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Risultati da 1 a 10 di 28
  1. #1
    Arthur I
    Ospite

    Predefinito Sulle vignette: meglio rinfrescare la memoria

    Citazione Originariamente Scritto da Euro-Holocaust

    http://www.paginedidifesa.it/2006/bernardi_060214.html

    ...il quotidiano egiziano Al Fagr (così come ricostruito da Afrol, un’agenzia indipendente che tratta questioni del continente africano) aveva pubblicato le vignette sul Profeta il 17 ottobre dell’anno scorso proprio per dimostrarne il cattivo gusto, ma non vi era stata alcuna reazione. L’operazione, a mano a mano che emergono particolari sulla azione di musulmani radicali nei confronti di leader egiziani e palestinesi, si sta dimostrando come una manipolazione della informazione che tende a presentare l’evento come un sentimento anti-musulmano danese allo scopo di generare sentimenti anti-danesi e quindi anti-europei in tutto il mondo islamico.

    Dopo che il quotidiano danese Jyllands-Posten, su invito del leader radicale musulmano Imam Ahmed Akkari, aveva rifiutato di scusarsi per la pubblicazione delle vignette sul profeta Maometto, questi decise a dicembre di scatenare una campagna internazionale nel mondo arabo contro la Danimarca. Nel mondo arabo le vignette erano già note perché erano state pubblicate dal quotidiano Al Fagr per dimostrare il basso livello di moralità della stampa europea. La pubblicazione però fallì lo scopo e l’ambasciatore danese al Cairo, Bjarne Sørensen, non registrò alcuna reazione.

    Sempre Afrol riporta che, contrariati dallo scarso interesse destato in Egitto, i gruppi radicali islamici danesi iniziarono a preparare un altro attacco. L’imam danese ventottenne Ahmed Akkari decise di guidare una azione congiunta dei gruppi radicali in un Comitato per la difesa dell’onore del Profeta. Akkari afferma di guidare 27 gruppi, ma sembra che molti non siano mai stati contattati e altri non esistano nemmeno. Nel mese di dicembre Akkari guida una delegazione di musulmani danesi in Egitto per incontrare il grande imam di Al-Azhar, Muhammad Sayid Tantawy, il presidente della Lega Araba, Amr Moussa, e il ministo degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit. Si presenta come rappresentante legittimo dei musulmani in Danimarca (successivamente non confermato dalle comunità musulmane danesi) e porta con sé una valigia piena di documenti che dimostrano come il Profeta è offeso in Danimarca.

    Akkari mostra una serie di documenti che dimostrano le offese contro il Profeta, ma che non sono mai state pubblicate sulla stampa danese, come da lui stesso ammesso di recente. L’immagine che avrebbe fatto saltare sulla sedia gli interlocutori di Akkari sarebbe stata quella di un uomo guarnito come un maiale e che, secondo lui, sarebbe stata quella del Profeta. Ma la foto era quella di un francese dei Pirenei che partecipava a un festival (festa del maiale) che è una ricorrenza annuale del villaggio. Altre vignette che indicavano il Profeta come pedofilo sarebbero state mostrate come riprodotte dalla stampa danese, ma erano false.

    Il ministro degli Esteri Gheit decise di portare il materiale alla Organizzazione della conferenza islamica alla Mecca. I delegati adottarono una risoluzione che condannava la campagna aggressiva contro il Profeta e l’Islam in Danimarca. Dal momento in cui altri quotidiani europei hanno pubblicato le stesse vignette molti leader si sono convinti che era in atto una campagna anti-islamica in Europa. Ecco lo scoppio della protesta musulmana.
    Questa sequenza di eventi è bene tenerla a mente, perchè chiarisce, purtroppo, come l'idea di "scontro di civiltà" non appartenga solo ai cosiddetti "occidentali", ma anche a settori del mondo maomettano. Ricordiamo che la diffusione in Europa delle vignette è iniziata nei primi giorni di gennaio (grazie al giornale norvegese Magazinet), ossia circa un mese dopo le minacce di morte da parte degli integralisti maomettani. E' fondamentale ricordare questo, perchè indica che la loro pubblicazione nel resto d'Europa è semmai una reazione, sana e necessaria, ad un abuso. Mettendo assieme gli elementi riassunti nell'articolo di Pagine di Difesa e considerando la cronologia (come la si può vedere anche scorrendo gli interventi pubblicati a suo tempo su questo blog), si nota come tutta la faccenda è semmai scoppiata per causa degli islamici e ad essi vanno le colpe.

    http://euro-holocaust.splinder.com/post/6473024

    http://euro-holocaust.splinder.com/post/6540455

    http://euro-holocaust.splinder.com/post/6701739

    http://euro-holocaust.splinder.com/post/6848451

    Fermezza assoluta deve invece esserci da parte di qualunque europeo degno di questo nome e, diciamo questo, rimarcando come europei lo si è per ragioni ben più profonde dei pezzi di carta che si vuole dare con tanta facilità oggigiorno agli stranieri (altro che sostituire lo "jus sanguinis" con lo "jus solis"!). Facciamo notare infatti che uno dei possibili scatenatori della protesta maomettana è un cittadino danese, l'imam Ahmed Akkari. Meditate sulla cosa...

    Ecco la foto che avrebbe realmente scatenato gli islamici:
    http://euro-holocaust.splinder.com/post/7201274

    Dato che se ne sentono tante sulla questione delle vignette, dimenticando però la sequenza temporale e un po' di episodi...

  2. #2
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    bravo:questo dimostra che ai maomettani non frega nulla dei fatti,il loro scopo e' la violenza sempre e comunque

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da Arthur I
    http://euro-holocaust.splinder.com/post/7201274

    Dato che se ne sentono tante sulla questione delle vignette, dimenticando però la sequenza temporale e un po' di episodi...
    I fondamentalisti islamici cercano il casus belli per compattare e aizzare le folle di dementi islamici contro di noi.

  4. #4
    Totila
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    Citazione Originariamente Scritto da FCYMan
    I fondamentalisti islamici cercano il casus belli per compattare e aizzare le folle di dementi islamici contro di noi.

    Perchè, l'invasione dell'Afghanistan e quella dell'iraq, non sono "casus belli"?

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Totila
    Perchè, l'invasione dell'Afghanistan e quella dell'iraq, non sono "casus belli"?
    Evidentemente no se non si è ancora avuta una sollevazione generale delle "masse". Ci vuole un qualcosa in più ( e prima o poi lo trovano) per far deflagrare di botto quella popolazione potenzialmente incendiabile ma ancora abbastanza apatica.

    Diciamo che le masse islamiche sono come il gasolio...

  6. #6
    Arthur I
    Ospite

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    Citazione Originariamente Scritto da Totila
    Perchè, l'invasione dell'Afghanistan e quella dell'iraq, non sono "casus belli"?
    E perchè dovrebbero esserlo? L'Iraq almeno era laico.

  7. #7
    EUROSIBBERIANO CONVINTO
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    RInfreschiamo la memoria:

    Vignette: nuovi particolari segreti
    Maurizio Blondet
    15/02/2005
    Il segretario generale della NATO Jaap Hoop de Scheffer insieme a George W. Bush

    Flemming Rose, direttore culturale del giornale danese, il mandante delle vignette anti-islamiche, è dunque stato messo «in congedo illimitato».
    Ma non per «quelle» vignette, bensì per altre, che non ha pubblicato.
    Il suo licenziamento, vale la pena di ricordarlo, segue a una sua intervista alla CNN: in cui Rose, per dimostrare il suo attaccamento alla libertà d'espressione costi quel che costi, ha lasciato intendere: sì, lui sarebbe disposto a pubblicare sul suo giornale, il Jyllands-Posten, anche le vignette contro gli ebrei che si stanno preparando in Iran, grazie a un concorso indetto da Teheran.
    «E' un errore di giudizio», s'è precipitato a dichiarare il direttore di Rose, Carsten Juste: ed ha messo in congedo illimitato il suo confuso sottoposto.
    Rose, l'eroe della libertà, ha persino ringraziato, ammettendo che aveva bisogno di un «lungo periodo di riposo».
    Non sentiremo più parlare di lui.
    Come dice un lettore: di colpo ci è passata la «freedom of speech».

    Ma non è tutto.
    L'amico Webster Tarpley (l'autore dell'inchiesta più completa sull'11 settembre: «9/11: Synthetic Terror, Made in Usa», Progressive Press) richiama l'attenzione su alcuni fatti che possono essere stati i preliminari della provocazione-complotto danese. Webster addita, ad esempio, la riunione del gruppo Bilderberg tenutasi in Baviera, al Sofitel di Rottach-Egern presso il lago Tegernsee tra il 5 e l'8 maggio 2005.
    A porte chiuse, come al solito.
    Ma la lista degli ammessi alla riunione segreta è alquanto istruttiva.
    Oltre a varie teste coronate di Olanda, Belgio e Spagna (del resto il Bilderberg fu creato come consesso «atlantista» dal principe Bernardo d'Olanda, e ne è alto patrono Filippo d'Inghilterra), oltre ai soliti banchieri dei Rockefeller e dei Rotschild e ai soliti eurocrati cooptati, oltre a Kissinger, vi hanno partecipato altre persone significative.
    Il segretario generale della NATO, Jaap Hoop de Scheffer; e il petroliere danese Anders Eldrep, presidente della Danish Oil and Natural Gas (DONG).
    Questo miliardario è il marito di Merete Eldrep, che comanda la casa editrice JP/Politiken Hus: insomma l'azienda che pubblica il Jylland Posten, il giornale delle vignette contro Maometto: controllato evidentemente dagli interessi petroliferi danesi.

    Direte: è poco, come indizio.
    Il fatto è che gli iniziati del Bilderberg pendevano dalle labbra di tre personaggi notori, anch'essi ammessi alla riunione esclusiva: Richard Perle, Michael Leeden e William Luti.
    I tre più attivi dei neocon che, per amore d'Israele, hanno portato gli USA all'invasione dell'Iraq a forza di false informazioni (la parte di Leeden nella falsa storia dell'uranio del Niger, che Saddam avrebbe comprato, è stata più volte raccontata, e ancora più insabbiata).
    Ora, i tre falchi di Giuda erano certamente lì a raccomandare la prossima fase: l'aggressione dell'Iran.
    E come prepararla psicologicamente.
    Quanto alla libertà di stampa della Danimarca: Webster, che ci ha abitato per anni per farvi lavoro di organizzazione politica, può testimoniare di persona «la sorveglianza pervasiva sulle pubblicazioni, i raduni politici e i pubblici discorsi» che vi esercita il Servizio di Intelligence danese, Politiets Efterretningstjeneste (PET): un'organizzazione fra le meno aperte e controllabili del mondo, piena di membri fedelissimi alla monarchia danese, i cui poteri sono stati ulteriormente ampliati dalla nuova legislazione danese sul terrorismo, varata ovviamente dopo l'11 settembre (1). Oggi al governo della Danimarca c'è una coalizione neocon che ha mandato truppe in Iraq.

    Quanto all'eroe (ed ora desaparecido scandinavo) Flemming Rose, già abbiamo parlato della sua relazione speciale con Daniel Pipes, l'ebreo-americano che ora dirige l'US Institute for Peace: l'organo del Dipartimento di Stato dal nome sinistramente orwelliano, dato che tutte le energie di Pipes sono dedicate ad attizzare la guerra di civiltà contro gli arabi e l'Islam in generale.
    Pipes è stato persino trascinato in giudizio per «hatred and bigotry», per odio razziale, dall'associazione degli arabo-americani.
    Flemming Rose andò a trovare Pipes a Washington nell'autunno del 2004, e sull'incontro scrisse un articolo entusiasta: dove ammise che avevano discusso di come mobilitare l'Europa contro il pericolo islamico. «Pipes», scrisse Rose, «è sorpreso che in Europa non viga un allarme maggiore sul pericolo che l'Islam rappresenta [per gli stessi europei], a causa del tasso di fertilità calante [europeo] e dell'indebolirsi del senso della propria storia e cultura [europea]» (Jylland-Posten, 29 ottobre 2006).
    Bisognava provvedere a «allarmare» gli europei più di quanto non siano: e Rose ha provveduto.

    Come nota Webster, l'affare dei cartoon ha dato voce e forza alle forze xenofobe europee, allo spirito-Fallaci prima tenuto ai margini: ora l'opinione pubblica maggioritaria vede lo scontro di civiltà come inevitabile.
    E stranamente, le manifestazioni musulmane (quanto infiltrate da Mossad e MI-6 non sapremo mai) sono state dirette contro ambasciate europee, anche di quei Paesi che non hanno affatto sottoscritto la politica neocon di Bush, come Francia e Germania.
    Ovviamente, tutto ciò serve a far accettare agli europei l'attacco all'Iran.
    Ormai anche i giornali ufficiosi ammettono che l'attacco avverrà.
    Probabilmente a marzo.
    Prima di essere fulminato dal coccolone, Sharon aveva ordinato alle sue armate di prepararsi a colpire l'Iran a marzo.
    Vladimir Zhirinovsky, il russo di destra, assicura che la data precisa sarà il 28 marzo, giorno delle elezioni in Israele.

    Ad essere più preciso - e agghiacciante - è stato Scott Ritter, l'ex ispettore ONU (ex Marine) demonizzato e diffamato per aver sostenuto che Saddam non aveva armi di distruzioni di massa (le aveva, si sa; e Ritter era stato pagato da Saddam, lo hanno scritto i giornali).
    La Casa Bianca non aspetterà che il Consiglio di Sicurezza ONU si pronunci sul programma nucleare di Teheran.
    Jonh Bolton, l'ambasciatore degli USA all'ONU (necon, ebreo) ha già scritto il discorso che pronuncerà.
    «Dirà che l'America non può permettere che l'Iran minacci gli USA [sic], e che l'America perciò deve agire unilaterlamente». Come lo sa Ritter?
    «Ho parlato con chi scrive i discorsi di Bolton», ha risposto.
    Ritter ha illustrato le fasi della strategia americana.
    Prima, le forze USA bombarderanno alcune installazioni-chiave del programma nucleare iraniano; con la speranza che il colpo basti a provocare la rivolta popolare che detronizzerà gli ayatollah.
    Se non accade, è probabile che il regime di Teheran risponda con un attacco a Israele: in tal caso, gli americani lanceranno sull'Iran la bomba atomica.
    E' a questo che bisognava preparare gli europei.

    Maurizio Blondet

    Note
    1) Ciò vale in vari modi per tutti i paesi scandinavi, il cui stato sociale «totale» si basa, fra l'altro, su un controllo sociale ferreo dell'autonomia economica della popolazione. Di fatto, i cittadini s'indebitano fin dall'adolescenza per pagarsi gli studi, aprendo un mutuo per le spese universitarie che dovranno pagare per il resto della loro vita; a ciò si aggiunga il mutuo che accendono per comprarsi la casa, e la seconda casa sui fiordi; debiti a cui se ne aggiungono altri via via. E sul salario, intanto, deve pagare imposte del 50% e più. Legato a questa catena, senza riserve proprie, lo svedese, o il norvegese o il danese tiene la testa bassa tutta la vita: non parla di politica sul posto di lavoro, e nemmeno con gli amici; non esprime idee anticonformiste o controverse; non suscita né partecipa a polemiche, perché l'etichetta di «strano» può danneggiare la sua posizione economica, e la sua capacità di servire il suo debito. Certo, nessuno obbliga lo scandinavo a tacere e a servire: lo fa «liberamente». Tanto più che le libertà trasgressive (sessuali, ecc.), quelle che non mettono in pericolo il potere, gli sono concesse ampiamente.


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  8. #8
    EUROSIBBERIANO CONVINTO
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    L’Occidente conquista una nuova libertà
    Maurizio Blondet
    11/02/2006
    Bernard Henri Lévy

    Ora, in Europa, si può bestemmiare.
    E' lecito.
    Anzi un sacro diritto, parte della inviolabile alla «libertà d'espressione».
    Fateci caso, è questo il risultato finale della degradante cretineria dei cartoons anti-islamici.
    Ciò che sembrava, come direbbe Amleto, «il discorso di un idiota, pieno di furore e di foga e che non significa nulla», invece puntava proprio lì.
    All'ira dei musulmani che gridano: «avete offeso il nostro Dio e il nostro profeta», la risposta del cosiddetto Occidente è stata fra l'altro: «ma noi deridiamo anche il 'nostro' Dio, vilipendiamo anche i nostri profeti. E ve lo dimostriamo».
    Per dimostrarlo, la TV neo-cristianista «La 7» ha mandato in onda un videoclip ripugnante: dove si vede un Cristo (un attore americano) che di colpo si denuda, canta una canzoncina pop camminando con mossette da invertito per le strade di New York, e infine viene travolto da un autobus.
    Il plumbeo, serioso Le Monde ha pubblicato una vignetta che mostra Cristo, Buddha, Maometto, Zeus e Jahve, vari evangelisti più altri dèi non meglio identificati, ubriachi fradici, che fanno bisboccia a coppe di champagne.

    Non è una reazione impulsiva, frutto della normale vuotaggine contemporanea.
    E' una posizione meditata, voluta e preparata.
    «Le blasphème, un droit sacré», sanciva su Le Monde del 9 febbraio Daniel Borrillo.
    Giurista e massone influentissimo, cattedratico di diritto all'Università Paris-Nanterre, Borrillo ricorda, per biasimarli, due episodi francesi recenti.
    Il 20 aprile 2005 la tv Canal Plus aveva diffuso una scenetta che mostrava Benedetto XVI mentre benediceva «in nome del Padre, del Figlio e del Terzo Reich»; cosetta di cui poi la TV si era scusata (a cose fatte).
    Male, dice Borrillo.
    Ancor peggio l'altro caso: una marca di abbigliamento espone un manifesto che mostra una versione scollacciata de l'«Ultima Cena» di Leonardo: al posto degli apostoli, attorno alla tavola pasquale, ci sono donnine nude in pose sensuali.
    Portata in giudizio da un'associazione che fa capo all'episcopato, la casa di mode è stata condannata per un «atto d'intrusione aggressivo e gratuito alla coscienza intima dei credenti»: così la motivazione del tribunale.

    Eh no, così non va, dice il giurista-massone.
    «Ciò rischia di darci una libertà d'espressione a due velocità: una libertà senza limiti davanti alla sensibilità musulmana, un'altra molto restrittiva verso la sensibilità cristiana».
    Le leggi che vietano la discriminazione e il vilipendio, continua, sono state fatte per «proteggere persone appartenenti a minoranze da discorsi che incitano alla violenza», non dei «sistemi metafisici» come le religioni.
    «Queste sono costruzioni culturali, che non solo possono, ma 'devono' essere sottomessi alla critica, e anche alla derisione».
    E conclude: «se vogliamo che la nostra mobilitazione sia compresa non come una mancanza di rispetto verso i musulmani, ma una vera difesa della libertà d'opinione, dobbiamo vigilare contro le forme di censura che pretendono di proteggere la religione maggioritaria», ossia il cattolicesimo.
    Dunque, apprendiamo che su questo tema, c'è stata una «mobilitazione», ordinata da ambienti imprecisabili.
    Con lo scopo di parare proprio lì: offendere tutte le religioni, non solo una.
    Tutta la «mobilitazione», alla fine, non è contro Maometto.
    E' contro Gesù: da troppo tempo questo personaggio era rispettato, questo schifo deve finire.

    Tra i mobilitati spicca, come dubitarne?, l'ex maitre à penser ed oggi super-ebreo neocon Bernard Henri Lévy.
    Ospitato dal Wall Street Journal, anche lui insorge a difendere il «sacro» principio (abbiamo ancora qualcosa di sacro, in Occidente) della «libertà d'opinione» degradante.
    Anzi, scopre un diritto straordinariamente innovativo: «Il diritto della stampa», scrive, «ad esprimere le scemenze che vuole», senza risponderne.
    Questa è veramente una novità.
    Il sottoscritto, in 35 anni di esercizio della professione giornalistica, mai è stato informato di avere il diritto di scrivere deliberatamente scemenze, insulti gratuiti e basse volgarità; anzi vecchi redattori-capo mi hanno insegnato che la «libertà» era un diritto in quanto comportava il dovere di «responsabilità», e mi raccomandavano di informarmi e documentarmi bene, prima di scrivere scemenze.
    E' un nuovo diritto a cui oggi conto di appellarmi: un certo personaggio mi querela per diffamazione avendo detto su di lui la verità, ciò che lui ha preso per offesa.
    Succede, come hanno scritto Reporters san Frontières, che la verità offenda: «è il prezzo che si paga per essere informati», ha sancito, contro i musulmani che protestavano.

    Esiste o no la libertà d'espressione?
    Conto di dirlo al giudice, che ho un nuovo diritto.
    Vediamo cosa mi risponderà.
    La mia esperienza come giornalista è tutta diversa.
    Che basta criticare, poniamo, un magistrato, per essere citato in giudizio e condannato in 70 casi su cento (le altre querele per diffamazione, intentate da privati, si decidono a favore dell'offeso solo nel 40% dei casi).
    Che al Presidente della repubblica non è lecito rivolgere critiche, ma solo nuvole di incenso e mielose adulazioni.
    Che per molto meno delle offese a Maometto, la Fiat o Tronchetti Provera possono chiamare in giudizio un giornalista e strappargli milioni in danni «morali».
    Potete deridere il profeta islamico e Cristo; ma provatevi non dico a deridere, ma a fare una seria inchiesta sulla setta pseudoreligiosa chiamata «Scientology»: chiunque l'ha fatto, spesso su richiesta di genitori disperati di essersi visti plagiare i figli, è stato condannato a pagare danni enormi.
    Loro hanno buoni avvocati, e il favore del potere reale.

    Come giornalista, ho appreso sulla mia pelle che è difficile scrivere la verità in Europa; che chi insiste, chi vuole essere anticonformista, lo fa a prezzo di rischi e perdite, anche economiche.
    Ho imparato sulla mia pelle che esistono infinite censure.
    Nell'Italia della libertà incontrollata d'opinione per un Vendola e un Luxuria, vige - come noto – la legge Mancino.
    Che punisce proprio la derisione e anche solo la svalutazione delle altre fedi.
    Come è stato notato, le vignette danesi cadrebbero a pallino sotto la mannaia della legge Mancino, votata all'unanimità dai nostri cosiddetti «politici».
    Ma nessuno lo ricorda, e sappiamo perché: perché quella legge fu voluta da una nota lobby solo per sé, non per gli altri.
    Lo stesso Mancino ammise di aver ricevuto «pressioni» da quella parte, e da politico italiano si fa una gloria di non resistere a pressioni occulte dei potenti.
    Non ci resta che apprezzare il cambiamento di clima: ancora un anno fa, per la legge Mancino, era vietato dire che il cristianesimo, poniamo, è superiore all'Islam, o più vero.
    Oggi, gli islamici sono i sotto-uomini che si possono liberamente offendere e umiliare, oltre che ammazzare a migliaia (in Iraq, 250 mila morti).

    Come giornalista, ho imparato a mie spese, vigono un numero infinito di tabù, di argomenti e personaggi che «conviene non toccare».
    E naturalmente, il tabù dei tabù: l'Olocausto (maiuscola, prego).
    In sette paesi della libera Europa ci sono leggi penali che condannano il revisionismo storico come «negazionismo».
    E per essere «negazionisti» criminali non è necessario dubitare delle camere a gas e dei forni crematori: basta dire, poniamo, che gli ebrei ammazzati non furono 6 milioni bensì quattro, o 5 milioni e 600 mila.
    Come sappiamo, c'è gente che sta in galera per questo, in Europa.
    Gente che ha perso il lavoro, è stata messa alla fame, è stata pestata a sangue e non ha avuto giustizia.
    Proprio sul caso Irving, quando qualche tempo fa mi intervistò una rete RAI, un certo Bolaffi, messomi accanto per dire le ragioni dell'ebraismo, mi obiettò: «è giusto mettere in galera Irving perché la sua non è storia, è pornografia».
    Ma la pornografia non è vietata, fu la mia inutile replica; nessuno nella libera Europa va in galera per pornografia; perciò chiedo per David Irving i diritti e le protezioni legali che sono riconosciute ai pornografi.
    Inutile.

    Perché è questo il punto.
    Ci sono libertà che lorsignori ci consentono, anzi di cui ci consentono l'abuso, «tabù».
    di cui addirittura incoraggiano la rottura; perché così ci negano le libertà che pesano e che contano.
    Le libertà che incoraggiano sono quelle superflue e voluttuarie: «diritti dei gay», «coppie di fatto», libera droga.
    Quelle che ci negano sono le libertà politiche: ossia quelle che contestano il potere costituito, non tanto quello legittimo e democratico, ma quelli occulti e irresponsabili.
    Reclamate il diritto allo spinello e all'eutanasia, votate per Vladimir Luxuria: a noi - dicono i potenti - non importa nulla.
    Ma provatevi a dubitare per iscritto dell'Olocausto o a criticare Ciampi, e vi sbattiamo dentro, perché questo mina il nostro potere occulto.
    Per questo detesto e trovo malvagie le «lotte» dei gay per i loro «diritti», e dei radicali per la libera droga: perché oscurano la democrazia, ingombrano il campo mentre ci vengono tolte le libertà necessarie.
    Non hanno dignità politica.

    Gli ultimi libri di Solgenitsyn, libri straordinari e importantissimi, non vengono pubblicati nell'Italia dello spinello libero: chi griderà dai tetti che la libertà d'espressione di Solgenitsyn è più importante, più degna di tutela, della libertà dei vignettisti?
    Che le due cose non stanno sullo stesso piano?
    Che non sono la stessa «libertà», tanto che la prima ed essenziale viene ancora negata di fatto, mentre l'altra è difesa e promossa?
    Inutile ricordare che la «libertà d'opinione» in Occidente fu strappata (a volte col sangue) proprio per criticare i poteri costituiti, per lo scopo politico di contestare il potere e metterlo sotto controllo. Che la dignità della libertà di stampa consiste nell'essere umile ausiliaria della democrazia, e perciò dev'essere libera come la democrazia: libera «per» informare il popolo (il Sovrano) di quello che i potenti, specie quelli che lui non ha votato, fanno alle sue spalle.
    Come disse un celebre giornalista americano: «le notizie sono quelle che qualcuno ha interesse a nascondere; tutto il resto è pubblicità».
    Non è difficile vedere che i giornali, oggi, non contengono nessuna notizia, e solo pubblicità occulta: ossia le notizie che qualcuno ha interesse a pubblicare, e qualcuno potente.

    Fa parte della «pubblicità», nella vicenda disgustosa dei cartoons, anche la «notizia» cui si attengono tutti e tutti i grandi giornali (ora hanno il diritto di diffondere notizie false, è la nuova libertà d'opinione): che le proteste islamiche sono «orchestrate».
    Dalla Siria e dall'Iran.
    Gli europei tendono a crederlo, e non è difficile capire perché: nessuno qui scenderebbe in piazza per Gesù.
    E gli pare incredibile che i musulmani si sentano offesi così coralmente, spontaneamente.
    E' la differenza tra noi e loro: loro sono credenti, noi (cristiani, come ci insegna Ferrara) non lo siamo.
    Molto semplice.
    E' per questo, temo, che vinceranno i musulmani, e ci colonizzeranno.
    Mai una civiltà ha durato e brillato nel mondo quando ha conquistato il «diritto» a drogarsi, sposarsi fra uomini, cambiare sesso, votare travestiti.
    Sono questi i sintomi inequivocabli della decadenza, e di un istinto di morte la cui prognosi è il crollo della civiltà.

    Oggi, l'Occidente ha conquistato un'altra di queste libertà voluttuarie promosse dall'alto, e lo proclama: la libertà di bestemmiare anche Gesù.
    Inedita «libertà» che apre una via maestra al diritto alla volgarità e alla bassezza, con esiti di cui tutti un giorno ci dorremo.
    Sui tram di Milano, fino agli anni '70, cartelli messi da uno Stato che aveva a cuore la dignità del popolo avvisavano: «vietato bestemmiare e sputare per terra».
    Ora, è anche possibile «sputare per terra», con quel che segue.
    Vedrete a dove porterà tutto questo progresso.
    Dall'11 settembre, c'è chi ha usurpato il nome di Occidente e parla a nostro nome di occidentali con la voce di Henri-Lévy, di Sharon, di Ferrara: gente che non è mai stata altro che Oriente, e del più oscuro.
    Ma possono farlo, e non solo perché sono potenti.
    Perché nessuno protesta: sintomo che la diserzione dall'Occidente - quello della civiltà, della dignità, anche solo della buona educazione - è ormai massiccia.

    Ne ho indizi anche da alcuni miei lettori, un po' accascianti.
    Uno taglia corto sulle proteste dei musulmani: «li bombarderei con tremila bombe atomiche», mi scrive.
    Come spiegargli che questo suo impulso è disgustoso?
    E non per ragioni moralistiche: perché è radicalmente «imbelle».
    Uno sfogo fantasmatico (dove sono le tremila bombe atomiche? In mano di chi?) dettato da rabbia e da paura.
    Chi ha visto la guerra, ha conosciuto tanti simili fanfaroni pronti a fare a parole stragi del nemico: erano i primi a disertare, ad arrendersi al primo scontro.
    L'Europa pensò a fondo la guerra e la sua tragedia, e ne fece un atto di civiltà, il più arduo. Evidentemente, tra gli europei cresce la convinzione che la guerra - quest'atto supremamente politico e tragico di auto-sacrificio, che faceva del militare europeo la figura più simile all'asceta, al monaco (1) - non sia altro che una rissa da stadio, da teppa da discoteca, solo un po' più grossa. Dove «ci si toglie una soddisfazione», dove si dà una «lezione» alla curva sud.
    In guerra, rabbia e paura sono il vero nemico da vincere.
    Se scoppia davvero la guerra, i teppisti da stadio sono i primi a scappare.
    Poiché oggi la situazione è seria, di gente così non abbiamo bisogno.

    Inoltre, mi ha risposto il tatuato di 37 anni.
    Quello al cui caso ho dedicato l'articolo «Come si diventa selvaggi»: non è offeso, per carità.
    Solo mi dice di «informarmi».
    E mi informa: «si documenti almeno. Tatuati erano solo i membri delle classi guerriere, dai Maori ai legionari di Roma eterna. Ha capito? Il tatuaggio era VIETATO a membri inferiori della società, come donne, servi e..borghesi. Era un PRIVILEGIO dei guerrieri, gli unici a poterlo legittimamente portare».
    Lasciamo perdere i legionari di Roma, soldati di qualità altissima: come vedete, il nostro interlocutore non solo ammette, ma rivendica il suo ritorno allo stato selvaggio.
    I suoi modelli, a cui aspira somigliare, sono i Maori, e immagino gli Zulù con le loro scarnificazioni.
    E il bello è che giustifica questa sua secessione dall'Occidente, questo suo baldanzoso avvio alla società tribale, con rimasticature di Evola.
    Il suo caso è più serio di quanto credevo.

    Un altro lettore, che approva il senso del mio pezzo, mi chiede: ci dica le sue ricette, che cosa dobbiamo fare per reagire.
    Il guaio, caro amico, è che non ci sono «ricette» per contrastare il degrado della civiltà.
    Non ci sono soluzioni «tecniche» di pronto soccorso.
    Le civiltà salgono con l'educazione e la formazione dei caratteri.
    Dove sono oggi i caratteri, le forti volontà?
    Ci propongono di votare Vlad Luxuria…
    Provate a immaginare se una simile proposta l'avesse fatta un re di Francia nel '200, o nella Roma repubblicana.
    I nostri antenati non avrebbero tollerato, come facciamo noi.
    Come gli islamici d'oggi, sarebbero scesi in piazza con spade e forconi a bruciare tutto, cominciando dal travestito.
    Certo, nel «Basso Impero» avrebbero tollerato, ormai le cose erano cambiate.
    A Costantinopoli, a dominare la «politica» erano le tifoserie dello stadio, i «verdi» contro gli «azzurri», che si facevano «guerra», ossia risse da teppisti…e i turchi erano alle porte.
    Ecco perché penso che i musulmani ci vinceranno, per quanto stupidi siano.
    Lo meritano.
    Sono migliori di noi.

    Maurizio Blondet


    Note
    1) Provate solo ad immaginare per un attimo un colonnello che deve dire al telefono al suo tenente, in prima linea, che ha già perso il trenta % dei suoi uomini per difendere un saliente: «resistete fino all'annientamento». Pensate a quel che prova il colonnello che non può mandare rinforzi, a quel che prova il tenente che esegue l'ordine, sapendo che la morte di ogni suo soldato, e la sua, serve solo per guadagnare qualche ora. Perché questo è il dovere militare: «la disposizione all'estremo sacrificio nelle condizioni più avverse», come disse il generale americano Shalikashvili. Non è cosa da teppisti da stadio. Eppure è successo nella seconda guerra mondiale. Colonnelli hanno dato quest'ordine ad El Alamein; giovani soldati italiani l'hanno eseguito fedelmente, contro forze superiori schiaccianti. Gli inglesi attaccarono lo schieramento italiano per disprezzo, giudicandolo il più debole, quello che avrebbe ceduto. Si sbagliarono. I nostri corpi bersaglieri e parà resistettero fino a ridursi a «un velo d'uomini» contro migliaia di carri armati, fino all'ultima bottiglia Molotov. Oggi noi, loro eredi, ci apprestiamo a votare, come ci dicono di fare, per Vladimir Luxuria. In cambio, possiamo sghignazzare su Maometto e Gesù. Siamo più liberi.



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  9. #9
    Arthur I
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    Citazione Originariamente Scritto da aprile crudele

    Direte: è poco, come indizio.
    Blondet ha fatto di meglio: un articolo che per metà parla di USA e Iran e che nell'altra metà si limita a considerazione più o meno opinabili sull'ideologia che starebbe dietro il Jyllands-Posten, senza considerare i fatti nel loro svolgimento reale, è ben poca cosa.

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Arthur
    Questa sequenza di eventi è bene tenerla a mente, perchè chiarisce, purtroppo, come l'idea di "scontro di civiltà" non appartenga solo ai cosiddetti "occidentali", ma anche a settori del mondo maomettano
    "settori"?

 

 
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