Della forma di governo dello sviluppo separato non si è mai discusso in maniera pacata e oggettiva. Ogni volta che qualcuno metteva in dubbio la vulgata democratico-cosmopolita era pronto un fuoco di sbarramento a livello accademico- giornalistico senza precedenti. Se poi aggiungiamo l’eterno complesso d’inferiorità culturale del radicalismo di destra italiano, causa della sua totale estraniazione da ogni analisi delle società postmoderna...
Combinando questi due aspetti si spiega facilmente come le forze della sovversione materialista (sia di stampo liberale che marxista) abbiano potuto tranquillamente imporre la loro visione partigiana e intollerante;una visione totalmente dogmatica incentrata sul loro razzismo di fondo, (Come non definire altrimenti un' arroganza dottrinaria tale da non accettare visioni al di fuori della propria visione modernizzante e cosmopolita?). Ecco allora che quel poco che è stato scritto in merito al Sudafrica è riconducibile unicamente al filone demo-liberale, il quale ha ben pensato di ridurre la storia sudafricana a una becera parodia razzista-biologista; una vulgata di menzogne, tale da bollare l’apartheid come un’aberrante forma di governo di stampo reazionario; nient’altro che un “regime” fondato sul diabolico desiderio dell’elemento bianco di sfruttare le etnie più povere (vedere al tal fine gli agghiaccianti lavori della Megevand o di Lefort per “Le Monde Diplomatique”; nonchè il filone italiano con R. Rainero e Valsecchi.
Questa criminale falsificazione della storia è avvenuta cancellando, decontestualizzando, snaturando la reale dinamica che portò nel corso dei secoli alla lenta edificazione della forma di governo dello sviluppo separato all’interno del paese dell’Africa Australe. Si è in altri termini giunti ad un giudizio di bocciatura privando l' analisi storiografica dei più elementari metodi di oggettivazione, rifacendosi ad astratti principi universalitici e assumendo una logica unilaterale: quella dell'occidente liberale e anglo-americano
Non stupisce allora che 400 anni di storia sudafricana siano stati ridotti dai teorici liberali e progressisti a quel cumulo aberrante di falsità e mezze verità di cui si alimenta l’odierna vulgata globalizzante, portando a celebrare in ogni dove e in ogni momento il nuovo paese dell’arcobaleno, il presunto paradiso in terra delle gioie del mescolazionismo.
In realtà se si vuole fare un’opera storiografica seria e concreta non si può negare al sistema statale nazionalista oltre ai suoi 70 anni innegabili di buon governo (andati ben oltre alla semplice e ordinaria amministrazione di qualche amministrazione coloniale inglese) anche dei presupposti etici e morali che non possono essere sottaciuti. Perché la spiegazione della formazione di una forma di governo strutturata su basi razziali non può prescindere dalla considerazione anche dei presupposti etici e morali che ne furono alla base. Viene e infatti sottaciuto dai teorici demo-liberali qualsiasi riferimento al diritto del popolo boero alla propria sopravvivenza fisica e culturale, all’autodifesa, all’autodeterminazione; diritti che di contro vengono invocati troppo spesso a sproposito nei confronti di altri popoli e nazioni, le cui lotte sono funzionali al processo di affermazione del paradigma cosmopolita. Perché le ragioni che portarono alla creazione dello sviluppo separato non vennero da un’inesistente volontà imperialista/egemonica della classe afrikaner, bensì dalla necessità di garantire la propria sopravvivenza etno-culturale una volta venuti a contatto con una popolazione almeno 5 volte più numerosa, dai riti e dalle credenze infinitamente distanti.
E se i bianchi all’interno di questa nuova forma di governo vennero ad assumere il controllo delle leve di comando della politica e dell’economia ciò dipese da un inevitabile processo di gerarchizzazione che si venne a sviluppare tra popoli caratterizzati da abissali distantza in termini di capacità di sviluppo. Perché se è vero che nel periodo in cui in Sudafrica le espansioni bianca e negra si trovarono ancora isolate, tali distinte civiltà poterono svilupparsi secondo criteri propri, in una situazione di interdipendenza tra ex-civiltà come quella che si venne a creare dopo il contatto demografico, ovvero in presenza della convivenza intercontinentale tra più gruppi umani, era impossibile che si creasse una federazione paritaria tra popoli europei e popoli negri. Ovvio allora che si instaurò una commistione gerarchica di tipi umani, (vero che a soffiare sul fuoco ci si mise anche un certo vizio civilizzazionista (definizione di Frithjof Schuon) della religione dell’occidente, ma la gerarchizzazione sarebbe comunque avvenuta anche qualora il mondo negro fosse venuto a contatto con gli europei anche già in epoca romana. In altri termini il coinvolgimento nelle gestione della politica e dell’economia dell’elemento nero così culturalmente distante da quello bianco avrebbe impedito l’edificazione di uno moderno stato nel senso europeo del termine.
Inoltre, a dimostrazione che la costruzione dello stato separato non fosse dovuta alla volontà di supremazia e di dominio del bianco nei confronti della cultura negra, ma solo dalla volontà di preservare le specifiche identità etno razziali, non può essere sottaciuta la politica di creazione dei black states attuata dal governo di Pretoria. Una visione d’illuminato realismo quindi che animava le elites afrikanner così immensamente distante dal gretto bigottismo reazionario che invece i marxisti vorrebbero imputare loro. Infatti, tutto il sistema nazionalista nasce da questa implacabile consapevolezza, ovvero dalla coscienza dell’inestimabile valore della preservazione delle reciproche identità nazionali e culturali. Per questo dopo essersi assicurati la propria sopravvivenza etno culturale i boeri si mossero per garantire pari diritti di sopravvivenza alle popolazioni negre. Ecco allora che autodeterminazione, sviluppo autonomo, nazionalismo nero ed etnicità divennero punti cardine della politica del governo nazionalista (ben diverso l’approccio razziale nello Zimbawe di Mobutu,che però tanto seguito raccoglie presso l’intellighenzia radical chich europea…. Un governo quello di Mobutu che persegue una politica di annientamento dell’elemento avverso, alimentando una continua conflittualità razziale con massacri continui di bianchi, fomentando lo stupro di massa e massacri orrendi in un’ottica di vera e propria epurazione etnica).
Invece in sud-africa vennero create le Homelands per rafforzare le aspirazioni politiche delle popolazioni Xosa e bantu, affinché potessero diventare stati pienamente sovrani, con completa e assoluta libertà di stampa, e possibilità di accedere alla cittadinanza. In particolare la prime delimitazioni delle Homelands, dette poi black states vennero votate nel 1913 con il native act (con il 67% della popolazione negra coinvolta). Più tardi nel 1957 i poteri di questi primi abbozzi di stati neri vennero ampliati col “ promotion of Bantu self government act” (pietra miliare della creazione dei black states) ponendo la base per l’indipendenza economica e la completa indipendenza politica. Nel il 1961 il “ Bantu authorities act” affidava il governo delle zone nere alle autorità tribali del luogo, cui venivano delegati ampi poteri amministrativi e giuridici. Nel 1970 il “Bantu Homelands citizenship act” portò alla creazione di dieci nazioni nere indipendenti, omogenee dal punto di vista etnico e linguistico (transkei, boputa tswana, venda, ciskei, kwandebele, kwa zulu, lebowa, qwa qwa, ganzankulu, kangwani) Nel 1971 il “bantu homelands constitution act” istituzionalizzò e diede una veste giuridica all’indipendenza di queste nazioni nere dando quindi la totale libertà a una parte sostanziale della popolazione nera (10 milioni di uomini e donne) spostando a tal fine dalle homelands decine di migliaia di bianchi, per lo più farmers, con un’operazione costata al governo di Pretoria 4 miliardi e mezzo di rand. Dei dieci stati neri così creati i primi cinque accettarono l’indipendenza loro offertagli nel 1976, 1978, 1979, 1981, 1983.
Eppure la politica degli stati neri e quindi la politica di affermazione di un sistema basato sul completo sviluppo delle varie componenti razziali venne ferocemente osteggiato e boicottato dal contesto internazionale. Nessuna richiesta di riconoscimento avanzata dagli stati neri indipendenti venne infatti accolta da alcun governo, sia che facesse riferimento al blocco sovietico che a quello americano plutocratico. Di contro da parte internazionale vennero accelerate le pressioni per portare a un’implosione dello stato nazionalista reo di perseguire strade politiche troppo rivoluzionarie e pericolose. Infatti, l’affermazione in Africa australe di un assetto sociale fondato sui presupposti ideologici dello sviluppo separato avrebbe significato un pericoloso rallentamento del processo di affermazione del paradigma cosmopolita. Il capitale internazionale in altri termini, conscio della pericolosità della diffusione di una tale dottrina in ambito economico e civile decretò la condanna a morte per l’esperienza di governo dello sviluppo separato, detto altrimenti apartheid.




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