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    Predefinito 12 agosto (11 agosto) - S. Chiara d'Assisi

    La Chiesa quest'oggi celebra la memoria di S. Chiara, fedele interprete di S. Francesco e del suo messaggio.
    In suo onore, apro questo thread.

    Augustinus

    *****
    dal sito SANTI E BEATI:

    Santa Chiara Vergine

    11 agosto - Memoria

    Assisi, 1193/1194 - Assisi, 11 agosto 1253

    Di nobile e ricca famiglia, conquistata dall'esempio di San Francesco, lo raggiunse alla Porziuncola. Fondò l'Ordine femminile delle "povere recluse di San Damiano" (chiamate in seguito Clarisse) di cui fu un nominata badessa e di cui Francesco dettò una prima Regola. Chiara scrisse poi la Regola definitiva chiedendo ed ottenendo da Gregorio IX il "privilegio della povertà". Per aver contemplato, in una Notte di Natale, sulle pareti della sua cella il presepe e i riti delle funzioni solenni che si svolgevano a Santa Maria degli Angeli, è stata scelta quale protettrice della televisione. Erede dello spirito francescano, si preoccupò di diffonderlo, distinguendosi per il culto verso il SS. Sacramento che salvò il loro convento dai Saraceni.

    Aveva appena dodici anni Chiara quando Francesco d'Assisi compì nella pubblica piazza il gesto di spogliarsi di tutti i vestiti per restituirli al padre Bernardone. Conquistata dall'esempio di San Francesco, la giovane Chiara, della nobile e ricca famiglia degli Offreducci, sette anni dopo lo raggiunse alla Porziuncola. Fondò l'Ordine femminile delle «povere recluse di San Damiano» (chiamate in seguito Clarisse) di cui fu nominata badessa e di cui Francesco dettò una prima Regola. Chiara scrisse poi la Regola definitiva chiedendo ed ottenendo da Gregorio IX il «privilegio della povertà». Per aver contemplato, in una Notte di Natale, sulle pareti della sua cella il presepe e i riti delle funzioni solenni che si svolgevano a Santa Maria degli Angeli, è stata scelta da Pio XII quale protettrice della televisione. Erede dello spirito francescano, si preoccupò di diffonderlo, distinguendosi per il culto verso il SS. Sacramento che salvò il loro convento dai Saraceni. (Avvenire)

    Patronato: Televisione

    Etimologia: Chiara = trasparente, illustre, dal latino

    Emblema: Giglio, Ostia

    Martirologio Romano: Memoria di santa Chiara, vergine, che, primo virgulto delle Povere Signore dell’Ordine dei Minori, seguì san Francesco, conducendo ad Assisi in Umbria una vita aspra, ma ricca di opere di carità e di pietà; insigne amante della povertà, da essa mai, neppure nell’estrema indigenza e infermità, permise di essere separata.

    Martirologio tradizionale (12 agosto): Santa Chiara Vergine, prima pianta delle Povere Donne dell'Ordine dei Minori, chiamata alle eterne nozze del divino Agnello nel giorno precedente.

    (11 agosto): Ad Assisi, in Umbria, il natale di santa Chiara Vergine, prima pianta delle Povere Donne dell'Ordine dei Minori, la quale, celebre per la vita e per i miracoli, dal Papa Alessandro quarto fu ascritta nel numero delle sante Vergini e dal Papa Pio dodicesimo dichiarata celeste Patrona della Televisione. La sua festa si celebra nel giorno seguente.

    La sera della domenica delle Palme (1211 o 1212) una bella ragazza diciottenne fugge dalla sua casa in Assisi e corre alla Porziuncola, dove l’attendono Francesco e il gruppo dei suoi frati minori. Le fanno indossare un saio da penitente, le tagliano i capelli e poi la ricoverano in due successivi monasteri benedettini, a Bastia e a Sant’Angelo.
    Infine Chiara prende dimora nel piccolo fabbricato annesso alla chiesa di San Damiano, che era stata restaurata da Francesco. Qui Chiara è stata raggiunta dalla sorella Agnese; poi dall’altra, Beatrice, e da gruppi di ragazze e donne: saranno presto una cinquantina.
    Così incomincia, sotto la spinta di Francesco d’Assisi, l’avventura di Chiara, figlia di nobili che si oppongono anche con la forza alla sua scelta di vita, ma invano. Anzi, dopo alcuni anni andrà con lei anche sua madre, Ortolana. Chiara però non è fuggita “per andare dalle monache”, ossia per entrare in una comunità nota e stabilita. Affascinata dalla predicazione e dall’esempio di Francesco, la ragazza vuole dare vita a una famiglia di claustrali radicalmente povere, come singole e come monastero, viventi del loro lavoro e di qualche aiuto dei frati minori, immerse nella preghiera per sé e per gli altri, al servizio di tutti, preoccupate per tutti. Chiamate popolarmente “Damianite” e da Francesco “Povere Dame”, saranno poi per sempre note come “Clarisse”.
    Da Francesco, lei ottiene una prima regola fondata sulla povertà. Francesco consiglia, Francesco ispira sempre, fino alla morte (1226), ma lei è per parte sua una protagonista, anche se sarà faticoso farle accettare l’incarico di abbadessa. In un certo modo essa preannuncia la forte iniziativa femminile che il suo secolo e il successivo vedranno svilupparsi nella Chiesa.
    Il cardinale Ugolino, vescovo di Ostia e protettore dei Minori, le dà una nuova regola che attenua la povertà, ma lei non accetta sconti: così Ugolino, diventato papa Gregorio IX (1227-41) le concede il “privilegio della povertà”, poi confermato da Innocenzo IV con una solenne bolla del 1253, presentata a Chiara pochi giorni prima della morte.
    Austerità sempre. Però "non abbiamo un corpo di bronzo, né la nostra è la robustezza del granito". Così dice una delle lettere (qui in traduzione moderna) ad Agnese di Praga, figlia del re di Boemia, severa badessa di un monastero ispirato all’ideale francescano.
    Chiara le manda consigli affettuosi ed espliciti: "Ti supplico di moderarti con saggia discrezione nell’austerità quasi esagerata e impossibile, nella quale ho saputo che ti sei avviata". Agnese dovrebbe vedere come Chiara sa rendere alle consorelle malate i servizi anche più umili e sgradevoli, senza perdere il sorriso e senza farlo perdere. A soli due anni dalla morte, papa Alessandro IV la proclama santa.
    Chiara si distinse per il culto verso l'Eucarestia. Per due volte Assisi venne minacciata dall'esercito dell'imperatore Federico II che contava, tra i suoi soldati, anche saraceni. Chiara, in quel tempo malata, fu portata alle mura della città con in mano la pisside contenente il Santissimo Sacramento: i suoi biografi raccontano che l'esercito, a quella vista, si dette alla fuga.

    Autore: Domenico Agasso








  2. #2
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    Predefinito Dalla IV «Lettera alla beata Agnese di Praga» di santa Chiara, vergine

    tra il febbraio e i primi di agosto 1253
    (Ed. I. Omaechevarria, Escritos de Santa Clara, Madrid 1970, pp. 339-341)


    Felice certamente chi può esser partecipe del sacro convito, in modo da aderire con tutti i sentimenti del cuore a Cristo, la cui bellezza ammirano senza sosta tutte le beate schiere dei cieli, la cui tenerezza commuove i cuori, la cui contemplazione reca conforto, la cui bontà sazia, la cui soavità ricrea, il cui ricordo illumina dolcemente, al cui profumo i morti riacquistano la vita e la cui beata visione renderà felici tutti i cittadini della celeste Gerusalemme.
    Poiché questa visione è splendore di gloria eterna, «riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia» (Sap 7, 26), guarda ogni giorno in questo specchio, o regina, sposa di Gesù Cristo. Contempla continuamente in esso il tuo volto, per adornarti così tutta interiormente ed esternamente, rivestirti e circondarti di abiti multicolori e ricamati, abbellirti di fiori e delle vesti di tutte le virtù, come si addice alla figlia e sposa castissima del sommo Re. In questo specchio rifulge la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità. Contempla lo specchio in ogni parte e vedrai tutto questo.
    Osserva anzitutto l'inizio di questo specchio e vedrai la povertà di chi è posto in una mangiatoia ed avvolto in poveri panni. O meravigliosa umiltà, o stupenda povertà! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra è adagiato in un presepio!
    Al centro dello specchio noterai l'umiltà, la beata povertà e le innumerevoli fatiche e sofferenze che egli sostenne per la redenzione del genere umano.
    Alla fine dello stesso specchio noterai l'umiltà, la beata povertà e le innumerevoli fatiche e sofferenze che egli sostenne per la redenzione del genere umano. Alla fine dello stesso specchio potrai contemplare l'ineffabile carità per cui volle patire sull'albero della croce ed in esso morire con un genere di morte di tutti il più umiliante. Perciò lo stesso specchio, posto sul legno della croce, ammoniva i passanti a considerare queste cose, dicendo: «Voi tutti che passate per la via, considerare e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore!» (Lam 1, 12). Rispondiamo dunque a lui, che grida e si lamenta, con un'unica voce ed un solo animo: «Ben se ne ricorda e si accascia dentro di me la mia anima» (Lam 3, 20).
    Così facendo ti accenderai di un amore sempre più forte, o regina del Re celeste.
    Contempla inoltre le sue ineffabili delizie, le ricchezze e gli eterni onori, sospira con ardente desiderio ed amore del cuore, ed esclama: «Attirami dietro a te, corriamo al profumo dei tuoi aromi» (Ct 1, 3 volg.), o Sposo celeste. Correrò, né verrò meno fino a che non mi abbia introdotto nella tua dimora, fino a che la tua sinistra non stia sotto il mio capo e la tua destra mi cinga teneramente con amore (cfr. Ct 2, 4. 6).
    Nella contemplazione di queste cose, ricordati di me, tua madre, sapendo che io ho scritto in modo indelebile il tuo ricordo sulle tavolette del mio cuore, ritenendoti fra tutte la più cara.

  3. #3
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    Predefinito Benedizione di S. Chiara

    Nel nome del Padre del Figlio
    e dello Spirito Santo.

    Il Signore vi benedica
    e vi custodisca.

    Vi mostri la sua faccia
    e abbia misericordia di voi.

    Volga verso di voi il suo volto
    e vi dia pace,
    sorelle e figlie mie, e a tutte le altre che verranno e rimarranno nella vostra comunità, e alle altre ancora, tanto presenti che venture, che persevereranno fino alla fine negli altri monasteri delle povere dame.

    Io Chiara, ancella di Cristo, pianticella del beatissimo padre nostro san Francesco, sorella e madre vostra e delle altre sorelle povere, benché indegna, prego il Signore nostro Gesù Cristo, per la sua misericordia e per l'intercessione della santissima sua genitrice, santa Maria, e del beato Michele arcangelo e di tutti i santi angeli di Dio, del beato Francesco padre nostro e di tutti i santi e le sante, che lo stesso Padre celeste vi dia e vi confermi questa santissima benedizione sua in cielo e in terra: in terra, moltiplicandovi nella grazia e nelle sue virtù fra i servi e le ancelle sue nella Chiesa sua militante; e in cielo, esaltandovi e glorificandovi nella Chiesa trionfante fra i santi e le sante sue.

    Vi benedico nella mia vita e dopo la mia morte, come posso, con tutte le benedizioni, con le quali il Padre delle misericordie ha benedetto e benedirà i suoi figli e le sue figlie in cielo e sulla terra, e con le quali il padre e la madre spirituale ha benedetto e benedirà i figli suoi e le figlie spirituali. Amen.

    Siate sempre amanti delle anime vostre e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite nell'osservare quelle cose che avete promesso al Signore.

    Il Signore sia sempre con voi e voglia il Cielo che voi siate semper con lui.

    Amen.

  4. #4
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    Predefinito Lettera a Ermentrude

    Ermentrude, sorella carissima, Chiara Assisiate,
    umile ancella di Gesù Cristo, salute e pace.

    Ho appreso, o carissima sorella, che, con l'appoggio della grazia di Dio, sei felicemente fuggita dal fango del mondo;
    perciò me ne rallegro e mi congratulo con te e ancora mi rallegro perché con le tue figlie calchi piena di energia i sentieri della virtù.

    Sii fedele, carissima,
    a colui al quale tu ahi fatto delle promesse;
    da lui stesso, infatti, sarai incoronata
    con il lauro della vita.

    Breve è qui la nostra fatica,
    ma la ricompensa è eterna;
    non ti confondano gli strepiti del mondo
    che fugge come ombra;

    non ti facciano uscire di mente
    gl'inani spettri del secolo ingannatore;
    ai sibili dell'inferno tura le orecchie
    e forte, infrangi i suoi sforzi;

    sopporta volentieri i mali avversi
    e i beni prosperi non ti esaltino:
    questi, infatti, richiedono la fede,
    e quelli la esigono;

    restituisci a Dio ciò di cui hai fatto voto
    ed egli ti retribuirà.

    O carissima, guarda verso il cielo che c'invita,
    e prendi la croce e segui il Cristo che ci precede;

    Infatti, dopo le diverse e molte tribolazioni
    per mezzo suo entreremo nella sua gloria.

    Ama dal profondo di tutte le tue viscere Dio
    e Gesù, Figlio suo,
    crocefisso per noi peccatori,
    né cada mai dalla tua mente la memoria di lui;

    fa di meditare continuamente
    i misteri della croce
    e i tormenti della madre in piedi sotto la croce.

    Prega e veglia sempre.

    E l'opera che bene hai cominciato
    còmpila appassionatamente
    e il ministero che hai assunto
    adempilo nella santa povertà
    e nell'umiltà sincera.

    Non aver paura, figlia,
    Dio, fedele in tutte le sue parole
    e santo in tutte le sue opere
    effonderà su di te e sopra le tue figlie
    la sua benedizione;

    e sarà il vostro aiuto e il miglior consolatore;
    egli èil nostro redentore e la nostra ricompensa eterna.

    Preghiamo Dio reciprocamente per noi,
    così , infatti, portando ciascuna l'onere
    della carità dell'altra
    adempiremo facilmente la legge di Cristo.

    Amen.

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    Predefinito

    Giuseppe Cesari, S. Chiara respinge con l'Eucarestia l'assedio di Assisi, XVI-XVII sec., Hermitage, San Pietroburgo

    Giotto di Bondone, S. Chiara, 1325, Cappella Bardi, Basilica di Santa Croce, Firenze

    Maestro di Heiligenkreuz, Morte di S. Chiara, 1410, National Gallery of Art, Washington

    Simone Martini, SS. Chiara ed Elisabetta d'Ungheria, 1317, Cappella di San Martino, Basilica inferiore di San Francesco, Assisi

    Francisco Domingo Marqués, S. Chiara, 1869, Museo de Bellas Artes, Valencia

    Juan de Valdés Leal, La processione di S. Chiara, 1653 circa, Alcazar, Siviglia




  6. #6
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    In rilievo

    Augustinus

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    Predefinito Il Testamento di S. Chiara

    Nel nome del Signore. Amen.

    Fra gli altri benefici, che dal nostro largitore Padre delle misericordie abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo e per cui dobbiamo maggiormente ringraziare il glorioso Padre del Cristo, c'è la nostra vocazione, la quale quanto più perfetta e grande, tanto più gli dobbiamo. Donde l'Apostolo: Riconosci la tua vocazione. Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore.

    Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco, Dio si è degnato di operare in noi, non solo dopo la nostra conversione, ma anche mentre eravamo nella misera vanità del mondo. Infatti, quando lo stesso santo non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, dove totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto ad abbandonare del tutto il mondo, per grande letizia e illuminazione dello Spirito Santo profetò riguardo a noi, ciò che poi il Signore adempì.

    Salendo infatti in quel tempo sopra il muro di detta chiesa, ad alcuni poveri, che sostavano là vicino, ad alta voce diceva in lingua francese: Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché vi saranno ivi delle donne, con la vita famosa e la santa conversazione delle quali il nostro Padre celeste sarà glorificato in tutta la sua Chiesa.

    In ciò dunque possiamo considerare la copiosa benignità di Dio in noi, che per la sua abbondante misericordia e carità si è degnato di dire queste cose per mezzo del suo santo, riguardo alla nostra vocazione ed elezione. E non soltanto riguardo a noi il nostro beatissimo padre Francesco profetò queste cose, ma anche riguardo alle altre, che sarebbero venute nella vocazione santa, nella quale il Signore ci ha chiamate.

    Con quanta sollecitudine, dunque, con quando zelo di mente e di corpo dobbiamo osservare i comandamenti di Dio e del nostro Padre, per poter restituire, con l'aiuto di Dio, moltiplicato il talento! Il Signore stesso, infatti, ci ha poste come forma in esempio e specchio non solo per gli altri, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore chiamerà, affinché anch'esse siano di specchio e d'esempio a coloro che vivono nel mondo. Poiché dunque il Signore ci ha chiamate a cose tanto grandi, cosicché coloro che sono date come specchio ed esempio agli altri, possano rispecchiarsi in noi, siamo molto tenute a benedire e a lodare Dio e a corroborarci ancor di più per fare il bene nel Signore. Perciò, se vivremo secondo la forma predetta, lasceremo agli altri un nobile esempio e acquisteremo il premio della beatitudine eterna con una fatica brevissima.

    Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e per sua grazia, d'illuminare il mio cuore, perché secondo l'esempio e la dottrina del beatissimo padre nostro Francesco facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con poche sorelle che il Signore mi aveva dato poco dopo la conversione mia, promisi a lui volontariamente obbedienza, come il Signore ci aveva conferito il lume della sua grazia per mezzo della sua vita mirabile e della sua mirabile dottrina. Il beato Francesco poi, considerando che, pur essendo fragili e deboli secondo il corpo, tuttavia non ricusavamo nessuna necessità, nessuna povertà, nessuna fatica, nessuna tribolazione o deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li consideravamo come grandi delizie, come frequentemente egli ci aveva esaminate secondo gli esempi dei santi e dei suoi frati, si rallegrò molto nel Signore; e mosso a pietà verso di noi, si obbligò con noi di avere da se stesso e per mezzo della sua religione, cura diligente e sollecitudine speciale per noi come per i suoi frati.

    E così, per volontà di Dio e del nostro beatissimo padre Francesco, andammo alla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per sua misericordia e grazia ci moltiplicò, perché si adempisse ciò che il Signore aveva predetto per mezzo del suo santo. Infatti, prima, ci eravamo trattenute in altro luogo, benché per poco.

    Poi scrisse per noi una forma di vita e massimamente perché perseverassimo sempre nella santa povertà. Né si accontentò, durante la sua vita, di esortarci con molti sermoni ed esempi all'amore della santissima povertà e alla sua osservanza, ma ci trasmise molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci scostassimo per nulla da essa, come il Figlio di Dio, mentre visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla medesima santa povertà. E il beatissimo padre nostro Francesco, avendo imitato le sue vestigia, la sua santa povertà, che scelse per sé e per i suoi frati, finché visse, non si scostò affatto da essa, con il suo esempio e la sua dottrina.

    Io, dunque, Chiara, ancella, benché indegna, del Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, e pianticella del santo padre, considerando con le mie altre sorelle la nostra così alta professione e il comando di un tale padre, e anche la fragilità delle altre, che noi temevamo in noi stesse dopo il trapasso del nostro santo padre Francesco, che era la nostra colonna, la nostra unica consolazione dopo Dio e il nostro appoggio, ancora e ancora ci siamo volontariamente obbligate alla nostra santissima madonna povertà, cosicché dopo la mia morte le sorelle, che sono e che verranno, non possano in alcun modo scostarsi da essa.

    E come io fui sempre zelante e sollecita nell'osservare e nel fare osservare dalle altre la santa povertà che abbiamo promesso al Signore e al nostro padre il beato Francesco, così quelle che mi succederanno nell'ufficio siano tenute sino alla fine a osservare con l'aiuto di Dio e a far osservare la santa povertà. Anzi, per maggiore precauzione, fui sollecita a far corroborare la nostra professione della santissima povertà, che abbiamo promessa al Signore e al nostro beatissimo padre, con dei privilegi del signor papa Innocenzo, al tempo del quale noi cominciammo, e dei suoi successori, affinché in nessun momento ci scostiamo in alcun modo da essa.

    Perciò, piegate le ginocchia e inclinato l'uno e l'altro uomo, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno, alla santa madre Chiesa Romana, al sommo pontefice e in particolare al signor cardinale che è stato deputato alla religione dei Frati Minori e a noi,

    affinché per amore di quel Dio,
    che povero fu posato nel presepe,
    povero visse nel mondo
    e nudo rimase sul patibolo,

    faccia che sempre il suo piccolo gregge, che il Signor Padre ha generato nella sua santa Chiesa per mezzo della parola e dell'esempio del nostro beatissimo padre san Francesco per seguire la povertà e l'umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa Vergine, sua madre. osservi la santa povertà che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre san Francesco, e che si degni sempre di incoraggiarle e conservarle.

    E come il Signore ci diede il nostro beatissimo padre Francesco come fondatore, piantatore e nostro aiuto nel servizio del Cristo e in ciò che abbiamo promesso al Signore e al nostro beato padre, il quale pure, mentre visse, fu sollecito con la parola e l'opera a coltivare accuratamente e favorire sempre noi, pianticella sua, così io raccomando e lascio le mie sorelle, che sono e che verranno, al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la religione, affinché ci siano sempre di aiuto nel progredire in meglio per servire Dio e soprattutto per osservare meglio la santissima povertà.

    Se poi accadesse che in qualche tempo le dette sorelle lasciassero il detto luogo e si trasferissero in un altro siano tenute, dopo la mia morte, dovunque siano, a osservare la predetta forma di povertà, che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre Francesco.

    Tuttavia, colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, come pure le altre, sia sollecita e previdente, affinché riguardo al luogo suddetto, non acquistino o non ricevano di terra, se non tanto quanto lo esige l'estrema necessità per un orto da coltivare a ortaggi. E se da qualche parte per l'onestà e il ritiro del monastero, occorresse aver più terra fuori della cinta dell'orto, non permettano che sia acquistata e nemmeno che ne ricevano di più di quanto non lo esiga l'estrema necessità. E quella terra non venga affatto lavorata, né seminata, ma rimanga sempre come sodaglia incolta.

    Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, perché attendano con ardore a imitare la via della santa semplicità, umiltà, povertà e anche l'onestà della santa conversazione, come fin dall'inizio della nostra conversione siamo state ammaestrate accuratamente dal Cristo e dal nostro beatissimo padre il beato Francesco. Dalle quali sparse l'odore della buona fama, tanto a quelli che sono lontani quanto a quelli che sono vicini, lo stesso Padre delle misericordie non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia di largitore. E amandovi le une le altre della carità del Cristo, dimostrate fuori per mezzo delle opere, l'amore che avete dentro, cosicché, provocate da tale esempio, le sorelle crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità.

    Prego anche colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, perché attenda con ardore a precedere le altre piuttosto nelle virtù e nei santi costumi che nell'ufficio, in tal maniera che le sue sorelle, provocate dal suo esempio, non obbediscano tanto per l'ufficio quanto per amore. Sia anche previdente e discreta riguardo alle sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie, e specialmente si adoperi con zelo a provvedere loro secondo la necessità di ciascuna, con le elemosine che il Signore darà. Sia anche tanto benigna e affabile, che possano manifestare le loro necessità con sicurezza e ricorrere a lei in ogni ora con confidenza, come sembrerà loro espendiente, tanto per sé che per le loro sorelle.

    Le sorelle poi che sono suddite si ricordino di avere rinnegato, per Dio, le proprie volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, di loro spontanea volontà, come hanno promesso al Signore, cosicché la loro madre, vedendo la carità, l'umiltà, e l'unità che hanno reciprocamente, porti più lievemente l'onere che per causa dell'ufficio sopporta, e per la loro santa conversazione, ciò che è molesto e amaro le si muti in dolcezza.

    E perché stretti sono la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita, pochi sono anche coloro che camminano e entrano per essa. E se ci sono alcuni che per qualche tempo vi camminano, pochissimi sono quelli che in essa perseverano. Ma sono beati coloro ai quali è dato di camminare per essa e perseverare fino alla fine.

    Badiamo dunque che, se siamo entrate nella via del Signore, che per colpa nostra e ignoranza, non abbiamo da scostarcene in nessuna maniera in nessun tempo, affinché non abbiamo da recare ingiuria a tanto Signore e alla sua Vergine madre e al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. E' scritto infatti: Maledetti coloro che si scostano dai tuoi comandamenti.

    Perciò piego le mie ginocchia al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con l'appoggio dei meriti della gloriosa Vergine santa Maria madre sua e del nostro beatissimo padre Francesco e di tutti i santi, il Signore stesso, che ha dato un buon principio, dia la crescita e dia anche la perseveranza finale.

    Amen.

    Questo scritto, perché meglio debba essere osservato, lo lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e venture, in segno della benedizione del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, vostra madre e ancella.

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    Predefinito Testamentum

    In nomine Domini. Amen

    Inter alia beneficia, quae a largitore nostro Patre misericordiarum (cfr. 2Cor 1,3) recepimus et quotidie recipimus et unde Christi glorioso Patri gratiarum actiones magis agere debemus,est de vocatione nostra, quae quanto perfectior et maior est, tanto magis illi plus debemus. Unde Apostolus: Agnosce vocationem tuam (cfr. 1Cor 1,26). Factus est nobis Filius Dei via, quam verbo et exemplo (cfr. Ioa 14,6; 1Tim 4,12) ostendit et docuit nos beatissimus pater noster Franciscus, verus amator et imitator ipsius.

    Igitur considerare debemus, sorores, dilectae, immensa beneficia Dei in nobis collata, sed inter cetera, quae per servum suum dilectum patrem nostrum beatum Franciscum in nobis Deus dignatus est operari, non solum post conversionem nostram, sed etiam dum essemus in saeculi misera vanitate. Nam cum ipse sanctus adhuc non habens fratres nec socios, statim quasi post conversionem suam, cum ecclesiam Sancti Damiani aedificaret, ubi consolatione divina totaliter visitatus, compulsus est saeculum ex toto relinquere, prae magna laetitia et illustratione Spiritus Sancti de nobis prophetavit, quod Dominus postea adimplevit.

    Ascendens enim tunc temporis super murum dictae ecclesiae, quibusdam pauperibus, ibi iuxta morantibus, alta voce lingua francigena loquebatur: Venite et adiuvate me in opere monasterii sancti Damiani, quoniam adhuc erunt dominae ibi, quarum famosa vita et conversatione sancta glorificabitur Pater noster caelestis (cfr. Mat 5,16) in universa ecclesia sua sancta.

    In hoc ergo considerare possumus copiosam benignitatem Dei in nobis, qui propter abundantem misericordiam et caritatem suam de nostra vocatione et electione (cfr. 2Pet 1,10) per santum suum dignatus est ista loqui. Et non solum de nobis ista pater noster beatissimus Franciscus prophetavit, sed etiam de aliis, quae venturae erant in vocatione sancta, in qua Dominus nos vocavit.

    Quanta ergo sollicitudine quantoque studio mentis et corporis mandata Dei et patris nostri servare debemus ut cooperante Domino talentum multiplicatum reddamus! Ipse enim Dominus non solum posuit nos ut formam aliis in exemplum et speculum, sed etiam sororibus nostris, quas ad vocationem nostram Dominus advocabit, ut et ipsae sint conversantibus in mundo in speculum et exemplum. Cum igitur nos vocaverit Dominus ad tam magna, ut in nobis se valeant speculari quae aliis in speculum sunt et exemplum, tenemur multum benedi-cere Deum et laudare et ad benefaciendum in Domino confortari amplius. Quapropter, si secundum formam praedictam vixerimus, exemplum nobile aliis relinquemus (cfr. 2Mac 6,28.31) et aeternae beatitudinis bravium labore brevissimo acquiremus.

    Postquam altissimus Pater caelestis per misericordiam suam et gratiam cor meum dignatus est illustrare, ut exemplo et doctrina beatissimi patris nostri Francisci poenitentiam facerem, paulo post conversionem ipsius, una cum paucis sororibus quas Dominus mihi dederat paulo post conversionem meam, obedientiam voluntarie sibi promisi sicut Dominus lumen gratiae suae nobis contulerat per eius vitam mirabilem et doctrinam. Attendens autem beatus Franciscus quod essemus fragiles et debiles secundum corpus, nullam tamen necessitatem, paupertatem, laborem, tribulationem vel vilitatem et contemptum saeculi recusabamus, immo pro magnis deliciis reputabamus sicut exemplis sanctorum et fratrum suorum examinaverat nos frequenter, gavisus est multum in Domino; et ad pietatem erga nos motus, obligavit se nobis per se et per religionem suam habere semper de nobis tanquam de fratribus suis curam diligentem et sollicitudinem specialem.

    Et sic de voluntate Dei et beatissimi patris nostri Francisci ivimus ad ecclesiam Sancti Damiani moraturae, ubi Dominus in brevi tempore per misericordiam suam et gratiam nos multiplicavit, ut impleretur quod Dominus praedixerat per sanctum suum. Nam antea steteramus in loco alio, licet parum.

    Postea scripsit nobis formam vivendi et maxime ut in sancta paupertate semper perseveraremus. Nec fuit contentus in vita sua nos hortari multis sermonibus (cfr. Act 20,2) et exemplis ad amorem sanctissimae paupertatis et observantiam eiusdem, sed plura scripta nobis tradidit, ne post mortem suam ullatenus declinaremus ab ipsa, sicut et Dei Filius, dum vixit in mundo ab ipsa sancta paupertate numquam voluit declinare. Et beatissimus pater noster Franciscus, eius vestigia (cfr. 1Pet 2,21) imitatus, sanctam paupertatem suam, quam elegit per se et per suos fratres, exemplo suo et doctrina, dum vixit, ab ipsa nullatenus declinavit.

    Considerans igitur, ego Clara, Christi et sororum pauperum monasterii Sancti Damiani ancilla, licet indigna, et plantuncula sancti patris, cum aliis meis sororibus, tam altissimam professionem nostram et tanti patris mandatum, fragilitatem quoque aliarum, quam timebamus in nobis post obitum sancti patris nostri Francisci, qui erat columna nostra et unica con-solatio post Deum et firmamentum (cfr. 1Tim 3,15), iterum atque iterum voluntarie nos obligavimus dominae nostrae sanctissimae paupertati, ne post mortem meam sorores, quae sunt e quae venturae sunt, ab ipsa valeant ullatenus declinare.

    Et sicut ego studiosa et sollicita semper fui sanctam paupertatem, quam Domino et patri nostro beato Francisco promisimus, observare et ab aliis facere observari, sic teneantur usque in finem illae quae mihi succedent in officio sanctam paupertatem cum Dei auxilio observare et facere observari. Immo etiam ad maiorem cautelam sollicita fui a domino papa Innocentio, sub cuius tempore coepimus, et ab aliis successoribus suis nostram professionem sanctissimae paupertatis, quam Domino et beato patri nostro promisimus, eorum privilegiis facere roborari, ne aliquo tempore ab ipsa declinaremus ullatenus.

    Quapropter, flexis genibus et utroque homine inclinato, sanctae matri Ecclesiae Romanae, summo pontifici et praecipue domino cardinali, qui religioni Fratrum Minorum et nobis fuerit deputatus, recommendo omnes sorores meas quae sunt et quae venturae sunt,

    ut amore illius Dei,
    qui pauper positus est in praesepio,
    pauper vixit in saeculo
    et nudus remansit in patibulo,

    semper gregi suo pusillo (cfr. Luc 12,32), quem Dominus Pater genuit in Ecclesia sua sancta, verbo et exemplo beatissimi patris nostri sancti Francisci insequendo paupertatem et humilitatem dilecti Filii sui et gloriosae Virginis matris suae, sanctam paupertatem, quam Deo et beatissimo patri nostro sancto Francisco promisimus, faciat observari et in ipsa dignetur fovere ipsas semper et conservare.

    Et sicut Dominus dedit nobis beatissimum patrem nostrum Franciscum in fundatorem, plantatorem et adiutorem nostrum in servitio Christi et in his quae Domino et beato patri nostro promisimus, qui etiam dum vixit sollicitus fuit verbo et opere semper excolere et fovere nos, plantulam suam, sic recommendo et relinquo sorores meas, quae sunt et quae venturae sunt, successori beatissimi patris nostri Francisci et toti religioni, ut sint nobis in adiutorium proficiendi semper in melius ad serviendum Deo et observandam praecipue melius sanctissimam paupertatem.

    Si vero contingeret aliquo tempore dictas sorores locum dictum relinquere et ad alium se transferre, praedictam formam paupertatis, quam Deo et beatissimo patri nostro Francisco promisimus, post mortem meam ubicumque fuerint, observare nihilominus teneantur.

    Sit tamen sollicita et providens tam illa, quae erit in officio, quam aliae sorores, ne circa supradictum locum de terra acquirant vel recipiant, nisi quantum extrema necessitas pro horto ad excolenda olera poposcit. Si autem ab aliqua parte pro honestate et remotione monasterii, ex saepta horti oporteret plus haberi e terra, non permittant plus acquiri vel etiam recipiant, nisi quantum extrema necessitas poscit. Et illa terra penitus non laboretur nec seminetur, sed semper solida et inculta permaneat.

    Moneo et exhortor in Domino Jesu Christo omnes sorores meas, quae sunt et quae venturae sunt, ut semper studeant imitari viam sanctae simplicitatis, humilitatis, paupertatis ac etiam honestatis sanctae conversationis, sicut ab initio nostrae conversionis a Christo edoctae sumus et a beatissimo patre nostro beato Francisco. Ex quibus, non nostris meritis, sed sola misericordia et gratia largitoris, ipse Pater misericordiarum, tam his qui longe sunt quam his qui prope sunt, bonae famae sparsit odorem (cfr. 2Cor 1,3; 2,15). Et ex caritate Christi invicem diligentes, amorem, quem intus habetis, foris per opera demonstretis, ut ex hoc exemplo provocatae sorores semper crescant in amorem Dei et in mutuam caritatem.

    Rogo etiam illam quae erit in officio sororum, ut magis studeat praeessse aliis virtutibus et sanctis moribus quam officio, quatenus eius exemplo provocatae sorores suae, non tantum ex officio obediant, sed potius ex amore. Sit etiam provida et discreta circa sorores suas, sicut bona mater erga filias suas, et praecipue ut de eleemosynis quas Dominus dabit, eis secundum necessitatem uniuscuiusque studeat providere. Sit etiam tam benigna et communis, ut secure possint manifestare necessitates suas et recurrere ad eam omni hora confidenter, sicut eis videbitur expedire, tam pro se quam pro sororibus suis.

    Sorores vero quae sunt subditae recordentur quod propter Deum abnegaverunt proprias voluntates. Unde volo quod obediant suae matri, sicut promiserunt Domino, sua spontanea voluntate, ut mater earum videns caritatem, humilitatem et unitatem quam invicem habent, omne onus quod de officio tolerat, levius portet, et quod molestum est et amarum, propter earum sanctam conversationem, ei in dulcedinem convertatur.

    Et quoniam arcta est via et semita, et angusta est porta per quam itur et intratur ad vitam, et pauci sunt qui ambulant et intrant per eam (cfr. Mat 7,13.14). Et si aliqui sunt qui ad tempus ambulant per eam, paucissimi sunt qui perseverant in ea. Beati vero quibus datum est ambulare per eam et perseverare usque un finem (cfr. Ps 118,1; Mat 10,22).

    Caveamus ergo, quod si per viam Domini intravimus, quod culpa nostra et ignorantia, aliquo tempore ab ipsa nullatenus declinemus, ne tanto Domino et suae Virgini matri et patri nostro beato Francisco, Ecclesiae triumphanti et etiam militanti iniuriam defera-mus. Scriptum est enim: Maledicti qui declinant a mandatis tuis (cfr. Ps 118,21).

    Huius rei gratia flecto genua mea ad Patrem Domini nostri Jesu Christi (cfr. Eph 3,14), suffragantibus meritis gloriosae Virginis sanctae Mariae matris eius et beatissimi patris nostri Francisci et omnium sanctorum, ut ipse Dominus, qui dedit bonum principium, det incrementum (cfr. 1Cor 3,6.7), det etiam finalem perseverantiam. Amen.

    Hoc scriptum, ut melius debeat observari, relinquo vobis, carissimis et dilectis sororibus meis, praesentibus et venturis, in signum benedictionis Domini et beatissimi patris nostri Francisci et benedictionis meae, matris et ancillae vestrae.

    Explicit Testamentum beatae Clarae virginis.

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    Predefinito Bulla canonizationis Sancte Clarae Assisiensis

    Alexander episcopus, servus servorum Dei], Venerabilibus fratribus universis Archiepiscopis et Episcopis per regnum Franciae constitutis, [salutem et apostolicam benedictionem].

    Clara claris praeclara meritis, magnae in caelo claritate gloriae, ac in terra splendore miraculorum sublimium clare claret. Clarae huius arcta et alta Religio hic coruscat, huius sursum aeterni praemii radiat magnitudo, huius virtus signis magnificis, mortalibus illucescit.
    Huic Clarae intitulatum hic fuit summae Privilegium paupertatis; huic in excelso rependitur inaestimabilis copia thesaurorum; huic a catholicis plena devotio et honoris cumulus exhibetur. Hanc Claram sua fulgida hic insignierunt opera, hanc Claram in alto divinae lucis clarificat plenitudo, hanc christianis populis prodigiorum eius stupenda declarant.

    O Clara multimode titulis praedita claritatis! Ante conversionem tuam utique clara, in conversione clarior, in claustrali conversatione praeclara, et post decursum vitae praesentis spatium clarissima illuxisti! Ab hac Clara clarum exempli speculum huic saeculo prodiit; ab hac inter amoenitates caelestes suave lilium virginitatis offertur; ab hac in terris manifesta subventionum remedia sentiuntur.

    O admiranda Clarae beatae claritas, quae tanto studiosius per singula quaeritur, tanto splendidior in singulis invenitur! Emicuit haec, inquam, in saeculo, in Religione praefulsit; in domo illuxit ut radius, in claustro coruscavit ut fulgor. Emicuit in vita, post mortem irradiat; claruit in terra, in caelo relucet! O quanta huius vehementia luminis et quam vehemens istius illuminatio claritatis! Manebat quidem haec lux secretis inclusa claustralibus, et foras micantes radios emittebat; colligebatur in arcto coenobio, et in amplo saeculo spargebatur; servabatur intra, et extra manabat. Latebat namque Clara, sed eius vita patebat; silebat Clara, sed sua fama clamabat; celabatur in cella, et in urbibus noscebatur.

    Nec mirum; quia lucerna tam accensa, tam lucens, abscondi non poterat quin splenderet et clarum in domo Domini daret lumen; nec recondi poterat vas tot aromatum quin fragraret et suavi odore dominicam respergeret mansionem. Imo, cum in angusto solitudinis reclusorio alabastrum sui corporis haec dure contereret, tota omnino Ecclesiae aula sanctitatis eius odoribus replebatur. Sane cum ipsa, dum adhuc puella esset in saeculo, hunc mundum fragilem et immundum mundo calle ab aetate tenera transilire studeret, et pretiosum suae virginitatis thesaurum illibato semper pudore custodiens, claritatis et pietatis operibus vigilanter intenderet, ita quod ex ea grata et laudabilis ad vicinos et alios fama prodiret, b. Franciscus, audito huius famae praeconio, coepit confestim hortari eam, et ad Christi perfectam inducere servitutem. Quae sacris illius monitis mox adhaerens, et mundum cum terrenis omnibus penitus abdicare, ac soli Domino in paupertate voluntaria famulari desiderans, hoc suum fervens desiderium, quam cito potuit, adimplevit: quia tandem cuncta sua bona, ut una secum quidquid etiam habebat Christi obsequio deputaret, in eleemosynas et pauperum subsidia distribuit et convertit.

    Cumque de saeculi strepitu fugiens, ad quamdam campestrem declinasset ecclesiam, et ab ipso b. Francisco, sacra ibi recepta tonsura, processisset ad aliam, consanguineis eius ipsam exinde reducere molientibus, illa protinus amplectens altare, pannosque apprehendens ipsius, crinium sui capitis incisura detecta, eisdem consanguineis in hoc fortiter restitit et constanter; quia cum iam esset mente integra iuncta Deo, pati non poterat ab eius servitio se divelli.

    Denique cum ad ecclesiam S. Damiani extra civitatem Assisinatem, unde traxit originem, per eundem b. Franciscum adducta fuisset, ibi ei Dominus ad amorem et cultum assiduum sui nominis plures socias aggregavit. Ab hac siquidem insignis et sacer Ordo S. Damiani, per orbem iam longe diffusus, salutare sumpsit exordium. Haec, adhortante ipso b. Francisco, huic novae sanctaeque observantiae sequendum dedit initium; haec huius magnae Religionis fuit primarium et stabile fundamentum; haec huius alti operis lapis extitit primitivus.

    Haec genere nobilis, sed conversatione nobilior, virginitatem, quam prius etiam custodiverat, sub hac sanctimoniae regula praecipue conservavit. Hanc postmodum Religionem mater eius, Hortulana nomine, piis intenta operibus, ipsius natae sequendo vestigia, devote suscepit; in qua demum haec optima hortulana, quae in horto dominico protulit talem plantam, conclusit feliciter dies suos. Post aliquot vero annos, ipsa b. Clara monasterii et Sororum regimen, nimia eiusdem S. Francisci devicta importunitate, recepit.arbor procera et eminens, longis distenta ramis, quae in agro Ecclesiae dulcem fructum religionis attulit, et ad cuius delectabilem umbram, sub illius amoenitate fructum huiusmodi libaturae concurrerunt undique multae alumnae fidei et concurrunt.

    Haec fuit vena munda Vallis Spoletanae, quae novum aquae vitalis fontem ad refectionem animarum et commodum propinavit; qui iam per diversos rivulos in territorium Ecclesiae derivatus, plantaria religionis infudit. Haec fuit altum sanctitatis candelabrum vehementer in tabernaculo Domini rutilans, ad cuius ingentem splendorem plurimae properaverunt et properant, suas de illius lumine lampades accendentes. Haec profecto in agro fidei plantavit et coluit vineam paupertatis, de qua fructus salutis pingues et divites colliguntur; haec in praedio Ecclesiae humilitatis hortum constituit, multiplici rerum consertum inopia, in quo magna virtutum copia reperitur; haec in Religionis districtu arcem artae abstinentiae fabricavit, in qua larga spiritualis alimoniae refectio ministratur.

    Haec fuit pauperum primiceria, ducissa humilium, magistra continentium, et poenitentium Abbatissa. Haec suum monasterium, creditamque in illo sibi familiam, solicite ac prudenter in timore et servitio Domini et plena Ordinis observantia gubernavit: vigil in cura, in ministerio studiosa, in exhortatione attenta; diligens in admonitione, in correctione moderata, temperata in praeceptis; in compassione praestabilis, discreta in silentio, in sermone matura, et consulta in cunctis ad perfectum regimen opportunis, volens magis famulari quam dominari, et honorare quam honore sustolli. Huius vita erat aliis eruditio et doctrina. In hoc libro vitae ceterae vivendi regulam didicerunt; in hoc vitae speculo reliquae vitae semitas inspexere. Corpore namque sistebat in terra, sed animo versabatur in caelo; humilitatis vasculum, armarium castitatis, charitatis ardor, dulcor benignitatis, patientiae robur, nexus pacis et familiaritatis communio: mitis in verbo, lenis in facto, et in omnibus amabilis et accepta.

    Et ut, carne depressa, convalesceret spiritu (quia quisque hoste suo debilitato fit fortior), nudum solum et interdum sarmenta pro lecto habebat, et pro pulvinari sub capite durum lignum, unaque tunica cum mantello de vili, despecto et hispido panno contenta. His humilibus indumentis ad operimentum sui corporis utebatur, aspero cilicio de cordulis crinium equorum contexto nonnunquam adhibito iuxta carnem. Arcta quoque in cibo et in potu districta, tanta se in his froenabat abstinentia, quod longo tempore tribus diebus in hebdomada, videlicet secunda, quarta et sexta feria, nihil penitus pro sui corporis alimento gustavit, reliquis nihilominus diebus adeo se cibariorum paucitate restringens, quod aliae de ipsa, quomodo sub tam forti districtione subsistere poterat, mirabantur.,p> Vigiliis insuper et orationibus assidue dedita, in his praecipue diurna et nocturna tempora expendebat. Diuturnis tandem perplexa languoribus, cum ad exercitium corporale non posset surgere per se ipsam, Sororum suarum suffragio levabatur et, ad tergum eius fulcimentis appositis, propriis manibus laborabat, ne in suis etiam esset infirmitatibus otiosa. Unde de panno lineo huius sui studii et laboris plura pro altaris sacrificio corporalia fieri fecit, et per plana et montana Assisii diversis ecclesiis exhiberi.

    Amatrix vero praecipua et colona sedula paupertatis, sic illam suo affixit animo, sic eam in suis desideriis alligavit, quod semper in ipsius dilectione firmior et ardentior in amplexu, a districta et delectabili eius copula pro nulla unquam necessitate discessit. Nec aliquibus prorsus potuit induci suasibus ad consentiendum, quod suum monasterium proprias possessiones haberet, quamquam fel. rec. Gregorius papa, praedecessor noster, de multa indulgentia ipsius monasterii pie cogitans, libenter illi voluerit, pro Sororum eius sustentatione, possessiones sufficientes et congruas deputare.

    Verum quia magnum et splendidum luminare supprimi non potest, quin suae radios praeferat claritatis, in ipsius etiam vita multis et variis miraculis virtus suae sanctitatis effulsit. Nam cuidam de Sororibus ipsius monasterii vocem, quam a longo tempore quasi omnino perdiderat, restauravit. Alii, officio linguae penitus destitutae, loquelam restituit expeditam. Alteri aurem surdam aperuit ad auditum. Laborantem febre, tumentem hydropisi, plagatam fistula et aliis oppressas languoribus, liberavit, facto Crucis signaculo super eas. Quendam Fratrem de Ordine Minorum sanavit ab insaniae passione.

    Cum autem quadam vice oleum in monasterio totaliter defecisset, ipsa, vocato Fratre qui erat eidem monasterio pro colligendis eleemosynis deputatus, accepit urceum atque lavit, vacuumque iuxta fores ipsius monasterii posuit, ut illum idem Frater pro oleo acquirendo deferret; quem cum vellet ipse apprehendere, invenit eum oleo, beneficio divinae largitatis, impletum.

    Rursum cum uno die nonnisi unius panis medietas pro refectione Sororum in eodem monasterio haberetur, ipsa medietatem eandem iussit in frusta dividi et Sororibus dispensari; quam inter manus frangentis, Ille qui vivus est panis et dat escam esurientibus, multiplicavit in tantum, quod quinquaginta sufficientes factae fuerunt exinde portiones, et Sororibus discumbentibus distributae. Per haec et alia signa conspicua, suorum, dum adhuc viveret, innotuit praeeminentia meritorum. Nam et cum in extremis ageret, candidus beatarum virginum coetus, micantibus coronis ornatus, in quo una ex ipsis eminentior et fulgidior apparebat, visus est domum intrare, ubi eadem Christi famula decumbebat, et usque ad lectulum eius procedere, ac circa eam quasi visitationis officium et confortationis solamen, quodam humanitatis studio, exhibere.

    Post obitum vero eius, quidam, qui morbo caduco ruebat et propter crus contractum gradi non poterat, ad sepulcrum delatus ipsius fuit: ibi, crure ipso quasi fragoris sonitu faciente, ab utraque infirmitate curatus. Curvi renibus, membris contracti, praecipites furia et dementi furore ferales, receperunt ibidem integram sospitatem. Cuidam sua dextra manus, cuius ipse usum ex illata sibi vehementi percussione ita perdiderat, quod nihil omnino per eam, velut prorsus inutilem, poterat operari, fuit ad actum suum pristinum, ipsius Sanctae meritis, plenarie reformata. Alius qui diutina caecitate lumen amiserat oculorum, cum ad idem sepulcrum sub ducatu alterius accessisset, recuperato inibi visu, rediit exinde sine duce. His et quamplurimis aliis operibus et miraculis haec venerabilis Virgo resplenduit gloriosis, ut evidenter appareat adimpletum illud quod de ipsa mater eius, dum esset ex ea gravida et oraret, dicitur audivisse: videlicet quod paritura erat quoddam lumen, quod orbem plurimum illustraret.

    Gaudeat itaque mater Ecclesia, quod talem genuit et educavit filiam, quae tamquam virtutum foecunda parens, multas religionis alumnas suis produxit exemplis, et ad perfectum Christi servitium pleno magisterio informavit. Laetetur et devota turba fidelium, quod Rex caelorum et Dominus, sororem ipsorum et sociam, quam in sponsam sibi elegerat, ad suum praecelsum et praeclarum palatium cum gloria introduxit. Nam et Sanctorum congaudent agmina, quod in superna eorum patria novellae regalis sponsae nuptiae celebrantur.

    Ceterum, quia congruit ut, quam Dominus exaltavit in caelo, Catholica Ecclesia veneretur in terra; quia de sanctitate vitae ac miraculis eius, diligenti et attenta inquisitione ac examinatione distincta et solemni discussione praemissis, liquido constitit: licet alias etiam et in propinquis et in remotis partibus satis essent praecognita lucide eius acta: Nos de communi fratrum nostrorum et praelatorum omnium, tunc apud Sedem apostolicam existentium consilio et assensu, de omnipotentia divina confisi, auctoritate beatorum Petri et Pauli apostolorum ac nostra ipsam cathalogo sanctarum Virginum duximus adscribendam.

    Ideoque universitatem vestram monemus et hortamur attente per apostolica vobis scripta mandantes, quatenus II idus augusti festum eiusdem Virginis devote ac solemniter celebretis et faciatis a vestris subditis venerabiliter celebrari, ut ipsam habere mereamini apud Deum piam et sedulam adiutricem. Et ut ad venerandum eius sepulcrum avidius et copiosius christiani populi confluat multitudo, ac celebrius ipsius festivitas percolatur, omnibus [vere poenitentibus et confessis], qui ad illud cum reverentia in eiusdem Virginis festo, vel etiam infra ipsius festi octavas, annuatim accesserint, ipsius suffragia humiliter petituri, de omnipotentis [Dei misericordia et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius auctoritate] confisi, unum annum et quadraginta dies [de iniunctis sibi poenitentiis] relaxamus. [Datum Anagniae, sexto kalendas octobris, pontificatus nostri anno primo].

    ******

    Alessandro vescovo, servo dei servi di Dio, a tutti i venerabili fratelli arcivescovi e vescovi, salute e apostolica benedizione.

    Chiara, luminosa per chiari meriti, risplende in cielo per chiarità di gloria e in terra rigulge dello splendore di miracoli sublimi. Brilla, quaggiù in terra, l'austero ed alto Ordine fondato da Chiara, e lassù in cielo irradia splendore la grandezza del premio eterno; e la sua potenza abbaglia i mortali per miracoli meravigliosi.

    A questa Chiara si intitolò in terra il privilegio della più rigida povertà; a lei in cielo èdato in ricompensa un inestimabile profluvio di tesori ed ètributata dai credenti universale devozione ed immenso onore.

    La pienezza della luce divina rende luminosa Chiara in cielo; le stupende meraviglie dei prodigi da lei operati la fanno risplendere quaggiù al popolo cristiano.

    O Chiara dotata di tali e tante prerogative di chiarezza! Sei stata, invero, chiara prima della tua conversione, più chiara nel tuo cambiamento di vita, luminosa nella tua vita claustrale, splendente infine di luce vivissima dopo ilcorso della presente esistenza!

    Da Chiara spuntò per il mondo un chiaro specchio di esempio; nel gaudio del cielo ella porge il fragrante giglio della verginità, e in terra si sperimenta in modo evidente il soccorso della sua protezione.

    O meravigliosa e beata chiarezza di Chiara! Quanto maggiore èl'amore e la cura con cui si indaga questa luminosità nei singoli fatti particolari, tanto più luminosa la si riscontra in ciascuno!

    Ella veramente rifulse mentre viveva nel mondo, ma più vivida risplendette nella vita religiosa; brillò come raggio nella sua casa paterna, ma nel chiostro irradiò come un sole. Scintillò in vita, ma dopo morte splende radiosa; fu chiara in terra, ma in cielo rifulge di immenso chiarore.

    Quanto vivida è la potenza di questa luce e quanto forte èil chiarore di questa fonte luminosa!

    Invero, questa luce si teneva chiusa nel nascondimento della vita caustrale, e fuori irradiava bagliori luminosi; si raccoglieva in un angusto monastero, e fuori si spandeva quanto èvasto il mondo.

    Si custodiva dentro: e si diffondeva fuori. Chiara, infatti, si nascondeva: ma la sua vita era nota a tutti.

    Chiara taceva: ma la sua fama gridava.

    Si teneva nascosta nella sua cella: eppure nelle città si predicava di lei.

    Nulla di strano in questo: perché non poteva avvenire che una lampada tanto vivida, tanto splendente rimasse occulta senza diffondere luce ed emanare chiaro lume nella casa del Signore; né poteva rimanere nascosto un vaso con tanti aromi, senza emanare fragranza e cospargere di soave profumo la casa del Signore. Ché anzi, spezzando duramente nell'angusta solitudine della sua cella l'alabastro del suo corpo, riempiva deglia aromi della sua santità l'intero edificio della Chiesa.

    Invero, vivendo essa ancora fanciulla nella vita secolare, fin dalla più tenera età si studiò di varcare per un sentiero di purezza questo mondo fragile e impuro; e sempre custodendo il prezioso tesoro della sua verginità con illibato pudore, si dedicava assiduamente ad opere di carità e di pietà, sì che la sua fama si diffondeva grata ed encomiabile presso vicini e lontani: finché il beato Francesco, udito l'elogio della sua virtù, prese tosto ad esortarla inducendola al perfetto servizio di Cristo.

    Ed ella, accogliendo pronta i suoi santi consigli e desiderando ormai rinunciare completamente al mondo e ai beni della terra per servire il Signore solamente in povertà volontaria, quanto prima poté mandò ad effetto questo suo ardente desiderio.

    E infine tutti i suoi beni alienò e distribuì a profitto dei poveri,per dispensare in elemosina, per amore di Cristo, quanto era di sua proprietà.

    Volendo poi ritratarsi dal frastuono del mondo, si recò fuggendo in una chiesa campestre, dove dallo stesso beato Francesco ricevette la sacra tonsura, da lì si rifugiò poi in un'altra chiesa. Avvene in quel luogo che, sforzandosi i suoi parenti di ricondurla via con loro, ella resistette con fortezza e costanza; abbracciò subitamente l'altare e, tenedosi stretta alle tovaglie, scoprì ad essi il capo tonsurato, volendo con ciò manifestare che, essendosi ormai, con tutto il cuore, sposata a Dio, non poteva permettere che la si strappasse dal servizio di Cristo.

    Infine, essendose portata per intervento dello stesso beato Francesco presso la chiesa di San Damiano, fuori della città di Assisi, nella quale terra aveva avuto i natali, lì il Signore, desiderando amore e culto assiduo del suo nome, le associò molte compagne.

    Da qui, invero, trasse salutare origine l'insigne e santo Ordine di San Damiano, già ampiamente diffuso per il mondo. Qui Chiara, per esortazione dello stesso beato Francesco, diede principio a questa nuova e santa osservanza; ella fu il primo e stabile fondamento di questo grande Ordine; fu la pietra angolare di questo sublime edificio;

    Nobile di sangue, ma più nobile per la sua vita, conservò sotto questa regola di meravigliosa santità, la verginità, che già prima aveva custodita.

    In seguito anche sua madre, di nome Ortolana, tutta dedita ad opere di pietà, seguendo i passi della figlia, abbracciò devotamente in quest'Ordine la vita religiosa: nel qual, appunto, questa ottima ortolana, che aveva generato tale pianta nel campo del Signore, chiuse felicemente i suoi giorni.

    Dopo qualche anno, invero, la beata Chiara, piegandosi all'insistenza di san Francesco, accettò il governo del monastero e delle sorelle.

    Questa fu l'albero alto, proteso verso il cielo, dai rami dilatati, che nel campo della Chiesa produsse soavi frutti di religione, e alla cui ombra piacevole e amena molte seguaci accorsero da ogni parte, e tuttora accorrono per gustarne i frutti.

    Questa fu la nuova donna della valle Spoletana, che aprì una novella sorgente di acqua vitale ristoro e beneficio delle anime, la quale, già diramatasi per vari ruscelli nel territorio della Chiesa, rese prospero il vivaio della religione.

    Questa fu l'eccelso candelabro di sanctità, che rigulge vividamente nel tabernacolo del Signore; al cui grande splendore accorsero, attratte, e tuttora accorrono moltissime, per accendere a quel lume le loro lampade. Questa, per vero, piantò nel campo della fede e coltivò la vigna della povertà, dalla quale si raccolgono pingui e copiosi frutti di salvezza.

    Questa, nel territorio della Chiesa, coltivò il giardino dell'umiltà, adorno di ogni specie di povertà, nel quale fiorisce in abbondanza ogni virtù.

    Questa fabbricò nella cittadella della religione una rocca di rigorosa astinenza, in cui si dispensa larga refezione di alimento spirituale. Questa fu la prima dei poveri, la guida degli umili, la maestra dei casti, l'abbadessa delle penitenti. Questa governò il suo monastero e la famiglia a lei affidata con ogni sollecitudine e prudenza, nel timore e nel servizio del Signore e secondo la perfetta osservanza dell'Ordine.

    Vigilante nel dovere, premurosa nell'adempimento del servizio a lei affidato, cauta nelle esortazioni, caritatevole nell'ammonire; nel correggere moderata, temperata nel comando, ammirevole per compassione, discreta nel tacere, assenata nel parlare e accorta in tutto quanto concerne il saggio governo; desiderosa più di servire che di comandare, e di onorare le altre, più che di essere onorata.

    La sua vita era per le altre ammaestramento e scuola di sapienza. In questo libro di vita, tutte le altre appresero la loro regola di vita, in questo specchi di vita, tutte videro riflesso il sentiero della vita.

    Col corpo, infatti, era pellegrina sulla terra, ma con lo spirito dimorava in cielo; fu vasello di umiltà, arca di castità, fuoco di carità, dolcezza di bontà, fortezza di pazienza, mediatrice di pace e comunione d'amicizia: mite nelle parole, dolce nell'azione e in tutto amabile e gradita.

    Affinché, franto il corpo, diventasse più forte lo spirito - poiché ciascuno, appunto, diventa più forte quando èindebolito il suo nemico - aveva per letto la terra nuda e qualche volta dei sarmenti, e per guanciale un duro legno sotto il capo; era contenta di un'unica tonaca con un mantello di vile, rozzo ed ispido panno grossolano: e mentre con così umili vesti copriva il suo corpo, sulla nuda carne si cingeva talora di un aspro cilicio intrecciato con cordicelle di crine di cavallo.

    Parca nel cibo e sobria nel bere, a tale austerità giungeva la sua astinenza, che per lungo tempo in tre giorni della settimana, cioèil lunedì, il mercoledì e il venerdì non prendeva affatto alcun cibo a sostegno del corpo, e nondimeno negli altri giorni a tal punto si riduceva la quantità di alimento, che le altre si meravigliavano di come potesse reggersi con un rigore di tale genere.

    Assidua inoltre nelle veglie e intenta alla preghiera, in questo soprattutto spendeva la maggior parte del giorno e della notte.

    Travagliata, infine, da prolungate malattie, così che non le era dato di levarsi da se stessa per le occupazioni manuali, si faceva sollevare con l'aiuto delle sue sorelle e, sorretta alle spalle da appositi sostegni, lavorava con le sue mani così da non stare oziosa neppure nell'infermità-

    Onde di quella tela di lino, frutto del suo amoroso lavoro, fece fare molti corporali per il sacrificio dell'altare e li fece distribuire per diverse chiese nella piana e per i monti di Assisi.

    Fu soprattutto, però, un'innamorata e un'indefessa seguace della povertà; e tanto fissò al suo cuore questa virtù, tanto fu avvinta dal desiderio di possederla, che amandola sempre fermamente e sempre più ardendo nell'abbracciarla, mai si scostò per nessuna ragione dalla sua stretta e piacevole unione. E mai da alcuno, in nessun modo, poté essere persuasa ad acconsentire che il suo monastero possedesse qualche proprietà: quantunque papa Gregorio, di felice memoria, nostro predecessore, volendo fosse intenzionato a dotarlo di possessioni sufficienti ed adeguate al sostentamento delle sorelle.

    E per vero, poiché una luce grande e fulgida non può rimanere occultata senza irradiare chiarore, così anche durante la sua vita la potenza della sua santità rifulse in molti e svariati miracoli.

    Infatti, ad una delle sorelle del suo monastero restituì la voce, che aveva perso quasi completamente da lungo tempo; ad un'altra, priva del tutto dell'uso della lingua, rese sciolta la parola.

    Ad un'altra riaprì all'udito un orecchio affetto da sordità. Conun semplice segno di croce, ne risanò un'altra dalla febbre; un'altra enfiata per idropisia; un'altra ancora piagata da fistola e molte altre oppresse da diversi mali. E guarì un frate dell'Ordine dei Minori affetto da pazzia.

    Una volta, poi, essendo venuto a mancare completamente in monastero l'olio, ella, fatto chiamare il frate che era addetto a questuare elemosine per il monastero, prese un orciolo e, dopo averlo lavato, lo collocò vuoto accanto alla porta del monastero, perché il frate lo portasse con sé per questuare l'olio.

    Ma, allorché tale frate andò per prenderlo, lo trovò colmo di olio, elargito per grazia della carità divina.

    E ancora, non essendovi un altro giorno in tutto il monastero se non mezzo pane per il pasto delle sorelle, comandò che quel mezzo pane fosse tagliato a pezzettini e dispensato alle sorelle.

    Ma colui che èil pane vivo e provvede il cibo agli affamati, lo moltiplicò in modo tale fra le mani di colei che lo sminuzzava, che ne furono fatte cinquanta abbondanti porzioni e vennero dispensate alle sorelle già assise a mensa.

    Per questi ed altri stupendi miracoli, manifestò, ancora vivente, l'eccellenza dei suoi meriti. Mentre poi si trovava agli estremi, fu visto entrare nel luogo dove la serva di Cristo giaceva, un luminoso stuolo di beate vergini, adorne di corone splendenti, tra le quali una appariva più maestosa e più bella delle altre. Esse avanzarono fino al lettuccio di lei, e attorniandola, le prestarono quasi sollievo di visitatrici e conforto di consolazione, con premurosa cura.

    Dopo la sua morte, poi, fu condotto al suo sepolcro un malato di mal caduco, che non poteva camminare da sé per la contrazione di una gamba: e, lì davanti, la sua gamba risuonò fragorosamente, ed egli fu guarito dall'una e dall'altra infermità.

    Si videro persone incurvate nella schiena, rattrappite per malattia, pazzi furiosi in preda ad eccessi di demenza, riacquistare al sepolcro di lei perfetta sanità.

    Un tale che, per un grave colpo aveva perduto l'uso della mano destra, a tal punto che, resa del tutto inutile, non la poteva adoperare in alcun modo, per i meriti della Santa riacquistò completa sanità, riottenendo la sua mano come era prima.

    Un altro, che aveva perso al vista ed era da lungo tempo cieco, venuto al medesimo sepolcro accompagnato da un altro, vi ricuperò la vista e se ne ritornò senza bisogno di guida.

    Per questi e per moltissimi altri fatti e meravigliosi miracoli, questa beata vergine diffuse luminoso chiarore, così che in lei si vide evidentemente avverata quella profezia che sua madre udì, a quanto dice, mentre pregava gravida di lei: che cioèavrebbe partorito una luce tale da rischiarare grandemente l'universo.

    Gioisca, dunque, la madre Chiesa, per aver generato ed educato una tale figlia, la quale, come madre feconda di tutte le virtù, generò alla religione, con la virtù dei suoi esempi, un gran numero di discepole, e con il suo compiuto ammaestramento, le formò al perfetto servizio di Cristo.

    Ne gioisca anche la turba devota dei fedeli, perché il Re e Signore dei cieli ha introdotto con tanta gloria nel suo eccelso e splendente palazzo la loro sorella e compagna, che Egli si era eletta per sua sposa. Così come giubilano in festa le schiere dei santi, celebrandosi nella loro celeste patri Le Nozze novelle della sposa del Re.

    Ora, poiché èconveniente che una vergine da Dio esaltata in cielo, sia venerata in terra dalla Chiesa universale, e poiché, dopo diligente ed attenta inquisizione e rigoroso esame e premessa una solenne discussione, non ci sono dubbi a riguardo della santità della sua vita e sui suoi miracoli; benché siano ormai assai note anche altrimenti, nelle vicine e lontane regioni, le sue chiare gesta, Noi, di comune consiglio e assenso di tutti i nostri Fratelli e prelati, che si trovano attualmente presso la Sede Apostolica, confidando nell'onnipotenza divina, con l'autorità dei beati Pietro e Paolo Apostoli e Nostra, abbiamo ritenuto di doverla iscrivere nel catalogo delle sante vergini.

    Pertanto, avvertiamo voi tutti ed espressamente vi esortiamo, ingiungendovelo tramite queste lettere apostoliche, di celebrare con ogni devozione e solennità la festa di questa vergine, il 12 di agosto , e di farla celebrare con la medesima devozione dai vostri fedeli, onde possiate meritare di averla presso Dio per vostra buona e sollecita protettrice.

    E affinché la moltitudine del popolo cristiano accorra al suo venerabile sepolcro con più ardore e in maggior numero, e la sua festa sia celebrata con maggiore concorso di popolo, Noi, per la misericordia di Dio onnipotente e confidando nell'autorità dei beati Pietro e Paolo Apostoli, accordiamo annualmente l'indulgenza di un anno e quaranta giorni a tutti coloro che, veramente contriti e confessati, si recheranno con devozione ed umiltà al sepolcro di questa vergine, nel giorno della sua festa o anche entro l'ottava, per chiedere la sua protezione.

    Dato ad Anagni, il 26 settembre, nell'anno primo del nostro pontificato.

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    Predefinito Privilegium Paupertatis - Gregorius IX, 1228

    Gregorius Episcopus, servus servorum Dei. Dilectis in Christo filiabus Clarae ac aliis ancillis Christi in ecclesia Sancti Damiani Episcopatus Assisii congregatis, salutem et apostolicam benedictionem.

    Sicut manifestum est, cupientes soli Domino dedicari, abdicastis rerum temporalium appetitum; propter quod, venditis omnibus et pauperibus erogatis, nullas omnino possessiones habere proponitis, illius vestigiis per omnia inhaerentes, qui pro nobis factus est pauper, via, veritas, atque vita. Nec ab huiusmodi proposito vos rerum terret inopia; nam laeva Sponsi caelestis est sub capite vestro ad sustentandum infirma corporis vestri, quae legi mentis ordinata caritate stravistis. Denique qui pascit aves caeli et lilia vestit agri vobis non deerit ad victum pariter et vestitum, donec seipsum vobis transiens in aeternitate ministret, cum scilicet eius dextera vos felicius amplexabitur in suae plenitudine visionis.

    Sicut igitur supplicastis, altissimae paupertatis propositum vestrum favore apostolico roboramus, auctoritate vobis praesentium indulgentes, ut recipere possessiones a nullo compelli possitis.

    Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam Nostrae concessionis infringere vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotentis Dei, et beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius, se noverit incursurum.

    Datum Perusii, decimoquinto kalendas Octobris, Pontificatus nostri anno secundo.

    *****

    Gregorio Vescovo, servo dei servi di Dio, alle dilette figlie in Cristo Chiara e alle altre ancelle di Cristo, viventi in comune presso la chiesa di San Damiano, nella diocesi di Assisi, salute e apostolica benedizione.

    E’ noto che, volendo voi dedicarvi unicamente al Signore, avete rinunciato alla brama di beni terreni. Perciò, venduto tutto e distribuitolo ai poveri, vi proponete di non avere possessioni di sorta, seguendo in tutto le orme di colui che per noi si è fatto povero, e via e verità e vita (cfr Mt 19,21). Né, in questo proposito, vi spaventa la privazione di tante cose: perché la sinistra dello sposo celeste è sotto il vostro capo, per sorreggere la debolezza del vostro corpo, che con carità bene ordinata avete assoggettato alla legge dello spirito.

    E infine, colui che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo, non vi farà mancare né il vitto né il vestito, finché nella vita eterna passerà davanti a voi e vi somministrerà se stesso, quando cioè la sua destra vi abbraccerà con gioia più grande, nella pienezza della sua visione (Ct 2,6).

    Secondo la vostra supplica, quindi, confermiamo col beneplacito apostolico, il vostro proposito di altissima povertà, concedendovi con l’autorità della presente lettera che nessuno vi possa costringere a ricevere possessioni.

    Pertanto a nessuno, assolutamente, sia lecito invalidare questa scrittura della nostra concessione od opporvisi temerariamente. Se qualcuno poi presumesse di attentarlo, sappia che incorrerà nell’ira di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo.

    Dato a Perugia il 17 settembre, l’anno secondo del nostro Pontificato.

    (Traduzione di Chiara Augusta Lainati)

    IL Cosiddetto Privilegio della povertà, nella forma scritta da noi posseduta, data del 17 settembre 1228 ed è concesso e bollato da papa Gregorio IX.
    L’originale si conserva tra le reliquie del Protomonastero di Santa Chiara in Assisi, ed è stato ripetutamente pubblicato, dal 1897 (in Seraphicae legislationis textus originales, Ad Claras Aquas 1897, pp. 22-24; 97-98) fino all’ultima edizione di Regulae et Constitutiones Generales Monialium Ordinis S. Clarae, Romae 1973, pp. 107-108.
    Non è senza significato che santa Chiara abbia chiesto ed ottenuto proprio nel 1228, in forma scritta, questo documento, che assicura alle “Povere Sorelle” di San Damiano il diritto di vivere senza alcuna proprietà in questo mondo, “seguendo in tutto le orme di Colui che per noi si è fatto povero, e via e verità e vita”.
    E’ il momento, infatti, in cui, asceso al papato Ugolino dei Conti Segni, col nome di Gregorio IX (1227-1241) prende vigore e si diffonde, tra i monasteri delle Clarisse, quella Regola ugoliniana del 1219 (pubblicata in I. OMAE- CHEVARRIA, Escritos de santa Clara y Documentos contemporaneos, Madrid 1970, pp. 210-232), che conserva assoluto silenzio a riguardo della povertà in comune e finirà anzi, ben presto, attraverso varie redazioni e tappe, per dare origine a un ramo dell’Ordine con diritto a possedere.
    Si è discusso su una precedente concessione del Privilegio della povertà da parte di Innocenzo III sulla scorta della testimonianza del Testamento di santa Chiara, 42 e della Leggenda, 14.
    A parte l’ineludibile chiarezza delle due fonti del Testamento e della Leggenda, la richiesta del Privilegio ad Innocenzo III si spiega assai bene nel momento in cui -a seguito del Concilio Lateranense IV del 1215 e del suo can. XIII- il nuovo Ordine delle Povere Sorelle di San Damiano è costretto ad appoggiarsi nominalmente alla Regola di san Benedetto. Il Privilegio, richiesto in quel momento, avrebbe assicurato alle Povere Sorelle la fisionomia propria francescana del monastero di San Damiano e la fedeltà alla “formula” professata, al di là di ogni formale riferimento alla Regola benedettina.
    E’ grazie al Privilegio che la Regola di santa Chiara è, per sempre, una “vita e forma di povertà” (Regola c. II,14).

 

 
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