Bertinotti Fausto
Il nostro Nicholson (per chi lo ama). Damerino (per i nemici). Torinese, uomo politico. Semplicemente Fausto per gli amici. Semplicemente infausto per i nemici che lo affabulano spesso e volentieri di soprannomi come "subcomandante" o "signor no". C'è chi vede in lui addirittura il fattore che negli scongiuri della borghesia italiana ha preso il posto del "K" di kommunismus. In realtà Bertinotti sembra irrequieto ma alla fin fine tanto minaccia che s'arrende. Le due micce che accese sotto la poltrona prima di Lamberto Dini poi di Romano Prodi si rivelarono infatti due petardi bagnati. La terza volta sarà la buona? Comunque vada Bertinotti resta il poil à gratter della maggioranza ulivista, corteggiato da Prodi, carezzato da Veltroni, vagamente blandito da D'Alema. Ha la faccia un po' così, da vittima della moda, con le sue giacche rigorosamente in tweed, cachemire o velluto old fashion, gli occhialetti con cordicella al collo come Rossana Rossanda. Sa parlare forbito e come piacere alle donne. Vive anche una contraddizione in subiecto: quella di essere neocomunista senza mai essere stato comunista, di voler rifondare una "cosa" di cui è massimamente ignorante. In gioventù fu infatti socialista, massimalista, sindacalista ma comunista mai. Ha un'insopportabile erre moscia che fa arrapare le signore dei padroni. Minoritario è comunque minoritario. Ma, diciamolo, minoritari si nasce.
Pietrangelo Buttafuoco