«Il potere del Cavaliere si fonda sull'uso privato delle istituzioni ma ha paura della collera popolare»
Parla Alberto Burgio, responsabile Giustizia di Rifondazione comunista


Checchino Antonini

«La nostra adesione al girotondo del 14 settembre va collocata nel più generale rilancio del conflitto che tiene sotto pressione il governo Berlusconi, e di cui il primo appuntamento, per ragioni accidentali, è sulla giustizia. Ma, subito dopo sarà seguito dalla nostra manifestazione del 28, dallo sciopero generale della Cgil, dall'opposizione alla guerra, in una lunga rincorsa che arriverà fino alla primavera referendaria». Alberto Burgio, responsabile nazionale Giustizia del Prc, torna sulla partecipazione alla scadenza romana che riaprirà l'anno politico: «Non stiamo partendo da zero - spiega a Liberazione - ma "ricominciando da tre". Voglio dire che gli scioperi spontanei, di Fiom e sindacati di base, nel marzo 2001, hanno riacceso il conflitto ben prima della sconfitta elettorale del centro sinistra. Poi sono venute le giornate di luglio di Genova e degli scioperi dei metalmeccanici e il protagonismo della Cgil nella primavera scorsa».

Entrando nel tuo specifico, la giustizia, è possibile fermare il ddl Cirami?
Qui occorre una risposta articolata. Se noi consideriamo, come fa la destra, che il Parlamento sia il cortile di casa dell'esecutivo o, peggio, la cassa si risonanza di decisioni prese dal premier in riunioni informali con pezzi della sua maggioranza, allora è chiaro che, visti i numeri, si perde. E, perdipiù, rischiano di farcela anche a imporre la discussione del ddl Cirami in settembre, rendendo la legge sul legittimo sospetto "spendibile" già al processo Imi-Sir di Milano (che vede Previti imputato). Ma Casini non è Pera e, a Montecitorio, il regolamento consente margini maggiori di resistenza.

La differenza può farla la piazza?
La battaglia potrà essere condotta prima di tutto sul calendario. Ci sono altre priorità da affrontare prima del legittimo sospetto: guerra, conti pubblici, inflazione e questioni molto più urgenti di una norma palesemente ad personam. Qui c'è più spazio di manovra, ma la possibilità di bloccare queste sortite incostituzionali cresce se si salda l'opposizione nelle istituzioni con la spinta di massa che si manifesta spontaneamente nelle piazze. Per questo, a fine luglio, il governo ha schierato tutta quella polizia a "difesa" del Senato "assediato" dai girotondisti. Voleva mandare un segnale di indipendenza del Palazzo dall'opposizione civile ma ha dimostrato di aver paura che si ripetesse l'ondata di collera che segnò l'inizio di Mani pulite.

A proposito di Mani pulite, non temi che settori consistenti di opinione pubblica deleghino, come allora, all'azione della magistratura la speranza che le cose cambino?
Quando i giudici misero sotto inchiesta una parte del ceto politico e affaristico fu perché esisteva un livello intollerabile di corruzione che aveva soffocato il Paese ma, quel ceto politico, è stato poi sostituito da uno ancora peggiore. C'è di mezzo una assenza di politica e, oggi, temo ancora quella delega. Quando un Paese si rivolge ai giudici per tutelarsi da una classe politica "malavitosa", quell'invocazione può produrre eccessi giustizialisti. Detto questo, il punto cruciale rimane il fatto che l'esercizio del potere, da parte di Berlusconi, si fonda ora sull'uso privato delle istituzioni e sulla violazione costante delle leggi e della Costituzione.

Liberazione 31 agosto 2002
http://www.liberazione.it