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    Giacobino 1799
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    Predefinito Sinistra, ora o mai più: un articolo di Giulietto Chiesa

    PROPOSTA
    Sinistra, ora o mai più
    GIULIETTO CHIESA
    Caro direttore, lo scorso 4 giugno scrivevi che «tra milioni di persone giuste non dovrebbe essere tanto difficile trovare qualcosa di meglio di quel che passa oggi il convento». Era dopo l'ennesimo pasticcio del gruppo dirigente Ds, della Margherita, di quello che una volta era l'Ulivo, di quello che ancora si chiama centro-sinistra. Il tempo passa e la situazione peggiora. E' evidente a tutti che è in atto contro Cofferati e la Cgil un'offensiva concentrica gravissima, senza esclusione di colpi, che prepara uno scontro prossimo venturo ancora più drammatico. I leader del centro sinistra non reagiscono perché non sanno e perché non vogliono. Qualcuno, come s'è visto, gioisce. Vanno in cerca di un elettorato moderato che comunque non li seguirà, avendo come riferimento Berlusconi, che come destra è più convincente di loro. Cioè sacrificano gli ultimi brandelli di riferimento democratico che ancora conservano. Come non vedere che in questo modo si cammina a marce forzate verso una nuova scissione dei Ds?

    Ma la questione del «che fare» non riguarda tanto loro - che non sono più in condizione di fare e di proporre alcunchè d'intelligibile - quanto l'insieme del mondo democratico di questo nostro paese. Mi riferisco ai milioni di elettori che hanno votato per il centro-sinistra, a coloro che hanno votato a sinistra, ai milioni che non hanno votato affatto.

    Per tutti questi elettorati, per quelli attivi con molti dubbi, e con molte rabbie, per quelli assenteisti con molte delusioni, si pone il problema di cosa si vuole fare da grandi, cioè se si vuole provare a risalire la china, oppure si accetta la sconfitta per una intera fase storica, oltre la quale c'è solo una notte variamente buia e autoritaria.

    Parlare di «sinistra» per descrivere questa galassia in esplosione è sbagliato e insufficiente. Perché essa è molto più vasta, trasversale, della sinistra storicamente intesa. Inoltre ci sono stati tali e tanti scavalcamenti, fraintendimenti, imbastardimenti, attorno all'idea di sinistra che è ormai impossibile cucire qualcosa di sensato, con una tela così sbrindellata, logora. Parliamo dunque di «democratici», cioè di chi, prima di tutto, crede nella costituzione che ancora governa questo paese e che avverte ormai il pericolo (anzi la certezza) che essa sia non solo minacciata e violata (ciò che sta accadendo con sequenze impressionanti), ma che si appresti ad essere abrogata a colpi di maggioranze e di plebisciti televisivi e inarrestabili.

    Quanti sono questi «democratici»? Sono una cospicua parte del paese, probabilmente ancora maggioritaria. Nonostante le gigantesche manipolazioni mediatiche cui è stata sottoposta nell'ultimo quindicennio, questa parte del paese, erede di decenni di vita democratica, è ancora in grado di reagire e di difendersi. Il problema è che essa è ormai da tempo senza alcuna guida.

    Non parlo solo di assenza di leadership. La leadership del centro-sinistra, nelle sue diverse componenti, è sostanzialmente defunta. Mi riferisco invece, soprattutto, alla demolizione avvenuta dei criteri politici, economici, etici, che dovrebbero rappresentare i binari su cui orientare il sentire comune della gente. Tutto ciò è stato abbandonato al dominio dei disvalori dell'avversario da leadership che oggi agonizzano. E non è stato sostituito da nulla.

    La sinistra, che ancora ama definirsi socialdemocratica, è un Lazzaro che non può risorgere, in primo luogo perché ha impiegato l'ultimo quindicennio a inseguire il modello neo-liberista della globalizzazione americana, senza rendersi conto che esso era destinato a una rapida crisi non solo a causa del suo carattere profondamente ingiusto, ma soprattutto - come ormai emerge platealmente - eminentemente truffaldino.
    Ora che la crisi del modello americano (economico e politico) sta giungendo drammaticamente a maturazione, la socialdemocrazia (italiana ed europea) non ha più nulla da dire. Annaspa. L'Impero già muta la propria strategia e punta alla «guerra infinita» anche per tentare un proprio rilancio. Ma in questa nuova strategia c'è sempre meno spazio per la democrazia. Seguirlo su questa strada sarà il definitivo suicidio per la socialdemocrazia, e tutto lascia prevedere che questi generali senza più esercito andranno a suicidarsi, come fecero già in Kosovo, sull'altare della prossima guerra. Ci sono altri due Lazzari che non risorgeranno più. Uno è il Lazzaro comunista. Esperienza finita sul piano pratico prima ancora di potersi realizzare, ma soprattutto demolita irrevocabilmente agli occhi di immense masse dalla sua incapacità di produrre valori alternativi paragonabili - per forza e impatto - a quelli della grande «fabbrica dei sogni» dell'Occidente. L'altro Lazzaro che non risorgerà più è la tradizionale interpretazione caritatevole dei problemi dei poveri del pianeta, delle mostruose diseguaglianze moltiplicate dalla globalizzazione nella sua veste americana, l'unica che ci è stato dato di sperimentare. La nuova globalizzazione bellicista pone al mondo cattolico un aut aut così brutale e inedito da non avere precedenti paragonabili nei 2000 anni di storia del cristianesimo. O stare dalla parte del miliardo scarso che pretende al dominio e che non è disposto a negoziare il proprio tenore di vita - e chiudere bottega nel resto del pianeta - oppure stare dalla parte degli altri cinque miliardi. C'è una componente delle alte gerarchie cattoliche che pare non rendersi conto della posta in gioco, come pare cieca di fronte all'evidenza che i valori della «fabbrica dei sogni» sono altrettanto ostili allo spirito - certo di gran lunga più insidiosi - di quanto lo furono quelli dell'ateismo comunista.

    La sommatoria degli attuali partiti del centro-sinistra ha evidentemente esaurito ogni sua possibilità. E neppure un'eventuale alleanza tattica con Rifondazione potrebbe risolvere il problema. Di fronte a questo vuoto, sempre più abissale, vuoto di idee e di iniziative politiche, si è verificato negli ultimi mesi un sussulto di insofferenza democratica e una serie di vaste mobilitazioni politiche: termometri di una sensibilità tutt'altro che estinta in ampi settori dell'opinione pubblica democratica. Tuttavia questi sussulti, insieme a una difficoltà evidente dei movimenti giovanili anti-globalizzazione liberista palesatasi dopo l'11 settembre, minacciano di arenarsi nel nulla in mancanza di un preciso e unitario punto di riferimento positivo.

    E' precisamente ciò di cui c'è bisogno. Ma questo punto di riferimento non può, in alcun caso, essere rappresentato dall'attuale leadership dell'Ulivo, in entrambe le sue componenti. E' del tutto evidente che un qualsiasi compromesso tra di loro - supposto che si realizzi - sarà così asfittico, così privo di idealità e di prospettiva, da non poter soddisfare nemmeno la parte maggioritaria degli attuali elettorati del centro sinistra. A maggior ragione esso non potrà neppure porsi l'obiettivo di conquistare i settori del «movimento» e quelli più a sinistra, e sicuramente una parte decisiva dei movimenti cattolici democratici, inclusi quelli moderati ma assetati di valori. Cioè questa strada è l'anticamera di una sconfitta più che certa.

    Ne consegue che è necessario, fin d'ora, costruire un punto di riferimento diverso, cui tutto l'elettorato democratico possa guardare in una prospettiva rapida, anche perché i tempi della crisi interna e internazionale si vanno accelerando. Per una tale prospettiva si deve ripartire prima di tutto dai contenuti, attorno ai quali costruire il più ampio consenso democratico possibile nelle attuali condizioni. Prevengo l'obiezione: so che è un compito molto difficile, perché si tratta di ricondurre ad unum componenti molto diverse, da quelle democratiche più moderate a settori del movimento che non hanno ancora compreso la necessità di darsi una rappresentanza istituzionale, fino a quelle dell'estrema sinistra.

    Ma non è un compito impossibile, purchè non si perda altro tempo aspettando un Godot del centro-sinistra attuale che non arriverà più. L'opinione pubblica democratica ha già dimostrato in questi mesi di potersi ritrovare sotto slogan e bandiere semplici e genuine. Per ora lo ha fatto occasionalmente, talvolta emotivamente, ma se le si offre una piattaforma possibile, allora essa potrà manifestare appieno la sua vitalità.

    Su quali temi? Ci sono quattro punti imprescindibili, necessari e sufficienti. Essi sono:

    l) La scelta di campo contro la guerra, il rifiuto dello scontro di civiltà. L'Italia deve rimanere fuori da questa guerra globale perché ne rifiuta la logica di dominio dettata da una globalizzazione liberista in crisi. Questa logica oscura e inquietante, del terrore contro terrore, sta trascinando l'Europa e l'Occidente intero, verso una spirale di destra e autoritaria. Fermare la guerra significa arrestare questa spirale.

    2) Una difesa intransigente della costituzione, il cui spirito e la cui lettera sono oggetto di una sistematica opera di smantellamento da parte del governo di destra, coadiuvato dagli alfieri del «revisionismo storico», grimaldello essenziale per scardinare i pilastri portanti della nostra democrazia repubblicana.

    3) Una difesa a tutto campo dei diritti sociali e civili. In nome della solidarietà: verso i deboli delle società sviluppate, che sono milioni, e verso i deboli del mondo esterno all'Occidente, che sono miliardi. Non ci potrà essere pace senza giustizia e solidarietà.

    4) Una difesa a tutto campo dell'ambiente, assieme alla promozione di un consumo responsabile.

    5) Infine un quinto punto, inedito, ma assolutamente necessario per una qualunque ripresa democratica del paese: democrazia nella comunicazione e nell'informazione. Siamo in presenza di una situazione di monopolio pressochè totale e immersi nella degenerazione dei messaggi informativi e comunicativi. L'immagine del mondo che larghissime masse popolari ricevono dal sistema mediatico è sostanzialmente falsificata. Non si può parlare di democrazia sostanziale in queste condizioni, perché non esiste democrazia senza informazione. Questa è comunque la grande sfida del secolo, non affrontarla significa essere battuti in partenza. E' una battaglia inedita perché non esistono organizzazioni per combatterla, né metodi. Bisogna costruire le une e gli altri, trasformando questa lotta in una lotta di massa, uscendo dai ghetti della contro informazione per varcare il crinale oltre il quale stanno, inconsapevoli e indifesi, milioni di telespettatori.

    Il centro sinistra non l'ha capita, e quindi non poteva affrontarla. Impegnato com'era a riempirsi la bocca di «modernizzazione» non ha visto la foresta della vera modernità: la comunicazione e il suo controllo. Per tutto questo la sommatoria degli attuali partiti del centro sinistra non sarà sufficiente. Dunque sarà opportuno che essi facciano un passo indietro. Che ciascuno si ripresenti individualmente, lasciando le sue bandiere all'ingresso. I punti della piattaforma siano pochi e chiari. La realtà dei prossimi mesi, purtroppo, sarà sufficientemente drammatica da favorire chiarificazioni che in questo momento appaiono difficili.

    Certo tutto lo schieramento democratico dovrà costruire forme di aggregazione, a livello locale e poi nazionale, che rispettino pluralismo e democrazia reale nella scelta dei futuri candidati alle prossime elezioni. Candidati di movimento e unitari, di tutte le componenti, indicati da assemblee popolari e votati in primarie sotto il controllo di comitati popolari. Non ci saranno paletti «ad excludendum». Al contrario si dovrà fare il massimo sforzo perché chiunque d'accordo con quella piattaforma minima e massima possa farne parte attiva. Ci sono due anni di tempo per realizzare quest'obiettivo. E non c'è un minuto da perdere.

    da www.ilmanifesto.it

  2. #2
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    Sottoscriverei tutto l'articolo se non fosse per il fortissimo scetticismo che mi prende di fronte ad un progetto che può sembrare semplice ma, in realtà, è ambiziosissimo. Con l'attuale personale politico, poi, è solo una bellissima illusione: non permetteranno mai che questo avvenga: sconvolgerebbe troppo le loro abitudini, le loro piccole nicchie di potere, il loro smisurato ego, il loro attaccamento alle loro magliette logore e sbiadite.

  3. #3
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    Quella che Giulietto Chiesa propone è una sinistra arroccata nei suoi miti, spesso anche logori.

    Questa proposta è figlia di un'analisi, nei suoi tratti essenziali, errata; anche se qua e là non mancano spunti interessanti.

    Le proposte di Chiesa possono essere buone giusto per i lettori del Manifesto, che hanno bisogno più di sentirsi nel giusto che di essere nel giusto.

    Del resto, Chiesa non era quello che diceva che la campagna contro Milosevic si sarebbe chiusa con un bagno di sangue?

    Ricordiamoci delle previsioni sbagliate di Chiesa, prima di credere alle sue analisi del futuro.

  4. #4
    Giacobino 1799
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    Originally posted by Jan Hus
    Quella che Giulietto Chiesa propone è una sinistra arroccata nei suoi miti, spesso anche logori.

    Questa proposta è figlia di un'analisi, nei suoi tratti essenziali, errata; anche se qua e là non mancano spunti interessanti.

    Le proposte di Chiesa possono essere buone giusto per i lettori del Manifesto, che hanno bisogno più di sentirsi nel giusto che di essere nel giusto.

    Del resto, Chiesa non era quello che diceva che la campagna contro Milosevic si sarebbe chiusa con un bagno di sangue?

    Ricordiamoci delle previsioni sbagliate di Chiesa, prima di credere alle sue analisi del futuro.
    Gli articoli si scrivono, e si diffondono, per ragionare, non certo per sottoscriverli o per sentirsi gratificati leggendoli.
    Le cose che scrive Chiesa sono elementi e spunti per una discussione interna alla sinistra, e io mi rifiuto di etichettare aprioristicamente uno, ritenendo, già in partenza, che scrive cose sbagliate: è questa solo una forma di intolleranza preconcetta, e mi meraviglio che a sostenerla sia proprio Jan Hus, che di solito vuole apparire come uno aperto, tollerante e rispettoso delle idee altrui.
    Chiesa sottolinea la necessità di ripensare la sinistra, i suoi valori, i suoi movimenti. E indica la necessità di andare oltre la sinistra per organizzare lotte e movimento su pochi, essenziali e condivisibili punti di programmi. E , soprattutto, indica la necessità di alleare sinistra radicale con sinistra riformista e moderata e soggetti e organizzazioni del mondo cattolico. Mi paiono queste anche le idee che Veltroni ha espresso in una sua recente intervista a "Repubblica". Si avverte, insomma, nella sinistra la necessità di creare un vasto fronte di unità, basato su programmi, tematiche e obiettivi condivisi, piuttosto che sulla sommatoria di sigle e organizzazioni che ripropongono solo vessilli, ma non idee, non programmi che consegnino alle persone la certezza di combattere per un obiettivo comune, al di là dell'appartenenza partitica. Io penso che questo sia lo sforzo che la sinistra deve compiere, affinchè il "riformismo" senza aggettivi diventi un patrimonio di tutti quelli che vogliono un mondo migliore e non condividono questo mondo globalizzato all'insegna degli interessi americani e quest'Italia sottoposta alla dittatura affaristico-mediadiatica di Berlusconi e soci. Mi pare, questo, un modo di ragionare che scompagina i vecchi schemi, allarga gli orizzonti e individua nuovi soggetti politici, sociali, economici e culturali (non sta scritto da nessuna parte che debba essere per forza Bertinotti a fare la rivoluzione o D'Alema a fare le riforme: non sono affatto dei predestinati) che condividano e sostengano un progetto alternativo.

  5. #5
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    Originally posted by patatrac
    Le cose che scrive Chiesa sono elementi e spunti per una discussione interna alla sinistra, e io mi rifiuto di etichettare aprioristicamente uno, ritenendo, già in partenza, che scrive cose sbagliate: è questa solo una forma di intolleranza preconcetta, e mi meraviglio che a sostenerla sia proprio Jan Hus, che di solito vuole apparire come uno aperto, tollerante e rispettoso delle idee altrui.
    Innanzitutto, io non "voglio apparire" proprio niente. Come potrà testimoniare Roderigo, quando penso che qualcuno sia un idiota lo dico senza remore. La tolleranza non significa mettere intelligenza e stupidità, cultura e ignoranza, sullo stesso piano.

    Quello che "vuole apparire" tollerante secondo me sei proprio tu. Voglio proprio vedere se ti sottoponesssi un articolo sulla sinistra scritto da Berlusconi, da Fini, da Ferrara o da Feltri come reagiresti.

    Io volevo solo sottolineare che Chiesa è un analista del quale non ho grande stima, perché, in passato, sue analisi su questioni importanti si sono dimostrate clamorosamente sbagliate; come quando sostenne che l'intervento della NATO non avrebbe mai portato alla caduta di Milosevic, che i serbi non avrebbero mai ceduto e che sarebbe stata necessaria una campagna id terra che avrebbe portato ad un bagno di sangue.

    Originally posted by patatrac
    Chiesa sottolinea la necessità di ripensare la sinistra, i suoi valori, i suoi movimenti. E indica la necessità di andare oltre la sinistra per organizzare lotte e movimento su pochi, essenziali e condivisibili punti di programmi. E , soprattutto, indica la necessità di alleare sinistra radicale con sinistra riformista e moderata e soggetti e organizzazioni del mondo cattolico. Mi paiono queste anche le idee che Veltroni ha espresso in una sua recente intervista a "Repubblica". Si avverte, insomma, nella sinistra la necessità di creare un vasto fronte di unità, basato su programmi, tematiche e obiettivi condivisi, piuttosto che sulla sommatoria di sigle e organizzazioni che ripropongono solo vessilli, ma non idee, non programmi che consegnino alle persone la certezza di combattere per un obiettivo comune, al di là dell'appartenenza partitica. Io penso che questo sia lo sforzo che la sinistra deve compiere, affinchè il "riformismo" senza aggettivi diventi un patrimonio di tutti quelli che vogliono un mondo migliore e non condividono questo mondo globalizzato all'insegna degli interessi americani e quest'Italia sottoposta alla dittatura affaristico-mediadiatica di Berlusconi e soci. Mi pare, questo, un modo di ragionare che scompagina i vecchi schemi, allarga gli orizzonti e individua nuovi soggetti politici, sociali, economici e culturali (non sta scritto da nessuna parte che debba essere per forza Bertinotti a fare la rivoluzione o D'Alema a fare le riforme: non sono affatto dei predestinati) che condividano e sostengano un progetto alternativo.
    Chiesa non ritiene che la sinistra debba "ripensare" i suoi valori.

    Chiesa pensa che la sinistra debba ritornare ai valori del PCI di quando lui faceva il corrispondente dell'Unità da Mosca.

    Poi, per usare la tua espressione, evidentemente tu credi che la sinistra riformista dovrebbe accodarsi a quella estrema su valori ch enon sono i suoi, e, tutti assieme, si dovrebbe marciare su Arcore.

    Convinto che questa sia un'analisi interessante, utile, profonda, acuta? Anzi, convinto che questa sia un'analisi?

    Contento tu...

  6. #6
    Roderigo
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    Originally posted by gdr
    Sottoscriverei tutto l'articolo se non fosse per il fortissimo scetticismo che mi prende di fronte ad un progetto che può sembrare semplice ma, in realtà, è ambiziosissimo. Con l'attuale personale politico, poi, è solo una bellissima illusione: non permetteranno mai che questo avvenga: sconvolgerebbe troppo le loro abitudini, le loro piccole nicchie di potere, il loro smisurato ego, il loro attaccamento alle loro magliette logore e sbiadite.
    Io condivido particolarmente la piattaforma finale: l'opposizione alla guerra, la difesa della Costituzione, dei diritti sociali e civili, l'ambientalismo ed il pluralismo nell'informazione. Non potrei fare parte di nessuna formazione politica che escludesse uno di questi punti. A lasciare scettici è il percorso che dovrebbe portare alla realizzazione della proposta. Non credo proprio che possa avverarsi solo perchè i gruppi dirigenti dell'Ulivo accettano di fare un passo indietro. L'affermazione di ogni progetto è il frutto di una lotta politica, che può passare anche per passaggi traumatici. Il centrosinistra e gli stessi Ds riuniscono in sè, non solo differenze, ma vere e proprie alternative. E tutti insieme, alla fine, non potranno restare.

    R.

  7. #7
    Roderigo
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    Originally posted by patatrac
    Si avverte, insomma, nella sinistra la necessità di creare un vasto fronte di unità, basato su programmi, tematiche e obiettivi condivisi, piuttosto che sulla sommatoria di sigle e organizzazioni che ripropongono solo vessilli, ma non idee, non programmi che consegnino alle persone la certezza di combattere per un obiettivo comune, al di là dell'appartenenza partitica. Io penso che questo sia lo sforzo che la sinistra deve compiere, affinchè il "riformismo" senza aggettivi diventi un patrimonio di tutti quelli che vogliono un mondo migliore e non condividono questo mondo globalizzato all'insegna degli interessi americani e quest'Italia sottoposta alla dittatura affaristico-mediadiatica di Berlusconi e soci. Mi pare, questo, un modo di ragionare che scompagina i vecchi schemi, allarga gli orizzonti e individua nuovi soggetti politici, sociali, economici e culturali (non sta scritto da nessuna parte che debba essere per forza Bertinotti a fare la rivoluzione o D'Alema a fare le riforme: non sono affatto dei predestinati) che condividano e sostengano un progetto alternativo.
    Grazie per l'articolo, mi era sfuggito.
    Giulietto Chiesa l'ho sempre apprezzato molto, già da quando lo leggevo come corrispondente dell'Unità da Mosca, negli anni '80, ed i suoi articoli erano continuamente oggetto di attacchi e polemiche, anche personali, da parte di esponenti della corrente filo-sovietica. Penso sia tuttora tra gli analisti più brillanti e preparati sulla realtà della Russia e dei paesi dell'Est. Piace molto anche a mia moglie, ungherese e liberaldemocratica.

    Volevo dirti, non sono certo che si possa parlare di un riformismo senza aggettivi, a meno che tu non ti riferisca al riformismo classico, a quello delle socialdemocrazie nordiche, che, per interderci, perseguivano la piena occupazione, la redistribuzione del reddito e lo stato sociale universale. Purtroppo, in Italia, questa parola è stata sempre usata in senso anticomunista, prima da Saragat e poi da Craxi. infine, da D'Alema, senza mai definire davvero una politica di riforme, semma di controriforme. Soprattutto da Craxi in poi, penso si possa dire che l'Italia ha conosciuto solo il riformismo del gambero.

    R.

  8. #8
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Innanzitutto, io non "voglio apparire" proprio niente. Come potrà testimoniare Roderigo, quando penso che qualcuno sia un idiota lo dico senza remore. La tolleranza non significa mettere intelligenza e stupidità, cultura e ignoranza, sullo stesso piano.
    Quello che "vuole apparire" tollerante secondo me sei proprio tu. Voglio proprio vedere se ti sottoponesssi un articolo sulla sinistra scritto da Berlusconi, da Fini, da Ferrara o da Feltri come reagiresti.
    Io volevo solo sottolineare che Chiesa è un analista del quale non ho grande stima, perché, in passato, sue analisi su questioni importanti si sono dimostrate clamorosamente sbagliate; come quando sostenne che l'intervento della NATO non avrebbe mai portato alla caduta di Milosevic, che i serbi non avrebbero mai ceduto e che sarebbe stata necessaria una campagna id terra che avrebbe portato ad un bagno di sangue.
    1. Confermo, ma se vi sono opinioni analisi, e obiettivi diversi, qualcuno dev'essere per forza idiota?

    2. Berlusconi, Fini, Ferrara e Feltri non fanno parte della sinistra. Perchè mai dovrebbero scrivere un articolo per darle buoni consigli? In genere le rivolgono accuse tanto diffamatorie quanto incredibili.

    3. I costi umani della guerra contro la Jugoslavia non hanno ancora avuto un bilancio definitivo e ci vorrà molto tempo affinchè lo possano avere, poichè si è trattato di una guerra ecologica. Putroppo, nessuno dei grandi media che sostennero la guerra, ritiene di fare inchieste sulle condizioni sanitarie delle popolazioni di kragujevac, Pancevo, o nello stesso Kosovo. E' vero che non vi fu la campagna di terra, ma è anche vero che gli Usa rinunciarono ad ottenere le condizioni che provocarono il no serbo a Rambouillet. Che tra la guerra e la caduta di Milosevic ci sia solo un rapporto di sequenza cronologica ma non di causa ed effetto lo pensa anche Lucio Caracciolo, direttore di Limes.

    R.

  9. #9
    Roderigo
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    Originally posted by Jan Hus
    Chiesa non ritiene che la sinistra debba "ripensare" i suoi valori.
    Chiesa pensa che la sinistra debba ritornare ai valori del PCI di quando lui faceva il corrispondente dell'Unità da Mosca.
    Poi, per usare la tua espressione, evidentemente tu credi che la sinistra riformista dovrebbe accodarsi a quella estrema su valori ch enon sono i suoi, e, tutti assieme, si dovrebbe marciare su Arcore.
    Convinto che questa sia un'analisi interessante, utile, profonda, acuta? Anzi, convinto che questa sia un'analisi?
    Contento tu...
    1. Credo di poterlo intuire da solo, ma magari sbaglio. Di quei cinque punti proposti da Chiesa tu quali potresti accettare e quali assolutamente no?

    2. Domanda sperimentale: Sul piano dei valori, ti senti più vicino a Forza Italia o a Rifondazione Comunista? Se fossi costretto a scegliere, chi sceglieresti?

    R.

  10. #10
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    Originally posted by Roderigo
    Piace molto anche a mia moglie, ungherese e liberaldemocratica.
    A proposito, per chi vota tua moglie, in Ungheria e/o in Italia?

    Originally posted by Roderigo
    Volevo dirti, non sono certo che si possa parlare di un riformismo senza aggettivi, a meno che tu non ti riferisca al riformismo classico, a quello delle socialdemocrazie nordiche, che, per interderci, perseguivano la piena occupazione, la redistribuzione del reddito e lo stato sociale universale. Purtroppo, in Italia, questa parola è stata sempre usata in senso anticomunista, prima da Saragat e poi da Craxi. infine, da D'Alema, senza mai definire davvero una politica di riforme, semma di controriforme. Soprattutto da Craxi in poi, penso si possa dire che l'Italia ha conosciuto solo il riformismo del gambero.
    Anche i socialdemocratici svedesi o tedeschi erano anticomunisti.

    Per non parlare di quelli ungheresi. Anche se, alla fine, sono stati gli ex comunisti ad accreditarsi come i legittimi rappresentanti del socialismo ungherese, tanto è vero che l'MSP fa parte dell'Internazionale Socialista, ai tempi del regime comunista esisteva comunque un Partito Socialdemocratico, che però non riuscì ad emergere (non ricordo il nome della sua leader...si chiamava Anna qualcosa, il cognome cominciava con la R).

 

 
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