N. Musio, Maria appare ad Alfonso Ratisbonne
Probabilmente il più famoso miracolo attribuito all'intercessione di Maria, per mezzo della medaglia miracolosa, fu la conversione immediata e totale alla fede cristiana di Alphonse Ratisbonne.
Questi, nato a Strasburgo il 1° maggio 1812, era un ebreo non praticante, proveniente da una ricca famiglia di banchieri (di cittadinanza francese). Frequenta il Collegio reale di Strasburgo, poi un Istituto protestante; consegue il Baccellierato in Lettere. Conseguita la laurea in Giurisprudenza a Parigi, tentò un inserimento nell'ambiente bancario della famiglia a Strasburgo, ma non si sentiva portato.
Il fratello più anziano Teodoro si era già convertito al cattolicesimo ed era diventato persino sacerdote, con grande scandalo di tutta la famiglia e anche del fratello Alfonso (Teodoro a Parigi lavorava alla Parrocchia di Nostra Signora delle Vittorie).
Si fidanzò con Flora, sua nipote (figlia del fratello maggiore Adolfo); Flora nel 1842 aveva solo 16 anni mentre Alfonso aveva 30 anni: per questo, la ragazza pensò di posporre le nozze. Alfonso, nel frattempo, intraprese un lungo viaggio di piacere a Marsiglia, a Napoli, a Roma.
A Roma, Alfonso incontrò un amico di infanzia, il barone Gustavo de Bussieres, il quale gli presentò il fratello Thèodore de Bussières il quale, da protestante era divenuto cattolico.
Il barone T. de Bussieres era molto religioso e discusse a lungo con Alfonso Ratisbonne, gli parlò della medaglia miracolosa e dell'apparizione della Vergine dodici anni prima a S. Caterina Laboure e Rue de Bac (Parigi). Gli regalò, quindi, una medaglia e gli propose di pregare una giaculatoria.
Solo per cortesia Alfonso accondiscese, in realtà disprezzava il cattolicesimo e tutte le devozioni. Il barone, uomo di grande fede, affida alla Vergine l'ebreo amico, ed iniziò a recitare per lui la preghiera di S. Bernardo del Memorare, «Ricordatevi o pietosissima Vergine...», al mattino e alla sera. Alfonso era restio a discutere di problemi religiosi in casa del barone, convinto che si trattasse di superstizioni, di «sortilegi» e di «magie». Egli affermava: «È tempo perso volermi convertire. Non otterrete nulla da me, perché mi sento più israelita che mai... Ditemi, posso io abbracciare il cattolicesimo dopo le bestemmie che vomito contro il vostro Dio, la Madonna, il vostro culto?».
Il 20 gennaio 1842, verso mezzogiorno, Alfonso accompagnò l'amico barone nella Basilica romana di Sant'Andrea delle Fratte, nella via omonima, nella zona tra Piazza di Spagna e Via del Tritone, officiata dai Minimi di san Francesco di Paola.
Qui, in attesa che l'amico Teodoro tornasse dalla sacrestia, dove si era recato per prendere gli ultimi accordi sul rito funebre da celebrare in suffragio dell'amico, il conte Augusto La Ferronay, anch'egli un convertito che aveva tanto pregato per la conversione di Alfonso, avvenne il miracolo.
Che cosa avvenne di preciso nell'ora della grazia, lo descrive lo stesso Ratisbonne in alcune lettere e nella deposizione giurata al Vicariato di Roma, per appurare la verità del fatto.
"La chiesa di s. Andrea è piccola, povera e deserta...; credo di esservi rimasto quasi solo; ...nessun oggetto d'arte attirava la mia attenzione. Camminavo meccanicamente, con lo sguardo in giro, senza fermarmi su alcun pensiero: mi ricordo soltanto di un cane nero che saltellava dinanzi a me... Presto quel cane scomparve, tutta la chiesa disparve, non vidi più nulla... o piuttosto, mio Dio!, vidi una sola cosa! Come potrei parlare? Oh! No, la parola umana non deve tentare d'esprimere l'inesprimibile; ogni descrizione, per quanto sublime possa essere, non sarebbe che una profanazione dell'ineffabile verità. Ero là, in ginocchio, in lacrime, il cuore fuori di me stesso, quando il signor de Buissiéres mi chiamò alla vita".
Ed ancora, depose il veggente al processo canonico:
"Vidi come un velo davanti a me. La chiesa mi sembrava tutta oscura, eccetto una cappella, quasi che tutta la luce della chiesa si fosse concentrata in quella. Alzai gli occhi verso la cappella raggiante di tanta luce, e vidi sull'altare della medesima, in piedi, viva, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa, la Santissima Vergine Maria, simile nell'atto e nella forma, all'immagine che si vede nella Medaglia Miracolosa dell'Immacolata. Mi fece cenno con la mano di inginocchiarmi. Una forza irresistibile mi spinse verso di Lei, che parve dicesse: Basta così. Non lo disse ma capii.
"A tal vista caddi in ginocchio nel luogo dove mi trovavo; cercai, quindi, varie volte di alzare gli occhi verso la Santissima Vergine, ma la riverenza e lo splendore me li faceva abbassare, ciò che, però, non impediva l'evidenza di quell'apparizione".
"Fissai le di Lei mani, e vidi in esse l'espressione del perdono e della misericordia. Alla presenza della Santissima Vergine, benché Ella non mi dicesse parola, compresi l'orrore dello stato in cui mi trovavo, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica, in una parola compresi tutto. (...)
"Provavo un cambiamento così totale che mi credevo un altro. Cercavo di ritrovarmi e non mi ritrovavo... La gioia più grande si sprigionava dal fondo della mia anima; non potetti parlare; non volli rivelar niente; sentivo in me qualche cosa di solenne e di sacro che mi fece chiedere un sacerdote... Vi fui condotto, e solo dopo averne avuto l'ordine positivo ne parlai come mi era possibile, in ginocchio e col cuore tremante. (...)
"Tutto quel che posso dire, è che al momento del prodigio, la benda cadde dai miei occhi; non una sola benda, ma una quantità di bende che mi avevano avvolto disparvero una dopo l'altra rapidamente, come la neve e il fango e il ghiaccio sotto l'azione di un sole cocente.
"Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre, ed ero vivo, perfettamente vivo... Ma piangevo! Vedevo nel fondo dell'abisso le miserie estreme dalle quali ero stato strappato da una misericordia infinita; rabbrividivo alla vista di tutte le mie iniquità, ed ero stupito, intenerito, sprofondato in ammirazione e riconoscenza. (...)
"Ma si domanda come appresi queste verità, poiché è accertato che non ho mai aperto un libro di religione, non ho mai letto una pagina della Bibbia, e che il dogma del peccato originale, totalmente dimenticato o negato dagli Ebrei dei nostri giorni, non aveva mai occupato un istante il mio pensiero; dubito anche di averne sentito il nome. Come sono arrivato, dunque, a questa conoscenza? Non saprei dirlo. Questo io so: che entrando in chiesa ignoravo tutto; che uscendone vedevo chiaro. Non posso spiegare questo cambiamento che con l'immagine di un uomo il quale si risvegliasse da un sonno profondo, o con quella di un cieco nato che vedesse la luce tutto d'un colpo; vede, ma non può definire la luce che lo illumina e nella quale contempla gli oggetti della sua ammirazione. (...)
"Qualunque cosa ne sia di questo linguaggio inesatto e incompleto, il fatto positivo è che io mi trovavo in qualche modo come un essere nuovo, come una tabula rasa... Il mondo non era più niente per me; le prevenzioni contro il cristianesimo non esistevano più; i pregiudizi della mia infanzia non avevano più la minima traccia; l'amore del mio Dio aveva talmente preso il posto di ogni altro amore, che la mia stessa fidanzata mi appariva sotto un altro aspetto. L'amavo come un oggetto che Dio tiene nelle sue mani, come un dono prezioso che fa amare ancora di più il donatore.
"Ripeto che scongiuravo il mio confessore, il reverendo Padre Villefort, e il signor de Bussières, di mantenere un segreto inviolabile su ciò che mi era avvenuto. Volli seppellirmi al monastero dei Trappisti per occuparmi solo delle cose eterne; lo confesso, e pensavo anche, che nella mia famiglia mi avrebbero creduto folle, che mi avrebbero tacciato di ridicolo, e che così avrei preferito fuggire totalmente il mondo, le sue chiacchiere e i suoi giudizi.
"Però i superiori ecclesiastici mi fecero capire che il ridicolo, le ingiurie, i falsi giudizi, facevano parte del calice di un vero cristiano; mi invitarono a berlo dicendomi che Gesù Cristo aveva predetto ai suoi discepoli pene, tormenti e supplizi. Parole così gravi, lungi dallo scoraggiarmi, infiammarono la mia letizia interiore; mi sentivo pronto a tutto, e chiesi con insistenza il battesimo. Vollero ritardarlo. 'Ma come! Esclamai, gli Ebrei che ascoltarono la predicazione degli Apostoli furono battezzati immediatamente, e voi volete rimandarmelo, dopo aver io ascoltato la Regina degli Apostoli?' I miei sentimenti, i miei acuti desideri e le mie suppliche toccarono gli uomini pietosi che mi avevano accolto, e mi fecero la promessa, per sempre felice, del battesimo!".
Ora egli aveva trovato la vera Luca, doveva impegnarsi perché altri potessero ritrovarla. Il 31 gennaio, nella Chiesa del Gesù, Alfonso Ratisbonne fa la sua abiura pubblica tra le mani del Cardinale Patrizi e riceve il Battesimo, prendendo anche il nome Maria. Scrisse tre lettere in cui descriveva la vicenda miracolosa dell'apparizione della Madonna e della sua conversione. Una era diretta alla sua carissima Flora il 21 gennaio, e due allo zio a Strasburgo il 22 gennaio e il 15 febbraio, quello zio che sperava di fare di Alfonso il capitano della sua finanza.
Scrisse a Flora: «Te lo giuro, mia cara, le disposizioni subitanee, nelle quali io mi trovo, non sono dovute che a un miracolo... Questo miracolo tu lo conoscerai; io non voglio parlartene ancora oggi, non che ti creda indegna di conoscerlo; no, ché troppo io mi sto tranquillo sui sentimenti tuoi, ma bisogna che tu sia preparata ad aggiungervi fede».
Dopo mesi di deposizioni e testimonianze, il cardinale Costantino Patrizi firmò un decreto in cui si riconosceva come "istantanea e perfetta" la conversione di Alphonse-Marie dall'ebraismo, a seguito dell'apparizione realmente avvenuta.
Dio aveva dei progetti su Alfonso. Entrato nella Compagnia di Gesù e compiuti gli studi nell'Istituto teologico di Laval, ricevette l'ordinazione sacerdotale il 23 settembre 1848. Egli però sentì profondamente nell'anima il richiamo dell'Oriente, per vivere la sua vicenda divina tra i suoi fratelli ebrei. Il 18 dicembre 1852, autorizzato da Pio IX, entrò nella Società dei Preti di Nostra Signora di Sion fondata dal fratello Teodoro e partì missionario in Terra Santa. Qui costruì orfanotrofi per gli orfani di Sion, si fece povero tra i poveri. Morì sulla collina della Visitazione, povero ma santo, il 6 maggio del 1884. Il suo corpo riposa ad Ain-Karim.
Augustinus
Luogo dell'apparizione nella Chiesa di S. Andrea alle Fratte, in Roma
Il Papa dinanzi all'altare dell'apparizione il 6 giugno 1987