Risultati da 1 a 10 di 10
  1. #1
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito Lager cattolici per sole donne

    Applauditissimo al Festival di Venezia il film in concorso di Peter Mullan sugli istituti di detenzione irlandesi per "peccatrici"
    Magdalene. Lager cattolici per sole donne


    Roberta Ronconi - Venezia-nostra inviata

    Le chiamavano "maggies", nomignolo derivato da Maria Maddalena. Ovvero peccatrici, donne giovani e meno giovani, colpevoli di aver guardato un ragazzo, di essersi fatte violentare dai padri, di aver partorito fuori dal matrimonio, di aver usato le arti subdole del maligno per irretire l'animo dei preti che le violavano nelle sacrestie. Le maggies non sono storia di un secolo fa, ma di 5 anni fa, in Irlanda. Trentamila donne, secondo i pochi documenti ritrovati, che dagli anni Sessanta sino al 1996 venivano rinchiuse in speciali conventi cattolici, chiamati Magdalene (sempre in memoria della prima peccatrice), per qualsiasi attentato alla "moralità" dettata da famiglia e comunità cattolica. Istituti-lager, dove le donne lavoravano 15 ore al giorno per sette giorni la settimana per 364 giorni l'anno (escluso il Natale, in regalo un'arancia). Lavavano a mano, con la soda e il sale i panni che alberghi o conventi affidavano alle religiose, amministratrici di queste case di detenzione in cambio di laute ricompense.
    In ogni minuto della loro giornata le maggies potevano essere picchiate, violate nel corpo e nell'anima, separate sempre dai loro figli, costrette al più assoluto silenzio, private di ogni diritto, anche il più intimo. Una vita che poteva durare anni, per molte un'intera esistenza, dimenticate dalla società e dalle famiglie che affidavano alla "pietà di Dio e delle suore" il destino di quelle peccatrici.

    Storia di un'atrocità ai più sconosciuta e che il regista inglese Peter Mullan ha portato alla luce con il film "Magdalene", in concorso a questa 59ma Mostra di Venezia (da oggi anche nelle sale).

    E' il primo vero colpo al cuore di questo festival, firmato non a caso da un regista scrittore e attore da anni collaboratore di Ken Loach (è il Joe di "My name is Joe") del quale condivide il rigore stilistico e morale. "Magdalene" è tutto stretto sulle sue protagoniste, sui dettagli della loro angoscia, sulle sfumature della ordinaria crudeltà (la banalità del male) delle suore che sovrintendevano alla vita degli istituti, sulla sofferenza senza difesa, sull'umiliazione di chi è più debole, di chi è prigioniero, di chi è stato dimenticato, cancellato dalla vita perché caduto in disgrazia agli occhi di Dio.

    Come prima di lui una serie di film-denuncia, libri e persino una canzone di Joni Mitchell "The Magdalene Laundries" (iniziative partite solo all'inizio degli anni Novanta) Peter Mullan ha uno scopo preciso: da una parte puntare il dito sui rischi di follia collettiva che corrono le società oppresse dal fanatismo religioso, dall'altra "costringere" la chiesa cattolica a riconoscere e a rendere pubbliche le proprie colpe. Soprattutto quelle nei confronti delle donne. «Sono nato cattolico e mia madre era cattolica - ci racconta il regista scozzese -. Lei lavorava come infermiera per una suora che pregava con il sorriso sulle labbra e aveva il poster di Mussolini sul muro. E' così che sono venuto a contatto con la particolare crudeltà delle religiose, un misto di apparente beatitudine e profonda atrocità capace di ferire nell'animo più di qualsiasi arma».

    La realtà delle Magdalene (circa 15 case in Inghilterra, 4 in Scozia, 3 nell'Irlanda del Nord e 23 nell'Irlanda del Sud) era un "segreto" conosciuto dall'intera società del Regno Unito. Solo che il mondo cattolico si rifiutava di riconoscere l'evidenza e lasciava che a prevalere fosse quella sorta di follia collettiva che voleva le donne comunque peccatrici e le maggies, delle ragazze cattive (bad girls), rinnegate a tal punto da Dio che anche i preti si potevano sentire liberi di violarle senza provare colpa. Dal 1996 le Magdalene non esistono più, scomparse per ragioni puramente economiche. Basavano le proprie amministrazioni sulle entrate delle lavanderie; l'arrivo massiccio nelle case delle lavatrici ha annullato le loro possibilità di sopravvivenza.

    Oggi in Irlanda le cose sono leggermente cambiate «ma non del tutto. Semplicemente il fanatismo cattolico è stato soppiantato dal fanatismo capitalista - continua Mullan -. Oggi una situazione del genere la possiamo trovare in medio Oriente». Ma, ci ricordano le giovani e bravissime attrici del film, «l'aborto è ancora illegale e le donne che tentano di raggiungere l'Inghilterra per interrompere la gravidanza possono essere arrestate, i preservativi sono diventati legali 12 anni fa e il divorzio è ammnesso da sette».

    Le suore delle Magdalene oggi vivono in tranquille case di riposo. Quattro anni fa pubblicarono, a loro spese, una grande pubblicità sui quotidiani irlandesi per chiedere scusa dei loro peccati. Ma anche per ricordare che, certo, le suore punivano, ma a mandare le ragazze negli istituti erano le loro famiglie e a tacere ed approvare era un'intera società. Sono le stesse parole che usa Nora-Jane Noone, fra le protagoniste del film nella parte della madre superiora, ex suora nella vita ed ex amministratrice di una Magdalene. «Sono irlandese di famiglia cattolica. Sono cresciuta in una scuola cattolica, anche perché non ce ne erano altre, ai miei tempi. A 17 anni ero convinta della mia vocazione e di essere uno strumento nelle mani di Dio. A 21 anni il mio ordine mi spedì a dirigere una Magdalene. Solo allora mi resi conto della follia che mi circondava, delle mostruosità che potevano nascere da una ipocrita idea della fede. Ma ci ho messo tre anni per andarmene e sono una delle poche che è riuscita a venirne definitivamente fuori».

    Inutile dire che per la forza del tema e il rigore dello stile, le "maggies" di Mullan sono al momento le nostre candidate al Leone.

    Liberazione 31 agosto 2002
    http://www.liberazione.it

  2. #2
    Ospite

    Predefinito

    Tutto ciò non mi stupisce affatto. Cosa, infatti, ci si può aspettare da una chiesa cattolica che, tuttora, vede le donne solo in veste di peccatrici (vanno a confessarsi, ma non possono confessare) e gli uomini in veste di giudici (i preti che hanno il potere di assolvere e di condannare)? Perchè la chiesa vieta ai sacerdoti di sposarsi? E'evidente: perchè la donna viene considerata impura, veicolo di peccato, qualcosa da cui guardarsi, un messaggero di Satana. Perchè vieta alle donne il sacerdozio? E' più che naturale: la donna è materia corrutrice, non può elevarsi a rappresentare Dio in terra (come se Dio avesse un sesso!). Perchè ha in gran dispetto i contraccettivi? Perchè essi consentono alle donne di gestire il proprio corpo e la propria sessualità, senza la mediazione maschile. Se anche fossi credente, e non agnostica, mai e poi mai entrerei a far parte di un'istituzione come la chiesa cattolica, che ha un rispetto per le donne, nelle sue interne gerarchie, paragonabile al più oscurantista dei paesi islamici.

  3. #3
    Ospite

    Predefinito

    Il Leone a Magdalene, la Chiesa protesta


    Il film di Peter Mullan sulle condizioni di vita delle ragazze "peccatrici" nei conventi irlandesi vince la 59esima edizione. Ma la Chiesa insorge e afferma: il premio disonora il Festival.
    di Lavinia Capritti

    VENEZIA - Una è troppo bella con quei suoi occhi azzurri che guardano sfacciatamente i ragazzi e un giorno le sue compagne di dormitorio non la trovano più. Un'altra ha ceduto alle lusinghe del sesso fuori dal matrimonio; la terza è stata violentata ad una festa di matrimonio e viene svegliata un giorno all'alba, colpevole di aver disonorato la famiglia.
    Tutte e tre: Bernardette, Rose e Margaret vengono rinchiuse - siamo negli anni '60 - in un convento cattolico Magdalene, in Irlanda. Dove vengono picchiate; umiliate mentre devono rimanere nude; dove non possono parlare tra di loro perché l'amicizia è proibita. Dove potrebbero rimanere per sempre, invecchiando picchiate, umiliate, vittime.

    Tre storie che Peter Mullan, il regista di The Magdalene Sisters , assicura vere e che gli hanno assicurato il Leone d'Oro alla 59esima mostra del cinema e una delle polemiche più furibonde da parte della chiesa cattolica e degli ambienti ad essa vicini. Dall'accusa di monsignor Tonini di aver disonorato il Festival, a quella di Baget Bozzo che afferma: "Il premio è stato dato perché anticattolico"; al consigliere della Biennale Valerio Riva che commenta furioso: "E' una provocazione. Chiederò spiegazioni al Consiglio di amministrazione".
    Di fronte alle polemiche, la gelida risposta di De Hadeln: ''Siamo in una società democratica dove ognuno può esprimere il proprio parere".

    Mullan, subito dopo la vittoria, ha invece commentato, senza fare una piega: "La chiesa trova uno scandalo il mio film? Lo scandalo è quello che hanno fatto a queste ragazze. Che non mettano in pratica quello che predicano".

    Polemiche e vittoria, comunque, annunciate: la pellicola di Mullan (già apprezzato per Orphans, protagonisti quattro fratelli che vegliano la madre morta) era stata proiettata il 30 di agosto, nei primi giorni nel Festival. E già si era parlato di premi: il pubblico e la critica avevano applaudito la ricostruzione della vita nei conventi Magdalene, che come ha fatto sapere il regista furono chiusi solo nel 1996. Di pari passo con gli applausi, le accuse di provocazione gratuita: il critico inviato da Avvenire aveva parlato, addirittura, di un film infame.
    Tra le scene sotto accusa, quella di un rapporto orale tra un prete ed una delle ragazze rinchiuse nel convento e quella di una suora che perde la pazienza al punto da colpire ripetutamente una ragazza con la frusta. Tra quelle più toccanti, la prima, quando Margaret viene violentata e per tutta la durata della scena i personaggi quasi non parlano. Lo spettatore vive quel che succede grazie agli sguardi, arrabbiati; choccati; umiliati della ragazza violentata.

    E dunque fino all'ultimo sul film Magdalene pendeva la spada di Damocle del giudizio negativo della chiesa cattolica. Alla fine, però, la giura - presieduta dalla cinese Gong Li - ha fatto la sua scelta ed ha consacrato il film con il Leone.

    (8 SETTEMBRE 2002, ORE 21,30)




    http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0...150401,00.html

  4. #4
    Ospite

    Predefinito

    Il Leone a Magdalene, la Chiesa protesta


    Il film di Peter Mullan sulle condizioni di vita delle ragazze "peccatrici" nei conventi irlandesi vince la 59esima edizione. Ma la Chiesa insorge e afferma: il premio disonora il Festival.
    di Lavinia Capritti

    VENEZIA - Una è troppo bella con quei suoi occhi azzurri che guardano sfacciatamente i ragazzi e un giorno le sue compagne di dormitorio non la trovano più. Un'altra ha ceduto alle lusinghe del sesso fuori dal matrimonio; la terza è stata violentata ad una festa di matrimonio e viene svegliata un giorno all'alba, colpevole di aver disonorato la famiglia.
    Tutte e tre: Bernardette, Rose e Margaret vengono rinchiuse - siamo negli anni '60 - in un convento cattolico Magdalene, in Irlanda. Dove vengono picchiate; umiliate mentre devono rimanere nude; dove non possono parlare tra di loro perché l'amicizia è proibita. Dove potrebbero rimanere per sempre, invecchiando picchiate, umiliate, vittime.

    Tre storie che Peter Mullan, il regista di The Magdalene Sisters , assicura vere e che gli hanno assicurato il Leone d'Oro alla 59esima mostra del cinema e una delle polemiche più furibonde da parte della chiesa cattolica e degli ambienti ad essa vicini. Dall'accusa di monsignor Tonini di aver disonorato il Festival, a quella di Baget Bozzo che afferma: "Il premio è stato dato perché anticattolico"; al consigliere della Biennale Valerio Riva che commenta furioso: "E' una provocazione. Chiederò spiegazioni al Consiglio di amministrazione".
    Di fronte alle polemiche, la gelida risposta di De Hadeln: ''Siamo in una società democratica dove ognuno può esprimere il proprio parere".

    Mullan, subito dopo la vittoria, ha invece commentato, senza fare una piega: "La chiesa trova uno scandalo il mio film? Lo scandalo è quello che hanno fatto a queste ragazze. Che non mettano in pratica quello che predicano".

    Polemiche e vittoria, comunque, annunciate: la pellicola di Mullan (già apprezzato per Orphans, protagonisti quattro fratelli che vegliano la madre morta) era stata proiettata il 30 di agosto, nei primi giorni nel Festival. E già si era parlato di premi: il pubblico e la critica avevano applaudito la ricostruzione della vita nei conventi Magdalene, che come ha fatto sapere il regista furono chiusi solo nel 1996. Di pari passo con gli applausi, le accuse di provocazione gratuita: il critico inviato da Avvenire aveva parlato, addirittura, di un film infame.
    Tra le scene sotto accusa, quella di un rapporto orale tra un prete ed una delle ragazze rinchiuse nel convento e quella di una suora che perde la pazienza al punto da colpire ripetutamente una ragazza con la frusta. Tra quelle più toccanti, la prima, quando Margaret viene violentata e per tutta la durata della scena i personaggi quasi non parlano. Lo spettatore vive quel che succede grazie agli sguardi, arrabbiati; choccati; umiliati della ragazza violentata.

    E dunque fino all'ultimo sul film Magdalene pendeva la spada di Damocle del giudizio negativo della chiesa cattolica. Alla fine, però, la giura - presieduta dalla cinese Gong Li - ha fatto la sua scelta ed ha consacrato il film con il Leone.

    (8 SETTEMBRE 2002, ORE 21,30)




    http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0...150401,00.html

  5. #5
    Ospite

    Predefinito

    DALLA PARTE
    DELLE DONNE
    E DELLA SCOZIA

    di Marco Spagnoli

    Diventato famoso presso il grande pubblico con il ruolo di Joe nell'ultimo film di Ken Loach, Peter Mullan è esattamente come lo si vede sullo schermo. Un uomo buono, intelligente e simpatico, accompagnato da un'eterna lattina di birra che con il passare delle ore può trasformarsi in qualcosa di molto più alcolico. Ma anche un attento e ironico osservatore della nostra realtà, autore di un film irriverente e corrosivo come Orphans, vincitore del Premio della Critica all'ultimo Festival di Venezia. Attore in film di successo come Riff Raff, Braveheart e Trainspotting, Mullan ha deciso di dividere equamente la sua carriera tra il dirigere e l'interpretare i film ai quali lavora.

    Mr. Mullan, Orphans arriva in Italia dopo una serie di film fintamente politicamente scorretti come Tutti pazzi per Mary o Cose molto cattive, dove la plastica hollywoodiana ha preso il sopravvento...

    Orphans è un film davvero politicamente scorretto e lontano dalla plastica hollywoodiana, perché affonda le sue radici nella working class da cui provengo e nei luoghi e nelle persone che io frequento. Tutti quelli che hanno lavorato con me mi hanno anche seguito fedelmente nella realizzazione di questo film ed è per questo che racconta un mondo vero, magari interpretato in maniera surreale.

    A che cosa è dovuta questa vena immaginaria e immaginifica?

    Al mio grande amore per Fellini e per un certo cinema surreale principalmente italiano che mi accompagna nella mia vita di attore e di autore.

    Non non ha mai pensato di interpretare un ruolo in questo film?

    Channel 4, uno dei produttori, mi aveva imposto come condizione di non partecipare come attore a questo film. Ero molto contento di accettare questa clausola, perché avevo così l'opportunità di dedicarmi interamente alla regia, lavorando con dei grandi attori che mi hanno molto soddisfatto. La cosa buffa è che dopo il Festival di Cannes, gli stessi produttori di Channel 4 mi hanno chiesto "Ma perché non hai recitato pure tu in questo film...". Personalmente non ho mai pensato di essere necessario alla storia e che non avrei mai potuto fare meglio di quanto avessero già fatto gli interpreti che avevo scelto.

    Quando ha deciso di diventare regista?

    Fare l'attore è un mestiere meraviglioso, perché guadagni molti soldi e quando la sera te ne vai al pub a ubriacarti sei bello e tranquillo. Purtroppo, come ha detto qualcuno, ci sono persone che scrivono e altre che devono farlo. Io ho sentito nella mia vita il bisogno di andare oltre il mestiere di attore per realizzare qualcosa di veramente mio, in cui potessi esprimermi al meglio. Così ho deciso di diventare un regista e uno sceneggiatore, complicandomi la vita.

    Allora quello di rendere le cose difficili è un vizio, visto che Orphans è ambientato in decine di locations diverse...

    Ha proprio ragione: pensi che abbiamo girato anche un sacco di scene di notte per rendere tutto ancora più difficile. Io avevo scritto la storia in questa maniera e volevo portarla sullo schermo come me l'ero immaginata, senza concessioni di sorta per facilitarmi le cose. Nel frattempo mia moglie aspettava un bambino e dopo avere lavorato tutto il giorno e magari anche di notte, dovevo starle dietro perché era stufa e stanca. E' stato davvero un lavoraccio, ma sono contento di come è andata. Anche se - alle volte - quando le dicevo che uscivo di notte per le riprese, si arrabbiava con me non credendomi. Pensando che - magari - andassi al pub con gli amici e la lasciassi sola.

    Orphans è un film pieno di energia, la stessa che ha lei quando recita...

    Tutto è nato quando ho immaginato i personaggi e tutto mi è arrivato tramite loro. Poi è diventato tutto più naturale, come costruire su di loro una trama convincente che esprimesse al meglio le loro personalità diverse. L'intero film è strutturato sulla forza interiore e sul dramma dei vari personaggi.

    Molte delle scene in chiesa o al cimitero portano alla memoria immagini delle gags di Marty Feldman e di Benny Hill...

    Quando eravamo piccoli io e mio fratello giocavamo a calcio in casa e nonostante mia madre si arrabbiasse tantissimo, spesso capitava che rompessimo degli oggetti. Una volta abbiamo rotto una grande Madonnina che stava in sala da pranzo e da quel giorno, ogni volta che la toccavamo, si rompeva. Così, terrorizzati dalle urla di mia madre, passavamo una prima metà dei nostri pomeriggi a giocare a pallone e un’altra metà a incollare più o meno bene questa statuetta, sperando che la mamma non si accorgesse che l’avevamo spaccata un’altra volta. Dalla paura infantile di essere fulminato per avere compiuto un sacrilegio, ho tirato fuori le scene che si vedono in Orphans.

    E la scena nel pub? Non vorrà dire che a Glasgow esistono dei proprietari di locali che sembrano i nazisti di Schindler’s List ?

    Mi sono ispirato a persone che conoscevo, ma non vi preoccupate: se fate dei guai in un locale di Glasgow non verrete rinchiusi e torturati. Almeno credo...

    Intervistato dal nostro giornale, Ken Loach ha detto che "la partita non è ancora finita...". Le ideologie possono essere tramontate, ma il cinema può fare ancora tanto per il mondo e per portare sotto gli occhi di tutti diversi problemi sociali...

    È vero, verissimo. Tutti quanti possiamo riconoscerci attraverso il cinema e guardare al nostro mondo e all’Europa, giusto in tempo per fare qualcosa di utile per chi ha dei problemi.

    A proposito di Europa: che cosa si aspetta dal cinema del vecchio continente per il prossimo decennio?

    Spero che nei prossimi dieci anni vedremo pellicole in cui le nostre nazioni si scambieranno gli attori, i registi e la troupe. In Orphans lavoravo già con un italiano e un francese, ma desidero che questo diventi sempre più frequente e che possa arricchirci tutti quanti con lo scambio di esperienze. Dobbiamo riuscire a fronteggiare il cinema hollywoodiano, non possiamo lasciarci "mangiare vivi".

    Forse l’indipendenza della Scozia è ancora lontana, ma sicuramente il cinema scozzese non è più limitato a Sean Connery e pochi altri. Oggi grazie a lei, a Ewan McGregor, allo sceneggiatore Paul Laverty, al regista Danny Boyle e ad altri, si può dire che esiste una via scozzese alla cosiddetta British Renaissance...

    Fino a quando la Scozia non sarà indipendente sarà difficile stabilire quanta autonomia possano avere un cinema e un teatro scozzese rispetto a quello britannico. Nei prossimi dieci anni vedremo un sacco di cose nuove, perché è al lavoro una generazione nuova di registi e attori che vuole cambiare le cose e sperimentare. Ci aspetta una grande varietà di pellicole di qualità e tutto questo grazie a un cinema fatto di idee e persone nuove che vengono dalla Scozia.

    Quali sono attualmente i suoi progetti come regista?

    Un film intitolato Magdalene. Tempo fa, infatti, ho visto un documentario dedicato ai Magdalene Asylums, dei convitti per giovani donne presenti in Canada, Scozia e Irlanda fino a una trentina di anni fa, dove le famiglie relegavano le ragazze che a loro giudizio avevano sbagliato. Non erano vere e proprie e prigioni, ma ne avevano l'aspetto con grate e sbarre che limitavano il movimento e lo spazio delle loro ospiti. Una sorta di convitti in mano ai religiosi dove queste giovani venivano rieducate prima di essere restituite alle loro famiglie di origine. Lo scopo era, infatti, di ripulire l'anima attraverso il lavoro, mortificando così le tentazioni della carne. Cosa che non avveniva sempre, perché molte di queste donne venivano rinchiuse contro la loro stessa volontà. Una storia durissima dove si vede la smisurata potenza della Chiesa, che ancora oggi rifiuta di divulgare i nomi di queste donne. In Irlanda hanno ritrovato perfino una fossa comune che conteneva trecento scheletri femminili di persone che sono morte per cause naturali in quelle case di lavoro e di cui non è segnato nemmeno il nome. Ancora oggi vivono trentamila donne che sono state ospitate in questi Magdalene Asylums e nessuna di queste ha mai ricevuto un risarcimento economico e morale per gli oltraggi subiti in quel periodo. Anche perché tutte quelle che poi si sono sposate e hanno tentato di vivere una vita normale, hanno fallito in una maniera o nell'altra. Del resto era ovvio: molte di esse furono stuprate dai preti e anche dalle suore, venivano obbligate ad andare in giro nude con le mestruazioni per essere derise, e tantissime venivano regolarmente picchiate dalle compagne e dalle istitutrici. Ad alcune sono stati sottratti i figli, che venivano mandati in Inghilterra e ad altre ancora veniva insegnato a odiare il proprio corpo. Addirittura venivano negati loro gli assorbenti e gli asciugamani per pulirsi. La cosa che mi ha sconvolto è che queste donne venivano mandate lì dalle proprie famiglie e quelle poche che riuscivano a scappare non sapevano, poi, dove andare. Una cosa terribile pensare che quasi mai altri familiari siano andati a riprenderle in questi posti allucinanti.

    Cosa la ha convinta a confrontarsi con un progetto tanto complesso?

    L'idea di dovere mostrare al mondo i torti subiti dalle donne anche in epoche molto recenti. So anche che altri tre progetti di film simili al mio sono stati iniziati riguardo a questi convitti, senza essere stati portati a conclusione. Sono consapevole che questo mio lavoro farà molto arrabbiare i cattolici, ma so anche che non me ne frega niente e che voglio girare a tutti i costi questo film incentrandolo su una storia tanto terribile. Le principali vittime della religione sono la verità e le donne.

  6. #6
    Ospite

    Predefinito

    DALLA PARTE
    DELLE DONNE
    E DELLA SCOZIA

    di Marco Spagnoli

    Diventato famoso presso il grande pubblico con il ruolo di Joe nell'ultimo film di Ken Loach, Peter Mullan è esattamente come lo si vede sullo schermo. Un uomo buono, intelligente e simpatico, accompagnato da un'eterna lattina di birra che con il passare delle ore può trasformarsi in qualcosa di molto più alcolico. Ma anche un attento e ironico osservatore della nostra realtà, autore di un film irriverente e corrosivo come Orphans, vincitore del Premio della Critica all'ultimo Festival di Venezia. Attore in film di successo come Riff Raff, Braveheart e Trainspotting, Mullan ha deciso di dividere equamente la sua carriera tra il dirigere e l'interpretare i film ai quali lavora.

    Mr. Mullan, Orphans arriva in Italia dopo una serie di film fintamente politicamente scorretti come Tutti pazzi per Mary o Cose molto cattive, dove la plastica hollywoodiana ha preso il sopravvento...

    Orphans è un film davvero politicamente scorretto e lontano dalla plastica hollywoodiana, perché affonda le sue radici nella working class da cui provengo e nei luoghi e nelle persone che io frequento. Tutti quelli che hanno lavorato con me mi hanno anche seguito fedelmente nella realizzazione di questo film ed è per questo che racconta un mondo vero, magari interpretato in maniera surreale.

    A che cosa è dovuta questa vena immaginaria e immaginifica?

    Al mio grande amore per Fellini e per un certo cinema surreale principalmente italiano che mi accompagna nella mia vita di attore e di autore.

    Non non ha mai pensato di interpretare un ruolo in questo film?

    Channel 4, uno dei produttori, mi aveva imposto come condizione di non partecipare come attore a questo film. Ero molto contento di accettare questa clausola, perché avevo così l'opportunità di dedicarmi interamente alla regia, lavorando con dei grandi attori che mi hanno molto soddisfatto. La cosa buffa è che dopo il Festival di Cannes, gli stessi produttori di Channel 4 mi hanno chiesto "Ma perché non hai recitato pure tu in questo film...". Personalmente non ho mai pensato di essere necessario alla storia e che non avrei mai potuto fare meglio di quanto avessero già fatto gli interpreti che avevo scelto.

    Quando ha deciso di diventare regista?

    Fare l'attore è un mestiere meraviglioso, perché guadagni molti soldi e quando la sera te ne vai al pub a ubriacarti sei bello e tranquillo. Purtroppo, come ha detto qualcuno, ci sono persone che scrivono e altre che devono farlo. Io ho sentito nella mia vita il bisogno di andare oltre il mestiere di attore per realizzare qualcosa di veramente mio, in cui potessi esprimermi al meglio. Così ho deciso di diventare un regista e uno sceneggiatore, complicandomi la vita.

    Allora quello di rendere le cose difficili è un vizio, visto che Orphans è ambientato in decine di locations diverse...

    Ha proprio ragione: pensi che abbiamo girato anche un sacco di scene di notte per rendere tutto ancora più difficile. Io avevo scritto la storia in questa maniera e volevo portarla sullo schermo come me l'ero immaginata, senza concessioni di sorta per facilitarmi le cose. Nel frattempo mia moglie aspettava un bambino e dopo avere lavorato tutto il giorno e magari anche di notte, dovevo starle dietro perché era stufa e stanca. E' stato davvero un lavoraccio, ma sono contento di come è andata. Anche se - alle volte - quando le dicevo che uscivo di notte per le riprese, si arrabbiava con me non credendomi. Pensando che - magari - andassi al pub con gli amici e la lasciassi sola.

    Orphans è un film pieno di energia, la stessa che ha lei quando recita...

    Tutto è nato quando ho immaginato i personaggi e tutto mi è arrivato tramite loro. Poi è diventato tutto più naturale, come costruire su di loro una trama convincente che esprimesse al meglio le loro personalità diverse. L'intero film è strutturato sulla forza interiore e sul dramma dei vari personaggi.

    Molte delle scene in chiesa o al cimitero portano alla memoria immagini delle gags di Marty Feldman e di Benny Hill...

    Quando eravamo piccoli io e mio fratello giocavamo a calcio in casa e nonostante mia madre si arrabbiasse tantissimo, spesso capitava che rompessimo degli oggetti. Una volta abbiamo rotto una grande Madonnina che stava in sala da pranzo e da quel giorno, ogni volta che la toccavamo, si rompeva. Così, terrorizzati dalle urla di mia madre, passavamo una prima metà dei nostri pomeriggi a giocare a pallone e un’altra metà a incollare più o meno bene questa statuetta, sperando che la mamma non si accorgesse che l’avevamo spaccata un’altra volta. Dalla paura infantile di essere fulminato per avere compiuto un sacrilegio, ho tirato fuori le scene che si vedono in Orphans.

    E la scena nel pub? Non vorrà dire che a Glasgow esistono dei proprietari di locali che sembrano i nazisti di Schindler’s List ?

    Mi sono ispirato a persone che conoscevo, ma non vi preoccupate: se fate dei guai in un locale di Glasgow non verrete rinchiusi e torturati. Almeno credo...

    Intervistato dal nostro giornale, Ken Loach ha detto che "la partita non è ancora finita...". Le ideologie possono essere tramontate, ma il cinema può fare ancora tanto per il mondo e per portare sotto gli occhi di tutti diversi problemi sociali...

    È vero, verissimo. Tutti quanti possiamo riconoscerci attraverso il cinema e guardare al nostro mondo e all’Europa, giusto in tempo per fare qualcosa di utile per chi ha dei problemi.

    A proposito di Europa: che cosa si aspetta dal cinema del vecchio continente per il prossimo decennio?

    Spero che nei prossimi dieci anni vedremo pellicole in cui le nostre nazioni si scambieranno gli attori, i registi e la troupe. In Orphans lavoravo già con un italiano e un francese, ma desidero che questo diventi sempre più frequente e che possa arricchirci tutti quanti con lo scambio di esperienze. Dobbiamo riuscire a fronteggiare il cinema hollywoodiano, non possiamo lasciarci "mangiare vivi".

    Forse l’indipendenza della Scozia è ancora lontana, ma sicuramente il cinema scozzese non è più limitato a Sean Connery e pochi altri. Oggi grazie a lei, a Ewan McGregor, allo sceneggiatore Paul Laverty, al regista Danny Boyle e ad altri, si può dire che esiste una via scozzese alla cosiddetta British Renaissance...

    Fino a quando la Scozia non sarà indipendente sarà difficile stabilire quanta autonomia possano avere un cinema e un teatro scozzese rispetto a quello britannico. Nei prossimi dieci anni vedremo un sacco di cose nuove, perché è al lavoro una generazione nuova di registi e attori che vuole cambiare le cose e sperimentare. Ci aspetta una grande varietà di pellicole di qualità e tutto questo grazie a un cinema fatto di idee e persone nuove che vengono dalla Scozia.

    Quali sono attualmente i suoi progetti come regista?

    Un film intitolato Magdalene. Tempo fa, infatti, ho visto un documentario dedicato ai Magdalene Asylums, dei convitti per giovani donne presenti in Canada, Scozia e Irlanda fino a una trentina di anni fa, dove le famiglie relegavano le ragazze che a loro giudizio avevano sbagliato. Non erano vere e proprie e prigioni, ma ne avevano l'aspetto con grate e sbarre che limitavano il movimento e lo spazio delle loro ospiti. Una sorta di convitti in mano ai religiosi dove queste giovani venivano rieducate prima di essere restituite alle loro famiglie di origine. Lo scopo era, infatti, di ripulire l'anima attraverso il lavoro, mortificando così le tentazioni della carne. Cosa che non avveniva sempre, perché molte di queste donne venivano rinchiuse contro la loro stessa volontà. Una storia durissima dove si vede la smisurata potenza della Chiesa, che ancora oggi rifiuta di divulgare i nomi di queste donne. In Irlanda hanno ritrovato perfino una fossa comune che conteneva trecento scheletri femminili di persone che sono morte per cause naturali in quelle case di lavoro e di cui non è segnato nemmeno il nome. Ancora oggi vivono trentamila donne che sono state ospitate in questi Magdalene Asylums e nessuna di queste ha mai ricevuto un risarcimento economico e morale per gli oltraggi subiti in quel periodo. Anche perché tutte quelle che poi si sono sposate e hanno tentato di vivere una vita normale, hanno fallito in una maniera o nell'altra. Del resto era ovvio: molte di esse furono stuprate dai preti e anche dalle suore, venivano obbligate ad andare in giro nude con le mestruazioni per essere derise, e tantissime venivano regolarmente picchiate dalle compagne e dalle istitutrici. Ad alcune sono stati sottratti i figli, che venivano mandati in Inghilterra e ad altre ancora veniva insegnato a odiare il proprio corpo. Addirittura venivano negati loro gli assorbenti e gli asciugamani per pulirsi. La cosa che mi ha sconvolto è che queste donne venivano mandate lì dalle proprie famiglie e quelle poche che riuscivano a scappare non sapevano, poi, dove andare. Una cosa terribile pensare che quasi mai altri familiari siano andati a riprenderle in questi posti allucinanti.

    Cosa la ha convinta a confrontarsi con un progetto tanto complesso?

    L'idea di dovere mostrare al mondo i torti subiti dalle donne anche in epoche molto recenti. So anche che altri tre progetti di film simili al mio sono stati iniziati riguardo a questi convitti, senza essere stati portati a conclusione. Sono consapevole che questo mio lavoro farà molto arrabbiare i cattolici, ma so anche che non me ne frega niente e che voglio girare a tutti i costi questo film incentrandolo su una storia tanto terribile. Le principali vittime della religione sono la verità e le donne.

  7. #7
    Hanno assassinato Calipari
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    Ma qualche suora è finita in prigione per maltrattamenti?

  8. #8
    Hanno assassinato Calipari
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    Ma qualche suora è finita in prigione per maltrattamenti?

  9. #9
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    Originally posted by yurj
    Ma qualche suora è finita in prigione per maltrattamenti?
    Io so solo che quelle suore ora sono in casa di riposo e che, quattro anni fa, hanno affittato uno spazio su un quotidiano inglese per chiedere scusa per i maltrattamenti. Ma il punto non è neppure questo. Riflettiamo: se una donna "fornica", lo farà pure con qualche maschio. Ora, se per la chiesa cattolica il "fornicare" è un così grave peccato, perchè, allora, non non aveva creato conventi per i "maddaleni" penitenti? Puro apartheid schiavista. Non sono solo le suore che devono chiedere perdono, ma tutta la gerarchia ecclesiastica.

  10. #10
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    Originally posted by yurj
    Ma qualche suora è finita in prigione per maltrattamenti?
    Io so solo che quelle suore ora sono in casa di riposo e che, quattro anni fa, hanno affittato uno spazio su un quotidiano inglese per chiedere scusa per i maltrattamenti. Ma il punto non è neppure questo. Riflettiamo: se una donna "fornica", lo farà pure con qualche maschio. Ora, se per la chiesa cattolica il "fornicare" è un così grave peccato, perchè, allora, non non aveva creato conventi per i "maddaleni" penitenti? Puro apartheid schiavista. Non sono solo le suore che devono chiedere perdono, ma tutta la gerarchia ecclesiastica.

 

 

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