tratto dal sito: www.voltosanto.it
Le varie tappe del Volto Santo prima del suo arrivo a Roma
Prendendo le mosse dalla perfetta sovrapponibilità del volto della Sindone con il volto di Manoppello, si è indotti ad ammettere che sia l’immagine sul velo che quella sulla Sindone si siano formate nello stesso tempo.
Ora non c’è altra possibilità di spiegazione delle tracce sulla Sindone, che fanno intravedere il corpo di un uomo crocifisso e morto secondo il racconto dei Vangeli, che non quella di ammettere che queste tracce si siano formate durante il soggiorno di questo corpo nella tomba. Allora anche il Volto Santo di Manoppello si è formato nella tomba di Gesù a Gerusalemme quando esso fu posto con tutta probabilità in fretta sopra la Sindone.
Sul sottilissimo sudario con la finissima immagine, conservata oggi nel Santuario presso Manoppello, ritrovato nella tomba ormai vuota nella mattina di Pasqua, possiamo fare due ipotesi. La prima suppone che lo abbia avuto la Madre Maria, cui spettava quasi di diritto; lei, così possiamo pensare, lo portò con sé. Da lei sarebbe passato a Giovanni, quindi prima ad Efeso e poi in qualche altra località dell’Asia Minore. Oppure, seconda ipotesi, sarebbe rimasto unito alla Sindone, separato da essa in un tempo molto posteriore come io ho opinato nel mio libro “Das echte Christusbild”, del 1991. Se si segue la seconda ipotesi, allora, come scrive Giorgio Cedreno, nel 574 un’icona “acheiropoietos” viene trasportata da Camulia in Cappadocia a Costantinopoli. È un oggetto talmente simile che potrebbe trattarsi con grande probabilità dello stesso Velo che si conserva oggi nel Santuario abruzzese. Rimase a Costantinopoli fino al 705, quando l’immagine di Camulia sparì dalla capitale dell’Impero.
L’immagine di Camulia è il primo oggetto che viene definita “acheiropoietos”, cioè non fatta da mani umane. In una poesia di lode del poeta Teofilatto Simocatta, scritta per la vittoria delle truppe bizantine nella battaglia presso il fiume Arzamon (586), ottenuta per la presenza dell’immagine, la descrive come “non dipinta, non tessuta, ma prodotta con arte divina”. Giorgio Piside lo chiama “prototipo scritto da Dio”. Ancora dopo la sparizione dell’immagine, Teofane (758-818) afferma che nessuna mano avrebbe disegnato quest’immagine, ma “la Parola creativa e formante tutte le cose ha prodotta la forma” di questa figura divino-umana.
Tutte queste descrizioni dei poeti e storiografi bizantini si possono giustificare solo per la presenza di un unico oggetto: il Volto Santo di Manoppello. Anch’esso, come prima impressione, sembra essere una pittura, ma quando si esamina meglio, si scarta subito questa ipotesi.
Allora essa potrebbe essere stata prodotta con la tecnica della tessitura, ma anche questa tesi non regge. Così si comprende la descrizione “non dipinta, non tessuta” dei poeti bizantini. Per una immagine come quella di Manoppello, che è totalmente trasparente e sparisce quasi del tutto quando viene posta contro il cielo, si deve escludere qualsiasi tecnica conosciuta per la produzione di un’opera artistica.
L’immagine di Camulia, la prima “acheiropoietos” non sarebbe solo sparita da Costantinopoli, ma si sarebbe incamminata, via mare, verso la vecchia capitale dell’Impero, Roma.
La gente a Costantinopoli raccontava che il Patriarca Germano avrebbe affidato l’immagine di Cristo alle onde del mare agli inizi dell’iconoclastia ed essa sarebbe giunta a Roma nel tempo del Papa Gregorio II.
A Roma si parla di una “Acheropsita” che il Papa Stefano II avrebbe portato in processione quando il re longobardo Aistulfo assedia la città nel 753. Questa “Acheropsita” è il Volto Santo della Cappella Sancta Sanctorum del Palazzo lateranense dei Papi. È una icona sul cui volto si trovava incollata una tela dipinta con il volto di Cristo. L’ipotesi più attendibile è che il primo velo incollato fu proprio il Volto Santo di Manoppello.
Non si poteva escogitare un miglior nascondiglio per un’immagine su un velo che sovrapporla ad un’icona. Così l’imperatore bizantino non avrebbe potuto mai scoprire il furto della sua “acheiropoietos” ed essa poteva sempre essere venerata nella liturgia pontificia. Quando gli imperatori bizantini persero pian piano il loro potere e il loro influsso sull’Italia, il Velo poté essere staccato di nuovo dalla sua icona, essere sostituito da un velo dipinto e trasportato nella cappella in San Pietro che il Papa Giovanni VII aveva fatto erigere poco dopo che l’immagine di Camulia sparì da Costantinopoli. Il primo Papa che non dovette più temere il potere dell’imperatore bizantino fu Innocenzo III. Egli promosse per la prima volta il culto e la venerazione del velo con l’immagine di Cristo, e questa volta il Velo fu chiamato “Veronica”, la vera icona di Cristo. Il titolo “Volto Santo” rimase all’icona lateranense.
Questa è la storia più probabile del Volto Santo di Manoppello secondo le nostre conoscenze dei documenti e delle immagini acheropite. Rimane una questione aperta: come e quando i panni funebri, la Sindone e il velo di Manoppello, furono divisi.
Come Mandilion di Edessa, la Sindone ha avuto il suo proprio percorso con il trasporto a Costantinopoli nel 944, il suo temporaneo smarrimento sin dalla crociata latina del 1204, e il suo riemergere dal buio dei tempi a Lirey, nella metà del Trecento.
Il Volto Santo ha fatto il suo viaggio che noi abbiamo cercato di ricostruire da Gerusalemme a Efeso, da Efeso a Camulia in Cappadocia, da Camulia a Costantinopoli, da Costantinopoli alla Cappella Sancta Sanctorum del palazzo lateranense, da qui alla Cappella della Veronica in San Pietro in Vaticano, infine al Santuario di Manoppello. Durante questi viaggi lo stesso oggetto, sempre secondo la nostra ipotesi, ha cambiato nome diverse volte: da immagine “acheiropoietos” di Camulia, a “prototypos”, a “acheropsita” e “Volto Santo” della Cappella Sancta Sanctorum, a “Veronica” e finalmente di nuovo a “Volto Santo” in Manoppello. Questo percorso è una fondata ipotesi; l’identità del Volto Santo di Manoppello con la Veronica romana, però, è certezza.
La Veronica e la Sindone
Per quale motivo l’altro telo recante l’impronta di Gesù, un tempo esposto a milioni di credenti è oggi conservato in tanta segretezza?
È ormai trascorso più di un secolo da quando Secondo Pia scattò la prima fotografia ufficiale della Santa Sindone di Torino il 28 maggio 1898. In diverse occasioni da quello storico momento milioni di persone hanno visto la Sindone da vicino, tutte lodevolmente e liberamente ammesse al cospetto di ciò che è indiscutibilmente l’oggetto più sacro di tutta la cristianità, il telo che ha avvolto Gesù nella tomba, recante le straordinarie tracce del suo corpo e del suo sangue, ed ogni qualvolta è stato concesso il permesso di scattare nuove fotografie e ne sono stati facilitati gli studi.
Ma cosa ne è della Sacra Veronica di Roma, l’unica altra somma reliquia che, si dice, rechi i segni dell’impronta di Gesù, apparentemente creata dal Suo volto quando una donna di Gerusalemme ne asciugò il sudore e il sangue mentre Egli avanzava a fatica verso il calvario?
Storicamente sappiamo che in epoca medievale e rinascimentale, ogni volta che veniva proclamato un Anno Santo (generalmente ogni 25 o 50 anni o al volgere del secolo), la Veronica veniva esposta a milioni di pellegrini convenuti a Roma per vederla, in modo molto simile a quanto avviene oggi con la periodica esposizione della Sacra Sindone per coloro che visitano la città di Torino.
Nell'Anno Santo 1450, per esempio, il numero di pellegrini fu così elevato che centosettantadue persone morirono durante un episodio nel quale il controllo sulla folla fu disastroso. Durante l'Anno Santo 1575, mentre la grande cupola di Michelangelo per l'attuale Basilica di S. Pietro era ancora in costruzione, sappiamo di trentamila pellegrini convenuti in Piazza S. Pietro in attesa che le porte si aprissero per la contemplazione. In quell'occasione, molti tra i presenti avevano viaggiato per centinaia di miglia solo per avere il privilegio di vedere questo altro telo presumibilmente impresso delle “vere sembianze" di Gesù.
Tuttavia per ragioni che non sono mai state del tutto chiarite, da quando la Veronica è stata trasferita nella sua attuale collocazione - il pilastro sud-occidentale che sostiene la cupola di San Pietro, in una speciale cappella immediatamente dietro la balconata che sovrasta la statua di Santa Veronica - la possibilità per essa di essere pubblicamente osservata in qualche misura da vicino è misteriosamente svanita. Eccezion fatta per il rinchiuso mondo “dietro le scene" controllato dai canonici di San Pietro e dal loro organico per diritto ereditario, i Sampietrini, la cappella della Veronica è rigorosamente “off-limits” per il comune pubblico. E sebbene si dica che il telo sia stato mostrato dalla sua balconata durante l'Anno Santo 1950, ciò non rese certamente possibile vedere nulla dell'impressione che il telo pretende di recare. A tutt’oggi non esistono fotografie di pubblico dominio della Veronica, né in bianco e nero e né a colori, ed anche le richieste più formali e di alto livello per ottenere il permesso di scattarne una vengono rifiutate o ignorate. A cosa si deve tutto questo riserbo per questo telo in particolare, quando fotografie in bianco e nero o a colori dell'assai più sacra “Santa Sindone" sono da lungo tempo liberamente permesse?
Al mistero si aggiungono i conflitti tra le pitture e le incisioni medievali della Veronica, che indicano in maniera massiccia come essa recasse l'impressione delle sembianze di Gesù di sudore e sangue, nello stesso modo della Sindone, e le sporadiche descrizioni verbali sul suo aspetto che abbiamo dalle poche persone cui in questo secolo è stato accordato il privilegio di un'osservazione privata del telo; per esempio, allo studioso tedesco monsignor Joseph Wilpert, nel 1907, venne concesso non solo di vederlo, ma anche di rimuovere due lastre protettive di vetro per poterla studiare più distintamente. Riferisce di aver visto solo “una sezione quadrata di materiale di colore chiaro, piuttosto sbiadito dal tempo, che recava due indistinte macchie marrone-ruggine, collegate l’una all’altra".
L’artista d'arte liturgica a noi contemporanea, lsabel Piczek di Los Angeles, a cui la Veronica venne mostrata nel 1950, mentre stava lavorando ad un affresco per l'Istituto Biblico Pontificio, me la descrisse allo stesso modo, aggiungendo risolutamente: “Non avresti potuto scorgere alcun volto o lineamento, nemmeno il più debole indizio”.
Tuttavia, se osserviamo la migliore copia sopravvissuta della Veronica, storicamente nota per essere stata prodotta nel 1617 da Pietro Strozzi, canonico di S. Pietro, autenticata dall’allora papa Paolo V° e ora conservata a Vienna presso la Schatzkammer dei Tesori Sacri e Secolari del Palazzo di Hofburg, vi è su questa un volto chiaramente visibile. Inoltre la regina polacca dell’inizio del XVII secolo, Costanza d'Austria, che aveva ricevuto una simile copia di Strozzi l'anno precedente, rilevava che “vi riconosceva le stesse sembianze del Sacro Volto di Nostro Signore e Salvatore di quelle impresse nel telo preservato con la somma universale venerazione nella sabauda Torino”.
Storicamente, quindi, sarebbe di grande utilità conoscere se il telo della Veronica conservato in San Pietro rechi ancora, sebbene ora in modo impercettibile, una qualche copia del volto visibile sulla Sindone. Se davvero si trattasse dello stesso telo per vedere il quale i pellegrini si calpestavano l’un l’altro in epoca medievale, non potrebbe essere che nel corso degli anni del 1600 la sua immagine sia semplicemente sbiadita fino a diventare quasi invisibile? E se, come ha affermato qualcuno, ci fosse stato qualche mutamento clandestino nel corso del XVI secolo, così che l’originale sia quel telo simile alla Veronica - ancora esistente - che apparve a quei tempi a Manoppello, e fosse stato lasciato nella teca della Veronica solo un indefinito tessuto qualsiasi?
Sarebbe ancora utile avere qualche migliore indicazione in merito alle origini della Veronica. Sebbene molti cattolici ritengano che la storia di Santa Veronica compaia nei vangeli, in realtà, la sua forma “ricevuta" (per esempio come rappresentata nelle Stazioni della Via Crucis), non è databile a periodi anteriori al medioevo e non vi è alcuna testimonianza di un telo "Veronica" come quello di Roma fino al 1011. Deve essere assai probabile, perciò, che la Veronica fosse una copia d’artista della Santa Sindone che era recentemente giunta a Costantinopoli nelle sembianze dell'Immagine di Edessa, e che la Veronica (come “vera icona” delle “vere sembianze" di Gesù) sia stata inviata a Roma come regalo dell'imperatore di Bisanzio in un qualche momento verso la fine del X secolo o all'inizio dell'XI. Qualunque sia la realtà dei fatti, sono comunque possibili solo supposizioni fino a quando la Veronica rimarrà inaccessibile a qualunque forma di scrutinio pubblico.
Se, per esempio, l'immagine che una volta recava è semplicemente diventata invisibile ad occhio nudo, potrebbe nondimeno essere ancora recuperabile per mezzo dei raggi ultravioletti o di simili prove non distruttive, motivo che rende auspicabile l'autorizzazione per sottoporre il telo ad uno di questi test; perché, se potesse venire confer_mato che si tratta di una copia del volto della Sindone dell'XI secolo d.C., allora questo potrebbe diventare un ulteriore fortissimo apporto alla discussione sul fatto che la Sindone risalga ad un periodo assai precedente alla datazione attribuitale dall’esame al radiocarbonio. Nessuno può affermare che questo particolare momento non sia opportuno per l’apertura della Veronica. Vi è una lunga tradizione dietro all'esposizione della Veronica in occasione degli Anni Santi e difficile è pensare ad una occasione migliore della fine di un millennio. Ma, nonostante sia prossima l'esposizione nel corso del 2000 della Sindone, nulla è stato dichiarato a proposito di un'equivalente esposizione della Veronica.
Quali siano le attuali condizioni del telo, (ed è largamente accettato il fatto che possa essere troppo fragile per sopportare i rigori di una esposizione convenzionale), il mondo intero non ha ancora nessuna fotografia per mezzo della quale studiarla.
All'inizio del terzo millennio d.C. può ancora esserci una buona scusa per questo? Se la risposta è no, allora, nel nome del generale diritto di conoscenza, qualcuno responsabile della Veronica e del suo segreto santuario, dovrebbe dare disposizione - e con sollecitudine - per quella da lungo attesa esposizione al pubblico scrutinio...
Il Volto della Sindone
Il Volto Santo di Manoppello