Originariamente Scritto da
Biordo
Oggi a Perugia si festeggia l'anniversario dell'ultima grande rivolta contro lo stato pontificio...dedicato a tutti quelli che vorebbero tornare all'Italia pre-unitaria, pura espressione geografica e vero terzo mondo alla periferia di Europa....
XX GIUGNO 1859 - PER NON DIMENTICARE
Nella foto: il Grifo di Perugia che calpesta la Tiara Pontificia, scultura posta nell'odierno Borgo XX Giugno.
Tratto da una poesia di John Greenleaf Whittier (poeta americano di metà '800, notevole per le sue poesie contro la schiavitù), intitolata "From Perugia": "Cos'è questo stridore di pifferi e battito di tamburi? Guarda - gli Svizzeri della Chiesa tornano da Perugia, angeli militanti che con la sciabola ribadiscono le missive del buon Padre e i 'lo dice Iddio!' ai malcontenti, maledetti e aborriti, e prestano alla sua logica la punta della spada... Eccoli lì, pugnalatori mercenari, il sangue ancora fresco schizzato come vino rosso dal loro raccolto di carne umana..."
Che diavolo era successo, a Perugia? E' il 14 giugno del 1859. Ottocento
giovani perugini sono già partiti per il Nord, volontari nella guerra
d'indipendenza. Alle undici di mattina, "tra le acclamazioni della folla che gremiva il Corso", un gruppo di liberali "s'inoltrarono decisamente nel palazzo dei Priori" per comunicare al delegato apostolico "che Perugia voleva essere una città italiana e che si sarebbe staccata dal Papa qualora questi non intendesse aiutare Vittorio Emanuele e Napoleone a cacciare gli austriaci dalla penisola" (Uguccione Ranieri, Perugia della bell'epoca). Il delegato apostolico lascia la città, senza colpo ferire. Arrivata la notizia a Roma, il segretario di stato cardinale Antonelli ordina alle truppe svizzere, duemila uomini al comando del colonnello Schmidt, di marciare su Perugia. Ci vogliono cinque giorni di marcia. I soldati papalini si fermano a Narni: "nelle osterie si erano mostrati allegrissimi alla notizia che Perugia, anziché arrendersi, si preparava a difesa. Schmidt infatti per incoraggiare i suoi a marciare aveva promesso... il saccheggio della città. I mercenari discutevano addirittura della lunghezza del periodo di saccheggio... e ai narnesi esterrefatti spiegavano: 'A Perugia stare tutti priganti'" (Ranieri).
Arrivano a Perugia la mattina del 20 giugno. Gli insorti sono poco più di un
migliaio, hanno archibugi da caccia e 400 fucili, in parte inservibili, arrivati da
Arezzo (Perugia è una città di confine, accanto alla liberale Toscana). Resistono sulle mura e sulle porte, poi nelle strade strette, nelle case, sui tetti. Ci sono i primi morti. Il contingente pontificio infine entra in città, "inferocito per la imprevista resistenza dei perugini e imbaldanzito dalla vittoria" (Luciano Radi, 20 giugno 1859). Piove furiosamente, le strade sono deserte, c'è il rischio dei cecchini; i saccheggiatori hanno fretta. I soldati del Papa irrompono nel Monastero di San Pietro, non trovano bottino e si sfogano devastando l'archivio e la biblioteca. Invadono i negozi e le case, la gente gli tira tegole dei tetti e qualche colpo di fucile, loro sparano indiscriminatamente alle finestre, ci sono altri morti e feriti, "per lo più donne". "I soldati cominciarono ad assaltare i portoni delle case rimasti chiusi ed, entrati, fecero scempio di cose e persone.
Alcuni che coraggiosamente si opposero alle rapine degli oggetti più preziosi e cari, furono selvaggiamente aggrediti ed uccisi. Visto che i negozi degli artigiani e dei commercianti non erano in grado di arricchire il loro bottino, passarono ad incendiarli. Fu il finimondo". Un episodio fra tanti: "la casa del fabbro Mauro Passerini, cittadino di eccellente reputazione, fu saccheggiata, e Passerini stesso e sua moglie Carolina, furono barbaramente assassinati, come pure Candida, cognata del Passerini, che abitava là vicino" (H. Nelson Gay, in Archivio Storico del Risorgimento Umbro, 1907). Il cappellano delle truppe pontificie riferì "con entusiasmo" che "i nostri soldati massacravano quanto trovavano in queste case". Giuseppe Porta, segretario del comune, va per negoziare sventolando una bandiera bianca, ed è abbattuto a fucilate. Alla fine, il conto dei cittadini uccisi è di ventisei. I feriti sono innumerevoli, i danni incalcolabili.
"Il sentimento [del cardinale] Antonelli alla prima notizia della repressione dell'incipiente rivoluzione in Perugia, era stato di pura e semplice contentezza. Il Papa, 'onde manifestare la somma sua soddisfazione' aveva immediatamente promosso il colonnello Schmidt, che comandava gli svizzeri pontifici vincitori, al grado di generale di brigata" (Nelson Gay). La soddisfazione del cardinale Antonelli e del Papa è guastata da un incidente diplomatico. In un albergo di Perugia soggiorna in quel momento una famiglia americana, i Perkins, che sta facendo il classico grand tour europeo; quando gli svizzeri vi fanno irruzione uccidendo il proprietario e un domestico, i Perkins vengono malmenati, derubati, minacciati.
Sarebbero stati tutti massacrati, scriverà poi il nuovo delegato apostolico, se un soldato di nome Conrad Wellauer non si fosse messo in mezzo dicendo che era da vigliacchi uccidere delle donne.L'aggressione agli stranieri fa uscire la
vicenda dai confini dello Stato Pontificio: se ne parla sul Times, diventa un caso diplomatico, l'America la prende a cuore. Gli Stati Uniti democratici sono
fortemente critici verso i governi dispotici europei, e sono assai attenti alla
sicurezza dei loro cittadini all'estero (più di una volta, ne faranno casus belli coi loro vicini).
Dopo una prima risposta arrogante, il cardinale Antonelli si affretta perciò a risarcire i Perkins e chiudere il caso. Un anno dopo, arrivando a Perugia, la scrittrice francese Louise Colet nota che per strada si vedono solo "mendicanti, soldati svizzeri e austriaci, preti e monaci" e l'unica voce è
quella di un sergente che impartisce ordini in tedesco. "Ogni giorno," annota, i soldati papalini "insultavano i cittadini, tutto era pretesto per le loro brutalità"; infastidiscono le ragazze, picchiano chi porta i baffi in fogge sovversive, si scontrano con i pochi carabinieri italiani che non hanno disertato per unirsi alla lotta per l'indipendenza (Alberto Sorbini, Perugia nei libri di viaggio dal Settecento all'unità d'Italia). L'ordine è tornato a Perugia, come scrisse il Giornale di Roma, "con soddisfazione dei buoni il Papa, PIO IX, che promosse generale il colonnello Schmidt è lo stesso che è stato promosso beato nell'anno del giubileo.