuore, come la pioggia invocata da Elia scese sul monte Carmelo. La preghiera della mente ascende fino al trono di Dio. ove viene riposta in fiale preziose, come profumo che si espande al cospetto dell'Altissimo. San Giovanni così le descrive nell'Apocalisse: "I ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'Agnello, ognuno teneva in mano la cetra e delle fiale d'oro, piene di profumo, esse sono le preghiere dei santi" . La preghiera della mente è la luce che illumina l'anima dell'uomo, ne riscalda il cuore con l'amore di Dio. E la catena che unisce Dio con l'uomo e l'uomo con Dio. Cosa più che meravigliosa è il trovarsi con il corpo in mezzo agli uomini e con la mente in intimo colloquio con Dio.. . Quale dono più grande puoi desiderare di questo che ti permette di essere costantemente davanti a Dio e di conversare con Lui, conversare con Dio, senza di Lui, nessuno può esser benedetto né nella presente né nella futura vita?

    Fratello, chiunque tu sia, quando avrai preso in mano questo libro e l'avrai letto e vorrai mettere in pratica i vantaggi che la preghiera della mente apporta all'anima, ti esorto ad usare l'invocazione: Signore abbi pietà, per l'anima di colui che ha lavorato alla stesura di questo libro e di chi l'ha aiutato a pubblicarlo. Essi hanno grande bisogno della tua preghiera per ottenere la misericordia divina per le loro anime, come Tu ne hai bisogno per la Tua. E così sia.

    Filocalia, vol. V, p. 107-112.

  10. #10
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