...d'Europa

Roma. Dice il saggio che “le persone non cambiano: è solo che col tempo il tempo poi le complica più di un po’”.
Con tutte le complicazioni del caso, il tempo a Massimo D’Alema deve aver chiarito le idee circa il paese normale, e coloro che lo abitano.
Dovendosi scegliere un secondo che stia a Roma a tenere le fila delle cose di cui lui, da Bruxelles, rischia di perdere il controllo, il fu presidente del Consiglio non ha scelto un faccendiere di piccolo cabotaggio né un pornografo in crisi d’ispirazione, ma un archeologo che vive con mamma e papà (lei photoeditor dell’Espresso in pensione, lui produttore cinematografico) e fa il barista alla festa dell’Unità.
Matteo Orfini ha meno di trent’anni, e se chiedi in giro ti dicono che aveva smesso di fare politica, dopo quattro anni da segretario della “sezionemazzini”, formula magica che nessuno ritiene di dovere specificare indichi la sezione dei Ds del quartiere Prati di Roma, sede in un seminterrato di fronte al bar Vanni (quello dove fa lo struscio il demimonde Rai), gloriosa tradizione di formazione di giovani dirigenti (esistono? qualcuno, quelli che trovate immancabilmente citati nei periodici articoli sulla “gioventù dalemiana” – che poi tanto gioventù non è, ma Orfini saggiamente nota che “mica puoi avere le quote ‘in quanto giovane’: lo spazio te lo prendi coi meriti, non te lo deve dare qualcuno per diritto anagrafico”).
Il segretario di sezione adesso è un ventiquattrenne che ha battuto il record di Orfini, ai suoi tempi più giovane segretario di sezione mai eletto. Siccome Orfini è un uomo d’apparato, non gli passa neppure per la testa che quella sezione non sia più affar suo: è con ipertrofico orgoglio che ti spiega che la sezione Mazzini ha preso tre milioni di voti alle ultime elezioni, tramite gli iscritti D’Alema, Zingaretti e Gruber (Lilli “aveva qui il suo comitato elettorale”).
Siccome Orfini sarà pure dalemiano ma ha pur sempre meno di trent’anni, non ha il coraggio di dirti che lui coi giornalisti non parla.
Siccome ha meno di trent’anni, ti accoglie con un sorriso tirato che ti fa venir voglia di lasciar perdere, in fondo se D’Alema vuole tenere il segreto sulla sua scelta fino a settembre che male c’è, perché rovinare l’estate a un bravo ragazzo che ha tutta l’aria di essere sull’orlo di un attacco di gastrite?
Siccome Orfini avrà pure meno di trent’anni ma fa politica da quando ne aveva quattordici, quando al terzo giorno di scuola (Mamiani – c’è bisogno di specificarlo?) lo tirarono dentro a un’occupazione di cui non ricorda i motivi, a domanda indiretta finge di non cogliere, e a domanda diretta nega senza ritegno.
Se in un’ipotesi dell’irrealtà un giorno dovesse arrivare la telefonata di D’Alema che ha bisogno di una persona che lo aiuti nella sua attività di parlamentare europeo, come reagirebbe Orfini? “Mi siederei sull’orlo dello scavo e fumerei una sigaretta. Poi prenderei un tranquillante”.
Al gioco ci sta per tre secondi, poi mette su un tono ufficiale:
“Come ogni persona che ha due passioni, il giorno in cui una delle due dovesse diventare un lavoro a tempo pieno sarebbe un giorno di scelte dolorose”.
I menoditrent’anni di Orfini sono roba di telefilm, e di canzonette, e di videogiochi.
Si illumina davvero non più di tre volte. Quando parla dell’arrangiamento per archi di una canzone dei Metallica. Quando riassume un episodio di “West wing”. Quando dice “C’è solo una cosa che sono davvero nato per fare, ed è giocare a biliardino”. Se gli fai notare che pare un incrocio tra Fabio Fazio e Walter Veltroni, sbianca ma tace: sono pur sempre uniti nel listone, no? (I menoditrent’anni di Orfini non sono comunque più venti: dev’essere per sentirsi giovane che ha messo su un blog; deve aver capito di non esserlo più quando, la settimana scorsa, ha scritto con stuporoso dolore di aver declinato un invito a giocare a calcetto, e senza un vero perché).
I menoditrent’anni di Orfini sono interamente storia di gioventù dalemiana e di sezione Mazzini. Anche le donne.
Fu un compagno (di gioventù, e di sezione, e di corrente) a spiegare a un Orfini sentimentalmente alle prime armi che non si
possono applicare ai sentimenti le categorie della politica.
“Era una cazzata”, dice l’Orfini – meno alle prime armi – di oggi,
spiegando poi che se lei ti lascia hai perso e devi fare l’analisi del voto, se lei è indecisa devi stringere alleanze – ma con le amiche, mai con la mamma altrimenti lei si sentirà accerchiata e poi comunque nessuna ragazza si metterà mai col ragazzo che le consiglia la mamma, è un candidato indicato dalla corrente avversa…
Dice Orfini che D’Alema non gli ha telefonato, e che non vede perché dovrebbe farlo: “Non parlo neanche inglese. Parlo latino. Avevo un professore all’università che diceva che era l’unica lingua utile, che ai congressi di archeologia parlando in latino ci si sarebbe sempre intesi coi colleghi stranieri”.
Dicono gli antipatizzanti che si era capito da un pezzo che D’Alema avesse dei progetti, per quell’Orfini:
“Alla chiusura della campagna elettorale a Mazzini D’Alema ha fatto un discorso che era tutt’un Orfini di qua e Orfini di là, anche eccessivo: ma chi lo consoce, ’sto Orfini?”.
Dice Orfini che lui e D’Alema neppure si conoscono: “Ho il cellulare della moglie perché è iscritta qui da noi… Cioè, ce l’ha il nuovo segretario”.
Dicono i simpatizzanti che è la prima volta che D’Alema si mette vicino “una persona normale”.
Dice Orfini che non c’è notizia:
“Io il 30 di agosto ho un contratto per cominciare a scavare al parco di Veio, e in Italia non sai mai quando finisci, con uno scavo, perché se trovi le tombe non è che te ne puoi andare, e non c’è proprio il tempo di fare altro. Inizierò a scavare all’alba e finirò verso le quattro, poi da Veio bisogna tornare, è all’Olgiata, e farsi una doccia, perché dopo una giornata di scavi…”.
Un assistente con un lavoro normale.
Chissà se in Europa lo capiranno, che gigantesco cambiamento sia per Massimo D’Alema.
(gs) su il Foglio del 13 luglio

saluti