Un processo popolare per «i crimini» della multinazionale
«Boicottate la Coca Cola» J'accuse dalla Colombia


Ivan Bonfanti

Accuse gravi, gravissime. Che raccontano una brutta storia di bollicine e intimidazioni, di uccisioni di leader sindacali e minacce, di continue sopraffazioni ai danni dei lavoratori che cercano di far rispettare i propri diritti. Accade in Colombia, un Paese già straziato da una violenza politico-sociale senza eguali e da una guerra civile riesplosa nel febbraio scorso con la rottura dei negoziati di pace tra governo e le due formazioni guerrigliere Farc e Eln (rottura voluta dal presidente Pastrana con lo zampino degli Stati Uniti), e dove un gruppo di sindacalisti e lavoratori sta sfidando un gigante con un volume d'affari degno di una nazione del mondo ricco. La Coca Cola Company, dal 1880 leggendaria bibita frizzante alle foglie di coca mischiate nella misteriosa Formula 7X.

Un'azienda - accusano i lavoratori che hanno promosso una vera e propria campagna di boicottaggio che dovrebbe terminare in una sorta di processo pubblico - che in Colombia non esita a ricorrere ai mezzi più infami per "rispondere" alle rivendicazioni dei suoi dipendenti, «compreso l'uso di squadracce paramilitari che terrorizzano, uccidono e fanno sparire i sindacalisti e chi li segue».

Ieri gli organizzatori della campagna di boicottaggio hanno fatto tappa a Roma, prima nei saloni della stampa estera, dove una conferenza stampa organizzata dal Comitato di solidarietà Carlos Fonseca, dai Cobas e dal Csoa "La Torre" ha visto la testimonianza di Edgard Paez, un membro del sindacato Sinaltrainal (la trade union dei lavoratori del settore alimentare), e che nel pomeriggio è culminata con in sit-in sotto l'ambasciata del Paese latinoamericano. Uno scenario a tinte scurissime quello che Edgard Paez traccia seguendo il filo di un racconto che ripercorre le date, le storie e i nomi di chi ha pagato il coraggio di lottare con la vita. «Sì, il Sinaltrainal ha dato vita ad una Assise pubblica popolare perché la Coca Colae le imprese imbottigliatrici ad essa legate siano finalmente messe sotto inchiesta» spiega Paez. «L'accusa è di aver messo in pratica una campagna di annichilimento del sindacato, culminata nell'assassinio di 14 dirigenti operai, di cui 7 lavoravano direttamente per la Coca Cola, mentre altri 2 sono attualmente desaparecidos». I sindacalisti non esitano a denunciare il legame tra la multinazionale e i gruppi paramilitari delle famigerate "Auc" (Autodifese armate della Colombia - il cui leader storico, Carlos Castano, ha appena abbandonato la direzione politica a favore del "siciliano" Salvatore Mancuso), le formazioni armate dai latifondisti e dalla destra protagoniste di crimini inumani contro contadini e oppositori, che sempre più spesso operano supportate dai reparti dell'esercito colombiano.

Gli obiettivi della campagna sono molteplici e ambiziosi, anche se riassumibili con l'esigenza di fare giustizia. L'Udienza pubblica vorrebbe innanzitutto costingere la Coca Cola a mettere fine alle pratiche di intimidazione, quindi portare lo Stato Colombiano e l'impresa a risarcire le vittime di violenze e aggressioni, «che lo Stato non ha mai riconosciuto né cercato di chiarire», come racconta ancora Paez. L'Udienza - che all'oggi prevede tre fasi, la prima a il 22 luglio a Atlanta, città della Coca Cola, la seconda il 12 ottobre a Bruxelles e infine l'ultimo atto il 5 dicembre a Bogotà - ha mosso i primi passi nel luglio scorso. Alla Corte federale di Miami, Florida, quando i rappresentanti del sindacato presentarono una denuncia per chiedere l'incriminazione della multinazionale di Atlanta, facendo leva su una legge del 1789 volta a garantire «la reputazione internazionale della nuova nazione» che permette agli stranieri di denunciare gli abusi degli statunitensi che violano leggi internazionali. I locali imputano inoltre all'azienda «il ricorso costante al lavoro a basso costo, tanto che su 10mila persone che ogni giorno producono e imbottigliano la bevanda l'80 per cento sono temporali» e un atteggiamento ipocrita che sfruttando l'assenza dello Stato «permette alla Coca Cola di farsi pubblicità a basso costo costruendo magari un campo di calcio e ottenendo in contropartita il permesso gratuito di riempire i paesini di slogan pubblicitari».

Tuttavia, se la Coca Cola è l'obiettivo immediato della "Udienza pubblica" (tra l'altro la multinazionale Usa non è nuova ad accuse di questo genere - in Guatemala sei leader del sindacato aziendale furono fatti sparire), «è la situazione dei sindacalisti in Colombia che è ormai arrivata ad un punto drammatico». Edgard Paez racconta che sono «costretti a girare in pubblico scortati, a rischio costante di violenze, vittime di 38mila casi di torture documentati dal progetto "Colombia nunca mas"» che ha riconosciuto 29mila esecuzioni extragiudiziarie ai danni di attivisti e simpatizzanti.

Liberazione 18 luglio 2002
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