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Discussione: Il lupino

  1. #1
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    Predefinito Il lupino



    Originario del bacino del Mediterraneo e del Nord America, il lupino appartiene ad un genere di piante annuali o perenni, presenti in maniera spontanea oppure largamente coltivate sia a scopo alimentare che ornamentale. I lupini fanno parte della famiglia dei legumi, sono i semi di una pianta alta fino a un metro e con foglie palmate, il Lupinus albus.

    I suoi semi sono grossi come un fagiolo, schiacciati, di colore bianco o leggermente bruno e crescono in baccelli che si sviluppano sul fusto principale della pianta. Ogni baccello contiene da tre a sette semi che differiscono, a seconda del genere di pianta, per dimensione, colore, aspetto e composizione.
    Vengono coltivate tre specie di lupino: quello bianco, giallo e azzurro (detto anche a foglia stretta).
    I semi del lupino bianco (Lupinus albus) sono i più grandi, con un diametro di 8-14 mm ed un peso di 300 g per 1000 semi; hanno una forma circolare appiattita e sono di color crema.
    Il lupino azzurro ha semi rotondi molto simili a quelli della soia.
    Il lupino giallo presenta semi rotondi, beige o marroni con piccole macchioline, più piccoli e stretti di quelli del lupino azzurro.

    I lupini contengono un alcaloide amarissimo e sono leggermente tossici, per poterli mangiare bisogna prima "sanarli" lavandoli abbondantemente in acqua corrente e facendoli bollire in acqua e poi salarli per immersione (un paio d’ore) in una salamoia. Di solito venivano messi in un sacco di liuta e immersi nell'acqua di un fiume per qualche giorno prima di essere salati. I marinai, invece, mettevano i lupini direttamente a bagno nell'acqua di mare.




    Storia del lupino: preziosa coltura

    Specie di lupino selvatico e parzialmente addomesticato vennero coltivate migliaia di anni fa sia nell’area del Mediterraneo (lupino bianco) che nelle zone andine del Sud America prima del regno Inca. La coltivazione del lupino fu praticata anche da Greci e Romani, come testimoniano le opere degli antichi scrittori tra cui il poeta Virgilio (70-19 PC) e Plinio il Vecchio (c. AD 23-79). Il lupino venne coltivato per diversi scopi tra cui il miglioramento del suolo, il pascolo, l’alimentazione umana ed anche a fini terapeutici. I semi di lupino contenevano alcaloidi amari, sgradevoli e tossici, che venivano rimossi bollendo e mettendo a bagno ripetutamente i semi prima del loro
    consumo.
    Fu non prima del ventesimo secolo che le antiche specie di lupino amaro vennero sostituite da specie “dolci” a basso contenuto di alcaloidi. Prima di questo importante sviluppo, il lupino amaro era diffuso nell’Europa meridionale e nel Nord Africa e venne introdotto nell’Europa settentrionale nel 1781 quando Federico il Grande di Prussia inviò semi di lupino dall’Italia nel Nord della Germania, per migliorarne l’arido suolo. Il lupino giallo venne ampiamente coltivato sul suolo sabbioso e acido delle pianure costiere dei Balcani dopo il 1860 e divenne importante anche nell’industria Sassone della lana Merinos, finché un avvelenamento da lupinosi causò la morte di
    numerose pecore.




    Nuove varietà

    Lo scienziato tedesco, Reinhold von Sengbusch (1898-1986), che sviluppò un semplice e rapido metodo per la selezione di vaste popolazioni di piante sulla base del contenuto di alcaloidi, selezionò le prime cultivars di lupino giallo e azzurro a basso contenuto di alcalodi a partire dal 1928. Si trattava di mutanti delle specie amare, contenevano solo lo 0,05% di alcaloidi, erano gustosi, commestibili, avevano baccelli che non si rompevano e semi teneri. Questi erano i requisiti per una coltura commerciabile e questo periodo segnò l’inizio della coltura e miglioramento del lupino come pianta coltivata.
    Le varietà dolci e il lupino azzurro furono gradualmente introdotte in Australia dopo la seconda Guerra Mondiale e la coltivazione del lupino ebbe pienamente successo con le esportazioni in Europa.




    Aspetti nutrizionali

    Il seme di lupino è molto ricco in proteine (34-43% sul peso secco), ha una rilevante percentuale di olio (5.4-10,0%) e contiene poco amido (0,7-2,2%). La percentuale di fibra grezza è elevata (14-16.5%). In più i semi d lupino contengono piccoli quantitativi di una serie di altri composti, come fitati, oligosaccaridi e inibitori della tripsina. Tradizionalmente essi sono stati considerati fattori antinutrizionali, ma ora sono sempre più ritenuti fattori favorevoli nutrizionalmente-attivi, a causa dei loro potenziali benefici effetti in farmacologia, medicina, cosmesi e in campo alimentare.
    L’elevato contenuto proteico e il contenuto di olio del seme di lupino, relativamente elevato, specialmente nel caso del lupino bianco, rende la coltura del lupino interessante sia per il consumo umano che per l’alimentazione animale.




    Gli utilizzi

    I semi del lupino hanno un alto valore nutritivo e sono usati nell’alimentazione animale soprattutto in Australia.
    La coltivazione fertilizza il suolo ed è molto valida in agricoltura biologica.
    Lessati e salati, vengono consumati anche dall’uomo.
    I semi possono anche essere tostati, macinati ed usati come surrogato del caffè.
    In fitoterapia folcloristica viene utilizza la farina ottenuta dalla macinazione dei semi secchi per contrastare le malattie della pelle, gli eczemi e la crosta lattea.
    Secondo alcuni studi, il lupino ha proprietà di antidiabetico, anticolesterolo e vermifugo.

    fonte parziale

  2. #2
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    Predefinito Un'articolo interessante: il lupino salvacuore

    Milano, 10 novembre 2005 – Prima la paura della “mucca pazza”, oggi quella dell’influenza aviaria: i consumatori europei si tengono sempre più lontani dalle carni e da altri prodotti di origine animale. Ma le proteine sono fondamentali per la nutrizione dell’uomo e sono ricercate sempre più nei vegetali, nei legumi in particolare. E proprio tra questi si registra non tanto una novità, quanto un grande ritorno alle tradizioni: sulle tavole europee riappare il lupino. “Già noto in epoca romana – spiega il prof. Cesare Sirtori, ordinario di Farmacologia Clinica all’Università di Milano – il legume sta suscitando grande interesse da parte dei ricercatori, che ne stanno scoprendo virtù terapeutiche inaspettate: recenti studi italiani e internazionali dimostrano che il consumo di lupino svolge un’azione importante nel ridurre i livelli di colesterolo nel sangue e nel prevenire ipertensione e diabete”. I primi risultati presentati a Milano nel corso del congresso Healthy-Profood, organizzato dall’Università di Milano, che si conclude oggi. Le più significative ricerche condotte in vari Paesi europei e gli orientamenti per la produzione di alimenti innovativi a base di lupino sono al centro del dibattito. Ma questo ritorno non coinvolge solo medici e ricercatori: anche i cuochi, in particolare gli specialisti in cucina vegetariana, hanno raccolto la sfida, preparando piatti a base di proteine di lupino di grande livello. Gli esperti ne sono certi, il gusto gradevole e ‘mediterraneo’ di questo legume ne favorirà la diffusione: grazie all’alto contenuto di proteine (34-43% sul peso secco), di olio (5,4-10%) e di amino acidi essenziali, il legume rappresenta un elemento prezioso per l’alimentazione umana superiore alla più nota soia.

    Un ritorno importante, dunque, sia in cucina che nella cura di molte ‘malattie del benessere’. Per diffondere le proprietà nutrizionali del lupino e approfondire le conoscenze tecniche necessarie alla sua lavorazione è nato il progetto di ricerca Healthy-Profood, finanziato dall’Unione Europea, che annovera tra i partner centri universitari di tutta Europa e l’Associazione europea per la ricerca sui legumi (AEP); è coordinato per l’Italia dall’Università di Milano, dai prof. Cesare Sirtori e Anna Arnoldi.
    “L’anno scorso un gruppo milanese guidato dalla prof.ssa Lovati e da me – spiega il prof. Sirtori – ha dimostrato che negli animali una modesta aggiunta di lupino può ridurre la colesterolemia in modo significativo. Un recente studio condotto in Polonia dal prof. Naruszewicz su pazienti ipercolesterolemici ha evidenziato un calo del colesterolo totale del 10% e del colesterolo ‘cattivo’ (LDL) superiore al 12% dopo solo un mese di trattamento”. Ma i benefici per la salute non si fermano qui. “Il lupino – continua il prof. Sirtori – ha effetti ipotensivi. Da uno studio condotto in Finlandia dalla dottoressa Korpela si evince come il legume sia efficace nella riduzione della pressione arteriosa. Infine, al contrario della soia, non contiene fitoestrogeni (isoflavoni), deboli sostanze ormoniche di dubbia efficacia nella cura delle turbe menopausali, per i quali sono state poste severe restrizioni in diversi Paesi occidentali”.
    “Per le sue caratteristiche nutrizionali – spiega la prof. Anna Arnoldi, docente di Prodotti Dietetici presso la Facoltà di Farmacia dell’Università di Milano e coordinatrice internazionale del progetto Healthy-Profood – il lupino è l’unico legume che può sostituire la soia. Il suo contenuto in proteine può raggiungere infatti il 40% e quello di olio il 12%, con una significativa presenza di amino acidi essenziali. E soprattutto, essendo al momento ridotto l’interesse delle multinazionali, non esiste nel mondo nessuna coltivazione di piante di lupino geneticamente modificate”. “Rispetto a quello di soia e di altri legumi – continua la prof. Arnoldi – il seme di lupino ha anche altre caratteristiche nutrizionali interessanti, come quantità minime di fitati, di inibitori della tripsina, di lectine, di saponine e di oligo-zuccheri. Tutti composti che rendono poco digeribili i legumi che non siano stati sottoposti a cottura prolungata. Il nostro progetto dimostra come la ricerca italiana, qualora riceva finanziamenti adeguati, sia in grado di eccellere a livello internazionale anche nel settore dei prodotti dietetici”.
    Nel progetto è coinvolta anche l’associazione Altroconsumo. “La nostra associazione da più di trent’anni opera a tutela degli interessi dei consumatori e ha tra i propri obiettivi quello di garantire una scelta consapevole tra tutti prodotti disponibili, siano o meno geneticamente modificati – spiega la dr. Emanuela Bianchi, esperta in Scienze Alimentari –. In particolare, la partecipazione a Healthy-Profood ha una duplice finalità. Da un lato vogliamo ricondurre ad aspetti più pratici le vie percorse dalla scienza, talvolta lontane dalle esigenze concrete dei consumatori, dall’altro mediare l’informazione che arriva dal mondo scientifico per poterla rendere accessibile e comprensibile a tutti. Inoltre, siamo sempre molto attenti a tutte le problematiche di corretta etichettatura degli alimenti – continua la dott.ssa Bianchi –, in modo da informare i consumatori nel modo più corretto ed esaustivo possibile”.

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  3. #3
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    siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i 5 stelle

 

 

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