Il gelido confronto Ds-Cgil
ARTICOLO 18 D'Alema: «Ci opporremo alle modifiche, ma recuperare il rapporto con Cisl e Uil è possibile e necessario». Cofferati: «Non capite la drammaticità di quanto sta succedendo. Per tornare all'unità sindacale ci vorranno 10 anni»
ANDREA COLOMBO - ROMA
Secondo Pierluigi Bersani è stata «una discussione bellissima», per Livia Turco «un modello di confronto politico». Piero Fassino, il solo a commentare ufficialmente il summit tra i vertici della Cgil e quelli dei Ds, parla di «incontro molto positivo». Non è anadata così. Ieri, nella sede della Cgil, Quercia e sindacato hanno trovato una convergenza sola, sulla necessità di opporsi in parlamento alle modifiche dell'art. 18. Sul tutto il resto, sull'analisi di quello che sta succedendo, sulle strategie con cui contrastare l'offensiva del governo, Cgil e maggioranza Ds si trovano su posizioni quasi diametralmente opposte. Tra Cofferati e D'Alema si è svolto un duro confronto diretto. Il primo ha di fatto accusato la Quercia di non capire e sottovalutare la drammaticità del passaggio in atto, di puntare a un impossibile recupero di Cisl e Uil: «E' del tutto impossibile Per tornare all'unità ci vorranno almeno 10 anni». D'Alema gli ha risposto quasi accusando la Cgil di non cercare una ricomposizione invece possibile: «Se sarà messa in campo una vera proposta alternativa, l'unità del centrosinistra sarà garantita e quella sindacale ripristinata».
Il colloquio più importante nella serie di incontri tra Sergio Cofferati e i partiti d'opposizione era iniziato sotto un pessimo segno. Un'intervista del segretario diessino a Repubblica nella quale, sovvertendo tutti i pronostici e contraddicendo le sue stesse posizioni della vigilia, Fassino attaccava pesantemente Cofferati. I passaggi chiave: «Io non regalo la Cisl e la Uil a Berlusconi»; «Il sindacato è una parte del tutto. Un partito deve essere portatore di un interesse generale, non solo di un interesse parziale». E' un'offensiva in piena regola, studiata per ribadire il primato assoluto del partito sul sindacato, quasi una sfida. Il sindacato non nasconde l'irritazione, fa in modo anzi da lasciarla filtrare con la formula «fonti della Cgil». Ai vertici della Quercia la reazione è esasperata. Per tutta la mattina circolano parole forti, toni ai limiti dell'insofferenza confessata. «Adesso Cofferati fa come il presidente della repubblica: fa parlare `Fonti della Cgil'», ironizza D'Alema. Ma quel che si dice nell'anonimato è ben più duro: «Quello ci attacca e ci offende ogni giorno: adesso cosa vuole?».
Dell'intervista, nell'incontro che inizia alle 15, non si farà parola. Ma con questa premessa non c'è da stupirsi se il clima, per riprendere la definizione ufficiosa della Cgil, è «freddo, nervoso e aspro». Entrambe le delegazioni sono folte, anche se dalla pattuglia diessina sono stati depennati all'ultimo momento i due capigruppo. Presenti invece Berlinguer e Morando, in rappresentanza delle correnti di minoranza. Guglielmo Epifani che introduce la riunione, parla di «deriva istituzionale», afferma che «chi ha firmato il patto ha sottoscritto il programma di governo», insiste sulla drammaticità del passaggio che si sta compiendo in Italia. Fassino, che parla subito dopo, riprende i concetti illustrati nell'intervista del mattino, ma stemperando diplomaticamente i toni, volgendo il discorso tutto in positivo: «Il nostro giudizio sul patto è e resta negativo. Tuttavia quel patto è incostituzionale: quando verrà tradotto in leggi subirà certamente alcune modifiche. In parlamento la nostra opposizione sarà ferma, ma bisogna anche fare il possibile per ripristinare l'unità sindacale già nell'opposizione al Dpef e alla finanziaria».
Bersani insisite sui medesimi concetti. Di sfuggita si arriva a un parziale chiarimento sull'ipotesi di referendum abrogativo, con la Quercia che non chiude a priori le porte e il sindacato che riconosce l'inattualità della questione: bene che vada, lo si potrà tenere nel 2004. Ma è nella conclusione della riunione, quando la parola passa a D'Alema e Cofferati, che le convergenze formali cedono il passo alla divaricazione sostanziale.
Per il sgeretario del primo sindacato italiano, l'accordo separato inaugura una fase lunga e difficilissima, che incide non solo sulle relazioni sindacali ma su tutto il quadro politico: l'ìattacco al sindacato è solo il primo passo. Dunque è necessario ingaggiare «uno scontro duro e quotidiano con il governo», senza coltivare l'illusione di ripristinare l'unità sindacale. La valutazione del presidente della Quercia è opposta: «Il patto è fragile. Se fosse quello che dite voi, ci troveremmo di fronte a un governo forte. Invece la sua politica scricchiola. Dobbiamo lavorare sulle contraddizioni che agitano la base sociale del governo, senza smobilitare il nostro campo di alleanze. Anche il sindacato deve farsi carico delle contraddizioni che ci sono nel mondo del lavoro». Poi l'affondo: «Il problema non è non gettare Cisl e Uil nelle braccia di Berlusconi. Il problema è recuperarle immeditamente , cosa possibile se invece di limitarsi a dire dei no si metterà in campo una proposta alternativa». Se non è un'accusa esplicita di aver provocato la rottura dell'unità sindacale «dicendo solo dei no», poco ci manca.
L'incontro si chiude così, in un clima più disteso, ma anche nella coscienza comune di una distanza immensa. Negli altri vertici della giornata, la Cgil ha incassato l'appoggio pieno dei Verdi e dell'Italia dei valori. Oggi Coffferati trarrà le conclusioni in una conferenza stampa già convocata. Ma a porte chiuse il giudizio sul confronto con i Ds, i leader della Cgil lo hnno già dato: «C'è qualcosa di profondo che ci divide. E' una rottura che andrà avanti». E Cofferati, dopo la riunione, si è lasciato andare con i suoi a un commento che dice tutto: «L'avete sentito D'Alema? Sembra equidistante tra noi e Berlusconi».
il manifesto 11 luglio 2002
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