Scoop da ombrellone dell'Espresso svela tutte le "verità" scientifiche sullo spinello
La perfida cannabis
Nichi Vendola
Un servizio che sembra commissionato da San Patrignano, un florilegio di citazioni illustri che fa davvero tenerezza per lo zelo da neofita del verbo proibizionista. Sarebbe facile prendere venti nomi prestigiosi dell'Accademia e farci su un servizio di segno opposto. Ma il punto è un altro. Nessuno intende fare l'apologia di nessuna sostanza: semplicemente vogliamo imparare a scegliere, a controllarci e a controllare ciò che ingeriamo o inspiriamo, a capire il senso e le conseguenze dei nostri gesti.
C'era una volta L'Espresso, settimanale controcorrente d'inchiesta, di battaglia delle idee, di grandi polemiche politiche: figlio di quella sinistra "radicale" e salveminiana che, seppur minoritaria, contribuì in modi originalissimi a svecchiare la cultura e il costume della sinistra storica e in particolar modo di un Pci spesso affetto da bigottismo. Oggi quel giornale non c'è più da un pezzo, l'inchiesta è praticamente scomparsa dal panorama giornalistico (con rare e pregevoli eccezioni), le idee nascono e muoiono sulla battigia degli edicolanti, le polemiche sono le solite melense finte provocazioni del "bestiario" addizionate di effervescenti bustine di Minerva. Sotto gli ombrelloni d'agosto, poi, la carta stampata vive la sua più frivola epopea e i suoi colpi di sole. E siamo tutti abituati e rassegnati ai servizi sulle vacanze intelligenti e su quelle sceme, sulle prodezze erotiche degli italiani abbronzati, sulle ultime fantasmagoriche diete, sull'arte dei tatuaggi, sulla metafisica delle erbe o sulla fisica delle spiagge. Se non c'è un fosco delitto passionale, un portiere di notte pedofilo o una contessa decapitata, il giornalismo nostrano va letteralmente in apnea. Oppure si inventa scoop di sabbia e di acqua marina. Questa settimana L'Espresso, con la sua copertina e con un servizio che pare commissionato da San Patrignano, ci svela finalmente tutte le verità "scientifiche" sulla perfida cannabis: droga maledetta doppiamente perché considerata "leggera" e innocua, consimile alla cocaina per i traumi psicofisici che produce sugli assuntori, inutile se non dannosa nella terapia del dolore. Insomma, lo spinello brucia il cervello. La sinistra smetta di essere portatrice insana di certe suggestioni libertarie e si occupi con più serietà dell'educazione della gioventù traviata. Il florilegio di citazioni illustri, nel servizio firmato da Antonella Fiori, fa davvero tenerezza, per la sua probabile buona fede e per lo zelo da neofita del verbo proibizionista, chi di voi, folla di permissivi incoscienti, ha titoli per poter contrastare la parola nientemeno che della Susan Greenfiel «titolare della cattedra di Farmacologia Sinaptica della Oxford University, autrice di 150 pubblicazioni eccetera?». Personalmente provo disagio e complessi di inferiorità dinanzi alla parola "Sinaptica". La scienza è scienza, come dice Maurizio Gasparri. E se la scienziata oxfordiana dice che depenalizzare il possesso e l'uso di marijuana è un'idea tossica: come si fa a controbattere? Ed ecco, come colpo di grazia, il conseguente secondo scoop de L'Espresso: neppure Asia Argento si fa più le canne e dice basta agli eccessi e ai vizi da "dark lady": una vera letizia! Quasi una Moratti! O una Maria Goretti! Qui, diciamo, la scienza scivola verso il cabaret. E noi pensiamo ad anni di faticosi studi, di accumulo di libri e di controinformazione sulle sostanze psicotrope, alle splendide opere del rimpianto Giancarlo Arnao sulle droghe e sulla loro mitologia. Pensiamo a quei documenti che dimostrano come fu costruita, per ragioni economiche e politiche, l'impostura su quell'erba "cattiva" che poi fu messa all'indice.
Pensiamo anche al fatto che la politica non deve sostituirsi alla comunità scientifica per dire ciò che fa bene e ciò che fa male (non mancano illustri studiosi che vantano gli effetti benefici di una alimentazione geneticamente modificata): ma deve semplicemente decidere le strategie più efficaci di difesa della salute pubblica. Forse al noto rotocalco progressista mancano informazioni sulla realtà planetaria delle politiche proibizioniste: su quanti danni abbiano prodotto dal lato della domanda (i consumatori di sostanze) e su quanti affari abbiano consentito di sviluppare sul lato dell'offerta (i produttori e i trafficanti). Persino la flebile sinistra clintoniana su queste cifre di inutili punizioni e di immensi business cominciava a ragionare. E l'Europa, da Tony Blair fino ad Aznar, sta aprendo la strada a percorsi di sperimentazione anti-proibizionista. Lo diciamo all'incauta giornalista che ci ha propinato il suo scoop: non ci vuole molto a prendere venti nomi prestigiosi dell'Accademia e a farci su un servizio di segno opposto a quello da lei confezionato. Il punto è un altro. Si dia conto, ma con correttezza, della ricchezza del dibattito scientifico. Ma si ragioni anche di quella varietà di fenomeni che sono stretti nella tenaglia del narcotraffico e della dipendenza: la mafia è stata rafforzata dal sistema mondiale della proibizione, la proibizione ha alimentato il consumo sporco e pericoloso, la proibizione ha disseminato per il pianeta esorcisti e stregoni della salvezza. Nessuno qui intende fare l'apologia di nessuna sostanza: semplicemente vogliamo imparare a scegliere, a controllarci e a controllare ciò che ingeriamo o inspiriamo, a capire il senso e le conseguenze dei nostri gesti. Costruendo alfabeti di sobrietà e criticità che ci emancipino dalla cultura del consumo vorace, dell'abuso ignorante, della dipendenza. Ma attenzione all'abuso di tutte le sostanze: nella redazione de l'Espresso dovrebbero evitare l'abuso di bufale...
Liberazione 9 agosto 2002
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