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  1. #1
    Operam non perdit
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    Predefinito Baruch XVI ad Oświęcim: Perchè il Signore ha taciuto?



    Perchè ha cose più importanti da fare che occuparsi del marketing dei suoi assassini!

    Raffaele

  2. #2
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    Mysterium iniquitatis, quello della visita (ovviamente).

  3. #3
    costantino
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    non avrei mai pensaato di sentire un "Papa" bestemmiare.
    è un giorno tristissimo

  4. #4
    Il Patriota
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    BENEDETTO XVI: AD AUSCHWITZ EBREI STERMINATI PER UCCIDERE DIO
    29-05-2006 072


    Cracovia, 29 mag. (Apcom) - Ad Auschwitz "ebrei mandati come carne al macello", luogo di "accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo, che non ha confronti nella storia". Il grido del Papa si alza dal campo di sterminio dove furono massacrati milioni di persone dalla follia nazista. Per ben due volte Benedetto XVI pronuncia la parola Shoah (è la prima volta che un papa ad Auschwitz usa questo termine) e lo accompagna ad un grido: "Dio perché hai taciuto?". Il Papa chiama i nazisti "criminali violenti" che "con l'annientamento del popolo ebraico, intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo".

    Papa Ratzinger, rotto dalla commozione e con una voce tremante, ha visitato per oltre due ore il campo di Auschwitz e poi quello di Birkenau, chiedendo "perdono e riconciliazione". Ha pregato con gli ex deportati chiedendo pace nel mondo, ha rivolto un pensiero alle vittime dell'odio di oggi, ha urlato: "Mai più un'altra Auschwitz". E' una tappa storica quella compiuta ieri dal Pontefice: per la prima volta un Papa tedesco ha varcato quel cancello, soffermandosi per dieci lunghi, silenziosi, intensi minuti davanti alle lapidi della memoria: quella ebrea, polacca, russa, dei rom.

    Un "dovere" essere ad Auschwitz, da Papa ma soprattutto da "figlio del popolo tedesco". Ha scelto lui, personalmente, di recarsi in quello che lui stesso chiama "luogo dell'orrore, luogo della memoria, Shoah, valle oscura".

    "In un luogo come questo - ha detto il Pontefice - vengono meno le parole, può restare soltanto uno sbigottito silenzio, un silenzio che è interiore grido verso Dio". "Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo?". E il silenzio si trasforma in "voce di perdono e di riconciliazione, grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa".

    Il Papa è preoccupato anche per "le nuove sventure dell'ora presente", incui prevalgono negli uomini "forze oscure". Da una parte "l'abuso del nome di Dio - ha detto il Papa - per la giustificazione di una violenza cieca contro persone innocenti; dall'altra - ha proseguito - il cinismo che non conosce Dio e che schernisce la fede in lui".

  5. #5
    Il Patriota
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    il discorso integrale del rabbino ratzi

    «Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile - ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio - un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? È in questo atteggiamento di silenzio che ci inchiniamo profondamente nel nostro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte; questo silenzio, tuttavia, diventa poi domanda ad alta voce di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa.


    Ventisette anni fa, il 7 giugno 1979, era qui Giovanni Paolo II; egli disse allora: 'Vengo qui oggi come pellegrino. Si sa che molte volte mi sono trovato qui... Quante volte! E molte volte sono sceso nella cella della morte di Massimiliano Kolbe e mi sono fermato davanti al muro dello sterminio e sono passato tra le macerie dei forni crematori di Birkenau. Non potevo non venire qui come Papà. Papa Giovanni Paolo II stava qui come figlio di quel popolo che, accanto al popolo ebraico, dovette soffrire di più in questo luogo e, in genere, nel corso della guerra: 'Sono sei milioni di polacchi, che hanno perso la vita durante la seconda guerra mondiale: la quinta parte della nazionè, ricordò allora il Papa. Qui egli elevò poi il solenne monito al rispetto dei diritti dell'uomo e delle nazioni, che prima di lui avevano elevato davanti al mondo i suoi predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI, e aggiunse: 'Pronuncia queste parole [...] il figlio della nazione che nella sua storia remota e più recente ha subito dagli altri un molteplice travaglio. E non lo dice per accusare, ma per ricordare. Parla a nome di tutte le nazioni, i cui diritti vengono violati e dimenticatì.

    Papa Giovanni Paolo II era qui come figlio del popolo polacco. Io sono oggi qui come figlio del popolo tedesco, e proprio per questo devo e posso dire come lui: Non potevo non venire qui. Dovevo venire. Era ed è un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II e come figlio del popolo tedesco - figlio di quel popolo sul quale un gruppo di criminali raggiunse il potere mediante promesse bugiarde, in nome di prospettive di grandezza, di ricupero dell'onore della nazione e della sua rilevanza, con previsioni di benessere e anche con la forza del terrore e dell'intimidazione, cosicchè il nostro popolo potè essere usato ed abusato come strumento della loro smania di distruzione e di dominio. Sì, non potevo non venire qui. Il 7 giugno 1979 ero qui come arcivescovo di Monaco-Frisinga tra i tanti vescovi che accompagnavano il Papa, che lo ascoltavano e pregavano con lui. Nel 1980 sono poi tornato ancora una volta in questo luogo di orrore con una delegazione di vescovi tedeschi, sconvolto a causa del male e grato per il fatto che sopra queste tenebre era sorta la stella della riconciliazione. È ancora questo lo scopo per cui mi trovo oggi qui: per implorare la grazia della riconciliazione - da Dio innanzitutto che, solo, può aprire e purificare i nostri cuori; dagli uomini poi che qui hanno sofferto, e infine la grazia della riconciliazione per tutti coloro che, in quest'ora della nostra storia, soffrono in modo nuovo sotto il potere dell'odio e sotto la violenza fomentata dall'odio.

    Quante domande ci si impongono in questo luogo! Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come potè tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male? Ci vengono in mente le parole del Salmo 44, il lamento dell'Israele sofferente: '...Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose... Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svegliati, perché dormi, Signore? Destati, non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!' (Sal 44,20.23-27). Questo grido d'angoscia che l'Israele sofferente eleva a Dio in periodi di estrema angustia, è al contempo il grido d'aiuto di tutti coloro che nel corso della storia - ieri, oggi e domani - soffrono per amor di Dio, per amor della verità e del bene; e ce ne sono molti, anche oggi».

    «Noi non possiamo scrutare il segreto di Dio - vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia. Non difenderemmo, in tal caso, l'uomo, ma contribuiremmo solo alla sua distruzione. No - in definitiva, dobbiamo rimanere con l'umile ma insistente grido verso Dio: Svegliati! Non dimenticare la tua creatura, l'uomo! E il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio - affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell'egoismo, della paura degli uomini, dell'indifferenza e dell'opportunismo. Emettiamo questo grido davanti a Dio, rivolgiamolo allo stesso nostro cuore, proprio in questa nostra ora presente, nella quale incombono nuove sventure, nella quale sembrano emergere nuovamente dai cuori degli uomini tutte le forze oscure: da una parte, l'abuso del nome di Dio per la giustificazione di una violenza cieca contro persone innocenti; dall'altra, il cinismo che non conosce Dio e che schernisce la fede in Lui. Noi gridiamo verso Dio, affinché spinga gli uomini a ravvedersi, così che riconoscano che la violenza non crea la pace, ma solo suscita altra violenza - una spirale di distruzioni, in cui tutti in fin dei conti possono essere soltanto perdenti.

    Il Dio, nel quale noi crediamo, è un Dio della ragione - di una ragione, però, che certamente non è una neutrale matematica dell'universo, ma che è una cosa sola con l'amore, col bene. Noi preghiamo Dio e gridiamo verso gli uomini, affinché questa ragione, la ragione dell'amore e del riconoscimento della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell'irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio. Il luogo in cui ci troviamo è un luogo della memoria che nello stesso tempo è luogo della Shoah. Il passato non è mai soltanto passato. Esso riguarda noi e ci indica le vie da non prendere e quelle da prendere. Come Giovanni Paolo II ho percorso il cammino lungo le lapidi che, nelle varie lingue, ricordano le vittime di questo luogo: sono lapidi in bielorusso, ceco, tedesco, francese, greco, ebraico, croato, italiano, yiddish, ungherese, neerlandese, norvegese, polacco, russo, rom, rumeno, slovacco, serbo, ucraino, giudeo-ispanico, inglese. Tutte queste lapidi commemorative parlano di dolore umano, ci lasciano intuire il cinismo di quel potere che trattava gli uomini come materiale non riconoscendoli come persone, nelle quali rifulge l'immagine di Dio. Alcune lapidi invitano a una commemorazione particolare. C'è quella in lingua ebraica. I potentati del Terzo Reich volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità; eliminarlo dall'elenco dei popoli della terra. Allora le parole del Salmo: 'Siamo messi a morte, stimati come pecore da macello' si verificarono in modo terribile. In fondo, quei criminali violenti, con l'annientamento di questo popolo, intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell'umanità che restano validi in eterno. Se questo popolo, semplicemente con la sua esistenza, costituisce una testimonianza di quel Dio che ha parlato all'uomo e lo prende in carico, allora quel Dio doveva finalmente essere morto e il dominio appartenere soltanto all'uomo - a loro stessi che si ritenevano i forti che avevano saputo impadronirsi del mondo.

    Con la distruzione di Israele volevano, in fin dei conti, strappare anche la radice, su cui si basa la fede cristiana, sostituendola definitivamente con la fede fatta da sé, la fede nel dominio dell'uomo, del forte. C'è poi la lapide in lingua polacca: In una prima fase e innanzitutto si voleva eliminare l'élite culturale e cancellare così il popolo come soggetto storico autonomo per abbassarlo, nella misura in cui continuava a esistere, a un popolo di schiavi. Un'altra lapide, che invita particolarmente a riflettere, è quella scritta nella lingua dei Sinti e dei Rom. Anche qui si voleva far scomparire un intero popolo che vive migrando in mezzo agli altri popoli. Esso veniva annoverato tra gli elementi inutili della storia universale, in un'ideologia nella quale doveva contare ormai solo l'utile misurabile; tutto il resto, secondo i loro concetti, veniva classificato come lebensunwertes Leben - una vita indegna di essere vissuta. Poi c'è la lapide in russo che evoca l'immenso numero delle vite sacrificate tra i soldati russi nello scontro con il regime del terrore nazionalsocialista; al contempo, però, ci fa riflettere sul tragico duplice significato della loro missione: liberando i popoli da una dittatura, dovevano servire anche a sottomettere gli stessi popoli a una nuova dittatura, quella di Stalin e dell'ideologia comunista. Anche tutte le altre lapidi nelle molte lingue dell'Europa ci parlano della sofferenza di uomini dell'intero continente; toccherebbero profondamente il nostro cuore, se non facessimo soltanto memoria delle vittime in modo globale, ma se invece vedessimo i volti delle singole persone che sono finite qui nel buio del terrore».
    «Ho sentito come intimo dovere fermarmi in modo particolare anche davanti alla lapide in lingua tedesca. Da lì emerge davanti a noi il volto di Edith Stein, Theresia Benedicta a Cruce: ebrea e tedesca scomparsa, insieme con la sorella, nell'orrore della notte del campo di concentramento tedesco-nazista; come cristiana ed ebrea, ella accettò di morire insieme con il suo popolo e per esso. I tedeschi, che allora vennero portati ad Auschwitz-Birkenau e qui sono morti, erano visti come Abschaum der Nation - come il rifiuto della nazione. Ora però noi li riconosciamo con gratitudine come i testimoni della verità e del bene, che anche nel nostro popolo non era tramontato. Ringraziamo queste persone, perché non si sono sottomesse al potere del male e ora ci stanno davanti come luci in una notte buia. Con profondo rispetto e gratitudine ci inchiniamo davanti a tutti coloro che, come i tre giovani di fronte alla minaccia della fornace babilonese, hanno saputo rispondere: 'Solo il nostro Dio può salvarci. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai eretto' (cfr Dan 3,17s.). Sì, dietro queste lapidi si cela il destino di innumerevoli esseri umani. Essi scuotono la nostra memoria, scuotono il nostro cuore. Non vogliono provocare in noi l'odio: ci dimostrano anzi quanto sia terribile l'opera dell'odio.

    Vogliono portare la ragione a riconoscere il male come male e a rifiutarlo; vogliono suscitare in noi il coraggio del bene, della resistenza contro il male. Vogliono portarci a quei sentimenti che si esprimono nelle parole che Sofocle mette sulle labbra di Antigone di fronte all'orrore che la circonda: 'Sono qui non per odiare insieme, ma per insieme amare'. Grazie a Dio, con la purificazione della memoria, alla quale ci spinge questo luogo di orrore, crescono intorno ad esso molteplici iniziative che vogliono porre un limite al male e dar forza al bene. Poco fa ho potuto benedire il Centro per il dialogo e la preghiera. Nelle immediate vicinanze si svolge la vita nascosta delle suore carmelitane, che si sanno particolarmente unite al mistero della croce di Cristo e ricordano a noi la fede dei cristiani, che afferma che Dio stesso e sceso nell'inferno della sofferenza e soffre insieme con noi. A Oswiecim esiste il Centro di san Massimiliano e il Centro internazionale di formazione su Auschwitz e l'Olocausto. C'è poi la Casa internazionale per gli incontri della gioventù. Presso una delle vecchie Case di preghiera esiste il Centro ebraico. Infine si sta costituendo l'Accademia per i diritti dell'uomo. Così possiamo sperare che dal luogo dell'orrore spunti e cresca una riflessione costruttiva e che il ricordare aiuti a resistere al male e a far trionfare l'amore. L'umanità ha attraversato a Auschwitz-Birkenau una 'valle oscura'. Perciò vorrei, proprio in questo luogo, concludere con una preghiera di fiducia - con un Salmo d'Israele che, insieme, è una preghiera della cristianità: 'Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perchè tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza... Abiterò nella casa del Signore per lunghissimi annì (Sal 23, 1-4. 6)»

    -----------------

    [la moderazione] Come sempre da leggersi Papa con le dovute virgolette, come abbiamo sempre sostenuto: http://www.politicaonline.net/forum/...d.php?t=158081

  6. #6
    Il Patriota
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  7. #7
    Assatanata, cogliona & indegna
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    Già cogliona ed oggi anche "indegna di essere italiana"!!!
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    Credo che il "Papa" abbia fatto bene.

    Ad Oswicim-Brzezinka / Auschwitz Birkenau sono morti essere umani innocenti - anziani, donne incinte, bambini..... colpevoli di essere "ebrei" o "zingari"..... sacerdoti..... Innocenti.....

    E l'omicidio è il crimine più abietto che ci sia. Omicidio in massa.

  8. #8
    Non sono d'esempio in nulla
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    Citazione Originariamente Scritto da Elettra_R.
    Credo che il "Papa" abbia fatto bene.

    Ad Oswicim-Brzezinka / Auschwitz Birkenau sono morti essere umani innocenti - anziani, donne incinte, bambini..... colpevoli di essere "ebrei" o "zingari"..... sacerdoti..... Innocenti.....

    E l'omicidio è il crimine più abietto che ci sia. Omicidio di massa.
    In questo forum, che sostiene la mancanza formale dell'Autorità in coloro che da Paolo VI in poi siedono (pur con valida elezioni di materia adatta ad ottenere l'Autorità anche formale..) sul Trono di Pietro, le parole sublimi di Sommo Pontefice, Papa, Vicario di Cristo ecc. sono ritenute non ancora godibili da loro e quindi non enunciabili accanto ai loro nomi. Dirò ancora una volta (visto che molti forumisti sono da tempo lettori del forum TC e LCC) che per capire questa nostra posizione si deve affrontare il nodo ineludibile dei documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II promulgati appunto da Paolo VI e continuamente insegnati dai suoi successori. Tali documenti che contraddicono (se solo apparentemente lo si deve dimostrare, visto che la contraddizione è evidente) il Magistero precedente rendono impossibile l'Atto di Fede che è per rigore logico oggi non eseguibile se non "sorvolando" praticamente le questioni che tali documenti oppongono al Magistero precedente. Per capire la questione in una breve sintesi: http://www.politicaonline.net/forum/...d.php?t=251951

    sulla nobile parola Papa: http://www.politicaonline.net/forum/...d.php?t=158081

    Sul post di Elettra_R. la questione è semplice. Uccidere un innocente è peccato mortale, si va all'inferno. La nostra obiezione riguarda però due aspetti: uno come scritto sopra di natura religiosa; l'altro di natura semplicemente di buon senso, ovvero: non ci sono morti solo nei campi di concentramento nazionalsocialisti e soprattutto non ci sono solo ebrei morti nella storia dell'umanità..e quindi: a chi giova questa "giudeolatria"?

  9. #9
    Assatanata, cogliona & indegna
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    Già cogliona ed oggi anche "indegna di essere italiana"!!!
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    Sul post di Elettra_R. la questione è semplice. Uccidere un innocente è peccato mortale, si va all'inferno. La nostra obiezione riguarda però due aspetti: uno come scritto sopra di natura religiosa; l'altro di natura semplicemente di buon senso, ovvero: non ci sono morti solo nei campi di concentramento nazionalsocialisti e soprattutto non ci sono solo ebrei morti nella storia dell'umanità..e quindi: a chi giova questa "giudeolatria"?
    quel che mi disguasta è che si possano creare "fabbriche di morte" per punire soggetti diversi del fatto di essere vivi e "diversi".
    Penso anche a molti sacerdoti.
    Agli zingari.
    Agli handicappati....

    Ecc ecc ecc.....

    Insomma questo genere di omicidi di massa mi danno la nausea.... E il problema è che ci sono ancora oggi altroché.....

  10. #10
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    Predefinito i giudei sono patologicamente degli infelici e non sono mai contenti

    tratto da : http://www.corriere.it/Primo_Piano/C...9/vecchi.shtml

    Comunità ebraiche: è riduttivo sulle colpe degli uomini




    MILANO — «Il discorso sul nazismo e la Shoah, come dire, mi pare un po’ riduttivo». Claudio Morpurgo, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, ha appena finito di seguire in televisione il discorso del Papa e non nasconde la sua «perplessità». Certo, «come ebrei non possiamo non cogliere il valore altamente simbolico di questa giornata». Mad’istinto dice una cosa che ricorre in diversi commenti del mondo ebraico, laico e religioso, parole misuratemasecche e un velo di delusione: «C’è un passaggio interessante sul silenzio di Dio, un tema assai studiato dalla stessa teologia ebraica. Però avverto un rischio di fuga dalle responsabilità: il problema non è tanto chiedersi dov’era Dio, ma dov’erano gli uomini». Ecco la questione centrale: il rabbino Giuseppe Laras è presidente dell’assemblea rabbinica italiana e docente di filosofia ebraica alla Statale di Milano, un uomo che con i problemi teologici ha una certa familiarità, però dice che «se si fa di Auschwitz un problema teologico, si rischia di distogliere l’attenzione da ciò che è accaduto: il problema sono gli uomini, la loro responsabilità, e semmai la questione è l’uso malvagio che l’uomo ha fatto della sua libertà rinnegando Dio». Laras è un uomo mite e sorride: «Nessuno vuole fare il giudice del Papa, tanto più che il suo ruolo non è affatto facile.
    Ci rendiamo tutti conto della grandezza del suo gesto, di quanto sia importante che si sia posto sulla scia del suo predecessore. Però, sa com’è, sono più facili le riflessioni critiche che gli elogi, e del resto vogliono solo essere uno stimolo al dialogo». Così il rabbino non gira intorno alle parole, «ho avuto l’impressione che il suo discorso fosse piuttosto generico, talvolta reticente, sarà il ca rattere ma mi è parso un po’ abbottonato». Per dire: «Mi ha colpito che non nominasse mai la parola "antisemitismo". Che abbia parlato di "sei milioni di polacchi uccisi" ma non dei sei milioni di ebrei, e sì che la cifra è evocatrice, no?». E poi c’è la faccenda dei tedeschi: «Per spiegare il loro coinvolgimento nella Shoah, ha parlato di un inganno ordito da un gruppo di criminali: vorrei che fosse stato così, manon è stato esattamente così». Lo dice pure Claudio Morpurgo, «l’antisemitismo è un fenomeno complesso, la Shoah è il punto d’arrivo di un’operazione secolare che ha diverse matrici ed è molto più ampia di Auschwitz: contiene anche le leggi razziali e l’acquiescenza di tanti». Un velo di delusione, appunto, «un discorso grande all’inizio e alla fine e problematico nel suo contenuto», riflette il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni: per nulla convinto dall’interpretazione delle responsabilità tedesche, «come se il popolo tedesco fosse egli stesso vittima e non, invece, dalla parte dei persecutori.
    C’è una sorta di ritiro rispetto a un disegno imperscrutabile di Dio. Ma se Dio non si può giudicare, abbiamo il dovere di giudicare la storia, perché la storia la fanno gli uomini». Pure Di Segni non usa eufemismi verso Benedetto XVI, «se è stato importante e significativo che abbia definito il popolo ebraico come testimone di Dio, non ha tuttavia colto la centralità di Auschwitz come simbolo del martirio del popolo ebraico». Resta «un difficile percorso di dialogo e il senso di una storia controversa». Ma resta anche, sorride il rabbino, l’arcobaleno apparso d’improvviso dietro il Papa in preghiera, «un segno spettacolare su cui dobbiamo riflettere... ».
    Gian Guido Vecchi
    29 maggio 2006

 

 
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