Dalla prima Omelia di san Giovanni Crisostomo sulla croce e il ladrone. De cruce et latrone hom. I, 1-2. PG 49,399-401.
Oggi il Signore nostro Gesù Cristo sta in croce e noi facciamo una festa, perché tu capisca che la croce è una festa e una celebrazione spirituale. Prima, sì, la croce significava disprezzo, ma oggi la croce è cosa venerabile; prima era simbolo di condanna, oggi è speranza di salvezza.
La croce è diventata davvero sorgente di beni infiniti; ci ha liberati dall'errore, ha diradato le nostre tenebre, ci ha riconciliati con Dio, da nemici di Dio ci ha fatti suoi familiari, da stranieri ci ha fatto suoi vicini: questa croce è la distruzione dell'inimicizia, la sorgente della pace, lo scrigno del nostro tesoro. Grazie alla croce non vaghiamo più nel deserto, perché abbiamo trovato la via giusta; non stiamo più fuori della reggia, perché abbiamo trovato la porta; non temiamo più le frecce infocate del diavolo, perché abbiamo visto dov'è la fonte dell'acqua.
Grazie alla croce non c'è più vedovanza, abbiamo lo sposo; non temiamo più i lupi, abbiamo il buon pastore. Grazie alla croce non abbiamo più paura del tiranno, siamo al fianco del re; perciò facciamo festa celebrando la memoria della croce.
Anche Paolo comandò di far festa per mezzo della croce dicendo: Celebriamo la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità. E poi ne aggiunge il motivo: Infatti, Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Vedi come ci comanda di far festa per mezzo della croce? Perché sulla croce è stato immolato Cristo. Infatti, dov'è il sacrificio, ivi è anche la distruzione del peccato, la riconciliazione con il Signore, la festa e la gioia.
Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato!3 Dove, di grazia, è stato immolato? Sopra un alto patibolo. Nuovo l'altare di questo sacrificio, perché il sacrificio stesso è nuovo e stupendo. La stessa persona è vittima e sacerdote: vittima nella carne, sacerdote nello spirito.
Questo sacrificio fu offerto fuori delle mura della città, perché tu capissi che il sacrificio è universale, perché l'offerta era fatta per tutta la terra, perché ti rendessi anche conto che l'espiazione era per tutti, non riservata ad alcuni come presso i Giudei.
Proprio per questo, Dio aveva comandato ai Giudei di offrire preghiere e sacrifici in un solo luogo, giacché tutta la terra era impura per fumo, tanfo e inquinamento proveniente dai sacrifici pagani. Per noi, invece, poiché Cristo ha lavato tutto il mondo, qualunque luogo è diventato luogo di preghiera. Perciò Paolo raccomanda di pregare senza timore in qualsiasi posto: Voglio che gli uomini preghino dovunque, alzando al cielo mani pure.
Vedi com'è stato lavato il mondo? Adesso si può pregare dappertutto, perché tutta la terra è stata santificata, divenendo più santa dei luoghi più sacri del tempio. Là veniva offerto un agnello irragionevole, qui un Agnello spirituale, e quanto più augusto è il sacrificio, tanto più grande è la santificazione. Ecco perché la croce ha una celebrazione.
La croce ci addita anche un altro prodigio: ci apre il paradiso. In questo giorno, in quest'ora Dio introduce colà il ladrone, raggiungendo così un duplice felice esito: l'apertura del paradiso e l'ammissione di un malfattore. Oggi Dio ci restituisce la nostra patria originaria, oggi ci riconduce nella città paterna e dona un'abitazione all'umanità intera.
Oggi sarai con me nel paradiso. Ma che cosa dici, Signore? Sei lì, inchiodato alla croce e prometti il paradiso? Sì, egli mi risponde, perché tu conosca qual è la potenza sulla croce.
Lo spettacolo era lugubre. Perché non ci fermassimo lì, ma intendessimo la potenza del Crocifisso, Gesù compì sulla croce questo miracolo che, più di ogni altro, manifesta la sua potenza. Non risuscita un morto, non rimprovera il mare e i venti, non scaccia i demoni, ma crocifisso, inchiodato, oltraggiato, sputacchiato, schernito e deriso, è capace di mutare il cuore malvagio del ladrone.
Eccoti davanti la sua doppia potenza: sconvolge il creato, squarcia le rocce, e insieme attira a sé il cuore del bandito, più duro della pietra. Lo tratta con rispetto e gli dice: Oggi sarai con me nel paradiso. Ci sono, sì, cherubini a guardia del paradiso, ma lui è il padrone anche dei cherubini. Se vi è là una spada di fuoco roteante, lui ha potere sul fuoco e sulla geenna, sulla vita e sulla morte.
Nessun re potrebbe tollerare un malfattore o anche solo un suo servo che entri in città seduto al suo fianco. Ma questo ha fatto Cristo: entrando nella sua patria, ha condotto con sé il ladrone. E non ha disonorato o profanato quei luoghi santi con la presenza di un criminale, ma ne ha accresciuto l'onore. È una gloria per il paradiso avere un Signore capace di rendere perfino un malfattore degno della beatitudine eterna.
Quando Cristo introduce pubblicani e meretrici nel regno dei cieli, non lo fa per disonorare quel luogo, al contrario! Dimostra che il Signore del regno dei cieli è abbastanza potente per rendere meretrici e pubblicani atti a ricevere un tale onore e una tale gratificazione.
Noi ammiriamo il medico quanto più lo vediamo capace di risanare malati incurabili. Ammiriamo dunque Cristo quando rimargina piaghe inguaribili, quando risana pubblicani e prostitute al punto da poterli introdurre nel cielo.