OMNIA SUNT COMMUNIA
Figli dell’officina (1921)
Figli dell’officina
o figli della terra
già l’ora si avvicina
della più giusta guerra
La guerra proletaria
guerra senza frontiere
innalzeremo al vento
bandiere rosse e nere
Avanti siam ribelli
fieri vendicator
d’un mondo di fratelli
di pace e di lavor
Dai monti e dalle valli
giù giù scendiamo in fretta
con queste man dai calli
noi la faremo vendetta
Del popolo gli arditi
noi siamo i fior più puri
fiori non appassiti
dal lezzo dei tuguri
Avanti siam
fieri vendicator
d’un mondo di fratelli
di pace e di lavor
O spose o fidanzate
il pianto via dal ciglio
o madri desolate
non trattenete il figlio,
ognun corra a gettarsi
nel mezzo della mischia
l’odio ch’à d’avvamparsi
audace sol chi rischia.
Tiranni ed oppressori
lo stato il papa il re
non più vogliam signori
e ognun farà da sé.
Noi salutiam la morte
bella e vendicatrice
noi schiuderem le porte
a un’era più felice
Da forti ci stringiamo
e senza impallidir
per l’anarchia pugniamo
o vincere o morir
Tiranni ed oppressori
lo stato il papa il re
non più vogliam signori
e ognun farà da sé.
Note:
Legato all’epopea degli “Arditi del Popolo”, il canto, molto noto, è stato ideato da Giuseppe Raffaelli e scritto da Giuseppe Del Freo su una musica probabilmente cantata in artiglieria.
Di questo canto non è stata trovata traccia su nessuna testata degli Arditi del Popolo e conseguentemente sarebbe da ascrivere alla tradizione anarchica piuttosto che specificamente a quella degli Arditi del Popolo anche se Raffaelli l’ha composta, per sua stessa ammissione, sull’onda di un movimento che lui stesso ha contribuito ad organizzare sul territorio di Massa Carrara.
Certamente questo canto è tra i più diffusi nel movimento dei lavoratori ed ha subito diverse varianti a seconda dell’organizzazione politica che lo ha utilizzato durante la lotta partigiana (ad esempio “libere bandiere” al posto di “bandiere rosse e nere”). I partigiani di Reggio Emilia riprendono Figli dell’officina aggiungendo all’inizio del canto alcune strofe. Ma anche nel campo anarchico, ad opera di Alfonso Failla, sono state apportate modifiche per adattare il canto alla lotta partigiana e contemporaneamente “per insistere sul carattere di lotta comune dell’anarchismo, rifiutando la tendenza individualistica del verso originale” (A questo proposito la redazione Acrataz si è attenuta alla dichiarazione dell’autore che nel ritornello riporta la strofa “non più vogliam signori e ognun farà da sé”, al posto di “parassiti e signori distruggeremo insieme”)
Giuseppe Raffaelli, nato il 30 gennaio 1892 a La Soggetta di Cerreto (montagnoso) ha lavorato nelle cave di Carrara come riquadratore e nel 1921 è stato uno degli organizzatori degli Arditi del Popolo di Massa Carrara. Con l’avvento del fascismo è costretto ad emigrare in Francia facendo svariati mestieri (manovale, scalpellino, elettricista, contadino...), partecipa alla rivoluzione spagnola del 1936, nella brigata Libero Battistelli, nei pressi di Barcellona dove viene ferito. Rientra a Nizza, viene arrestato durante il governo Petain e internato nel campo di Fernet Dans l’Ariegé dove rimane fino al 1943. Consegnato al governo italiano, è condannato a cinque anni e inviato al confino di Ventotene per essere poi liberato dopo il 25 luglio.
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