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    Predefinito 8 settembre - Natività della Beata Vergine Maria

    Dal sito SANTI E BEATI:

    Natività della Beata Vergine Maria

    8 settembre - Festa

    Questa celebrazione, che ricalca sul Cristo le prerogative della Madre, è stata introdotta dal papa Sergio I (sec VII) nel solco della tradizione orientale. La natività della Vergine è strettamente legata alla venuta del Messia, come promessa, preparazione e frutto della salvezza. Aurora che precede il sole di giustizia, Maria preannunzia a tutto il mondo la gioia del Salvatore. (Mess. Rom.)

    Martirologio Romano: Festa della Natività della Beata Vergine Maria, nata dalla discendenza di Abramo, della tribù di Giuda, della stirpe del re Davide, dalla quale è nato il Figlio di Dio fatto uomo per opera dello Spirito Santo per liberare gli uomini dall’antica schiavitù del peccato.

    Martirologio tradizionale (8 settembre): Natività della beatissima sempre Vergine Maria, Madre di Dio.

    La celebrazione odierna - leggiamo nel brano dei Discorsi di S. Andrea di Creta proclamato nell'odierno Ufficio delle Letture - onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è, l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio". E’ questo del resto il motivo per cui di Maria soltanto (oltre che di S. Giovanni Battista e naturalmente di Cristo) non si festeggia unicamente la " nascita al cielo ", come avviene per gli altri santi, ma anche la venuta in questo mondo. In realtà, il meraviglioso di questa nascita non è in ciò che narrano con dovizia di particolari e con ingenuità gli apocrifi, ma piuttosto nel significativo passo innanzi che Dio fa nell'attuazione del suo eterno disegno d'amore. Per questo la festa odierna è stata celebrata con lodi magnifiche da molti santi Padri, che hanno attinto alla loro conoscenza della Bibbia e alla loro sensibilità e ardore poetico. Leggiamo qualche espressione del secondo Sermone sulla Natività di Maria di S. Pier Damiani: “Dio onnipotente, prima che l'uomo cadesse, previde la sua caduta e decise, prima dei secoli, l'umana redenzione. Decise dunque di incarnarsi in Maria”.
    "Oggi è il giorno in cui Dio comincia a mettere in pratica il suo piano eterno, poiché era necessario che si costruisse la casa, prima che il Re scendesse ad abitarla. Casa bella, poiché, se la Sapienza si costruì una casa con sette colonne lavorate, questo palazzo di Maria poggia sui sette doni dello Spirito Santo. Salomone celebrò in modo solennissimo l'inaugurazione di un tempio di pietra. Come celebreremo la nascita di Maria, tempio del Verbo incarnato? In quel giorno la gloria di Dio scese sul tempio di Gerusalemme sotto forma di nube, che lo oscurò. Il Signore che fa brillare il sole nei cieli, per la sua dimora tra noi ha scelto l'oscurità (1 Re 8,10-12), disse Salomone ne a sua orazione a Dio. Questo nuovo tempio si vedrà riempito dallo stesso Dio, che viene per essere la luce delle genti.
    "Alle tenebre del gentilesimo e alla mancanza di fede dei Giudei, rappresentate dal tempio di Salomone, succede il giorno luminoso nel tempio di Maria. E’ giusto, dunque, cantare questo giorno e Colei che nasce in esso. Ma come potremmo celebrarla degnamente? Possiamo narrare le gesta eroiche di un martire o le virtù di un santo, perché sono umane. Ma come potrà la parola mortale, passeggera e transitoria, esaltare Colei che diede alla luce la Parola che resta? Come dire che il Creatore nasce dalla creatura?".

    Autore: Piero Bargellini








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    Predefinito Dai Discorsi di Ugo di san Vittore.

    Sermo 34, in PL 177, 980-981.

    Chi è costei che sorge come I'aurora (Ct 6, 10). Fratelli, la Vergine Maria può essere paragonata all'aurora che mette fine alla notte, perché i secoli che l'avevano preceduta erano stati tenebrosi. Maria è la vera precorritrice della luce della grazia, è l'astro che annunzia il sole di giustizia, il quale nascerà dal suo grembo.

    Tutto il tempo che intercorse dalla caduta di Adamo alla nascita di Maria fu proprio un interminabile buio, una lunga, fonda, gelida notte. Tuttavia, a volte un astro sorgeva a rischiarare quei tempi: furono i santi patriarchi e profeti, che illuminarono con le loro virtù l'ignoranza di quel popolo.

    Ma quei raggi svanirono al sorgere dell'aurora, perché rispetto alla beata Vergine, i santi che la precedono sono poveri barlumi. Che cosa valgono in confronto della santità di Maria l'innocenza di Abele, la giustizia di Noè, la fede di Abramo, la pazienza di Isacco, il coraggio di Giacobbe? La continenza di Giuseppe, la mansuetudine di Mosè, la forza di Giosué, la carità di Samuele, l'umiltà di Davide, lo zelo di Elia, l'astinenza di Daniele, l'eminente santità di Giovanni e le virtù degli altri santi impallidiscono di fronte alla Madre di Dio.

    La Vergine Maria è l'aurora fulgidissima, il cui splendore magnifico oscura quello degli antichi padri. Poco dopo la venuta al mondo di Maria, aurora lucentissima, nacque da lei il sole di giustizia, Cristo nostro Dio, che scacciò le tenebre e illuminò l'universo. Allora il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce (Is 9, 1).

    Cristo ha illuminato il mondo con la sua nascita, il suo vangelo, i suoi miracoli, la sua passione e risurrezione, le apparizioni, l'ascensione e l'invio dello Spirito Santo. Fratelli, la notte è avanzata.. il giorno e vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno (Rm 13, 12.13).

    Non dimentichiamo di invocare l'intercessione di Maria, perché i suoi meriti e le sue preghiere ci ottengano la luce perenne del Sole di giustizia. Esso brilli su di noi senza conoscere tramonto, così come il sole materiale che si fermò a Gabaon, finché Giosué non si fu vendicato dei nemici. Cristo sia sempre con noi, come ci ha promesso, sino alla fine dei tempi, per debellare tutti i nostri nemici e donarci troni nel cielo.

  3. #3
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    Predefinito Sulla Natività delIa Madre di Dio di san Teodoro Studita.

    Homilia II in Nativitatem B. V. Mariae, 4.7, in PG 96, 683-686.690.

    Che c'è di più puro e di più irreprensibile della Vergine Maria? Dio amo talmente questa luce cosi intensa e cosi pura, da unirsi sostanzialmente a lei, per opera dello Spirito Santo e da lei nascere, come uomo perfetto, senza ne mutamenti ne confusione delle proprietà.

    Quale prodigio! Nel suo immenso amore per gli uomini, Dio non si è vergognato di prendere come Madre la propria ancella. Inaudita condiscendenza del Signore! Nella sua sconfinata bontà, egli non esitò a diventare figlio di colei che lui stesso aveva modellato.

    Dio era talmente invaghito della più incantevole fra le sue creature che abbracciò colei che supera in dignità le stesse potenze del cielo. Di lei il profeta Zaccaria afferma: Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te (Zc 2, 14).

    Ma anche il beato Gioele mi sembra che proclami più o meno la stessa cosa di Maria: Non temere, terra, ma rallegrati e gioisci, poiché cose grandi ha fatto il Signore (Gl 2, 21). Maria è la terra sulla quale colui che ha fondato la terra sulle sue basi (Sal 103, 5) viene plasmato nella carne, per opera dello Spirito Santo. Maria è la terra che, senza essere stata seminata, fa schiudere il frutto che da a ognuno il nutrimento.

    Maria è la terra dalla quale non è nata la spina del peccato; al contrario, questo è stato da lei espulso grazie al suo germoglio. Maria non è la terra che fu maledetta come la prima, i cui frutti sono pieni di triboli e spine; su di lei invece si è posata la benedizione del Signore e il frutto del suo seno è benedetto.

    Ave, o luogo del Signore, terra che Dio ha sfiorato con i suoi passi. Tu hai contenuto nella tua carne colui che come Dio sfugge a ogni limite spaziale. Da te quegli che è semplice è nato composto; l'eterno è entrato nel tempo, l'infinito si è lasciato circoscrivere. Ave, casa di Dio, dimora che brilla di splendori divini.

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    Predefinito Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo

    (Disc. 1; PG 97, 806-810)

    «Il termine della legge è Cristo» (Rm 10, 4). Si degni egli di innalzarci verso lo spirito ancora più di quanto ci libera dalla lettera della legge.
    In lui si trova tutta la perfezione della legge perché lo stesso legislatore, dopo aver portato a termine ogni cosa, trasformò la lettera in spirito, ricapitolando tutto in se stesso. La legge fu vivificata dalla grazia e fu posta al suo servizio in una composizione armonica e feconda. Ognuna delle due conservò le sue caratteristiche senza alterazioni e confusioni. Tuttavia la legge, che prima costituiva un onere gravoso e una tirannia, diventò, per opera di Dio, peso leggero e fonte di libertà.
    In questo modo non siamo più «schiavi degli elementi del mondo» (Gal 4, 3), come dice l'Apostolo, né siamo più oppressi dal giogo della legge, né prigionieri della sua lettera morta.
    Il mistero del Dio che diventa uomo, la divinizzazione dell'uomo assunto dal Verbo, rappresentano la somma dei beni che Cristo ci ha donati, la rivelazione del piano divino e la sconfitta di ogni presuntuosa autosufficienza umana. La venuta di Dio fra gli uomini, come luce splendente e realtà divina chiara e visibile, è il dono grande e meraviglioso della salvezza che ci venne elargito.
    La celebrazione odierna onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è l'incarnazione del Verbo. Infatti la Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio.
    La beata Vergine Maria ci fa godere di un duplice beneficio: ci innalza alla conoscenza della verità, e ci libera dal dominio della lettera, esonerandoci dal suo servizio. In che modo e a quale condizione? L'ombra della notte si ritira all'appressarsi della luce del giorno, e la grazia ci reca la libertà in luogo della schiavitù della legge. La presente festa è come una pietra di confine fra il Nuovo e l'Antico Testamento. Mostra come ai simboli e alle figure succeda la verità e come alla prima alleanza succeda la nuova. Tutta la creazione dunque canti di gioia, esulti e partecipi alla letizia di questo giorno. Angeli e uomini si uniscano insieme per prender parte all'odierna liturgia. Insieme la festeggino coloro che vivono sulla terra e quelli che si trovano nei cieli. Questo infatti è il giorno in cui il Creatore dell'universo ha costruito il suo tempio, oggi il giorno in cui, per un progetto stupendo, la creatura diventa la dimora prescelta del Creatore.

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    Albrecht Altdorfer, Natività della Vergine, 1525, Alte Pinakothek, Monaco

    Andrea del Sarto, Natività della Vergine, 1513, SS. Annunziata, Firenze

    Domenico Beccafumi, Natività della Vergine, 1543 circa, Accademia, Siena

    Vittore Carpaccio, Natività della Vergine, 1504-08, Accademia Carrara, Bergamo

    Domenico Ghirlandaio, Natività della Vergine, 1486-90, Cappella Tornabuoni, Basilica di Santa Maria Novella, Firenze

    Giotto di Bondone, Natività della Vergine, 1304-06, Cappella Scrovegni (Cappella Arena), Padova

    Giovanni da Milano, Natività della Vergine, 1365, Cappella Rinuccini, Basilica di Santa Croce, Firenze

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    Bartolomé Esteban Murillo, Natività della Vergine, 1661 circa, Louvre, Parigi

    Francesco Solimena, Natività della Vergine, 1690 circa, Metropolitan Museum of Art, New York

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    Predefinito Preghiera a Maria Bambina

    Dolce Bambina Maria, che destinata ad esser Madre di Dio sei pur divenuta augusta sovrana ed amantissima Madre nostra, pel prodigi di grazie che compisti fra noi, ascolta pietosa le mie umili suppliche. Nel bisogni che mi premono da ogni parte e specialmente nell’'affanno che ora mi tribola, tutta la mia speranza è in Te riposta. O Santa Bambina, in virtù dei privilegi che a Te sola furono concessi e dei meriti che hai acquistati mostrati oggi ancora verso di me pietosa. Mostra che la sorgente dei tesori spirituali e dei beni continui che dispensi è inesauribile perchè illimitata è la tua potenza sul Cuore paterno di Dio.

    Deh! per quell'immensa profusione di grazia onde l'Altissimo Ti arricchì dal primo istante del tuo immacolato Concepimento, esaudisci o Celeste Bambina la mia supplica e loderò in eterno la bontà del tuo Cuore. - Cosi sia.



    Effige di Maria SS. Bambina venerata presso la Casa Madre delle Suore della Carità, v.a S. Sofia, Milano

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    Predefinito Da "La Mistica Città di Dio" della Ven. Suor Maria di Gesù Agreda

    Libro I, Cap. 11, §§ 133-162

    CAPITOLO 11

    Nella creazione di tutte le cose, l'Altissimo ebbe presente Cristo Signore nostro e la sua santissima Madre; elesse e favorì il suo popolo rappresentando questi misteri.


    133. Nell'ottavo capitolo dei Proverbi la Sapienza dice di se stessa che era presente quando l'Altissimo disponeva tutte le cose, durante la creazione. Ho detto poco sopra che questa Sapienza è il Verbo incarnato, il quale, quando Dio pensava nella sua mente divina la creazione di tutto il mondo, era presente con la sua santissima Madre. In quell'istante, infatti, non vi era solo il Figlio coll'eterno Padre e lo Spirito Santo nell'unità della divina natura, ma anche l'umanità che doveva assumere era presente al primo posto di tutto il creato, prevista e ideata nella mente divina del Padre, in unione con l'umanità della sua Madre santissima, che gli avrebbe dato la sua stessa carne. In queste due persone furono previste tutte le sue opere. Da ciò l'Altissimo si sentiva come obbligato a non tener più conto, secondo il nostro modo di parlare, di tutto quello con cui il genere umano e gli angeli caduti avrebbero potuto disobbligarlo dal procedere alla creazione di tutto il rimanente del mondo e delle creature che stava facendo a servizio dell'uomo.

    134. L'Altissimo guardava al suo Figlio unigenito fatto uomo e alla sua santissima Madre, come a modelli che egli aveva formato con la grandezza della sua sapienza e del suo potere per avvalersene come di originali, dei quali il genere umano sarebbe stato una copia. Voleva che tutti gli uomini, simili a queste due immagini della sua divinità, fossero, mediante questi due esemplari, somiglianti a lui stesso. Creò anche le cose materiali necessarie alla vita umana; fece ciò con molta saggezza affinché alcune servissero anche da simboli per rappresentare, in qualche modo, le due santissime persone di Cristo e Maria, che esse dovevano servire e ai quali Dio mirava principalmente. Con questa intenzione egli fece i due grandi luminari del cielo, il sole e la luna affinché, dividendo il giorno dalla notte, rappresentassero il sole di giustizia, Cristo Gesù, e la sua santissima Madre, bella come la luna, che separano il giorno della grazia dalla notte del peccato. Il sole rischiara la luna ed entrambi illuminano tutte le altre creature, dal firmamento fino all'estremità dell'universo.

    135. Creò e perfezionò anche le altre cose, perché dovevano servire a Cristo e a Maria santissima e, grazie a loro, agli altri uomini. Prima di crearli dal niente, imbandì una mensa gustosissima, abbondante, sicura e memorabile, molto più di quella di Assuero. Li voleva creare per sua delizia e per invitarli alla conoscenza del suo amore. Come cortese e generoso Signore, desiderava che il convitato non dovesse attendere, che fosse un tutt'uno l'essere creato e il ritrovarsi assiso alla mensa della divina conoscenza e dell'amore, affinché non ritardasse in ciò che più gli doveva interessare, cioè riconoscere e lodare il suo onnipotente Creatore.

    136. Nel sesto giorno della creazione formò e creò Adamo, uomo di quasi trentatré anni, età pari a quella che Cristo, nostro bene, avrebbe avuto alla sua morte; lo fece tanto somigliante alla sua santissima Umanità che nel corpo a fatica si sarebbe distinto, e anche nell'anima lo fece simile a lui. Da Adamo, poi, formò Eva così simile alla Vergine che la imitava in tutte le sue fattezze e nella persona. Il Signore, con sommo gradimento e benevolenza, guardava a questi due ritratti degli originali, che voleva creare a suo tempo, e in vista di quelli diede loro molte benedizioni, felice d'intrattenersi con essi e coi loro discendenti, fino a quando fosse arrivato il giorno della formazione di Cristo e di Maria.

    137. Purtroppo il felice stato in cui Dio aveva creato i due progenitori del genere umano durò molto poco: l'invidia del serpente, che spiava la loro creazione, subito si risvegliò contro di loro, anche se non poté vedere la formazione di Adamo e di Eva, come invece vide tutte le altre cose nel momento in cui furono create. In verità il Signore non volle manifestargli l'opera della creazione dell'uomo, né la formazione di Eva dalla costola, anzi gliele tenne nascoste fino a quando ne completò l'opera. Il demonio vide l'ammirabile disposizione dell'umana natura sopra tutti gli altri esseri creati e la bellezza delle anime, nonché la leggiadria dei corpi di Adamo e di Eva. Appena si accorse di ciò e conobbe che il Signore li guardava con paterno amore e che li aveva fatti padroni e signori di tutto il creato lasciando loro la speranza della vita eterna, la sua ira, già grande, infuriò a dismisura. Non c'è lingua che possa esprimere la furia e i movimenti rapidi e improvvisi di quella bestia feroce, aizzata dalla sua invidia, per togliere loro la vita. E, come un leone, l'avrebbe fatto in quell'istante, se non avesse conosciuto che una forza ben più grande lo tratteneva. Macchinava, però, e s'ingegnava per trovare il modo di sbalzarli dalla grazia dell'Altissimo affinché si ribellassero a lui.

    138. Qui Lucifero prese un abbaglio: come il Signore da principio gli manifestò che il Verbo si sarebbe fatto uomo nel grembo di Maria santissima, ma non gli svelò né dove né quando, così ora, per la stessa ragione - affinché egli cominciasse ad avvertire l'ignoranza del mistero e del tempo dell'incarnazione - gli nascondeva il modo della creazione di Adamo e della formazione di Eva. Ne seguì che, avendo volto principalmente l'ira e l'attenzione contro Cristo e Maria, ebbe il sospetto che probabilmente Adamo fosse venuto da Eva e questa fosse la Madre e quegli il Verbo incarnato. Sentendo che una forza divina lo tratteneva perché non li facesse morire, in lui cresceva sempre più questo sospetto. Avendo conosciuto i comandi che Dio impose loro - i quali non gli rimasero occulti perché udì il discorso che fece ad Adamo ed Eva - si spense a poco a poco il dubbio, anche perché, mentre ascoltava, investigò l'indole dei due progenitori. Così cominciò fin d'allora, come leone famelico, a circuirli cercando la porta d'entrata delle inclinazioni che via via veniva a conoscere in ciascuno di loro. Fino a quando non si fu disingannato completamente, oscillava tra l'ira contro Cristo e Maria, e il timore di esserne vinto. Quello che soprattutto lo spaventava, era il disonore che gli sarebbe toccato, se chi l'avesse vinto fosse stata la Regina del cielo: non Dio, ma una semplice creatura.

    139. Riflettendo dunque sul precetto che Adamo ed Eva avevano ricevuto, iniziò a tentarli armandosi dell'inganno, contrastando, con tutta la sua forza, la divina volontà. Ma non assalì prima l'uomo, bensì la donna, sia perché la conobbe d'indole più delicata e più debole, sia perché andando contro di lei era più sicuro che ella non fosse il Cristo, sia infine perché contro di lei, dopo quel segno che aveva visto nel cielo e la minaccia che Dio gli aveva fatto a riguardo di quella donna, nutriva somma indignazione. Tutto questo lo spinse ad assalire prima Eva di Adamo. La predispose suggerendole molte immaginazioni e molti pensieri travolgenti e disordinati, affinché si ritrovasse molto turbata. Siccome in un'altra parte ho scritto già riguardo a questo, non mi dilungherò nel descrivere quanto violentemente e inumanamente la tentò. Per il mio scopo basta sapere ciò che dicono le sacre Scritture, e cioè che prese la forma di serpente, con la quale parlò ad Eva, che iniziò quella conversazione che non avrebbe dovuto tenere. Così dall'ascoltarlo passò a rispondergli e a credergli; di qui, poi, ad infrangere il comando che le era stato ordinato; e infine a persuadere il marito che lo infrangesse anche lui a danno suo e di tutti, perdendo così, loro e noi, il felice stato in cui l'Altissimo ci aveva posti.

    140. Quando Lucifero vide la caduta di entrambi e come la bellezza interiore della grazia e della giustizia originali si erano convertite nella bruttezza del peccato, furono incredibili la pomposa vanagloria e il trionfo che mostrò ai suoi demoni. Ben presto, però, li dovette perdere, quando seppe che, contrariamente ai suoi desideri, l'amore divino si era dimostrato pietoso e misericordioso verso di loro lasciando spazio alla penitenza, oltre che alla speranza del perdono e della grazia, se si fossero disposti ad accoglierli con dolore e contrizione. Anzi, quando Lucifero conobbe che la bellezza della grazia e dell'amicizia di Dio veniva restituita loro, nuovamente tornò a turbare tutto l'inferno vedendo gli effetti del pentimento. Il suo cruccio aumentò ancor più quando udì la sentenza che Dio decretava contro i rei tra i quali anch'egli era compreso; sopra ogni cosa lo tormentò sentir ripetere che la donna gli avrebbe schiacciato la testa, minaccia che aveva già udito in cielo.

    141. Dopo il peccato si moltiplicarono i figli di Eva. Si fece, così, la distinzione dei buoni e dei rei, degli eletti e dei reprobi, dei seguaci di Cristo nostro redentore e maestro e di quelli di Satana. Gli eletti seguono il loro capo con la fede, l'umiltà, la carità, la pazienza e con tutte le virtù; per conseguire il trionfo, sono assistiti, aiutati e abbelliti dalla grazia divina e dai doni che lo stesso Signore e riparatore di tutti meritò loro. I reprobi, invece, senza ricevere questi benefici e favori dal loro falso condottiero e senza volere altro premio all'infuori della pena e della confusione eterna dell'inferno, lo seguono con la superbia, la presunzione, l'ambizione, le immoralità e le malvagità introdotte dal padre della menzogna e autore del peccato.

    142. Nonostante ciò l'ineffabile benignità dell'Altissimo diede loro la sua benedizione, affinché, in essa, la stirpe umana crescesse e si moltiplicasse. La sua altissima provvidenza permise che il primo parto di Eva portasse le primizie del peccato nell'ingiusto Caino, mentre il secondo parto indicasse, nell'innocente Abele, il riparatore del peccato, Cristo nostro Signore. Cominciò così a presentarlo contemporaneamente come figura e come modello da imitare, affinché, nel primo giusto, si desse inizio alla legge di Cristo e al suo insegnamento, di cui tutti gli altri dovevano essere discepoli in forza della giustizia, anche quando fossero perseguitati ed oppressi dai peccatori, dai reprobi e dai loro stessi fratelli. Per questo si ebbe in Abele la prima prova della pazienza, dell'umiltà e della mansuetudine; in Caino, invece, dell'invidia e di tutte le altre malvagità a beneficio del giusto e a perdizione di se stesso, per il trionfo del cattivo e la sofferenza del buono. Con questi spettacoli si diede il via agli altri che, successivamente, avrebbe rappresentato il mondo, formato dalle due città: Gerusalemme per i giusti e Babilonia per i reprobi, ciascuno con il proprio capo e il proprio condottiero.

    143. L'Altissimo volle che, nella peculiarità della creazione, il primo Adamo fosse figura del secondo. Come prima di Adamo creò ed ordinò il regno di tutte le creature delle quali lo fece signore e capo, così, prima di inviare il suo Unigenito, lasciò passare molti secoli, affinché egli trovasse, nella moltiplicazione del genere umano, un popolo di cui essere capo, maestro e vero re, senza che rimanesse un solo momento privo di regno e di vassalli. Questa doveva essere la meravigliosa armonia disposta dalla divina Sapienza, cioè che fosse ultimo nell'esecuzione ciò che era primo nell'intenzione.

    144. Avvicinandosi per il mondo il momento in cui il Verbo doveva discendere dal seno dell'eterno Padre per vestire la nostra mortalità, elesse e predispose un popolo scelto e nobilissimo, il più ammirabile che prima e dopo si sia mai visto. In esso, poi, designò una stirpe illustre e santa, dalla quale il Figlio di Dio potesse discendere secondo la carne. Io non mi soffermo a riferire la genealogia di Cristo Signore nostro, perché non è necessario dal momento che è già stata riportata dai santi Evangelisti. Dico solo, a lode dell'Altissimo, che in molte occasioni mi ha mostrato, in vari tempi, il suo incomparabile amore per questo popolo, i favori che operò in esso, nonché i sacri misteri che in tali benefici erano racchiusi e che poi furono manifestati nella santa Chiesa, senza che mai abbia preso sonno il custode d'Israele.

    145. Diede Profeti e santi Patriarchi i quali, con immagini simboliche e profezie, ci preannunciarono, da lontano, quello che ora felicemente possediamo, affinché li veneriamo per il loro apprezzamento della legge di grazia e per come la sospirarono e domandarono. Dio manifestò a questo popolo il suo essere immutabile attraverso molte rivelazioni, ed esso lo manifestò a noi per mezzo delle sante Scritture, racchiudendovi immensi misteri, ai quali potessimo pervenire attraverso la fede. Il Verbo incarnato li compì e li rese tutti credibili, lasciando così alla sua Chiesa la dottrina sicura e l'alimento spirituale delle divine Scritture. Quantunque i profeti e i giusti di quel popolo non abbiano potuto gioire di vedere con i propri occhi Cristo, il Signore non fu meno generoso con loro, manifestandosi in profezie e suscitandone l'affetto; affinché sollecitassero la sua venuta e domandassero la redenzione di tutto il genere umano. La sintonia, l'armonia di tutte queste profezie, di tutti questi misteri e sospiri degli antichi Padri, erano per l'Altissimo come un soavissimo concerto che risuonava nell'intimo del suo petto, con cui, secondo il nostro modo d'intendere, ingannava il tempo, o forse lo accelerava, nell'attesa di discendere a dialogare con gli uomini.

    146. Per non intrattenermi troppo su quanto il Signore, a proposito di questo, mi ha fatto conoscere, e per giungere presto a quello che desidero raccontare riguardo ai preparativi che il Signore fece per inviare nel mondo il Verbo incarnato e la sua santissima Madre, li accennerò succintamente secondo l'ordine delle divine Scritture. Il libro della Genesi contiene ciò che riguarda l'esordio e la creazione del mondo a favore del genere umano, la divisione delle terre e delle nazioni, il castigo e la restaurazione, la confusione delle lingue, l'origine del popolo eletto, la sua discesa in Egitto, insieme a molti altri e grandi misteri che Dio rivelò a Mosè, per farci conoscere l'amore e la giustizia che fin da principio mostrò agli uomini al fine di attirarli alla sua conoscenza e al suo servizio e manifestare quello che aveva fissato di fare per l'avvenire.

    147. L'Esodo contiene ciò che successe in Egitto al popolo eletto, le piaghe ed i castighi che Dio inviò per riscattarlo misteriosamente, l'uscita e il passaggio del Mar Rosso, la legge scritta data con tanti accorgimenti e tante meraviglie, molti altri misteri che Dio realizzò per il suo popolo, affliggendo ora i suoi nemici ora il popolo stesso, castigando gli uni come giudice severo e correggendo gli altri come padre amantissimo, insegnando a riconoscere il beneficio nelle avversità. Grandi meraviglie fece con la verga di Mosè, che prefigurò la croce sulla quale il Verbo incarnato sarebbe stato sacrificato come agnello, rimedio per gli uni e rovina per gli altri; fu figura della croce anche il Mar Rosso, che difese il popolo con muri di acque, e annegò, con le stesse, gli egiziani. Con questi misteri Dio tesseva la vita dei santi, ora di allegrezza, ora di pianto, ora di sofferenza, ora di sollievo e copiava tutto, con infinita sapienza e attenzione, dalla vita e dalla morte futura di Cristo Signore nostro.

    148. Nel Levitico si descrivono e stabiliscono molti sacrifici con riti legittimi per placare Dio; essi preannunciavano l'Agnello che si sarebbe sacrificato per tutti, gli stessi che poi anche noi avremmo immolato a sua divina Maestà, non più simbolicamente, ma realmente. Si descrivono anche le vesti di Aronne che fu figura di Cristo, benché quest'ultimo non fosse sacerdote secondo l'ordine inferiore di Aronne, bensì al modo di Melchisedek.

    149. I Numeri contengono il cammino nel deserto, prefigurando quello che Dio avrebbe operato nella Chiesa con il suo Unigenito, con la sua santissima Madre e con gli altri giusti che, in diversi modi, sono rappresentati nei fatti della colonna di fuoco, della manna, della pietra da cui zampillò acqua. Contengono anche altri grandi misteri e racchiudono quelli che si riferiscono all'aritmetica, essendoci dei segreti molto profondi.

    150. Il Deuteronomio è come una seconda legge, non diversa dalla prima, bensì ripetuta in modo differente e più rappresentativa di quella evangelica. Per il fatto che, per gli occulti giudizi di Dio e per ragioni di convenienza conosciute dalla sua divina sapienza, si doveva ritardare l'incarnazione del Verbo, l'Altissimo rinnovava e ordinava leggi più somiglianti a quella che avrebbe poi stabilita per mezzo del suo Figlio unigenito.

    151. Giosuè introduce il popolo di Dio nella terra promessa e gliela assegna oltre il Giordano, operando grandi prodigi, come evidente figura del Redentore, sia per il nome che per le opere. Simboleggia la distruzione dei regni in possesso al demonio, nonché la separazione e divisione dei buoni e dei cattivi che si farà nell'ultimo giorno.

    152. Dopo Giosuè, avendo già il popolo preso possesso della terra promessa e desiderata, che in primo luogo e propriamente significa la Chiesa acquistata da Gesù Cristo con il prezzo del suo sangue, vengono i Giudici, dai quali prende nome l'omonimo libro. Questi furono mandati da Dio per governare il suo popolo che, per i suoi continui peccati e la sua idolatria, subiva guerre da parte dei Filistei e degli altri nemici suoi vicini. Dio difendeva e liberava Israele quando ritornava a lui con la penitenza e la conversione. In questo libro si racconta quello che fece Debora, giudicando il popolo e liberandolo da una grande oppressione, e quello che fece Giaèle, la quale collaborò per la vittoria. Furono donne entrambe forti e valorose. Tutte queste storie sono evidente figura e testimonianza di ciò che avviene nella Chiesa.

    153. Finito il tempo dei Giudici, Israele domandò i re, perché voleva essere governato come le altre nazioni. Anche i libri dei Re racchiudono grandi misteri sulla venuta del Messia. La morte del sacerdote Eli e del re Saul indica l'aspro giudizio sulla legge antica. Sadok e Davide raffigurano il nuovo regno, il sacerdozio di Cristo e la Chiesa che in rapporto alla totalità degli uomini racchiude in sé solo un piccolo numero. Gli altri re d'Israele e di Giuda, come le ripetute prigionie, rappresentano altri grandi misteri della santa Chiesa.

    154. Vi fu a quei tempi il pazientissimo Giobbe. Tutte le sue parole rimandano a misteri riguardanti la vita di Cristo, la risurrezione dei morti, il giudizio ultimo di ciascuno, la forza e l'astuzia del diavolo. Dio pose Giobbe, in primo luogo, come esempio di pazienza per i mortali, affinché tutti apprendessimo da lui come sopportare le fatiche. Noi sappiamo come è avvenuta la morte di Cristo, ma ci fu già un santo che, pur vedendolo da lontano, lo imitò con tanta pazienza.

    155. Nei numerosi e grandi Profeti, che Dio inviò al suo popolo al tempo dei re, quando maggiore era il bisogno, si trovano molti misteri che l'Altissimo non tralasciò di rivelare e dichiarare loro perché riguardano la venuta del Messia e la sua legge. Lo stesso fece, ancora prima, con gli antichi Padri e i Patriarchi. Ciò serviva a mostrare continuamente la figura del Verbo incarnato e a preparargli il popolo e la legge che doveva insegnare.

    156. Abbondanti e copiose facoltà diede ai tre grandi patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe, perché lo si chiamasse Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe. Egli volle onorarsi di questo nome per dare onore agli stessi Patriarchi, manifestando la loro dignità e le loro eccellenti virtù, oltre i segreti che aveva loro confidato perché gli dessero un nome così onorevole. Ad Abramo, per rappresentare dal vivo ciò che l'eterno Padre avrebbe operato con il suo Unigenito, chiese di sacrificare Isacco. Mentre l'obbediente padre stava per attuare il sacrificio, il Signore, come glielo aveva comandato, così glielo impedì, affinché la messa in opera di quest'azione così eroica fosse riservata al Padre eterno, che avrebbe sacrificato concretamente il suo Unigenito. Egli volle dimostrare, con il gesto di Abramo, che l'amore per Dio deve essere più forte della morte. Non era conveniente, tra l'altro, che una figura tanto espressiva restasse incompiuta, per cui Abramo sacrificò un ariete, immagine dell'Agnello che doveva togliere i peccati del mondo.

    157. A Giacobbe fece vedere quella misteriosa scala densa di significati occulti, dei quali il più grande rappresentava il Verbo fatto uomo, nostra via e scala che conduce al Padre. Per suo tramite la divina Maestà discese tra noi. Per suo mezzo gli angeli, che c'illuminano e custodiscono, ascendono e discendono, conducendoci con le loro mani, affinché le pietre dell'errore, delle eresie e dei vizi non siano di inciampo nel cammino della vita. In mezzo a tali pietre saliamo questa scala con la fede e la speranza della santa Chiesa, la casa di Dio, che altro non è se non la porta del cielo e la santità.

    158. A Mosè, per renderlo superiore al faraone e capo del suo popolo, mostrò quel mistico roveto che ardeva senza bruciare, simbolo profetico della Divinità celata dalla nostra umanità, senza che quest'ultima intacchi il divino, né il divino consumi l'umano. Il roveto rappresentava anche la verginità della Madre del Verbo, non solo nel corpo, ma anche nell'anima mai macchiata, che, pur discendendo da Adamo, non fu intaccata dalla colpa originale.

    159. Davide, con la grandezza del suo cuore, cantò le misericordie dell'Altissimo includendo nei suoi salmi tutti i doni di Dio e i misteri, non solo della legge di grazia, ma anche di quella scritta e di quella naturale; non tacque le testimonianze, i giudizi, e le opere dell'Altissimo che teneva salde nel suo cuore per meditarle giorno e notte. Perdonando gli oltraggi, volle rappresentare colui che avrebbe perdonato i nostri; così gli furono fatte le promesse più chiare e certe della venuta del Redentore nel mondo.

    160. Salomone, re pacifico, e per questo figura del vero re, diffuse, come un fiume, la sua grande sapienza, per manifestare, con diverse forme di componimenti, i misteri e le grazie di Cristo, specialmente nella metafora del Cantico dei Cantici, dove racchiuse gli arcani del Verbo incarnato, della sua santissima Madre, della Chiesa e dei fedeli. Lasciò anche degli insegnamenti morali, che costituiscono la fonte alla quale molti altri scrittori attinsero le acque della verità e della vita.

    161. Chi potrà apprezzare degnamente il beneficio di Dio, il quale ci donò, tramite il suo popolo, l'illustre schiera dei santi Profeti, nei quali l'eterna Sapienza versò abbondantemente la grazia della profezia, illuminando la Chiesa con tante luci, che da così lontano ci preannunciassero il sole di giustizia e i raggi che doveva espandere nella legge di grazia con le sue opere? Isaia e Geremia, i due grandi profeti, furono eletti per diffondere in modo sublime i misteri dell'incarnazione del Verbo, la sua nascita, la sua vita e la sua morte. Isaia ci promise che una vergine avrebbe concepito e partorito un figlio, che si sarebbe chiamato Emmanuele, e che un bambino sarebbe nato per noi e avrebbe portato sulle sue spalle il segno della sovranità. Ci annunziò anche il resto della vita di Cristo, con tanta chiarezza, che la sua profezia sembrò un Vangelo. Geremia profetizzò una meraviglia nuova: una donna avrebbe portato nel suo grembo un uomo perfetto che poteva solo essere il Cristo, vero Dio e vero uomo. Annunziò la sua venuta, la sua passione, gli oltraggi che avrebbe subito e la sua morte. Rimango stupita e meravigliata considerando questi profeti. Isaia chiede che, dalla pietra del deserto al monte della figlia di Sion, Dio mandi l'Agnello dominatore della terra; questo agnello, che è il Verbo incarnato, come Divinità stava nel deserto del cielo dove non vi erano uomini. Lo chiama anche pietra per il riposo, per la fermezza e per la quiete eterna che gode. Il monte, dal quale chiede che venga, è misticamente la Chiesa nella quale Maria santissima, figlia della visione di pace, è Sion. Il Profeta la pone al centro affinché il Padre invii l'agnello, suo unigenito Figlio. In tutto il resto del genere umano, nessuno lo può vincolare a fare ciò come tale Madre, che a questo divino agnello deve offrire il corpo per la sua santissima umanità. Questo contiene quella dolcissima preghiera e profezia.

    162. Anche Ezechiele vide la vergine Madre come figura o metafora di quella porta chiusa, che solo per il Dio d'Israele si sarebbe aperta e nessun altro uomo sarebbe passato per essa . Abacuc contemplò Cristo Signore nostro in croce e con profonde parole profetizzò i misteri della redenzione, gli ammirabili effetti della passione e morte del Redentore. Gioele descrive la terra delle dodici tribù, figura degli Apostoli, che dovevano essere a capo di tutti i figli della Chiesa. Preannunciò anche la discesa dello Spirito Santo sui servi e le serve dell'Altissimo, specificando il tempo della venuta e della vita di Cristo. Anche tutti gli altri Profeti, ciascuno nei propri messaggi, lo annunciarono, perché l'Altissimo volle che tutto fosse detto, profetizzato e prefigurato abbondantemente da lontano, così che tutte queste ammirabili opere potessero testimoniare il suo amore e la sua sollecitudine per gli uomini, nonché le grazie di cui arricchiva la sua Chiesa, e biasimare la nostra tiepidezza e indifferenza. Gli antichi Padri e Profeti s'infiammarono d'amore solo nell'ombra e nella figura, cantando lode e gloria a Dio; noi invece, che possediamo la realtà e il giorno della grazia, rimaniamo sepolti nell'oblio di tanti benefici; abbandonando la luce, preferiamo le tenebre.

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    Libro I, Cap. 14, §§ 189-207

    CAPITOLO 14

    L'Altissimo manifestò agli angeli il tempo stabilito per la concezione di Maria santissima e scelse alcuni di loro per custodirla.


    189. Nel tribunale della volontà divina, come principio inevitabile e causa universale di tutto il creato, si decretano tutte le cose che devono essere, con le loro condizioni e circostanze, senza che alcuna sia dimenticata, né possa, una volta stabilita, essere ostacolata dalle potenze create. Il mondo con i suoi abitanti dipende da questo ineffabile governo che concorre con le cause naturali, senza che sia mai mancato o possa mancare niente a ciò che è necessario. Tutto fece Dio e tutto sostiene col suo volere; è lui che fa sussistere tutte le cose o le annienta, facendole tornare al nulla da cui le ha tratte. Le creò per la gloria sua e del Verbo incarnato, così che fin dal principio della creazione aprì i sentieri e dispose le vie attraverso le quali lo stesso Verbo sarebbe sceso a prendere forma umana e a vivere con gli uomini, affinché questi salissero a Dio, lo conoscessero, temessero, cercassero, servissero ed amassero per poi lodarlo e fruirlo eternamente.

    190. Il suo nome fu ammirabile su tutta la terra ed esaltato nella piena comunione dei santi con cui costituì un popolo gradito, del quale il Verbo incarnato fosse capo. E quando già tutto era disposto secondo la volontà della sua provvidenza ed era giunto il tempo prestabilito per la creazione della donna meravigliosa vestita di sole, che era apparsa nel cielo e che doveva rallegrare ed arricchire la terra, la santissima Trinità stabilì quello che io, pur nella limitatezza della mia comprensione e delle mie parole, cercherò di manifestare.

    191. Ho già detto che per Dio non esiste né passato nè futuro, perché lui ha presente tutto nella sua mente divina e infinita e conosce con un solo e semplicissimo atto della sua volontà. Noi, riducendo tutto ciò secondo il nostro limitato modo di parlare e di intendere, consideriamo che sua Maestà guardò ai decreti che stabilivano di creare una madre confacente e degna perché il Verbo si facesse carne. L'adempimento delle sue leggi è inevitabile. Per questa ragione, essendo ormai giunto il tempo favorevole e stabilito, le tre divine Persone dissero fra loro: «E’ ormai tempo che diamo inizio all'opera del nostro beneplacito, creando quella pura creatura ed anima che deve trovare grazia ai nostri occhi al di sopra di tutte le altre. Dotiamola di ricchi doni e deponiamo in lei sola i più grandi tesori della nostra grazia. Tutte le altre, alle quali demmo vita, furono ingrate e ribelli al nostro volere opponendosi al nostro intento di conservarle nel felice stato originale di quando creammo i primi uomini, cosa che impedirono per loro colpa. Non essendo conveniente che la nostra volontà resti bloccata, creiamo in tutta santità e perfezione questa creatura nella quale non abbia parte alcuna il disordine del primo peccato. Creiamo un'anima secondo i nostri desideri, un frutto dei nostri attributi, un prodigio del nostro infinito potere, che non venga toccata dalla macchia del peccato di Adamo. Facciamo un'opera che sia un oggetto degno della nostra onnipotenza e un esemplare della perfezione che prepariamo per i nostri figli, e sia il fine del disegno che pensammo nella creazione. E poiché hanno tutti trasgredito nella libera volontà e decisione del primo uomo, sia questa sola creatura quella in cui restauriamo ed eseguiamo ciò che perdettero allontanandosi dal nostro volere. Sia ella unica immagine e similitudine della nostra divinità, sia compimento del nostro beneplacito, al nostro cospetto, per tutta l'eternità. In lei depositeremo tutte le prerogative e le grazie che nella nostra prima e condizionata volontà avevamo destinate agli angeli e agli uomini se si fossero mantenuti nello stato originale. Avendole essi perdute rinnoviamole in questa creatura, aggiungendo a questi molti altri doni, affinché il decreto che facemmo non resti del tutto senza effetto, ma migliorato in questa nostra eletta ed unica. Noi avevamo stabilito ciò che era più santo e preparato ciò che era migliore, perfetto e lodevole per le creature, ma esse lo perdettero; liberiamo allora la corrente della nostra bontà a favore di questa diletta esentandola dalla legge comune a tutti i mortali, affinché in lei non sia seminato il cattivo seme del serpente. Io voglio scendere dal cielo nelle sue viscere e in esse rivestirmi, mediante la sua stessa sostanza, della natura umana.

    192. È’ giusto e doveroso che la Divinità, bontà infinita, si depositi e si celi in una materia purissima, limpida e non macchiata da colpa. Alla nostra giustizia e provvidenza non sarebbe conveniente tralasciare ciò che è più decoroso, perfetto e santo, per compiere qualcosa di meno perfetto, dal momento che nulla può resistere alla nostra volontà. Il Verbo che si deve incarnare, essendo redentore e maestro degli uomini, deve porre le fondamenta della perfettissima legge di grazia per insegnare loro ad obbedire e ad onorare il padre e la madre, come cause seconde del loro essere naturale. Si vuole che questa legge sia praticata innanzitutto dal Verbo divino, onorando colei che egli si elesse per madre, rendendola degna di sé con braccio potente e favorendola con quanto vi è di più ammirabile, santo ed eccellente in fatto di grazie e doni. Tra questi l'onore e il beneficio più singolare sarà il non assoggettarla ai nostri nemici, né alla loro malizia; così sarà libera dalla morte della colpa.

    193. Sulla terra il Verbo deve avere una madre, ma non un padre, come nel cielo ha un padre senza una madre. Come c'è giusta corrispondenza, proporzione e consonanza nel chiamare egli Dio Padre e questa donna Madre, così vogliamo che ci sia la stessa corrispondenza ed uguaglianza possibile tra Dio e la creatura, affinché mai il drago possa gloriarsi di essere stato superiore alla donna, alla quale obbedì Dio come a vera madre. La dignità di essere esente dalla colpa è dovuta e conveniente a colei che sarà la Madre del Verbo; per lei è una grazia maggiormente stimabile e più vantaggiosa, poiché l'essere santa è un bene più grande che l'essere semplicemente madre, nonostante che all'essere Madre di Dio spetti tutta la santità e la perfezione. Davvero la carne umana dalla quale il Verbo dovrà prendere forma, dev'essere libera dal peccato, poiché egli, dovendo redimere i peccatori, non deve riscattare la sua stessa carne, redentrice essa stessa per la sua unione con la divinità. È quindi anticipatamente preservata perché noi abbiamo già previsto e accettato gli infiniti meriti del Verbo in questa stessa carne e natura. Anzi vogliamo che questo tempio, questa gloriosa abitazione della sua umanità, sia per il Verbo incarnato un motivo di gloria per tutta l'eternità.

    194. La madre sarà figlia del primo uomo, ma, quanto alla grazia, singolare, libera ed immune dalla colpa di lui. Riguardo alle doti naturali deve essere perfettissima e ammaestrata con speciale provvidenza. Dovendo poi il Verbo incarnato essere maestro d'umiltà e santità attraverso le tribolazioni che dovrà patire - scelte da lui in eredità come, agli occhi nostri, il più apprezzabile tesoro per confondere la vanità e l'ingannevole falsità dei mortali - così vogliamo che questa parte tocchi anche a colei che sarà sua Madre. Ella sarà unica e singolare nella pazienza, ammirabile nel soffrire e col suo Unigenito offrirà un sacrificio di dolore tanto accetto alla nostra volontà e di maggiore gloria per lei».

    195. Fu questo il decreto che le tre divine Persone manifestarono agli angeli santi esaltando la gloria e la venerazione dei loro profondi e impenetrabili giudizi. Dio fece agli angeli questa nuova rivelazione della sua grandezza, per consentire loro di scoprire l'ordine ammirabile e l'accordo meraviglioso delle sue opere, poiché la sua divinità è uno specchio che nella stessa visione beatifica manifesta, quando a lui piace, nuovi misteri ai beati. Tutto questo non è altro che la conseguenza di ciò che nei capitoli precedenti ho scritto riguardo alla creazione degli angeli, cioè che Dio aveva detto loro di venerare e riconoscere superiori il Verbo incarnato e la sua santissima Madre. Essendo ora giunto il tempo destinato alla formazione di questa grande Regina, era necessario che il Signore non lo tenesse nascosto, egli che tutto dispone con peso e misura. È’ inevitabile che, da parole umane e così limitate quali sono quelle che io riesco a trovare, resti velata la conoscenza di così segreti misteri che mi ha dato l'Altissimo. Ad ogni modo, secondo la mia capacità, dirò quello che potrò riguardo a quanto il Signore manifestò agli angeli in questa occasione.

    196. Sua Maestà disse: «È ormai giunto il tempo stabilito dalla nostra provvidenza per far nascere la creatura più gradita e accetta ai nostri occhi, la restauratrice della prima colpa del genere umano, colei che deve schiacciare la testa al serpente, colei di cui era figura quella singolare donna che, come grande segno, apparve alla nostra presenza, colei che deve rivestire di carne umana il Verbo eterno. S'avvicina già l'ora così felice per gli uomini in cui distribuiremo i tesori della nostra divinità per aprire loro le porte del cielo. Si attenui ormai la severità della nostra giustizia nel castigare, che fino ad ora è stata usata per gli uomini, e si conosca l'attributo della nostra misericordia, arricchendo le creature con i tesori della grazia e dell'eterna gloria che il Verbo incarnato ha meritato.

    197. Abbia, infine, il genere umano un riparatore, un maestro, un mediatore, un fratello e un amico che sia vita per i morti, salute per gli infermi, consolazione per chi è nella tristezza, sollievo per gli afflitti, riposo e compagno per i tribolati. Si compiano ormai le profezie dei nostri servi, e si adempiano le promesse di inviare un Salvatore. Allo scopo di eseguire tutto secondo il nostro beneplacito, dando inizio al mistero nascosto fin dalla costituzione del mondo, scegliamo per la formazione della nostra diletta Maria il grembo della nostra serva Anna, affinché in esso sia concepita e creata la sua anima beatissima. Sebbene il suo concepimento e la sua formazione debbano seguire l'ordine comune della procreazione naturale, tuttavia, per quanto riguarda la grazia, si segue un ordine diverso, disposto giustamente dal nostro immenso potere.

    198. Già sapete come l'antico serpente, dopo quel grande segno che vide di questa meravigliosa donna, tenda continuamente insidie a tutte le donne, cominciando dalla prima che creammo, e perseguiti con astuzia e frodi quelle che conosce più perfette nella loro vita e nelle loro opere, nella speranza di trovare, tra tutte, quella che gli deve calpestare e schiacciare la testa. Quando, rivolto a questa creatura purissima e senza colpa, la riconoscerà santa, porrà tutti i suoi sforzi nel perseguitarla secondo l'idea che si farà di lei. La superbia di questo drago sarà più grande della sua forza; è nostro volere, però, che voi di questa nostra città santa e di tale tabernacolo del Verbo incarnato abbiate speciale cura e protezione custodendola, assistendola, difendendola dai nostri nemici per illuminarla, confortarla e consolarla con degna cura e riverenza, finché sarà viatrice».

    199. A questa proposta dell'Altissimo, i santi angeli, con umiltà profonda e prostrati dinanzi al trono regale della santissima Trinità, si mostrarono sottomessi e pronti al divino mandato. Ciascuno di essi, gareggiando santamente con gli altri, desiderava essere inviato, offrendosi per un così felice ministero. Tutti poi innalzarono all'Altissimo inni di lode e un cantico nuovo, perché stava per giungere l'ora in cui avrebbero visto il compimento di ciò che con ardentissimo desiderio avevano per molti secoli supplicato di vedere. Io conobbi in quest'occasione che, dopo la grande battaglia nel cielo di san Michele col drago e i suoi alleati, nella quale questi ultimi furono precipitati nelle tenebre sempiterne lasciando gli eserciti di san Michele vittoriosi e confermati nella grazia, questi santi spiriti cominciarono subito a chiedere che si compissero i misteri riguardanti l'incarnazione del Verbo, che allora conobbero. Perseverarono in queste ripetute richieste fino al momento in cui Dio manifestò loro il compimento di ciò che desideravano.

    200. Per tale ragione essi, sollecitati da questa nuova rivelazione, giubilarono e glorificarono il Signore dicendo: «Altissimo e incomprensibile Dio e Signore nostro, tu sei degno di ogni adorazione, lode e gloria in eterno; noi siamo solo creature create per tua divina volontà. Mandaci, ti supplichiamo, o potentissimo Signore, ad eseguire le tue meravigliose e misteriose opere, affinché si compia in tutto il tuo giustissimo beneplacito». I celesti principi si riconoscevano, con queste manifestazioni, inferiori alla grande donna; desideravano, se fosse stato possibile, essere più puri e perfetti per poter essere più degni di custodirla e servirla.

    201. Immediatamente l'Altissimo stabilì coloro che dovevano occuparsi di così nobile incarico; ne elesse quindi cento da ciascuno dei nove cori, per un totale di novecento. Ne scelse altri dodici, i quali, in forma umana visibile ma con simboli della redenzione sulle loro vesti, la potessero assistere nelle cose più ordinarie. Questi sono i dodici angeli che custodivano le porte della città di Gerusalemme, come è descritto nel libro dell'Apocalisse al capitolo ventunesimo. Di questi parlerò in un capitolo successivo. Il Signore, poi, ne destinò altri diciotto di livello superiore perché ascendessero e discendessero dalla scala mistica di Giacobbe con i messaggi della Regina a sua Altezza e di lui a lei. Infatti molte volte la Regina li inviava all'eterno Padre per essere guidata in tutte le sue azioni dallo Spirito Santo, per non fare nulla senza il beneplacito divino a cui si preoccupava di fare riferimento anche nelle cose più piccole. Quando non era informata da illuminazioni particolari, mandava questi santi spiriti a presentare al Signore i suoi dubbi e i suoi desideri per compiere quello che era più gradito alla sua santissima volontà, chiedendo di sapere ciò che le comandava, come dirò poi nel corso di questa Storia.

    202. Oltre a tutti questi santi angeli, il Signore assegnò e nominò altri settanta serafini dei più eccelsi e più vicini al trono della Divinità, affinché comunicassero con la Principessa del cielo nello stesso modo in cui comunicano e parlano tra loro e i superiori illuminano gli inferiori. Questo beneficio fu concesso alla Madre di Dio - sebbene fosse superiore per dignità e per grazia a tutti i serafini - perché era viatrice e inferiore agli angeli nella natura. Quando il Signore, a volte, si allontanava o si nascondeva, come vedremo più avanti, i settanta serafini la illuminavano e consolavano. Ella conferiva con loro sui suoi ardenti sentimenti d'amore e sulle sue ansie per quel tesoro nascosto che aveva in sé. Furono scelti per questo beneficio in numero di settanta come corrispondenti agli anni di lei, i quali furono appunto settanta, e non sessanta, come diremo a suo tempo. In questo numero sono compresi quei sessanta prodi che, secondo il terzo capitolo del Cantico dei Cantici, custodivano il talamo di Salomone; erano scelti tra i più valorosi d'Israele, addestrati alla guerra e muniti di spade per i pericoli della notte.

    203. La ragione per cui questi principi e valorosi capitani vennero scelti dai supremi ordini gerarchici per custodire la Regina del cielo fu che in quell'antica battaglia tra gli spiriti umili e il superbo drago, essi furono eletti cavalieri nell'esercito del supremo Re, affinché con la spada della sua virtù e della parola divina combattessero e vincessero Lucifero con tutti i suoi seguaci. Questi sommi serafini, in quella battaglia vittoriosa, si distinsero per lo zelo dell'onore dell'Altissimo, come capitani coraggiosi ed esperti nell'amore divino. Queste armi della grazia furono donate a loro per virtù del Verbo incarnato, che riconobbero capo e Signore, difendendo il suo onore insieme a quello della sua santissima Madre. Per questo motivo viene detto che custodivano il talamo di Salomone e gli facevano da scorta, con le spade ai fianchi ad indicare la generazione umana e in essa l'umanità di Cristo Signore nostro, concepita nel talamo verginale di Maria dal suo purissimo sangue e dalla sua sostanza.

    204. Gli altri dieci serafini, che mancano per raggiungere il numero di settanta, furono anch'essi partecipi di quell'ordine superiore: contro l'antico serpente manifestarono grande riverenza alla divinità ed umanità del Verbo, oltre che alla sua santissima Madre. Tutto ciò ebbe luogo in quella battaglia dei santi angeli. A coloro che capeggiavano in questa lotta venne concesso, per onore speciale, di essere le guardie della comune Regina e siguora. Tutti insieme formano una schiera di mille angeli, tra serafini ed altri di ordine inferiore. Questa città di Dio fu sovrabbondantemente presidiata per essere difesa dagli eserciti infernali.

    205. A capo di questo invincibile squadrone fu posto il principe della milizia celeste, san Michele, il quale, pur non assistendo sempre la sua Regina, molte volte l'accompagnava e le si manifestava. L'Altissimo lo destinò alla custodia della santissima Madre per alcuni particolari misteri, come speciale messaggero di Cristo nostro Signore. Fu finalmente nominato il santo principe Gabriele, affinché, da parte dell'eterno Padre, scendesse tra le legazioni dei santi angeli per dedicarsi ad altri ministeri riguardanti la Principessa del cielo. Questo fu ordinato dalla santissima Trinità affinché la difendesse e custodisse.

    206. Tutte queste nomine furono grazia dell'Altissimo. Io intesi che egli, nel farle, osservò un certo ordine di giustizia distributiva, perché usò equità e provvidenza, considerando le opere e la volontà dei santi angeli che accettarono questi misteri rivelati all'inizio intorno all'incarnazione del Verbo e a sua Madre. Nel mostrarsi obbedienti alla divina volontà alcuni espressero inclinazioni ed attenzioni diverse rispetto ad altri nell'esercizio dei misteri che vennero loro proposti. D'altra parte non furono elargite a tutti le stesse grazie, la stessa volontà e gli stessi sentimenti. Alcuni, venuti a conoscenza dell'unione delle due nature, divina e umana, nella persona del Verbo, nascosta nei limiti di un corpo ed innalzata ad essere capo di tutto il creato, ebbero speciale devozione per questo mistero. Altri poi si stupirono che l'Unigenito del Padre si rendesse passibile per il grande amore verso gli uomini, al punto di offiirsi e morire per loro. Un'ultima parte, infine, si distinse nel lodare Dio per la creazione in Maria di un'anima e di un corpo di così sublime eccellenza, superiore a tutti gli spiriti angelici così ché da lei potesse prendere carne il Creatore di tutti. La distinzione degli angeli, addetti ai vari misteri di Cristo e di sua Madre, fu fatta secondo le inclinazioni di ciascuno e in premio di esse, così come verranno santificati coloro i quali in questa vita si saranno distinti per speciali virtù: Dottori, Vergini, ecc.

    207. In corrispondenza di tale distinzione i vari angeli, quando si manifestavano alla Madre di Dio, come dirò più avanti, avevano stemmi diversi che rappresentavano rispettivamente i misteri dell'incarnazione, della passione di Cristo Signore nostro, della grandezza e dignità riservate alla stessa Regina. Ella non venne subito a conoscenza di quest'ultimo mistero perché l'Altissimo ordinò agli angeli di non rivelarle che sarebbe divenuta la Madre del suo Unigenito, fino al tempo stabilito dalla sua sapienza. Tuttavia dovevano parlare con lei dei misteri dell'incarnazione e della redenzione per infervorarla e spingerla a fare le sue richieste. È’ impossibile esprimere a parole, e le mie sono limitate, una così alta luce e rivelazione.

 

 
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