La mano “pantea” di Sabazio, in atto di “benedizione”.
Le fattezze di questa mano (quale quella, celebre, di Pompei o quella di recente ritrovata in Abruzzo) sono intrecciate a complesse simbologie esoteriche (tartarughe, lucertole, serpenti, teste di montone, falli e la stessa pigna sul pollice, indizio non nuovo a chi abbia familiarità con i “papiri magici”).
Caratteristico degli iniziati ai misteri di Sabazio era il gesto di benedizione, fatto con la mano destra alzata, il pollice l'indice e il medio eretti, l'anulare e il mignolo ripiegati, gesto rituale ancora una volta usurpato dai galilei come benedictio latina.
Un gesto la cui valenza esoterica pare non sia sfuggita però ad Elifas Levi…
Il rito di iniziazione degli adepti avveniva con una cerimonia notturna, durante la quale gli iniziandi venivano fatti sedere, coperti con una pelle di cerbiatto e strofinati con fango e crusca; venivano poi fatti rialzare pronunciando la formula "ho fuggito il male, ho trovato il meglio". Infine veniva compiuta l’unione simbolica con il Dio, per mezzo del contatto con un serpente d'oro sotto le vesti.
Le ricorrenze maggiori erano invece celebrate di giorno, nei boschi. I sacerdoti, che procedevano agitando serpenti sul capo e tenendo ben alti una cesta ed un vaglio, erano seguiti da un corteo danzante e chiassoso (ci è noto il grido rituale Sabài o Euoè Sabòi); i sabaziasti, che avevano la testa cinta di corone di finocchio e pioppo ed usavano scambiarsi il noto saluto benedicente, facevano uso di vino e si dedicavano ad un culto orgiastico che culminava col sacrificio di un cerbiatto.