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  1. #1
    Roderigo
    Ospite

    Predefinito Lavoro - La strage che nessuno vuol vedere

    INFORTUNI SUL LAVORO
    La strage che nessuno vuol vedere
    Nonostante leggi sempre più precise le morti sul lavoro crescono. Ritmi produttivi sempre più intensi, appalti, lavoro nero e contratti precari mietono vittime in cantieri e fabbriche


    GIOVANNI PALOMBARINI

    Il rapporto annuale dell'Inail relativo alle statistiche del 2001, diffuso nelle scorse settimane tra la disattenzione dei più, ha riproposto il quadro consueto degli infortuni sul lavoro in Italia: tanti morti, feriti e invalidi, altissimi costi umani, sociali ed economici. Eppure per un momento è sembrata aprirsi un'inversione di tendenza. Infatti, nonostante la crescita del numero degli infortuni, probabilmente riconducibile a una parziale emersione di lavoro nero, a partire dal 1998, come ha ricordato il manifesto, sono apparsi in diminuzione gli incidenti mortali. Ancora nel primo quadrimestre del 2001 il numero dei morti era in leggero decremento (362, rispetto ai 420 dello stesso periodo dell'anno precedente); e però i dati complessivi di fine d'anno hanno dato un'indicazione nient'affatto confortante. Dai 1.412 morti del 2000 si è passati infatti a 1.452, un numero superiore anche a quello del 1999 (1.438). Si tratta di una situazione preoccupante anche perché sembra non suscitare un qualche allarme a livello politico, e soprattutto perché non sono allo studio misure idonee a fronteggiarla. Eppure cominciano a trovare applicazione diffusa i decreti legislativi 494/97, per i cantieri edili, e 626/94, per tutti i posti di lavoro: due normative che, dando finalmente attuazione nel nostro paese a importanti direttive europee, impongono l'adozione di articolate misure di prevenzione. E' probabilmente vero che gli effetti positivi delle nuove norme, faticosamente attuate con rinvii e ritardi sempre imposti dalle esigenze d'impresa, si potranno vedere solo in un prossimo futuro. Intanto già oggi sono però individuabili alcune ragioni di un così grave fenomeno (e forse anche quelle dell'inversione di tendenza per quel che concerne il numero dei morti); e le relative possibilità di intervento.

    In primo luogo sembra che i piccoli imprenditori solo formalmente prestino ossequio alle nuove norme, immediatamente disattendendo nei fatti le indicazioni fornite dagli stessi redattori del piano per la sicurezza da loro stessi a tal fine incaricati. D'altro canto le grandi industrie le applicano essenzialmente per una questione di immagine, in pratica decentrando poi la produzione a piccole ditte di tipo artigiano nelle quali la sicurezza è assente. In particolare nell'edilizia è facilmente riscontrabile il ricorso sempre più ampio ai subappalti, sia orizzontali che verticali a catena. La logica oggi incontrastata e anzi propagandata a ogni livello del profitto a ogni costo vede moltiplicarsi i casi nei quali l'impresa che vince l'appalto, evitandosi l'onere di assumere dipendenti, subappalta direttamente le diverse opere da realizzare ad altre imprese, e queste a loro volta subappaltano ad altre spezzoni settoriali di attività. Ciò determina una progressiva riduzione dei margini di guadagno e la conseguente restrizione delle spese, e delle misure, destinate alla sicurezza (vi sono grandi cantieri nei quali l'impresa che ha vinto l'appalto riesce con l'adozione di questo sistema a impiegare non più di due-tre persone: in genere due capicantiere che operano a turno e un tecnico che saltuariamente li assiste). Inoltre nel cantiere, dove spesso gli operai delle varie ditte neppure si conoscono, aumentano oggettivamente le difficoltà di informazione e coordinamento.

    Pesano poi altri elementi del nuovo modo di svolgere attività produttive, sempre più indipendente dall'esigenza di rispettare i diritti fondamentali. Il primo - il più evidente - è costituito dalla crescente utilizzazione di lavoratori precari e atipici, inseriti disinvoltamente nei cicli di produzione senza la necessaria preparazione. Vi è poi l'impiego in nero di immigrati irregolari nei più diversi settori, a cominciare da quelli più pesanti e pericolosi. A questo proposito va ricordato come a parole si invochi una politica europea dell'immigrazione aperta e trasparente in considerazione dei bisogni di un'economia in espansione, e poi si intervenga nel settore con la legge Bossi-Fini: così, come il crescente precariato, la clandestinità finisce per determinare anche, di fatto, la possibilità di evitare l'adozione delle misure di sicurezza.

    Andrebbe inoltre verificato con rigore il rispetto della norma che prevede che nelle gare d'appalto nessuna riduzione possa essere apportata alla somma necessaria per garantire la sicurezza, inizialmente individuata, per essere interamente spesa, dal responsabile del committente all'atto della redazione del progetto: una norma che in pratica viene spesso violata dalle imprese pur di vincere la gara (ma anche il committente chiude volentieri un occhio per risparmiare).

    Questi fattori dir ischio si sono affiancati a tradizionali, permanenti carenze culturali - gli incidenti come frutto della «fatalità» - e ad accresciute fragilità dei controlli. Sotto questo versante, lo smantellamento degli Ispettorati del lavoro, organi tecnici con funzioni di polizia giudiziaria dotati di specifica formazione professionale, e l'attribuzione delle loro funzioni alle Asl, ha segnato indubbiamente un allentamento dei controlli e soprattutto una loro forte disomogeneità sul territorio.

    In complesso, si tratta di un panorama ampio di ragioni del fenomeno infortuni, in relazione al quale vanno studiati nuovi meccanismi di contrasto ed efficaci controlli preventivi.


    il manifesto 21 agosto 2001
    http://www.ilmanifesto.it

  2. #2
    Super Troll
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    il condor direbbe che è la selezizone naturale......
    su questo forum è meglio non rispondere ai fessi!
    voi nazifascisti di oggi e i vostri servi siete solo gli ayatollah E I TALEBANI dell'occidente..

 

 

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