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    Exclamation Lega, scontro Maroni-Giorgetti

    - di Adalberto Signore -


    Il ministro: sei troppo berlusconiano. La replica: io seguo solo la linea di Bossi

    Adalberto Signore

    da Roma

    La premessa d'obbligo è la seguente: la leadership di Umberto Bossi all'interno della Lega non è, né potrebbe essere in discussione. Per una semplice ragione: su tutti i militanti - e su buona parte dei dirigenti - la parola del Senatùr ha lo stesso ascendente che ebbero su Mosè le tavole della legge consegnategli sul Sinai. Insomma, se Bossi dice una cosa, quella è.
    Detto questo, però, è innegabile che oggi il Carroccio viva un momento di grande agitazione interna. Certificato ieri dall'intervista di Maroni a Repubblica, un vero e proprio j'accuse contro «i troppi berluscones» e «le ambiguità» che ci sono in Lega. Con chi ce l'ha il ministro del Welfare? L'elenco è lungo e vede in testa Giancarlo Giorgetti, segretario della Lega Lombarda e delfino di Bossi. Tra gli altri - spiega chi con Maroni ha parlato a lungo - seguono Stefano Stefani, Federico Bricolo, Rosy Mauro, Marco Reguzzoni, Paolo Grimoldi e pure il direttore della Padania Gianluigi Paragone. Il motivo è presto detto: non avrebbero difeso a dovere Calderoli dopo le dure critiche arrivate dal premier. In realtà, questa sarebbe solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, visto che con alcuni di loro i rapporti sarebbero da tempo faticosi. Giorgetti su tutti, al quale Maroni rimprovera di essersi fatto ambasciatore di Berlusconi a Gemonio fin dalle ore successive alla malattia («nel 2004 aveva dato per fatto l'accordo con il Cavaliere sulla provincia di Milano e poi fu smentito dal Federale», si è sfogato nei giorni scorsi). La scintilla che ha accesso un incendio come in Lega non se ne vedevano da anni (almeno alla luce del sole) è però di domenica sera. Quando dopo una giornata passata da Maroni ad attaccare il premier («vuole lanciare un'Opa sulla Lega»), ventilando pure la possibilità di un'uscita dalla Cdl così da alzare il prezzo dell'alleanza e dare l'idea di un Carroccio reattivo e battagliero, Giorgetti è stato raggiunto telefonicamente da Berlusconi e ha fisicamente passato il telefono a Bossi. Con i due che si sono chiariti e qualche giornale che lunedì mattina (il Federale si sarebbe tenuto alle 17) già dava per rientrata la querelle, «anestetizzando», di fatto, la strategia seguita dal ministro del Welfare. Gli altri verso i quali Maroni in privato non ha lesinato critiche hanno invece il torto di non aver difeso Calderoli oppure - come Paragone - di non averlo fatto abbastanza.
    Fin qui, la versione di Maroni (su cui convergerebbe con discrezione pure Calderoli), deciso a non cedere un metro al premier (e per il suo ministero passano sia il caso Fiat che la vicenda Alitalia). La lettura che arriva dall'altra sponda, però, è ben diversa. Chi lo ha sentito ieri, infatti, racconta di un Giorgetti alquanto irritato. Perché lui - sempre schivo - non ha fatto altro che comportarsi come al solito, cioè restando in silenzio. Ma anche perché pure Bossi sulla questione non si è pronunciato fino a lunedì sera. «Giorgetti - spiega chi lo conosce - fa quello che ha sempre fatto: lascia parlare il Capo». E allora perché questa frattura? Le interpretazioni sono più d'una. Ma quella
    più ricorrente è che ci sia un certo fastidio da parte di alcuni dirigenti per il rapporto preferenziale tra Bossi e il segretario della Lega Lombarda (all'ultimo congresso investito dal Senatùr come suo successore alla segreteria federale). Subito dopo l'ictus, infatti, è stato Giorgetti l'unico a poterlo incontrare per settimane e a tutt'oggi continua ad avere con Bossi un rapporto privilegiato. «Per la stessa ragione - spiegano a via Bellerio - puntano il dito contro la Mauro, che spesso accompagna il Capo nelle sue uscite, e Paragone, direttore voluto da Bossi passando sopra la testa di tutti». Insomma, l'uscita di Maroni - spiega chi in un modo o nell'altro si considera tra i «berluscones» o tra gli «ambigui» - è dovuta al fatto che Bossi ha deciso di affidarsi a una cerchia ristretta di persone ma anche «a una certa insofferenza verso il rapporto assolutamente privilegiato tra il Senatùr e il premier, un'intesa non solo politica ma pure di amicizia e che dopo l'ictus si è fatta ancora più stretta».
    È vero che le diplomazie interne si sono già messe al lavoro per ricomporre la frattura - e, sembra, facendo qualche buon passo avanti - ma va pure detto che Giorgetti ha dato ai suoi una lettura non troppo benevola dell'intervista a Repubblica: lunedì Bossi aveva chiuso la querelle dando la linea, martedì Maroni ha deciso di riaprirla. Una partita, dice più d'uno, che non guarda tanto alla successione al Senatùr (per la premessa di cui sopra), quanto alle liste - che dovranno essere chiuse lunedì - e, soprattutto, al congresso della Lega Lombarda in calendario non prima di settembre.

  2. #2
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    da un certo punto di vista giorgetti ha tutti i numeri per fare il segretario della lega

  3. #3
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    Successione a Bossi, ora sale Giorgetti
    Duello tra Maroni e il ministro dimissionario. Castelli in disparte, il Senatùr convoca il Consiglio nazionale
    È già battaglia per il posto di «numero due» nella Lega.
    Il presidente della commissione Bilancio è sostenuto dalla moglie del leader
    di GIANNI DI CAPUA

    LA GUERRA di successione a Umberto Bossi fa la prima vittima: Roberto Calderoli. O forse il primo martire. Ma di certo incrina i rapporti interni alla Lega e rende tutto un po’ più difficile perché il movimento, lentamente, sembra sfuggire di mano al vecchio leader. Ma che succede? Succede che di fatto si è ancora una volta aperta la lotta di successione a Umberto Bossi. O meglio, alcuni degli uomini a lui più vicini sono convinti che la partita sia improvvisamente ricominciata dopo un periodo di tregua. In particolare, sono già scattati per la corsa proprio Calderoli da un lato e Roberto Maroni dall’altro. Non è solo uno scontro tra i due uomini forti della Lega, ma è anche un duello geografico: l’ex ormai titolare delle Riforme infatti è bergamasco e rappresenta anche l’area bresciana e brianzola; quello del Welfare è varesino ed è sostenuto anche a Lecco. I due hanno ingaggiato una vera e propria gara che li ha portati a sfidarsi a suon di sparate, di paroloni, di frasi ad effetto sempre più dure e violente. Calderoli, più filoforzista, si sente un nuovo crociato e si è appropriato della battaglia anti-islam, che sta facendo molti adepti in Veneto, l’altra zona forte del Carroccio. Di tutta risposta Maroni, a corto di immaginazione, ha rispolverato la cara vecchia bandiera della secessione. La corsa all’estremismo nasce tutta da lì, dal tentativo di mettersi in mostra, di conquistare posizioni e scalare la Lega. Una battaglia nella quale i due ministri non si sono risparmiati nulla. Se n’è reso conto pure Bruno Vespa che stava organizzando una puntata del suo Porta a Porta per celebrare il ritorno in tv del Senatùr. Ma i leghisti non sono stati capaci di mettersi d’accordo su chi sarebbe rimasto in studio. Nel Carroccio non hanno trovato un’intesa visto che sia Calderoli che Maroni erano convinti che chi avesse partecipato, di fatto sarebbe diventato una sorta di numero due, quasi un erede. E così, il veto incrociato ha portato per ora all’archiaviazione del programma. Tra i due, giusto in mezzo, s’è sistemato Roberto Castelli, che volutamente si è tenuto fuori dalla contesa. Ma non sembra avere i numeri interni per poter puntare alla scalata. Ma i dissapori, le diatribe, le dispute intestine hanno portato Bossi a intervenire. Il leader ha deciso di convocare per domani un consiglio federale e dettare la linea per la campagna elettorale. Le sue intenzioni tuttavia sembrano essere quelle di recuperare Calderoli, probabilmente con un ruolo nel partito. E allo stesso tempo di porre un freno alla battaglia che sta dilaniando il partito. Tra i due litiganti, crescono le quotazioni di Giancarlo Giorgetti, varesino come Maroni, legato a lui ma soprattutto molto amato da Manuela Marone. Un nome poco noto al grande pubblico ma conosciuta dal popolo leghista come la zarina. È la moglie di Bossi, la sua ombra, la donna che le è rimasta al fianco in questi mesi. La consorte del Senatùr non ha mai fatto mistero della sua preferenza nei confronti del più giovane dei maggiorenti della Lega (tanto da caldeggiare la candidatura di Giorgetti alla guida della sola Lega Lombarda) e per questo anche il più spendibile. Una faccia da ragazzino, gli occhialini del bravo scolaro, il fisico da portierone di squadra di calcio, Giorgetti ha solo una pecca: ha seguito da vicino le vicende delle banche negli ultimi mesi. Per questo è possibile che possa essere tirato in ballo negli eventuali sviluppi, anche se tutti giurano sulla sua indubbia onestà.

 

 

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