Il 25 gennaio 2002, nella sede della Consulta nazionale per il lavoro della Conferenza episcopale italiana, venne invitato Marco Biagi. All' ordine del giorno la discussione del suo Libro Bianco. I rappresentanti della Cei criticarono senza mezzi termini molte delle impostazioni filosofiche del lavoro di Biagi.
Il responsabile della Pastorale sociale e del lavoro di Milano, don Raffaele Ciccone, chiese ad esempio: "Che cosa ne facciamo del sindacato, visto che ad un certo punto si parla di contratti individuali? Il sindacato (...) lo vogliamo smantellare , onestamente, gli ultimi tentativi di spaccare la Cgil dalla Cisl e dalla Uil sono stati plateali (...)". Lo stesso Ciccone si chiese come mai la maggior parte delle aziende italiane è sotto i 15 dipendenti, eppure la disoccupazione c'è lo stesso.
Don Fornero, della Pastorale di Torino, si chiese se davvero valeva la pena di "partire dall' art. 18".
Don D' Ambrosio, della Pastorale di Bari, disse invece: "Il Libro Bianco non mi piace, perchè ha una filosofia del lavoro, poi anche dei riferimenti etici, che non condivido assolutamente (...) Lo Statuto deve essere dei lavoratori, perchè nei nostri principi etici i lavoratori sono più importanti del lavoro ed il lavoro è più importante del profitto".
Don Caviglione, della Pastorale di Genova, dichiarò: "Vorrei stare un pochettino attento a questa cultura della provvisorietà, quasi al limite della disperazione". Don Destro, della Pastorale del Triveneto, aggiunse che "si sente nell' aria un clima di incertezza sociale, che non produrrà cose buone (...) Nel Libro Bianco manca la chiarezza su alcune questioni: la carriera di una persona è continuamente spezzata al ribasso, oppure la formazione in questo senso diventa una parte del lavoro e della qualifica?".
Vuoi vedere che adesso, dopo Cofferati e la Cgil, anche i vescovi italiani saranno accusati dal governo Berlusconi di aver favorito il clima per l' attentato del 19 marzo, avendo essi osato criticare il Libro Bianco?