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Discussione: naufragio nella fede

  1. #1
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    Bisogna camminare molto nel buio della notte per trovare la luce del giorno.
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    Predefinito naufragio nella fede

    Il disagio della Chiesa di fronte alle sortite che contestano apertamente il Magistero.
    Ecco come riconoscere alcuni fra gli errori più diffusi, anche fra i credenti.
    Per evitare di fare "naufragio nella fede".
    di Mario Palmaro


    Ogni tanto capita, con la stessa ripetitività delle stagioni. Una personalità del mondo cattolico rilascia un'intervista nella quale prende le distanze
    dall'insegnamento della Chiesa. A questo punto i giornali - giustamente - rilanciano con grande fragore la notizia, gli intellettuali discutono, il mondo cattolico ufficiale soffre in silenzio per non alimentare scandali. E il
    popolo dei fedeli rimane disorientato, stordito. Come un gregge nel quale qualche pecora si mettesse a contestare l'affidabilità del pastore.

    In realtà, questi episodi hanno alcuni elementi fra loro comuni, che permettono di smascherarli per quello che sono: l'espressione dell'antica e mai sopita ambizione dell'uomo di essere norma a sé stesso. L'adesione alla Chiesa è un atto insieme di libertà e di sottomissione: fede e ragione
    si sostengono, ma l'atteggiamento richiesto al cuore dell'uomo è innanzitutto l'umiltà. Dio, e non l'uomo, è l'artefice della Creazione. E dunque, Dio e non l'uomo è il Legislatore. Dunque, la verità è stata affidata da Cristo alla Chiesa. Spetta al Papa custodirla, in conformità alla
    Tradizione e in comunione con i vescovi. I teologi, gli intellettuali, i sinodi, i convegni ecclesiali, e perfino i singoli vescovi sono voci senza dubbio interessanti; ma non sono la Chiesa.

    Ora, basta rileggere alcuni esempi di queste "voci fuori dal coro" del Magistero, per riconoscere che esse mettono a repentaglio la salvezza stessa delle anime. Ricordiamo che, per l'uomo, il rischio più grande è fare "naufragio nella fede", e perdere così la vita eterna, come San Paolo ricorda con toni accorati a Timoteo. Ecco una sintesi dei principali
    errori che si ritrovano in queste sortite, compiute da cattolici in stato confusionale.

    L' importante è dialogare: meglio evitare divisioni che dire la verità.
    Il cattolico "dialogante" ritiene che affermare delle verità oggettive, insegnate dalla Chiesa e confermate dalla ragione umana, sia un atto di prevaricazione, frutto di preconcetti e di posizioni pregiudiziali. La Chiesa deve scendere dalla sua scomoda cattedra, per lasciare il suo posto ai non
    credenti, che assumono il compito di insegnare la (loro) verità ai cattolici, che brancolano nel buio. Questo tipo umano sogna un Papa che si affacci dalla sua finestra solo per benedire e salutare in molte lingue. Ma che sia muto ogni volta che ci sia di affermare verità scomode e impopolari sulla dottrina della fede e della morale.
    L'importante è evitare affermazioni apodittiche. E siccome i dieci
    comandamenti sono quanto di più apodittico si possa immaginare, ecco che si propone di ritirare dal mercato il decalogo, almeno nelle sue prescrizioni più contestate.

    La verità forse esiste, ma l'uomo non può conoscerla.
    Per questo cattolico, la Chiesa non può dirimere sempre ogni controversia morale, perché esistono delle "zone grigie", delle aree nebbiose dove la verità non si distingue, e dove la cosa migliore è aprire un dibattito. Quali sono queste zone grigie? Quelle nelle quali si manifesta una diversità
    di opinioni nella società. Dunque, in una società pluralista e relativista, tutta la vita morale può diventare una sconfinata "zona grigia", riducendo l'autorità della Chiesa al silenzio praticamente su tutto. Saranno da evitare in particolare pronunciamenti su divorzio, aborto, fecondazione artificiale, eutanasia.
    La verità è un prodotto del dialogo. Per questo genere di cattolici, la verità non preesiste alla discussione. Non è una realtà che c'è, e che l'uomo ha il compito di scoprire con l'auto della Chiesa. No: la verità si rinnova continuamente, grazie alla dialettica: le "parti" esprimono rispettosamente delle posizioni, e così si raggiunge un punto di mediazioni (provvisorio) che costituisce la verità accettabile da tutti in quel momento. Se, ad esempio, uno dice che l'aborto è lecito, e un altro dice che non è lecito, la verità prodotta sarà che l'aborto è un po' lecito: si può fare in certi casi.

    Anche se sei ignorante, dialoga lo stesso.
    Per discutere, è buona regola sapere ciò di cui si parla. Ma la foga di dialogare è così forte, in alcuni cattolici, che si va al confronto senza essere preparati. Il tuo interlocutore dice, ad esempio, che l'ootide non è un essere umano? Prendi subito per buona questa solenne corbelleria.
    Mentre dovresti sapere che dal primo momento della fecondazione in poi il nuovo organismo vivente (anche con due pronuclei, cioè allo stadio di ootide) è caratterizzato da uno sviluppo coordinato, continuo e graduale, che permette di qualificarlo appunto come individuo (umano) e come vivo (A. Serra e R. Colombo, Identità e statuto dell'embrione umano: il contributo della biologia in Pontificia Accademia Pro Vita, Identità e statuto dell'embrione umano, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998). All'ignoranza scientifica si accompagna talvolta un'imbarazzante impreparazione
    morale: potrà così accadere che si giustifichi l'aborto facendo leva sul principio della legittima difesa; tesi assurda, che implicherebbe attribuire
    al concepito il ruolo di "ingiusto aggressore"!

    Bisogna inventare un "cattolicesimo sostenibile".
    Il cattolicesimo oggi è diventato impresentabile di fronte alla modernità: bisogna aggiornarne gli elementi più scomodi per renderlo sostenibile, un po' come affermano gli ambientalisti di fronte allo sviluppo. La prima regola per
    questo lifting è astenersi dal giudicare frettolosamente: meglio discutere serenamente per non creare inutili divisioni, e far derivare le regole da ciò che i più pensano e fanno. La sociologia sostituisce la riflessione morale e
    soppianta la legge naturale. La prassi genera la norma. Per cui, se la gente chiede la fecondazione artificiale, noi gliela dobbiamo dare.

    Il male non si combatte: si regolamenta.
    Secondo questo falso cattolicesimo, si può anche riconoscere che una certa condotta sia cattiva. Ma - in base al principio assoluto che si deve dialogare con tutti - bisogna in un certo senso dialogare anche con il male. E scendere a patti con esso. Quindi, le leggi dello Stato non vieteranno
    l'aborto. Se lo facessero, si creerebbero inutili divisioni.
    Meglio regolamentare il fenomeno. Così, il male non consiste più nell'atto dell'uccidere il concepito. Il male è l'aborto clandestino (che minaccia la vita delle donne) mentre l'aborto legale diventa "buono", perché fatto secondo le norme dello Stato. Verranno uccisi molti innocenti, è vero; ma sarà salva la pace sociale e il dialogo permanente con tutti i
    sopravvissuti.

    Chi compie il male va capito e giustificato.
    La Chiesa insegna una dottrina esigente e offre insieme un perdono senza limiti da parte di Dio. Invece, per il cattolico del dissenso (dal Papa) il perdono sostituisce la dottrina. Siccome chi commette un male può agire in
    circostanze molto difficili, allora occorre sospendere il giudizio sulla sua condotta, ed evitare ogni condanna. Questo approccio non ha solo valenze morali - potremmo dire "da confessionale" - ma pretende di avere conseguenze giuridiche e politiche. Esempio: una donna abortisce.
    Peccato, ma poiché ha vissuto un dramma, come può la società prevedere una pena, anche lieve, per la sua condotta? E ancora: un uomo elimina con l'eutanasia sua moglie. Non è bello. Però, vista sua sofferenza, quale giudice potrà dichiararlo colpevole? Questo criterio potrà essere
    applicato ad altre infinite "zone grigie": un uomo scopre che la moglie lo tradisce, e la uccide. Ma in quest'ultimo caso, il cattolico politicamente corretto si dichiarerà inflessibile e per nulla comprensivo, nonostante le
    "terribili circostanze" in cui il delitto è avvenuto.

    Come si vede, quello che alla fine ci resta in mano è soltanto un pallido ricordo del cattolicesimo. Un corpo freddo e morto, che ha perso per strada l'amore per la Verità e la certezza della presenza viva e reale di Cristo
    in mezzo alla Chiesa. Un cattolicesimo senza croce e senza testimonianza, in fuga di fronte al martirio quotidiano dell'incomprensione del mondo.
    Non rimane che aiutare questi fratelli con l'apostolato della verità. E pregare per loro, perché grande è il pericolo che rappresentano per la salvezza di molte anime. A cominciare dalla loro.


    Mario Palmaro
    http://www.iltimone.org/ N. 54, giugno 2006


    ++++++++++++++
    Interessante. + chiaro di così.

  2. #2
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    Predefinito

    il male sia il malaffare, la corruzione, le tangenti, l'uso privatistico delle istituzioni, il mancato rispetto del lavoratore, delle sue condizioni di lavoro, della sua salute...
    Anche su queste cose bisogna essere intransigenti. Il Decalogo è formato anche dal 7° e 8° Comandamento, non solo dal 6°. Tuttavia talvolta si è oggettivamente in una condizione di scegliere il meno peggio in politica. E' una cosa che non mi piace per niente, è vero, ma è anche sbagliato lavarsene le mani.
    Bisogna scegliere sempre il bene e fuggire il male, ma talvolta, soprattutto in politica, sembra che qualunque cosa si faccia, si faccia il male.
    Allora, a mio avviso, ma potrei sbagliarmi, bisogna optare per il male minore cercando di limitare i danni non voluti, ma tollerati. Se invece siamo di fronte ad una scelta di bene contro male, bisogna a scegliere il bene, a qualunque costo.

    CIAO

 

 

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