Dei Sabei di Hurrân parla anche il Corano, in 2° 62 (59): Sì, quelli che hanno creduto [i musulmani], gli ebrei, i cristiani, i sabei, chiunque ha creduto in Dio e nel Giorno ultimo e fatto opera buona, avranno la loro ricompensa presso il Signore. Per essi nessun timore, e non verranno afflitti.
La Genesi (10°7) e 1° Cronache (1°9) enumerano Seba e Saba tra i figli di Cam, e perciò nipoti di Abramo e Qetura. I Sabei di cui si tratta qui sarebbero dunque un ramo semitico le cui origini risalgono a Babilonia, quando vi si adorava la dea lunare Sin (santuario principale di Harran). Comprendeva due gruppi importanti: i mandei (setta giudaico-cristiana che si riferiva a Giovanni Battista); e i sabei propriamente detti, residenti appunto nel Hurrân. Questi avevano stretti legami con le dottrine zoroastriane e manichee, e prudentemente tenevano nascosti le loro dottrine e le loro idee.
Veneravano una divinità suprema, Marilaha, il cui emblema culturale era un pilastro o betyle, e che governava l'universo tramite divinità planetarie: Sole (Helios), Luna (Sin), Saturno (Cronos), Giove (Bêl), Marte (Ares), Venere (Balti) e Mercurio (Nabuq). Osservavano un certo numero di digiuni, uno dei quali, dedicato al dio-Luna, durava trenta giorni e iniziava il 6 di Adar. Il culto comprendeva anche numerose feste, sacrifici rituali e misteri con riti di iniziazione. Le due sette venivano usualmente confuse e reputate "deiste senza libro rivelato".
Centro importante della religione sabea, e di cui oggi si vedono ancora le imponenti rovine, è Eski Sumatar (Urfa, Turchia). Nel XVII° secolo vi si adoravano ancora le divinità astrali collegate però anche ad Abramo (che era partito per la sua missione dalla vicina Urfa, Ur dei Caldei).
I Sabei erano noti anche per le loro conoscenze astrologiche, dal momento che, in effetti, a loro religione era un'astrolatria evoluta.
Gabriele Mandel
La Magia nell'Islam