La pirateria al servizio del monopolio
Michele Altamura (Rinascita)
La pirateria dei software viene da sempre definita un reato, un grave
problema dell’industria informatica che costa più di 11 miliardi di dollari
di mancato profitto, e oltre 109.000 posti lavoro, dunque una piaga per la
libera concorrenza e lo sviluppo del mercato.
Tuttavia, a nostro parere, le conclusioni a cui facilmente si giunge nel
condannare la pirateria sono alquanto superficiali e senza cognizione di
causa, in quanto non si va a considerare l’origine, sociologica ed
economica, di tale fenomeno. Innanzitutto, i software sono troppo costosi, e
rappresentano un laccio alla produttività dell’’impresa, per non parlare
degli aggiornamenti, sempre esclusi dal prezzo e vanno acquistati, nella
maggior parte dei casi, con una cadenza semestrale; per cui anche in questo
le condizioni contrattuali sono sempre vessatorie nei confronti del
consumatore e dell’impresa. Ma c’è di più, potremmo giungere alla
conclusione che la pirateria del software è indispensabile per le società
produttrici, come Microsoft , Adobe o Macromedia, perché consente loro di
conservare il monopolio sul mercato. I privati usano sempre gli stessi
software, perché previsti ad esempio nei programmi della Patente europea
informatica, sono preinstallati sulle tecnologie che acquistiamo, e la loro
conoscenza è tra i requisiti minimi per trovare lavoro. Senza lavoro però
non è neanche possibile acquistare i programmi e acquisire una certa
abilità, dunque la pirateria consente di entrare in questo circolo vizioso.
D’altronde anche le imprese utilizzano e comprano gli stessi software perché
sono richiesti dal mercato e sono quelli che sanno utilizzare i loro
dipendenti, per cui la pirateria chiude il mercato e proibisce la scelta
delle imprese che sono così obbligate ad acquistare i programmi pirata. La
pirateria viene volutamente tollerata, se non alimentata, per cautelare il
monopolio stesso, altrimenti programmi più snelli ed efficienti, con un
rapporto prezzo-qualità più alto sbaraglierebbero il mercato portando la
vera concorrenza.
Occorre domandarsi perché sistemi come Linux, con licenza gratuita e dotato
di una costellazione di accessori e applicazioni dalla grafica e dalla
funzionalità di gran lunga superiore, non raggiunge ancora la sperata
diffusione. Perché Microsoft, con i suoi programmi, è presente nelle
amministrazioni e nelle grandi imprese, nonostante non sia il sistema
migliore? Non bisogna dimenticare che Bill Gates, da perfetto interprete
dell’humor americano, prende e non paga mai, ha costruito il suo grande
impero rubando centinaia di brevetti e inserendoli nel suo Windows.
I crack e i sistemi di elusione della sicurezza dei programmi sono talmente
diffusi sulla rete, che costituiscono un naturale accessorio del software a
pagamento, ma soprattutto una condizione indispensabile, altrimenti le
versioni libere dei software più professionali porterebbero alla vera
concorrenza. Un privato passerebbe ad utilizzare Star Office o WordPerfect
piuttosto che MicrosoftOffice, se solo questo non fosse imposto dal mercato
o non fosse maggiormente diffuso grazie alla pirateria.
Un fenomeno assai simile si è avuto con la Tv satellitare a pagamento, che
ha conosciuto il massimo picco di diffusione proprio grazie alla pirateria.
Le interfaccia, i software e i codici per la duplicazione pirata delle
schede di abbonamento non solo erano reperibili nel retrobottega di
qualsiasi rivenditore Telepiù, ma era acquistabile sulla rete tutto il kit
per il pirata fai da te. Il risultato fu un’impressionante crescita delle
vendite delle paraboliche e dei ricevitori, e della stessa dipendenza dei
consumatori verso la televisione satellitare, che si è trasformato poi in
abbonamento a pagamento nel momento in cui Murdock ha deciso di cambiare il
sistema dei ricevitori, interrompere la diffusione dei codici pirata sulla
rete, e di affacciarsi sul mercato da monopolista con un prezzo che non si
poteva rifiutare. Una strategia di marketing aggressiva e efficace che ha
creato controllo e dipendenza sul pubblico dei consumatori.
Allo stesso modo, il marketing del software ha inglobato in sé la pirateria.
Nella maggior parte dei casi, i demo e le versioni trials venduti
all’interno dei magazine non sono protetti, o lo sono con sistemi che il più
inesperto degli hacker può smantellare. Il grande produttore propone poi le
licenze a prezzo stracciato per legalizzare le copie pirata, con la
conseguenza che poi i piccoli, a causa della pirateria, non possono sperare
di prendere quote di mercato, indipendentemente dalla qualità del loro
software. Il solo mezzo per entrare sul mercato è contare sulla pirateria,
distribuire versioni gratuite o trovare metodi di redditività che non siano
più basati sulla vendita dei software.
Senza la pirateria, si imparerebbe ad utilizzare software meno costosi o
semplicemente gratuiti, la concorrenza ridiventerebbe sana privilegiando il
benessere e lo sviluppo del mercato.
Data l’evidenza dei fatti da noi mostrata, c’è da chiedersi come mai le
istituzioni, le commissioni e le Autority Antistust non pongono adeguati
provvedimenti, e individuino i veri pirati che alzano le muraglie sul
mercato. Si parla di utilizzare le procedure anti-terrorismo per forzare il
p2p, ossia lo scambio dei dati tra computer, per lottare la pirateria, si
comminano multe contro l’abuso di posizione dominante della grande industria
informatica, ma la pirateria aumenta sempre più.