Venerdì il sì del direttivo Cgil. Il passaggio di testimone tra Cofferati e Epifani coinciderà con l'avvio della campagna d'autunno
Sciopero generale il 18 ottobre
Roberto Farneti
Lo sciopero generale, già deciso a luglio dalla Cgil, si farà il 18 ottobre. E' questa la data che Sergio Cofferati proporrà al comitato direttivo di venerdì prossimo, ultimo atto ufficiale del "cinese" alla guida del più grande sindacato italiano. La decisione che segnerà il via della campagna d'autunno della Cgil contro il governo coinciderà infatti con il passaggio di consegne, dopo otto anni e due mesi di onorato servizio, tra Cofferati e l'attuale numero due Guglielmo Epifani. Una scelta non casuale, che serve a lanciare un messaggio chiaro: chi spera in cambiamenti rispetto alla linea conflittuale decisa nell'ultimo congresso è destinato a rimanere deluso.
Per il momento l'indicazione è chiara: il 18 ottobre tutti i lavoratori italiani saranno invitati a incrociare le braccia per otto ore e a partecipare alle manifestazioni che saranno organizzate in tutte le città. «Facciamo lo sciopero generale per le ragioni ben note - ha spiegato Sergio Cofferati ieri a Belluno, nella sua ultima uscita pubblica - alle quali se ne sono aggiunte ulteriori. Ci sarà, nei prossimi giorni, in Parlamento, il tentativo del governo di cancellare l'art.18 per tanti giovani, recependo un testo di legge, quello che era stato firmato senza la Cgil nel mese di luglio. Ma c'è anche - ha sottolineato Cofferati - il fallimento di tutta una politica economica che non soltanto priva dei giovani che non hanno lavoro delle prospettive serene per il futuro, ma sta creando difficoltà consistenti anche per l'occupazione che c'è», come testimonia «la crisi di molti settori produttivi e della stessa Fiat». C'è inoltre «la delusione cocente di chi vive nel Mezzogiorno e vorrebbe lavorare, perché non c'è un provvedimento efficace in campo». Ci sono dunque, ha concluso Cofferati, «tante ragioni a cui si sono aggiunte anche quelle che riguardano il tentativo smaccato del governo di comprimere i salari con operazioni ormai note sull'inflazione».
Il riferimento è al famigerato 1, 4% per il 2003 fissato nel Dpef, stima totalmente irrealistica rispetto all'attuale andamento dei prezzi e che rischia di aprire lo scontro per il rinnovo del contratto del pubblico impiego. Oggi il ministro della Funzione Pubblica Franco Frattini ascolterà le ragioni di Cgil Cisl e Uil ma il governo ha già fatto sapere di non avere alcuna intenzione di mettere più soldi sul piatto della trattativa, anche perché non ce li ha. Tanto basta alla Rdb, sindacato di base del pubblico impiego, per rispedire «al mittente» la convocazione di Frattini per la giornata di domani e annunciare uno sciopero a ottobre. La Rdb chiede il ripristino della scala mobile e risorse sufficienti per dare aumenti medi almeno 260 euro al mese. Giampaolo Patta, segretario confederale Cgil, detta le condizioni per un accordo: «I 700 milioni di euro previsti dovranno essere raddoppiati, se Berlusconi vuole davvero mantenere la promessa fatta a Rimini di contratti rinnovati sulla base dell'aumento reale del costo della vita. In caso contrario contrario, proporremo a tutte le organizzazioni lo sciopero generale unitario della categoria».
Resta da vedere se Cisl e Uil seguiranno la Cgil almeno in questa battaglia. I rapporti tra i sindacati restano infatti tesissimi. Ieri il segretario generale della Cisl Savino Pezzotta ha attaccato duramente lo sciopero generale annunciato dalla Cgil: «E' uno sciopero contro il Patto per l'Italia e quindi - ha tagliato corto - anche contro di noi». Pezzotta può consolarsi con una notizia. Il 18 ottobre, è vero, milioni di lavoratori incroceranno le braccia, ma la Cisl potrà almeno contare sull'appoggio di un crumiro d'eccezione: il ministro del Welfare Roberto Maroni. «Sarà un venerdì e ci sarà il Consiglio dei ministri, quindi sarò in ufficio a lavorare», ha detto Maroni a proposito dello sciopero. Scontato il commento della Confindustria: «La Cgil - sostiene il direttore generale Stefano Parisi - si è messa fuori dal dialogo sociale, dalla politica dei redditi, dall'attività sindacale, scegliendo la strada dell'impegno politico. Aspettiamo che torni a discutere di temi sociali».
Scuote la testa Giampaolo Patta: «Lo sciopero generale - replica il segretario nazionale della Cgil - è stato indetto a difesa dei diritti contro le deleghe che il governo intende tradurre in legge. Quindi non è uno sciopero contro altre organizzazione sindacali, ma tende a aprire un confronto diretto con il governo per fargli cambiare opinione. Non è uno sciopero di protesta - precisa Patta -, noi vogliamo ottenere risultati concreti e se il governo insiste, insisteremo anche noi: non è esclusa infatti una ulteriore iniziativa di lotta in tempi ravvicinati e se nel frattempo le deleghe diventassero legge - avverte il dirigente della Cgil -, noi proporremo un referendum abrogativo».
Liberazione 18 settembre 2002
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