Risultati da 1 a 4 di 4
  1. #1
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito Usa, il ritorno del sindacato

    Festa del lavoro nell'America degli scandali finanziari

    di Davide Orecchio

    Nell'America degli scandali finanziari, dei bilanci truccati e delle corporations sul lastrico, dei Ceo, gran capi di aziende e industrie, costretti per legge a giurare sulla correttezza dei propri libri mastri, dei lavoratori della new e della old economy che tornano con i piedi per terra dopo la sbornia delle stock options e cercano qualcuno che difenda concretamente i loro diritti è arrivato il primo lunedì di settembre, ossia la Festa del Lavoro a stelle e strisce, il Labor Day, e una vecchia-nuova forza prova a rilanciarsi: il sindacato.

    Manifestazioni, comizi, cortei, sagre di paese o metropolitane hanno riempito gli States in lungo e in largo da sabato a oggi. Dietro questa trama di celebrazioni del lavoro e dei lavoratori spicca la centrale sindacale più importante, l'Afl-Cio, che da mesi si è impegnata in un'agguerrita campagna in difesa dei dipendenti delle grandi ditte che hanno collassato (Enron, WorldCom, Andersen) e di moralizzazione del sistema.

    L'American Federation of Labor raccoglie 66 organizzazioni sindacali e 13 milioni e mezzo di iscritti. Cresce di 500-60 mila tessere all'anno ma è molto lontana dai livelli di rappresentanza degli anni '70, cui era giunta dopo un ventennio di lotte e protagonismo nella società americana del dopoguerra. Ma è sicuramente un'organizzazione in ripresa rispetto al periodo della tabula rasa reaganiana. L'aiuta inoltre a recuperare l'antica credibilità la crisi dell'economia, già in atto prima dell'11 settembre col crollo delle dot-com, esplosa poi nel corso dell'ultimo anno e aggravata dagli scandali. In questo deserto di macerie del rampantismo il sindacato può infatti ritagliarsi il ruolo di forza etica e incorrotta del mondo dell'economia.

    Lo dimostra un recente sondaggio della Peter D. Hart Research Associates, secondo il quale, per la prima volta dal 1984, più della metà dei lavoratori americani senza tessera sindacale sarebbero disposti a iscriversi a un'organizzazione del lavoro. Secondo il sondaggio, il 39% degli americani ha un'opinione negativa delle grandi corporations, la soglia più alta di disistima mai raggiunta da nove anni di sondaggi a questa parte, e il 58% non si fida dei Ceo.

    "Le persone sono infuriate perché hanno perso i propri risparmi a causa di un sistema corrotto nel quale avevano riposto fiducia. Per questo sempre più americani vorrebbero iscriversi a un sindacato per migliorare le proprie condizioni": così John Sweeney, battagliero presidente dell'Afl-Cio, protagonista a fine luglio di un comizio infuocato a Wall Street, cuore pulsante della finanza americana, in cui puntò l'indice contro le pratiche corrotte delle grandi aziende.

    Forte di questo nuovo consenso, l'Afl-Cio intende farsi largo nelle praterie sterminate del mondo del lavoro statunitense. Una forza lavoro totale di 140 milioni di persone, senza calcolare il milione di immigrati (regolari e clandestini) che ogni anno varcano i confini degli Usa in cerca di lavoro: un'altra grande categoria cui il sindacato ultimamente ha prestato molta attenzione, abbandonando le posizioni protezionistiche di un tempo e impegnandosi in battaglie come quella in difesa dei janitors, gli addetti alle pulizie quasi sempre di origini ispaniche. E non è un caso che la presenza di donne ispaniche all’interno delle organizzazioni del lavoro sia in aumento (42 mila sulle 93 mila donne iscritte nel 2001).

    Insomma un'organizzazione che cerca di essere vitale, l'Afl-Cio, e che calerà la sua prossima carta in occasione delle elezioni per il rinnovo del Congresso, previste per il prossimo novembre. La centrale sindacale, infatti, ha già iniziato una campagna per mobilitare gli elettori a favore di quei candidati che si impegneranno a spendersi, al Senato o alla Camera, in tematiche sociali, in difesa dei lavoratori e dei loro problemi: il welfare, la sicurezza, i minimi salariali, la salute (più di 40 milioni di lavoratori non sono coperti da assicurazioni). Una campagna, quella dell'Afl-Cio, rivolta soprattutto contro l'amministrazione Bush, certo non benevola né amichevole nei confronti del sindacato.

    Rassegna sindacale (2 settembre 2002)
    http://www.rassegna.it/2002/sindacat...-day/prima.htm


  2. #2
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito Usa, il ritorno del sindacato

    Festa del lavoro nell'America degli scandali finanziari

    di Davide Orecchio

    Nell'America degli scandali finanziari, dei bilanci truccati e delle corporations sul lastrico, dei Ceo, gran capi di aziende e industrie, costretti per legge a giurare sulla correttezza dei propri libri mastri, dei lavoratori della new e della old economy che tornano con i piedi per terra dopo la sbornia delle stock options e cercano qualcuno che difenda concretamente i loro diritti è arrivato il primo lunedì di settembre, ossia la Festa del Lavoro a stelle e strisce, il Labor Day, e una vecchia-nuova forza prova a rilanciarsi: il sindacato.

    Manifestazioni, comizi, cortei, sagre di paese o metropolitane hanno riempito gli States in lungo e in largo da sabato a oggi. Dietro questa trama di celebrazioni del lavoro e dei lavoratori spicca la centrale sindacale più importante, l'Afl-Cio, che da mesi si è impegnata in un'agguerrita campagna in difesa dei dipendenti delle grandi ditte che hanno collassato (Enron, WorldCom, Andersen) e di moralizzazione del sistema.

    L'American Federation of Labor raccoglie 66 organizzazioni sindacali e 13 milioni e mezzo di iscritti. Cresce di 500-60 mila tessere all'anno ma è molto lontana dai livelli di rappresentanza degli anni '70, cui era giunta dopo un ventennio di lotte e protagonismo nella società americana del dopoguerra. Ma è sicuramente un'organizzazione in ripresa rispetto al periodo della tabula rasa reaganiana. L'aiuta inoltre a recuperare l'antica credibilità la crisi dell'economia, già in atto prima dell'11 settembre col crollo delle dot-com, esplosa poi nel corso dell'ultimo anno e aggravata dagli scandali. In questo deserto di macerie del rampantismo il sindacato può infatti ritagliarsi il ruolo di forza etica e incorrotta del mondo dell'economia.

    Lo dimostra un recente sondaggio della Peter D. Hart Research Associates, secondo il quale, per la prima volta dal 1984, più della metà dei lavoratori americani senza tessera sindacale sarebbero disposti a iscriversi a un'organizzazione del lavoro. Secondo il sondaggio, il 39% degli americani ha un'opinione negativa delle grandi corporations, la soglia più alta di disistima mai raggiunta da nove anni di sondaggi a questa parte, e il 58% non si fida dei Ceo.

    "Le persone sono infuriate perché hanno perso i propri risparmi a causa di un sistema corrotto nel quale avevano riposto fiducia. Per questo sempre più americani vorrebbero iscriversi a un sindacato per migliorare le proprie condizioni": così John Sweeney, battagliero presidente dell'Afl-Cio, protagonista a fine luglio di un comizio infuocato a Wall Street, cuore pulsante della finanza americana, in cui puntò l'indice contro le pratiche corrotte delle grandi aziende.

    Forte di questo nuovo consenso, l'Afl-Cio intende farsi largo nelle praterie sterminate del mondo del lavoro statunitense. Una forza lavoro totale di 140 milioni di persone, senza calcolare il milione di immigrati (regolari e clandestini) che ogni anno varcano i confini degli Usa in cerca di lavoro: un'altra grande categoria cui il sindacato ultimamente ha prestato molta attenzione, abbandonando le posizioni protezionistiche di un tempo e impegnandosi in battaglie come quella in difesa dei janitors, gli addetti alle pulizie quasi sempre di origini ispaniche. E non è un caso che la presenza di donne ispaniche all’interno delle organizzazioni del lavoro sia in aumento (42 mila sulle 93 mila donne iscritte nel 2001).

    Insomma un'organizzazione che cerca di essere vitale, l'Afl-Cio, e che calerà la sua prossima carta in occasione delle elezioni per il rinnovo del Congresso, previste per il prossimo novembre. La centrale sindacale, infatti, ha già iniziato una campagna per mobilitare gli elettori a favore di quei candidati che si impegneranno a spendersi, al Senato o alla Camera, in tematiche sociali, in difesa dei lavoratori e dei loro problemi: il welfare, la sicurezza, i minimi salariali, la salute (più di 40 milioni di lavoratori non sono coperti da assicurazioni). Una campagna, quella dell'Afl-Cio, rivolta soprattutto contro l'amministrazione Bush, certo non benevola né amichevole nei confronti del sindacato.

    Rassegna sindacale (2 settembre 2002)
    http://www.rassegna.it/2002/sindacat...-day/prima.htm


  3. #3
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito StatI Uniti / Restrizioni legislative e pratiche anti sindacali

    Gli ostacoli alla contrattazione

    di Vittorio Longhi

    Le restrizioni legislative e le pratiche antisindacali rappresentano un buon esempio delle tante contraddizioni che attraversano ancora gli Stati uniti d’America. Le leggi federali e dei singoli Stati garantiscono formalmente la libertà di associazione e di adesione a sindacati e la libertà di partecipare a contrattazioni collettive, ma di fatto gli abusi commessi dalle imprese sono frequenti e rimangono il più delle volte impuniti.

    Secondo il rapporto annuale sulle violazioni dei diritti sindacali redatto dalla Cisl internazionale, almeno uno su dieci attivisti viene licenziato illegalmente ogni anno. Nel 2001 il National labor relations board ha registrato oltre 25 mila casi di denunce di ritorsioni da parte dei datori di lavoro nei confronti dei dipendenti impegnati in attività sindacale. La legge nazionale penalizza maggiormente gli impiegati del settore pubblico, di cui circa il 40 per cento non gode dei diritti di negoziazione collettiva. Una legge del 1978 impedisce a oltre due milioni di dipendenti del governo federale qualsiasi azione di sciopero e qualsiasi contrattazione sul numero delle ore, sui salari e sui vari benefici fiscali. Sono soggetti a trattamenti diversi i dipendenti delle amministrazioni dei singoli Stati. Solo 13 stati su 51 permettono però la contrattazione collettiva, mentre 14 Stati addirittura la vietano. Nel settore privato la legge impone un sistema maggioritario in base al quale, per essere riconosciuta e ammessa ai negoziati, una sigla deve rappresentare, in seguito a regolari elezioni, più del 50 per cento dei lavoratori di quell’unità produttiva. Impedire la formazione di un sindacato è illegale, ma le sanzioni per i datori di lavoro che lo fanno sono trascurabili. Anzi, secondo il National labor relations act, un sindacato accusato di pratiche illegali potrebbe essere portato di fronte alla Corte federale, mentre non esistono misure corrispondenti per la parte imprenditoriale. È possibile inoltre assumere personale in sostituzione permanente degli scioperanti.

    A queste leggi, che fanno ormai parte della tradizione del diritto del lavoro americano, si aggiungono i nuovi provvedimenti dell’amministrazione Bush, mirati a cancellare i pochi miglioramenti introdotti da Clinton. Tra questi c’è l’ordinanza che tende a scoraggiare l’adesione e il versamento di quote dei dipendenti pubblici a favore dei sindacati. Altre direttive eliminano ogni tentativo di conciliazione e di concertazione tra le organizzazioni del lavoro e quelle delle imprese. A dicembre, dopo gli attacchi dell’11 settembre, Bush ha impedito formalmente ai dipendenti della United Airlines di scioperare per almeno due mesi. L’azione era stata votata all’unanimità dagli iscritti al sindacato International association of machinists, Iam, per protestare contro i mancati aumenti salariali dopo sette anni. Incoraggiate dal governo, le imprese continuano a risolvere i conflitti nella totale arbitrarietà. È lunga la lista di quelle che sostituiscono e liquidano i lavoratori in sciopero o, più drasticamente, decidono di spostare gli impianti.

    (Rassegna sindacale, n.32, settembre 2002)
    http://www.rassegna.it/2002/sindacat...rattazione.htm

  4. #4
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito StatI Uniti / Restrizioni legislative e pratiche anti sindacali

    Gli ostacoli alla contrattazione

    di Vittorio Longhi

    Le restrizioni legislative e le pratiche antisindacali rappresentano un buon esempio delle tante contraddizioni che attraversano ancora gli Stati uniti d’America. Le leggi federali e dei singoli Stati garantiscono formalmente la libertà di associazione e di adesione a sindacati e la libertà di partecipare a contrattazioni collettive, ma di fatto gli abusi commessi dalle imprese sono frequenti e rimangono il più delle volte impuniti.

    Secondo il rapporto annuale sulle violazioni dei diritti sindacali redatto dalla Cisl internazionale, almeno uno su dieci attivisti viene licenziato illegalmente ogni anno. Nel 2001 il National labor relations board ha registrato oltre 25 mila casi di denunce di ritorsioni da parte dei datori di lavoro nei confronti dei dipendenti impegnati in attività sindacale. La legge nazionale penalizza maggiormente gli impiegati del settore pubblico, di cui circa il 40 per cento non gode dei diritti di negoziazione collettiva. Una legge del 1978 impedisce a oltre due milioni di dipendenti del governo federale qualsiasi azione di sciopero e qualsiasi contrattazione sul numero delle ore, sui salari e sui vari benefici fiscali. Sono soggetti a trattamenti diversi i dipendenti delle amministrazioni dei singoli Stati. Solo 13 stati su 51 permettono però la contrattazione collettiva, mentre 14 Stati addirittura la vietano. Nel settore privato la legge impone un sistema maggioritario in base al quale, per essere riconosciuta e ammessa ai negoziati, una sigla deve rappresentare, in seguito a regolari elezioni, più del 50 per cento dei lavoratori di quell’unità produttiva. Impedire la formazione di un sindacato è illegale, ma le sanzioni per i datori di lavoro che lo fanno sono trascurabili. Anzi, secondo il National labor relations act, un sindacato accusato di pratiche illegali potrebbe essere portato di fronte alla Corte federale, mentre non esistono misure corrispondenti per la parte imprenditoriale. È possibile inoltre assumere personale in sostituzione permanente degli scioperanti.

    A queste leggi, che fanno ormai parte della tradizione del diritto del lavoro americano, si aggiungono i nuovi provvedimenti dell’amministrazione Bush, mirati a cancellare i pochi miglioramenti introdotti da Clinton. Tra questi c’è l’ordinanza che tende a scoraggiare l’adesione e il versamento di quote dei dipendenti pubblici a favore dei sindacati. Altre direttive eliminano ogni tentativo di conciliazione e di concertazione tra le organizzazioni del lavoro e quelle delle imprese. A dicembre, dopo gli attacchi dell’11 settembre, Bush ha impedito formalmente ai dipendenti della United Airlines di scioperare per almeno due mesi. L’azione era stata votata all’unanimità dagli iscritti al sindacato International association of machinists, Iam, per protestare contro i mancati aumenti salariali dopo sette anni. Incoraggiate dal governo, le imprese continuano a risolvere i conflitti nella totale arbitrarietà. È lunga la lista di quelle che sostituiscono e liquidano i lavoratori in sciopero o, più drasticamente, decidono di spostare gli impianti.

    (Rassegna sindacale, n.32, settembre 2002)
    http://www.rassegna.it/2002/sindacat...rattazione.htm

 

 

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