Oggi gli scioperi articolati della Fiom.
L'ex amministratore Cantarella incasserà una super liquidazione di 37 miliardi di lire
Fiat, Torino dà il via alla lotta


Roberto Farneti

Una "liquidazione" di quasi 20 milioni di euro, più di 37 miliardi di vecchie lire. Questo "il premio di risultato" che l'ex amministratore delegato Paolo Cantarella incasserà dalla Fiat per avere condotto a un passo dal fallimento la più grande industria italiana. «C'era un accordo - ha spiegato ieri il presidente Paolo Fresco - in base al quale gli sarebbe stata versata una somma equivalente agli emolumenti di un triennio e un capitale da versare in 20 anni proporzionale agli anni di mandato svolti. Quindi gli è stato versato all'uscita un importo di 10 milioni di euro, mentre nei prossimi venti anni gli verrà erogata una quota complessiva di 9,3 milioni in rate trimestrali». Ai circa 3500 operai messi recentemente in mobilità, proprio a causa degli errori di Cantarella, non resta che "consolarsi" con una liquidazione di circa due milioni di lire per ogni anno di lavoro svolto, essendo questo lo stipendio medio di una tuta blu di quarto livello. «E' la dimostrazione - commenta Alfonso Gianni, deputato di Rifondazione - che esiste una clamorosa forbice salariale in questo paese, dove c'è chi prende tantissimo e chi, la maggior parte dei lavoratori, è all'ultimo posto nella graduatoria europea. Inoltre quella cifra strabiliante sembra andare a premiare chi distrugge».

Ma i lavoratori della Fiat sono stufi di pagare per colpe non loro e sono pronti a scioperare in massa contro un piano industriale che non guarda al futuro, essendo unicamente basato su licenziamenti e dismissioni. La lotta parte oggi da Torino e a condurla è la Fiom Cgil, l'unico sindacato a non avere firmato gli accordi separati per la gestione degli esuberi. «E' vero che c'è una crisi generalizzata dell'auto - spiega Lello Raffo, responsabile auto della Fiom - ma in Italia è più pesante che altrove. Renault e Volkswagen perdono due-tre volte in meno di quello che perde Fiat e hanno chiuso il semestre in attivo. La verità - afferma Raffo - è che il Lingotto ha difficoltà a stare sul mercato perché non c'è stata una politica industriale all'altezza, la sfida con la concorrenza è stata persa sul piano dell'innovazione tecnologica e della qualità».

Per tutte queste ragioni oggi incroceranno le braccia le tute blu degli stabilimenti torinesi del gruppo, per un totale di circa 35mila addetti coinvolti. Sono previsti tre cortei che raggiungeranno la porta 5, dove sarà presente anche il segretario generale della Cgil, Sergio Cofferati. Nell'ambito dello sciopero nazionale, articolato su base territoriale, si fermeranno anche i lavoratori dell'Iveco di Suzzarra (Mantova) e della New Holland di Jesi (Ancona), la Sevel della Val di Sangro e la Magneti Marelli di Sulmona.

«Con lo sciopero di Torino - spiega Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom - comincia l'autunno dei metalmeccanici. Come per la Fiat, dovremo lottare contemporaneamente su due fronti: da un lato per difendere l'occupazione e per impedire che i disastrosi fallimenti della new economy e dei vari management vengano pagati dai lavoratori e dal paese con la chiusura delle fabbriche e con i tagli all'occupazione; dall'altro lato per difendere il salario e i diritti, cosa che faremo con l'avvio a partire da lunedì prossimo con il percorso per la preparazione della piattaforma per il contratto nazionale». Quanto a Cantarella, ironizza Cremaschi, «anche lui ha avuto il suo Superenalotto garantito come tutti questi top manager per i quali evidentemente non vale la logica del premio di risultato, altrimenti dovrebbero firmare delle cambiali e non incassare delle super liquidazioni».

Ma la Fiat non sembra avere intenzione di cambiare strategia. Ieri Paolo Fresco e Gabriele Galateri, alla sua prima assemblea in veste di amministratore delegato, hanno incassato il via libera degli azionisti al prestito delle banche da tre miliardi di euro a sostegno del piano di rilancio. In caso di scostamento rispetto agli obiettivi annunciati, ha confermato Galateri, «procederemo ad altre dismissioni».

Liberazione 13 settembre 2002
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