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    Predefinito 5 febbraio - S. Agata vergine e martire

    Il 5 febbraio la Chiesa commemora la grande martire catanese Agata. In suo onore apro questo thread.

    Augustinus

    ****
    dal sito SANTI E BEATI con lievi modifiche mie:

    Sant' Agata, Vergine e martire

    5 febbraio - Memoria

    Catania, 235? - 5 febbraio 251

    Agata fu martire a Catania, probabilmente sotto Decio (251). Verso il sec. V sorse una chiesa in suo onore a Roma e papa Simmaco le dedicò una basilica. Il suo nome è associato a quello di S.Lucia nel canone romano. La sua “deposizione” il 5 febbraio è ricordata dal martirologio geronimiano (sec. VI). (Mess. Rom.)

    Nacque nei primi decenni del III secolo a Catania in una ricca e nobile famiglia di fede cristiana. Verso i 15 anni volle consacrarsi a Dio. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l'occasione di vederla, se ne invaghì, e in forza dell'editto di persecuzione dell'imperatore Decio, l'accusò di vilipendio della religione di Stato, quindi ordinò che la catturassero e la conducessero al Palazzo pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato. Furioso, il proconsole imbastì un processo contro di lei. Interrogata e torturata Agata resisteva nella sua fede. Quinziano al colmo del furore le fece anche strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. Ma la giovane, dopo una visione fu guarita. Fu ordinato allora che venisse bruciata. Ma un forte terremoto scuote Catania, allora il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove muore qualche ora dopo. È il 251. (Avvenire)

    Patronato: Pompieri, Catania, Repubblica di San Marino

    Etimologia: Agata = buona, virtuosa, dal greco

    Emblema: Giglio, Palma, Pinze, Seni (su di un piatto)

    Martirologio Romano: Memoria di sant’Agata, vergine e martire, che a Catania, ancora fanciulla, nell’imperversare della persecuzione conservò nel martirio illibato il corpo e integra la fede, offrendo la sua testimonianza per Cristo Signore.

    Martirologio tradizionale: A Catania, in Sicilia, il natale di sant'Agata, Vergine e Martire, che, al tempo dell'Imperatore Decio, sotto il Giudice Quinziano, dopo gli schiaffi e il carcere, dopo l'eculeo e la distorsione di membra, dopo il taglio delle mammelle, dopo essere stata voltolata sopra cocci e brage, finalmente, in prigione, pregando Iddio, finì la vita.

    Sant’Agata il cui nome in greco Agathé, significava buona, fu martirizzata verso la metà del III secolo, alcuni reperti archeologici risalenti a pochi decenni dalla morte, avvenuta secondo la tradizione il 5 febbraio 251, attestano il suo antichissimo culto.
    Agata nacque nei primi decenni del III secolo (235?) a Catania; la Sicilia, come l’intero immenso Impero Romano era soggetta in quei tempi alle persecuzioni contro i cristiani, che erano cominciate, sia pure occasionalmente, intorno al 40 d.C. con Nerone, per proseguire più intense nel II secolo, giustificate da una legge che vietava il culto cristiano.
    Nel III secolo, l’editto dell’imperatore Settimio Severo, stabilì che i cristiani potevano essere prima denunciati alle autorità e poi invitati ad abiurare in pubblico la loro nuova fede. Se essi accettavano di ritornare al paganesimo, ricevevano un attestato (libellum), che confermava la loro appartenenza alla religione pagana, in caso contrario se essi rifiutavano di sacrificare agli dei, venivano prima torturati e poi uccisi.
    Era un sistema spietato e calcolato, perché l’imperatore tendeva a fare più apostati possibile che martiri, i quali venivano considerati più pericolosi dei cristiani vivi. Nel 249 l’imperatore Decio, visto il diffondersi comunque del cristianesimo, fu ancora più drastico; tutti i cristiani denunciati o no, dovevano essere ricercati automaticamente dalle autorità locali, arrestati, torturati e poi uccisi.
    In quel periodo Catania era una città fiorente e benestante, posta in ottima posizione geografica; il suo grande porto, costituiva un vivace punto di scambio commerciale e culturale dell’intero Mediterraneo.
    E come per tutte le città dell’Impero Romano, anche Catania aveva un proconsole o governatore, che rappresentava il potere decentrato dell’impero, ormai troppo vasto; il suo nome era Quinziano, uomo brusco, superbo e prepotente e circondato da una corte numerosa, con i familiari, un numero enorme di schiavi e con le guardie imperiali, dimorava nel ricco palazzo Pretorio con annessi altri edifici, in cui si svolgevano tutte le attività pubbliche della città.
    Secondo la ‘Passio Sanctae Agathae’ risalente alla seconda metà del V secolo e di cui esistono due traduzioni, una latina e due greche, Agata apparteneva ad una ricca e nobile famiglia catanese, il padre Rao e la madre Apolla, proprietari di case e terreni coltivati, sia in città che nei dintorni, essendo cristiani, educarono Agata secondo la loro religione.
    Cresciuta nella sua fanciullezza e adolescenza in bellezza, candore e purezza verginale, sin da piccola sentì nel suo cuore il desiderio di appartenere totalmente a Cristo e quando giunse sui 15 anni, sentì che era giunto il momento di consacrarsi a Dio. Nei primi tempi del cristianesimo le vergini consacrate, con il loro nuovissimo stile di vita, costituivano un’irruzione del divino in un mondo ancora pagano e in disfacimento.
    Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e durante una cerimonia ufficiale chiamata ‘velatio’, le impose il ‘flammeum’, cioè il velo rosso portato dalle vergini consacrate.
    Nel mosaico di S. Apollinare Nuovo in Ravenna del VI secolo, è raffigurata con la tunica lunga, dalmatica e stola a tracolla, abbigliamento che lascia supporre che fosse diventata diaconessa.
    Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l’occasione di vederla e se ne incapricciò, e in forza dell’editto di persecuzione dell’imperatore Decio, l’accusò di vilipendio della religione di Stato, accusa comune a tutti i cristiani, quindi ordinò che la catturassero e la conducessero al Palazzo Pretorio.
    Qui subentrano varie tradizioni popolari, che indicano Agata che scappa per non farsi arrestare e si rifugia in posti indicati dalla tradizione, in una contrada poco distante da Catania, Galermo, oppure a Malta, oppure a Palermo; ma comunque ella viene catturata e condotta da Quinziano.
    Il proconsole quando la vede davanti viene conquistato dalla sua bellezza e una passione ardente s’impadronisce di lui, ma i suoi tentativi di seduzione non vanno in porto, per la resistenza ferma della giovane Agata.
    Egli allora mette in atto un programma di rieducazione della ragazza affidandola ad una cortigiana di facili costumi di nome Afrodisia, affinché la rendesse più disponibile. Trascorse un mese, sottoposta a tentazioni immorali di ogni genere, con festini, divertimenti osceni, banchetti; ma lei resistette indomita nel proteggere la sua verginità consacrata al suo Sposo celeste, al quale volle rimanere fedele ad ogni costo.
    Sconfitta e delusa, Afrodisia riconsegna a Quinziano Agata dicendo: “Ha la testa più dura della lava dell’Etna”. Allora furioso, il proconsole imbastì un processo contro di lei, che si presentò vestita da schiava come usavano le vergini consacrate a Dio; “Se sei libera e nobile” le obiettò il proconsole, “perché ti comporti da schiava?” e lei risponde “Perché la nobiltà suprema consiste nell’essere schiavi del Cristo”.
    Il giorno successivo altro interrogatorio accompagnato da torture, tralasciamo i testi degli interrogatori per motivo di spazio, del resto sono articolati diversamente da una ‘passio’ all’altra. Ad Agata vengono stirate le membra, lacerata con pettini di ferro, scottata con lamine infuocate, ma ogni tormento invece di spezzarle la resistenza, sembrava darle nuova forza, allora Quinziano al colmo del furore le fece strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie.
    Questo risvolto delle torture, costituirà in seguito il segno distintivo del suo martirio, infatti Agata viene rappresentata con i due seni posati su un piatto e con le tenaglie. Riportata in cella sanguinante e ferita, soffriva molto per il bruciore e dolore, ma sopportava tutto per l’amore di Dio; verso la mezzanotte mentre era in preghiera nella cella, le appare s. Pietro apostolo, accompagnato da un bambino porta lanterna, che la risana le mammelle amputate.
    Trascorsi altri quattro giorni nel carcere, viene riportata alla presenza del proconsole, il quale visto le ferite rimarginate, domanda incredulo cosa fosse accaduto, allora la vergine risponde: “Mi ha fatto guarire Cristo”. Ormai Agata costituiva una sconfitta bruciante per Quinziano, che non poteva sopportare oltre, intanto il suo amore si era tramutato in odio e allora ordina che venga bruciata su un letto di carboni ardenti, con lamine arroventate e punte infuocate.
    A questo punto, secondo la tradizione, mentre il fuoco bruciava le sue carni, non brucia il velo che lei portava; per questa ragione “il velo di sant’Agata” diventò da subito una delle reliquie più preziose; esso è stato portato più volte in processione di fronte alle colate della lava dell’Etna, avendo il potere di fermarla.
    Mentre Agata spinta nella fornace ardente muore bruciata, un forte terremoto scuote la città di Catania e il Pretorio crolla parzialmente seppellendo due carnefici consiglieri di Quinziano; la folla dei catanesi spaventata, si ribella all’atroce supplizio della giovane vergine, allora il proconsole fa togliere Agata dalla brace e la fa riportare agonizzante in cella, dove muore qualche ora dopo.
    Dopo un anno esatto, il 5 febbraio 252, una violenta eruzione dell’Etna minacciava Catania, molti cristiani e cittadini anche pagani, corsero al suo sepolcro, presero il prodigioso velo che la ricopriva e lo opposero alla lava di fuoco che si arrestò; da allora s. Agata divenne non soltanto la patrona di Catania, ma la protettrice contro le eruzioni vulcaniche e poi contro gli incendi.
    L’ultima volta che il suo patrocinio si è rivelato valido, tramite il miracoloso velo, portato in processione dall’arcivescovo di Catania, è stata nel 1886, quando una delle ricorrenti eruzioni dell’Etna, minacciava la cittadina di Nicolosi, posta sulle pendici del vulcano e che venne risparmiata dalla distruzione.
    Nel 1040 le reliquie della santa, furono trafugate dal generale bizantino Giorgio Maniace, che le trasportò a Costantinopoli; ma nel 1126 due soldati della corte imperiale, il provenzale Gilberto ed il pugliese Goselmo, le riportarono a Catania dopo un’apparizione della stessa santa, che indicava la buona riuscita dell’impresa; la nave approdò la notte del 7 agosto in un posto denominato Ognina, tutti i catanesi risvegliatasi e rivestitasi alla meglio, accorsero ad onorare la “Santuzza”.
    Nei secoli le manifestazioni popolari legate al culto della santa, richiamavano gli antichi riti precristiani alla dea Iside, per questo s. Agata con il simbolismo delle mammelle tagliate e poi risanate, assume una possibile trasfigurazione cristiana del culto di Iside, la benefica Gran Madre, anche se era appena una quindicenne.
    Ciò spiegherebbe anche il patronato di s. Agata sui costruttori di campane, perché si sa, nei culti precristiani la campana era simbolo del grembo della Mater Magna. Le sue reliquie sono conservate nel duomo di Catania in una cassa argentea, opera di celebri artisti catanesi; vi è anche il busto argenteo della “Santuzza”, opera del 1376, che reca sul capo una corona, dono secondo la tradizione, di re Riccardo Cuor di Leone.
    Il culto per s. Agata fu talmente grande, che fino al XVI secolo, essa era contesa come appartenenza anche da Palermo, la questione è stata a lungo discussa, finché a Palermo il culto per la santa, fu soppiantato da quello per s. Rosalia. Anche a Roma fu molto venerata, papa Simmaco (498-514) eresse in suo onore una basilica sulla Via Aurelia ("in fundum Lardarium") e un’altra le fu dedicata da S. Gregorio Magno nel 593, che la inserì, tra l'altro, nel canone romano.
    Nel XIII secolo nella sola diocesi di Milano si contavano ben 26 chiese a lei intitolate. Celebrazioni e ricorrenze per la sua festa avvengono un po’ in tutta Italia, perfino a San Marino, ma è Catania il centro più folcloristico e religioso del suo culto, le feste sono due il 5 febbraio e il 17 agosto, con caratteristiche processioni con il prezioso busto della santa, custodito nel Duomo.
    Vi sono undici Corporazioni di mestieri tradizionali, che sfilano in processione con le cosiddette ‘Candelore’ fantasiose sculture verticali in legno, con scomparti dove sono scolpiti gli episodi salienti della vita di s. Agata. Il busto argenteo, preceduto dalle ‘Candelore’ è posto a sua volta sul “fercolo”, una macchina trainata con due lunghe e robuste funi, da centinaia di giovani vestiti dal caratteristico ‘sacco’.
    Tante altre manifestazioni popolari e folcloristiche, oggi non più in uso, accompagnavano nei tempi trascorsi questi festeggiamenti, a cui partecipava tutto il popolo con le Autorità di Catania, devotissimo alla sua ‘Santuzza’.

    Autore: Antonio Borrelli






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    Predefinito Dal «Discorso su sant'Agata» di san Metodio Siculo

    Anal. Boll. 68, 76178

    La commemorazione annuale di sant'Agata ci ha qui radunati perché rendessimo onore a una martire, che è sì antica, ma anche di oggi. Sembra infatti che anche oggi vinca il suo combattimento perché tutti i giorni viene come coronata e decorata di manifestazioni della grazia divina.

    Sant'Agata è nata dal Verbo del Dio immortale e dall’unico suo Figlio, morto come uomo per noi. Dice infatti san Giovanni: «A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 12).

    Agata, la nostra santa, che ci ha invitati al religioso banchetto, è la sposa di Cristo. E' la vergine che ha imporporato le sue labbra del sangue dell’Agnello e ha nutrito il suo spirito con la meditazione sulla morte del suo amante divino.

    La stola della santa porta i colori del sangue di Cristo, ma anche quelli della verginità. Quella di sant'Agata, così, diviene una testimonianza di una eloquenza inesauribile per tutte le generazioni seguenti.

    Sant’Agata è veramente buona, perché essendo di Dio, si trova dalla parte del suo Sposo per renderci partecipi di quel bene, di cui il suo nome porta il valore e il significato: Agata (cioè buona) a noi data in dono dalla stessa sorgente della bontà, Dio.

    Infatti cos'è più benefico del sommo bene? E chi potrebbe trovare qualcosa degno di essere maggiormente celebrato con lodi del bene? Ora Agata significa «Buona». La sua bontà corrisponde così bene al nome e alla realtà. Agata, che per le sue magnifiche gesta porta un glorioso nome e nello stesso nome ci fa vedere le gloriose gesta da lei compiute. Agata, ci attrae pensino con il proprio nome, perché tutti volentieri le vadano incontro ed è di insegnamento con il suo esempio, perché tutti, senza sosta, gareggino fra di loro per conseguire il vero bene, che è Dio solo.

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    Predefinito

    Giovanni Battista Tiepolo, Martirio di S. Agata, 1756 circa, Staatliche Museen, Berlino

    Francisco de Zurbarán, S. Agata, 1630-33, Musée Fabre, Montpellier

    Sebastiano del Piombo, Martirio di S. Agata, Palazzo Pitti, Firenze

    Daniele Monteleone, S. Lucia al sepolcro di S. Agata, chiesa del Collegio, Siracusa

    Francesco Prato a Caravaggio, S. Agata in croce con santi (SS. Pietro, Lucia, Agnese e Paolo), 1522, Chiesa di S. Agata, Brescia

    Autore ignoto, I SS. Marino e Agata sorreggono il Monte, 1800 circa

    Girolamo Cialderi, SS. Marino, Agata e Barnaba, XVII sec.

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    Predefinito La Vita

    LA SICILIA AL TEMPO DI SANT'AGATA

    Negli anni in cui visse Agata, a metà del III secolo, l'impero romano aveva raggiunto la massima estensione territoriale.[...]
    Ai tempi dell'imperatore Decio, Catania era una citta' ricca e fiorente, che per di piu' godeva di un ottima posizione geografica. Il suo grande porto, nel cuore del mediterraneo, rappresentava uno dei più vivaci punti di scambio commerciale e culturale dell'epoca. Le fonti storiche narrano che era amministrata dal proconsole Quiziano, uomo rude, prepotente e superbo.[...]

    Quando la comunita' cristiana inizio' a essere abbastanza ampia, intorno al 40 d.C., si abbatterono su di essa le prime persecuzioni.[...]

    All'inizio del III secolo, l'imperatore Settimio Severo emano' un editto di persecuzione. Egli stabilì che i cristiani dovessero essere prima denunciati alle autorita' e poi invitati a rinnegare pubblicamente la loro fede. Se accettavano di tornare alla religione pagana avevano diritto al libellum, una sorta di cerficato di conformità religiosa, ma se si rifiutavano di sacrificare agli dèi, venivano prima torturati e poi uccisi.[...]
    Di fronte al diffondersi del cristianesimo e temendo che l'aumento dei fedeli potesse minacciare la stabilità dell'impero, nel 249 l'imperatore Decio ordinò una repressione ancora più radicale: tutti i cristiani, denunciati o no, erano ricercati d'ufficio, rintracciati, torturati e infine uccisi.

    In quegli anni, a metà del III secolo, a Catania nasceva Agata.[...]
    La sua era una famiglia nobile e ricca. Il padre Rao e la madre Apolla decisero di chiamarla Agata, che in greco significa "la buona". In questo nome c'era già racchiuso il suo destino: bontà e purezza furono, infatti, le doti che distinsero Agata sin dalla prima infanzia.[...]
    Dei suoi primi anni di vita non ci sono giunte testimonianze documentate, ma si può supporre che sin dalla più tenera età Agata abbia ricevuto dai genitori una buona educazione e che dal loro esempio abbia appreso il valore delle virtù cristiane: la preghiera, la rinuncia alle ricchezze terrene, il coraggio nello scegliere Cristo.[...]

    LA CONSACRAZIONE A DIO

    Molto presto, già negli anni dell'infanzia, Agata ebbe chiaro nel cuore il desiderio di donarsi totalmente a Cristo.
    Nel segreto dell'animo si era già promessa a Dio e, quando non aveva ancora compiuto 15 anni, sentì che era giunto il momento di consacrarsi solennemente.Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e, durante una cerimonia ufficiale chiamata velatio, le impose il flammeum, il velo di color rosso fiamma che portavano le vergini consacrate.[...]

    LA FUGA E L'ARRESTO

    Un giorno, il proconsole Quinziano fu informato che in città, tra le vergini consacrate, viveva una nobile e bella fanciulla. Decise allora che doveva conoscerla. Ordinò ai suoi uomini che la catturassero e la conducesssero al palazzo pretorio: si trattava proprio di Agata.[...]
    Per sottrarsi all'ordine del proconsole Agata per qualche tempo rimase nascosta lontano da Catania.[...]
    Gli sgherri al servizio del proconsole però la raggiunsero con quella facilità che è propria dei potenti e la condussero in tribunale al cospetto di Quinziano.

    IN CASA DI AFRODISIA

    Quinziano non appena la vide, fu rapito dalla sua bellezza. Un ardore passionale lo invase, ma i suoi tentativi di seduzione furono tutti vani, perchè Agata lo respinse sempre con grande fermezza.
    Il proconsole pensò allora che un programma di rieducazione avrebbe potuto trasformare la giovane e l'avrebbe convinta a rinunciare ai voti e a cedere alle sue lusinghe. La affidò così per un mesa ad una cortigiana, una matrona dissoluta, maestra di vizi e di corruzzione, che era conosciuta col nome di Afrodisia.[...]

    Quando lo strumento di persuasione si rivelò incapace a piegare la siua ferrea volontà, Afrodisia e le figlie tentarono di raggiungere lo stesso vile scopo attraverso le minacce.[...]
    Allo scadere del mese e di fronte alla fermezza di Agata, Afrodisia non poté far altro che arrendersi. Sconfitta e umiliata, riconsegnò la giovane a Quinziano: "Ha la testa più dura della lava dell'Etna, non fa altro che piangere e pregare il suo invisibile sposo. Sperare da lei un minimo segno d'affetto é soltanto tempo perso".

    IL PROCESSO

    Quinziano prese atto che le lusinghe, promesse e minacce non sortivano alcun effetto su quella giovane bella quanto innamorata di Gesù. Decise allora di dare immediato avvio a un processo, contando così di piegarla con la forza.
    Convocata al palazzo pretorio, Agata entrò fiera e umile.[...]

    Si presentò al proconsole vestita come una schiava come, come usavano le vergini consacrate a Dio, e Quinziano volle giocare su questo equivoco per provocarla. "Non sono una schiava, ma una serva del Re del cielo", chiarì subito Agata. "Sono nata libera da una famiglia nobile, ma la maggiore nobiltà deriva dall'essere ancella di Gesù Cristo". Le affermazioni di Agata erano taglienti e fiere, degne della semplicità di una vergine e della fermezza di una martire.
    "Tu che ti credi nobile", disse Agata a Quinziano, "sei in realtà schiavo delle tue passioni". Questa fu una grave provocazione per lui, padrone di quella terra e garante della religione pagana in Sicila. "Dunque noi che dispreziamo, il nome e la servitù di Cristo", domandò irritato il proconsole, "siamo ignobili?".

    Per Agata che parlava con la forza della fede e illuminata dallo Spirito Santo era arrivato il momento di accettare la sfida e rilanciò: "Ignobiltà grande e la vostra: voi siete schiavi delle voluttà, adorate pietre e legni, idoli costruiti da miseri artigiani, strumenti del demonio". Quinziano a quelle parole si sentì come un toro ferito. Era incapace di controbattere, non possedeva né risorse culturali di un oratore, né la saggezza e la semplicità delle risposte ispirate dalla fede che aveva Agata.

    Gli unici strumenti che conosceva bene e che sapeva usare erano la violenza e le minacce. In questo campo era sicuro di essere il più forte e questi mezzi utilizzò: "O sacrifichi agli dèi o subirai il martirio", minacciò spazientito.[...]
    Per un giorno e una notte Agata rimase chiusa in una cella del carcere, all'interno del palazzo pretorio: diventata in seguito un luogo di culto, era una cameretta interrata, buia e umida.[...]

    La mattina successiva fu condotta per la seconda volta davanti al proconsole."Che pensi di fare per la tua salvezza?", le domandò Quinziano. "La mia salvezza é Cristo", rispose decisa Agata. Soltanto a quel punto Quinziano si rese conto che qualunque tentativo di persuasione era destinato al fallimento e, con uno scatto d'ira, ordinò di sottoporla a orrende torture.

    Ad Agata furono stirate le membra, fu percossa con le verghe, lacerata col pettine di ferro, le furono squarciati i fianchi con lamine arroventate. Ogni tormento, invece di spezzarle la resistenza, sembrava darle nuovo vigore. Allora Quinziano si accanì ulteriormente contro la giovinetta e ordinò agli aguzzini che le amputassero le mammelle. "Non ti vergogni", gli disse Agata, "di stroncare in una donna le sorgenti della vita dalle quali tu stesso traesti alimento succhiando al seno tua madre?"[...]

    IL MIRACOLO DI SAN PIETRO

    Agata fu riportata in cella, ferita e sanguinante. Le piaghe aperte bruciavano, il dolore era lancinante. Ma sapeva che pativa per Gesù e questo l'appagava. Così, mentre pregava in silenzio, con lo sguardo rivolto al cielo al di là della grata, lo Sposo celeste volle alleviarle il dolore e le mandò l'apostolo Pietro.

    La notte successiva alle torture, nel buio della cella, la fanciulla vide avvicinarsi una luce bianca. Era un fanciullo vestito di seta con una lucerna in mano. Lo seguiva un uomo anziano. Inizialmente Agata non volle che l'anziano le porgesse i medicamenti che aveva portato con sé per guarire le sue ferite. "La mia medicina è Cristo", disse, rifiutando delicatamente l'aiuto "se egli vuole, con una sola parola, può risanarmi".[...]
    "Le pene che io soffro", spiegò all'anziano visitatore, "completano il mio lungo desiderio, coltivato sin dall'infanzia".
    Ma quando l'uomo la rassicurò e le disse di essere l'apostolo di Cristo, Agata chinò il capo e accettò che su di lei si compisse la volontà di Dio. [...] Il prodigio non tardò: quando l'uomo scomparve nel buio, Agata si accorse che le ferite erano guarite, il suo seno era rifiorito e il suo spirito si era rivigorito.

    Dopo quattro giorni di cella, all'alba del quinto fu condotta in tribunale per la terza volta. Quinziano fu sbalordito e incredulo nel vedere rimarginate le ferite sul corpo di Agata e volle sapere cosa fosse accaduto. Agata gli rispose fiera: "Mi ha fatta guarire Cristo".[...]
    La stessa presenza di Agata era ormai imbarazzante e Quinziano volle liberarsi di quell'incubo con l'ordine definitivo :
    "Uccidetela", gridò. Per Agata fu decisa la morte più atroce: un etto di tizzoni ardenti con lamine arroventate e punte infuocate.

    L'ordine fu eseguito immediatamente: Agata fu gettata sulle braci, coperta soltanto dal suo velo da sposa di Cristo. Mentre il suo corpo veniva rivoltato sui carboni ardenti e trafitto da punte di ferro e lamine taglienti, la sua amima, che si era conservata pura, ardeva più forte per il Signore.
    A queslo punto, secondo la tradizione si sarebbe verificato un altro miracolo, a testimoniare la chiara santità di Agata: il fuoco, che straziava il suo corpo, non bruciò invece il velo. Per questa ragione il "velo di sant'Agata" diventò da subito una delle reliquie più preziose. Più volte portato in processione di fronte al fuoco delle colate laviche dell'Etna, ha avuto il potere di far arrestare il magma.[...]

    La folla dei catanesi che aveva assistito al supplizio di Agata l'accompagnò alle porte del carcere, dove venne condotta agonizzante, e vegliò su di lei negli ultimi istanti prima della morte .
    Tutti poterono assistere al suo ultimo gemito. Con le poche forze che le erano rimaste, Agata unì le mani in preghiera e, di fronte alla folla commossa, recitò con un filo di voce questa orazione spontanea "Signore, che mi hai creato e custodito fin dalla mia prima infanzia e che nella giovinezza mi hai fatto agire con determinazione, che togliesti da me l'amore terreno, che preservasti il mio corpo dalle contaminazioni degli uomini, ti prego di accogliere ora il mio spirito".
    Era il 5 febbraio 251.

    LA "TAVOLA DELL'ANGELO"

    I cristiani che avevano assistito al martirio e alla morte di Agata raccolsero con devozione il suo corpo e lo cosparsero di aromi e di oli profumati, come era in uso a quell'epoca. Poi con grande venerazione lo deposero in un sarcofago di pietra, che da allora fino ai nostri giorni è stato sempre oggetto di culto a Catania.
    Le fonti narrano che, quando il sepolcro ormai stava per essere chiuso, si avvicino' un fanciullo, vestito di seta bianca e seguito da altri cento giovanetti. Presso il capo della vergine depose una tavoletta di marmo, che oggi è una preziosa reliquia custodita nella chiesa di Sant'Agata a Cremona, con l'iscrizione latina "M.S.S.H.D.E.P.L.", che in italiano significa "Mente santa e spontanea, onore a Dio e liberazione della patria". Questa iscrizione, detta anche "elogio dell'angelo", è la sintesi delle caratteristiche della santa catanese ed è anche una solenne promessa di protezione alla citta'.

    Tratto da: Maria Torrisi, Sant'Agata, Ed. S.Paolo
    Cinisello Balsamo (MI) 1997

    Fonte: Diocesi di Catania

  5. #5
    Il Monaco
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    Predefinito Complimenti !

    PAX VOBISCUM !

    Le faccio i miei complimenti per le bellissime immagini !

    Il Monaco Fra Giuseppe


  6. #6
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    Le porgo i miei auguri, sentiti davvero, per il suo futuro.


  7. #7
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    Predefinito Re: Complimenti !

    Originally posted by Il Monaco
    PAX VOBISCUM !

    Le faccio i miei complimenti per le bellissime immagini !

    Il Monaco Fra Giuseppe
    La ringrazio per i complimenti.

    Le ricerche iconografica e contenutistica sono da me molto curate.

    Augustinus

  8. #8
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    Bottega di Francesco Guarino, S. Agata insidiata da Quinziano, 1640, chiesa parrocchiale di S. Agata Irpina, Solofra

    Francesco Guarino, Martirio di S. Agata: il taglio del seno, chiesa parrocchiale di S. Agata Irpina, Solofra

    Francesco Guarino, Martirio di S. Agata: il supplizio delle braci ardenti, chiesa parrocchiale di S. Agata Irpina, Solofra

    Giovanni Battista Tiepolo, Martirio di S. Agata, Basilica di S. Antonio, Padova

    Giovanni Battista Tiepolo, Martirio di S. Agata, 1734 circa, Courtauld Institute of Art Gallery, Londra

    Francisco Rizi, S. Agata, 1680-85, Museo del Prado, Madrid

    Francisco de Osona, SS. Lorenzo ed Agata (Águeda), 1505 circa, Museo delle belle arti, Valencia

    Juan de Sevilla y Escalante, Ultima Comunione di S. Agata, XVII sec., Museo de Bellas Artes, Granada

  9. #9
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    Ho una particolare venerazione per Sant'Alfonso Maria de'Liguori, perciò riporto in questo bel 3d il martirio di Sant'Agata, così come da lui raccontato in Vittorie dei Martiri


    1. Questa santa vergine e martire è celebre appresso i latini e i greci; e sebbene gli atti del suo martirio non siano a noi pervenuti, nulladimeno vi sono tali memorie (si osservino i Bollandisti, il Surio ed altri) che ben meritano tutto il credito. Da queste ricavasi ch'ella nacque in Sicilia da una famiglia molto nobile e ricca. Oltre di ciò era la santa dotata di singolar bellezza; onde tutte queste doti invogliarono nell'amore di lei Quinziano governatore, chiamato allora consolare, della Sicilia, sì che stabilì di ottenerla per sua sposa. Avendo intanto egli pubblicato già l'editto dell'imperatore Decio contro de' cristiani, ordinò che Agata come cristiana fosse a lui condotta nella città di Catania, dov'esso facea la sua dimora.

    2. La santa vergine, udendo gli ordini dati contro i cristiani, erasi ritirata in un luogo nascosto per liberarsi dalle insidie di Quinziano, delle quali avea già prima saputa la notizia. In questo luogo ella fu ritrovata da' ministri del governatore; onde quando si vide posta nelle loro mani, fece questa orazione: Signor mio Gesù Cristo e padrone del tutto, voi vedete il mio cuore e sapete qual è il mio desiderio, che solo voi mi possediate, giacché tutta a voi mi son data; deh conservatemi contro questo tiranno e rendetemi degna di vincere il demonio che m'insidia l'anima! Quinziano, quando la santa gli fu condotta, per guadagnarla più sicuramente, la consegnò ad una certa infame donna per nome Afrodisia che facea pubblica professione d'impudicizia insieme con nove altre figliuole ch'ella tenea nella sua empia scuola. Troppo penosa fu la dimora della santa in quella infame casa, più che se fosse stata la più oscura e fetida carcere della terra. Ivi si adoperarono tutte le insidie da Afrodisia e dalle sue infami discepole, acciocché s. Agata avesse ceduto ai voleri di Quinziano; ma la santa, che sin dall'infanzia erasi consacrata a Gesù Cristo ed era avvalorata dal suo divino soccorso, stette forte e costante a resistere.

    3. Quindi avendo saputo Quinziano che niente avean giovato per un mese continuo tutte le industrie adoperate da Afrodisia, comandò che la santa fosse ricondotta alla sua presenza. Quando pertanto s. Agata gli fu presentata, esso la rimproverò che essendo ella libera e nobile si fosse lasciata sedurre ad abbracciare l'umile servitù de' cristiani. La santa vergine coraggiosamente confessò di esser cristiana, e disse ch'ella non conoscea nobiltà più illustre né libertà più vera che di essere serva di Gesù Cristo. E per fare intendere al governatore quanto fossero infami gli dei ch'egli adorava e volea far da lei adorare, gli domandò se avrebbe egli voluto che sua moglie fosse prostituta come una Venere ed egli fosse riputato come un Giove adultero ed incestuoso? Quinziano irritato da questi rinfacciamenti di s. Agata, la fece percuotere con guanciate e poi la mandò in prigione. Nel giorno seguente di nuovo se la fece presentare e le domandò se avea pensato a mettere in salvo la sua vita. Rispose la santa: Gesù Cristo è la mia vita e la mia salute. Il governatore allora fecela mettere alla tortura; e perché vedea che simili tormenti poco l'accoravano, ordinò ch'ella fosse tormentata nelle mammelle ed indi che le fossero ambedue recise, il che fu eseguito con barbara crudeltà.

    4. Di poi ordinò Quinziano che la santa fosse rinchiusa di nuovo nella prigione e che ivi non se le applicasse alcun lenitivo alle ferite, acciocché morisse ivi di puro spasimo: ed in effetto sarebbe morta di dolore, ma sulla mezza notte le apparve s. Pietro, il quale perfettamente le guarì le ferite, e la liberò da ogni dolore; e per tutta quella notte videsi in quella carcere splendere una gran luce in modo che da quella spaventate le guardie si posero a fuggire e lasciarono le porte aperte. Poteva allora la santa liberamente uscir dalla prigione e salvarsi, siccome era consigliata dagli altri carcerati; ma ella rispose che non volea perdere con tale fuga la corona che desiderava e le stava apparecchiata in cielo.

    5. Quinziano all'incontro non facendo conto del miracolo, anzi da quello più irritato, dopo quattro giorni pensò a tormentar la santa con nuovi strazj; ordinò che fosse posta sovra cocci di creta mescolati con carboni ardenti, ma ella tutto soffrì con costanza; e mentre il tiranno pensava forse ad affliggerla con nuovi tormenti, la santa, vedendo già vicino il termine di sua vita, fece questa orazione: Signore e mio Creatore, che sin dall'infanzia mi avete conservata e che mi avete data forza per vincere i tormenti ed avete tolto dal mio cuore l'amore del mondo, deh ricevete ora l'anima mia: giacché è tempo oramai ch'io da questa misera vita passi a godere della vostra misericordia. Ed appena ch'ebbe la santa finita questa orazione, tranquillamente spirò e andò ad unirsi con Dio per lodarlo ed amarlo in eterno.

  10. #10
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    Massimo Stanzione, S. Agata confortata dall'angelo in carcere, XVII sec., Museo di Capodimonte, Napoli

    Mariano Rossi, Martirio di S. Agata, 1786, Musée du Louvre, Parigi

 

 
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