I rinnovi dei contratti nazionali di lavoro "dovranno basarsi su aumenti retributivi con riferimento alla reale inflazione e alla produttività media del settore". Lo ha affermato il segretario confederale della Cgil Gian Paolo Patta, secondo cui "il riferimento all' inflazione programmata comporterebbe una diminuzione delle retribuzioni reali in un momento in cui i redditi dei lavoratori e dei pensionati subiscono un' inflazione effettiva maggiore di quella rilevata dall' Istat".
Un analogo concetto è stato espresso dalla sindacalista della Cgil Carla Cantone: "L' aver fissato con il Dpef una tasso programmato dell' 1,4% è la conseguenza di scelte di politica economica che sono state fatte in precedenza. Per la Cgil il problema non è 'contrattare' l'aumento dell' inflazione programmata. Ammesso che il governo la portasse pure ad un 1,7 o 1,9%, il problema salariale rimane".
Insomma, rullano i tamburi di guerra. Qui mi sa che si va verso una spaccatura tra Cgil e Cisl-Uil non solo sul contratto dei metalmeccanici (cosa già scontata), ma anche su quelli del pubblico impiego. Pezzotta e Angeletti hanno infatti già detto che l' 1,9% gli andrebbe benissimo.