Una legge razzista che concede la terra statale soltanto agli israeliani-ebrei

ZVI SCHULDINER

Come si sa Israele è l'unica democrazia di tipo occidentale in Medio oriente. E' anche l'unica democrazia le cui truppe esercitano una repressione violenta nei confronti di tre milioni di essere umani sprovvisti dei più elementari diritti umani e politici. Come si sa Israele è una democrazia che funziona da decine di anni. Una delle componenti della democrazia è un minimo di vergogna e responsabilità quando si adottano misure considerate una devianza dalle norme democratiche.

La vergogna era quella che induceva non pochi israeliani a dipingere con colori diversi gli elementi discriminatori nella vita politica israeliana. Negli ultimi mesi sembra che nemmeno la consolazione della vergogna possa salvare il violento attacco fascista alle basi democratiche dello stato.

Domenica pomeriggio una sottocommissione governativa per la legislazione ha approvato un progetto di riforma della legge della terra. Secondo la riforma, le terre statali potranno essere destinate solo all'uso degli ebrei. I ministri laburisti così occupati in altre faccende tanto da non partecipare alla sessione, ora dicono che si opporranno alla riforma anche se questo dovesse portare a una crisi di governo, anche se sempre resterà la scappatoia della «gravità del momento» a salvarli da una decisione esagerata che faccia perdere loro qualche poltrona ministeriale.

Lo stesso procuratore generale che condanna il tentativo di istituzionalizzare la discriminazione, non è scevro da colpe in un processo che fa avanzare il fascismo in Israele. Ha collaborato con settori estremisti nel parlamento che hanno messo sotto processo il deputato Azmi Bishara e che recentemente hanno tolto l'immunità parlamentare a Ahmad Tibi. Il procuratore si è rifiutato di processare coloro che chiedono di espellere gli arabi dai territori o da Israele, «poiché non si tratta di incitazione alla espulsione ma si tratta di trasferimento volontario» di coloro che accettano di andarsene. Il procuratore parla dei mali formali della democrazia nell'Autorità palestinese e allo stesso tempo autorizza l'esecuzione di leader palestinesi (alcuni dei quali non avevano nulla a che vedere con il terrorismo) dell'ultimo anno.

Per l'osservatore straniero è difficile vedere tutti i segnali della brutalizzazione mostruosa che ha attraversato la società israeliana nell'ultimo anno. Il primo ministro parla di antisemitismo in Europa e le truppe israeliane intensificano la violenza contro la popolazione civile nei territori occupati. Gli israeliani parlano di antisemitismo e propongono leggi che nel passato furono l'essenza stessa dell'antisemitismo.

La storia si beffa della tragedia. Le vittime di ieri usano le leggi del passato contro la popolazione araba oggi per costruire un futuro impossibile di discriminazione, sangue e fuoco.

Il governo israeliano e gli ebrei della diaspora si imbarcano in una campagna paranoica agitando i pericoli per l'esistenza di Israele quando tre milioni di palestinesi sono ridotti a prigionieri da un terrorismo di stato arbitrario che li sottopone a una mostruosa repressione. La disoccupazione e la fame sono dovunque. Ogni soldato è libero di umiliare, picchiare o uccidere chiunque. Nessuno lo condanna. Alcuni casi giudiziari si sono conclusi con pene ridicole. Oltre 1.500 morti, bambini, donne, vecchi e alcuni terroristi, sono il bilancio di assassini senza responsabili: nessuno viene messo sotto accusa per queste morti nello stato di diritto più democratico del Medio oriente.

Chiaro, i principi non democratici degli arabi. Selvaggi assetati di sangue, eccetera. Il ministro israeliano del Partito nazionale religioso, Efraim Eytan ha suggerito la settimana scorsa come ci si doveva comportare con il caso di Marwan Barghuti e della sua «banda»: «Perché indagare? Portatelo in un bosco e tirategli un colpo in testa». Chi lo dice? Un arabo? Pinochet? Saddam Hussein o un militante di Hamas? No, un ministro israeliano che si sente in qualche modo inviato di dio. Chi ha protestato nel suo partito? Che ha detto il premier o il governo o chi, all'estero, ha chiesto di fare quello che si è fatto contro l'Austria di Haider? Chiaro, questi sono argomenti antisemiti o di chi ostenta l'auto-odio.

Basta. La questione della terra è importante, non tanto perché passerà tutte le tappe della legislazione ma perché è paradigmatica. La brutalizzazione e distruzione della democrazia in Israele stanno arrivando a un punto fino a poco tempo fa impensabile. Non si fanno scudo della vergogna. Oggi acquisiscono la violenza e la prepotenza che caratterizza qualsiasi fascista normale, portano sempre più a una mentalità e politica di apartheid mentre nei territori vige la legge della giungla.

Il procuratore generale dello stato ha manifestato la sua preoccupazione e si oppone al progetto che potrebbe - dice - approfondire ulteriormente il pericoloso abisso che divide gli arabi dagli ebrei dentro lo stato. A giudizio del procuratore Rubinstein non deve esserci contraddizione tra il carattere democratico dello stato e il sionismo, e questo comprende l'uguaglianza per gli arabi.

Ma la decisione è lì, sul tavolo. Senza vergogna. L'apartheid è l'elemento essenziale dell'ideologia di coloro che si dicevano parte del «centro». Dalla costituzione di Israele non è stata costruita nessuna nuova città araba in Israele, con l'eccezione di due villaggi costruiti dai beduini.

Non sorprende assolutamente la seria reazione della leadership della popolazione araba in Israele. Gli arabi in Israele sono il 18 per cento della popolazione e vivono nel 2,5 per cento delle terre. Persino senza una nuova legislazione è chiaro che la discriminazione è la regola. Ma se all'inizio del processo di Oslo, negli anni 90, si registrava un processo positivo di eliminazione graduale delle discriminazioni e si stava estendendo la convinzione che si potesse lavorare a favore della uguaglianza, oggi questo appare come un passato lontano.

il manifesto 10 luglio 2002
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