Ho avuto modo di osservare come la maggioranza degli utenti del forum discuta dell'attuale crisi iraniana con un approccio per lo più ideologico, dilettantesco e spesso alquanto fantasioso. Questa situazione riflette un fenomeno generalizzato di scarsa (o nulla) conoscenza scientifica delle dinamiche intrinseche della politica internazionale. Pertanto, considerata la mia specializzazione accademica in questo settore, ritengo in tutta umiltà di possedere gli strumenti per proporre una valutazione informata, scientificamente attendibile e non ideologica né moralistica dei fatti e dei loro probabili sviluppi nei mesi a venire. Alcuni hanno già letto alcuni miei interventi sulla questione, accolti per lo più in chiave polemica laddove cercavo di offrire un'interpretazione realista. Ora cercherò di chiarire una volta per tutte la posizione largamente condivisa all'interno della comunità degli studiosi di relazioni internazionali.
In primo luogo, il programma nucleare iraniano non è una novità: i tentativi iniziarono quasi immeditamente dopo la rivoluzione khomeinista del 1979. Non è quindi un mistero che il regime di Teheran sia intenzionato a sviluppare un arsenale nucleare. Ciò che non tutti si chiedono è quali motivazioni possano spingere uno stato, non importa se democratico o autoritario, a volersi dotare di simili armamenti. Di fronte a una tale volontà, molti sono tentati di rispondere semplicisticamente adducendo intenzioni ostili, bellicose o addirittura insanità mentale (di fatto la maggior parte dei forumisti è sinceramente convinta che Ahmadinejad sia pazzo). Di solito, a sostegno di tali tesi si fa riferimento alle frequenti dichiarazioni del leader iraniano contro lo stato di Israele. Tuttavia, come ho avuto modo di spiegare in precedenza -- come mi è stato confermato proprio ieri sera, nel corso di un incontro/dibattito sul tema, dal prof. Marco Cesa, docente di relazioni internazionali e studi strategici della Johns Hopkins University (nonché mio ex docente) -- queste dichiarazioni (che hanno ricevuto un'attenzione esagerata da parte dei media) fanno in realtà parte delle "regole del gioco": ogni leader iraniano deve attaccare verbalmente Israele, per motivi di politica interna (immagine del regime), senza che ciò debba far pensare ad una reale intenzione. Insomma, le parole di Ahmadinejad non dovrebbero essere prese troppo sul serio. Questo è un primo punto.
Un secondo punto riguarda quella che potremmo definire la "logica immanente" della corsa agli armamenti. La teoria dei giochi ha una risposta perfettamente razionale per la domanda relativa al perché uno stato possa voler aumentare le proprie capacità militari: il "dilemma della sicurezza" (la versione in chiave internazionalistica del più famoso "dilemma del prigioniero"). Uno stato può, a torto o a ragione, sentirsi minacciato e temere che altri stati abbiano intenzioni ostili nei suoi confronti; di conseguenza, esso vorrà aumentare la propria sicurezza incrementando gli armamenti; gli altri stati, a loro volta, potrebbero percepire una simile decisione come indicativa di intenzioni aggressive, ragion per cui risponderanno con una mossa simile; ciò a sua volta indurrà il primo stato a incrementare ancora i propri armamenti, e così via, in un circolo vizioso.
Questa dinamica si ripete in maniera assai similare anche nel caso degli armamenti nucleari. C'è però una differenza non marginale rispetto agli armamenti convenzionali. Le armi atomiche hanno un potenziale distruttivo tale che una guerra combattuta con tali armi può essere vinta solo in due modi: 1) avere la certezza assoluta di distruggere completamente, al primo colpo, l'avversario; 2) avere un sistema anti-missilistico in grado con assoluta certezza di renderci invulnerabili agli attacchi del nemico. Poiché questi sono due casi puramente teorici, ma non possono verificarsi nella realtà (a dispetto delle fantasie di chi immagina che gli scudi spaziali possano realizzare ciò), allora una guerra combattuta con armi nucleari non può essere vinta. Sono sicuro che tutti qui conoscono il film War Games (Giochi di guerra): ebbene, in quel film è descritta perfettamente questa logica. Alla fine del film il computer pronuncia la battuta "Strano gioco: l'unica mossa vincente è non giocare". Ciò significa che, per uno stato, essere sprovvisto di armi nucleari in un mondo in cui altri stati potenzialmente ostili ne sono provvisti, costituisce una condizione di estremo pericolo. Il nostro stato allora sarà determinato a dotarsi a tutti i costi delle stesse armi del suo potenziale nemico, minacciando di rispondere con eguale intensità ad un eventuale attacco. A questo punto la situazione diplomatica si congela: entrambi gli stati sanno di non poter tirare troppo la corda, e sanno di non poter prevalere in caso di guerra. Ciò li dissuaderà definitivamente dall'iniziare un conflitto, e li spingerà a risolvere le crisi per via politica, per lo più attraverso complessi giochi diplomatici. Si invertono i termini del noto aforisma di Clausewitz "La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi", nel senso che ora è la politica ad essere la continuazione della guerra con altri mezzi. La guerra fredda tra USA ed URSS e quella locale tra India e Pakistan dimostrano in maniera inequivocabile che la realtà segue questa logica: la logica della deterrenza.
Tornando al caso specifico del nucleare iraniano, vorrei fare ora alcune considerazioni di carattere strategico e geopolitico. In primo luogo, gli Stati Uniti sembrano aver affidato all'Europa (Gran Bretagna, Francia e Germania) il compito di agire da mediatore, per tentare di convincere l'Iran a desistere dai propri progetti mediante la promessa di concessioni. Ciò mette sia gli Stati Uniti che l'Europa in una situazione alquanto difficile. Riprendendo le parole usate dal prof. Cesa, si può descrivere questa situazione dicendo che gli Stati Uniti hanno in mano un grosso bastone ma nessuna carota, mentre l'Europa possiede una grossa carota ma nessun bastone. E' evidente che una situazione simile pone USA ed Europa nell'impossibilità di risolvere la crisi, poiché la strategia "bastone e carota" può funzionare solo se è lo stesso attore ad avere in mano sia il bastone che la carota. Per di più, la posizione dell'Europa è ulteriormente indebolita dal fatto che la Russia si sia proposta come mediatore alternativo, proponendo all'Iran di arricchire l'uranio negli impianti russi, proposta respinta come tutti sanno. La Russia ha un forte interesse a tenere gli Stati Uniti lontani dai propri confini, ed è per questo che non intende appoggiare un'eventuale azione americana contro l'Iran.
Vi invito a considerare anche la posizione dell'Italia, per quanto marginale. Avrete notato che il nostro paese è stato escluso dal tentativo di negoziazione europeo: ciò perché l'Italia è il principale partner commerciale dell'Iran, ed è quindi ovvio che un intervento non ci porterebbe alcun beneficio ma al contrario ci danneggerebbe seriamente.
Un altro attore la cui posizione non bisogna assolutamente sottovalutare è la Cina. Gli Stati Uniti hanno investito della questione iraniana il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma Pechino, che intrattiene fitte relazioni con l'Iran e vi nutre forti interessi strategici per via del suo fabbisogno energetico (e non bisogna dimenticare che è la Cina a fornire all'Iran le tecnologie per i suoi progetti nucleari), ha dichiarato apertamente che eserciterà il proprio potere di veto.
L'ipotesi di un intervento militare con truppe di terra è inoltre poco plausibile, dal momento che l'Iran è un grande paese montuoso, con una popolazione di 80 milioni di abitanti ed un esercito i entità non trascurabile e relativamente ben equipaggiato. A questo punto molti di voi potranno obiettare che gli USA potrebbero porre in essere un attacco aereo per bombardare e distruggere gli impianti nucleari iraniani. Tuttavia vi è una difficoltà che dubito possa essere superata: né i servizi segreti americani, né tanto meno quelli israeliani, conoscono con esattezza l'ubicazione di tali impianti, e la cosa è tanto più complicata dal fatto che gli iraniani, a quanto pare, hanno preferito per lo più installazioni sotterranee. Pertanto anche l'idea di un attacco aereo presenta scarse possibilità di successo, ed è poco praticabile al pari di un attacco terrestre. Si aggiunga a ciò il fatto che la guerra in Iraq, che da un lato ha riempito di truppe USA un paese confinante con l'Iran (che inevitabilmente percepirà ciò come una minaccia), dall'altro ha eliminato dalla scena Saddam Hussein, il principale nemico di Teheran nella regione, e ha consegnato di fatto il paese alla maggioranza scita, facendo un grosso favore all'Iran che ora può diventare il vero ago della bilancia nell'area.
La situazione, come si vede, appare destinata a risolversi con un sostanziale successo dell'Iran, che con ogni probabilità metterà la comunità internazionale di fronte al fatto compiuto. Ciò non può certamente fare piacere agli Stati Uniti, per i quali un Iran nuclearizzato costituirebbe una grossa limitazione alla loro libertà d'azione nell'area mediorientale. Tuttavia, vi invito a considerare con positività il fatto che questa potenza regionale, nel momento in cui diverrà una potenza nucleare, potrebbe modificare sostanzialmente la propria politica. Infatti lo status di potenza nucleare eliminerebbe in maniera definitiva le preoccupazioni di sicurezza dell'Iran, il quale potrà pertanto permettersi una politica più distensiva, e perché no, trasformarsi in un fattore di stabilità nel Medio Oriente. Le dinamiche dominanti della politica internazionale possono permettere un simile sviluppo, a dispetto delle visioni più pessimistiche e catastrofiche.