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Discussione: Guerre Dimenticate

  1. #1
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    Predefinito Guerre Dimenticate

    Come giustamente hanno fatto notare molti durante la discussione della guerra in Iraq ci sono tantissime altre guerre in corso in giro per il mondo e moltissime volte sono dimenticare o deliberatamente lasciate da parte per fare gli interessi delle potenze mondiali, questo 3D nasce appositamente per fare una cronaca di queste guerre.

    Il primo post lo metto quì sta a politica on line decidere se va bene quì o se volessero spostarlo in altri forum

    Grazie

  2. #2
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    Predefinito Guerre Dimenticate 1 - Repubblica democratica del Congo


  3. #3
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    Predefinito Guerre Dimenticate 2 - Repubblica Democratica del Congo

    Nel 1997 l'Alleanza delle Forze Democratiche per la Liberazione (ADFL) guidata da Kabila ha conquistato Kinshasa e rovesciato la trentennale dittatura di Mobutu. Ma nel 1998, ribelli Tutsi, organizzati in gruppi armati come il Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD), fiancheggiato dai soldati ruandesi, e il Movimento di Liberazione del Congo (MLC), appoggiato invece dalle forze armate ugandesi, hanno iniziato una dura lotta contro le fazioni fedeli al presidente Kabila, spalleggiato a sua volta dagli eserciti di Angola, Namibia e Zimbabwe.

    Una "Guerra Mondiale Africana", come è stata definita, che vede combattersi sul territorio congolese gli eserciti regolari di ben sei Paesi per una ragione molto semplice: il controllo dei ricchi giacimenti di diamanti, oro e coltan del Congo orientale
    Il Congo si è così ritrovato diviso in una parte orientale controllata dai ribelli e una occidentale ancora in mano alle truppe di Kabila.
    Almeno 350mila le vittime dirette di questo conflitto, 2 milioni e mezzo contando anche i morti per carestie e malattie causate dal conflitto.

    Il processo di pace è stato avviato nel luglio del 1999 con la firma dell'accordo internazionale di Lusaka, ma sul campo i combattimenti non sono mai cessati. nemmeno dopo che le nazioni coinvolte nel conflitto hanno iniziato a ritirare i propri eserciti regolari nel febbraio 2001 e i caschi blu del contingente MONUC (Missione ONU in Congo) sono arrivati per sorvegliare la tregua.

    A combattersi ora sono, da una parte, una mutevole schiera di gruppi ribelli tutsi appoggiati dagli eserciti di Ruanda e Uganda (MLC e RCD), e dall'altra le milizie tribali che prima combattevano in appoggio alle truppe governative congolesi, guerrieri come i Mai Mai, i Donos e i Kamajors (federati nelle FDD: Forze per la Difesa della Democrazia) e i miliziani hutu Interahamwe ruandesi, rifugiatisi nelle foreste del Congo orientale nel 1994 dopo aver compiuto il tremendo genocidio di oltre mezzo milione (forse 800mila) di tutsi ruandesi..

    Cambiamenti di fronte e di alleanze sono la costante: star dietro al continuo nascere e morire di nuove sigle di gruppi combattenti è davvero un'impresa.
    Soprattutto dalla parte dei ribelli tutsi filo-ruandesi/ugandesi, che ultimamente si combattono anche tra di loro. La contrapposizione più forte è ora tra l'MLC (Movimento di Liberazione del Congo) di Jean Pierre Bemba e l'RCD-K (Raggruppamento Congolese per la Democrazia-Kisangani) di Mbusa Nyamwisi, precedentemente alleati nell'FLC (Fronte di Liberazione del Congo). Alleato di Jean Pierre Bemba è attualmente Roger Lumbala e il suo RCD-N (Raggruppamento Congolese per la Democrazia-Nazionale).

    Sterttamente collegato alla ribellione congolese è il conflitto etnico tra gli Hema e i Lendu, che si combattono (con migliaia i vittime) dal giugno del 1999 nella regione dell'Ituri, nel nord-est del Paese, territorio affidato al controllo dell'esercito ugandese. Il Congo accusa quest'ultimo di fomentare tali scontri etnici al fine di giustificare la propria permanenza nella regione e di continuare a sfruttare l'economia locale acquistando concessioni per l'estrazione dell'oro e per la raccolta del legno pregiato.

  4. #4
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    Predefinito Guerre dimenticate 3 - Repubblica Democratica del Congo

    QUATTRO ANNI DI GUERRA E DI PROMESSE VANE



    6 Agosto 2002


    Le precisazioni dell'agenzia MISNA sull'intesa firmata la scorsa settimana, presentata dai media come un vero accordo di pace

    QUATTRO ANNI DI GUERRA E DI PROMESSE VANE, TRA SILENZI E CATTIVA INFORMAZIONE


    E' un senso di doloroso sconcerto quello che sentiamo crescere di fronte a certi spettacoli offerti dal mondo dei media. Il velo di silenzio che la stampa occidentale ha steso da tempo sul conflitto congolese viene saltuariamente squarciato soltanto per fare disinformazione o, nella migliore delle ipotesi, informazione colpevolmente superficiale. E' avvenuto ad esempio la scorsa settimana quando, a seguito della firma a Pretoria del "protocollo d'intesa" fra il governo della Repubblica democratica del Congo e quello del Rwanda, in tanti si sono affrettati a sbandierare un presunto "scoppio" della pace nella regione.

    Alla vigilia del quarto anniversario dell'inizio della guerra, caduto il 2 agosto scorso, si è voluta così archiviare la pratica senza preoccuparsi di verificare, al di là delle parole, quale sia la situazione sul campo. E d'altra parte, anche da un punto di vista strettamente formale, quello sottoscritto da Joseph Kabila e Paul Kagame non è in alcun modo assimilabile a un accordo di pace. Si tratta assai più semplicemente di una intesa destinata sulla carta a regolare una questione specifica (il destino dei cosiddetti ribelli interahamwe e degli ex soldati delle Far, le forze armate ruandesi all'epoca del defunto presidente Juvenal Habyarimana) e la cui reale portata resta ancora tutta da valutare. I fatti, viceversa, stanno purtroppo a dimostrare che non ci sono proprio le condizioni per affermare che la pace sia arrivata o sia alle porte in questo tormentato Paese.

    Il protocollo di Pretoria non affronta le questioni chiave di un conflitto che ha già causato la morte di almeno un milione e mezzo di persone (secondo alcune stime oltre due milioni). Per offrire un'idea delle immani proporzioni del massacro può essere utile ricordare che il numero delle vittime è simile a quello fatto registrare dalla guerra in Sud Sudan, ma in un arco di tempo nettamente inferiore. Dal 1998 ad oggi si sono susseguite conferenze, trattative, impegni di cessate il fuoco che hanno alimentato speranze rivelatesi poi vane.

    Nè gli accordi di Lusaka, nè l'estenuante maratona negoziale di Sun City hanno portato a svolte decisive ed è sbagliato alimentare illusioni mentre eserciti stranieri (ugandese e ruandese) stazionano sul territorio congolese e nulla viene fatto per dare spazio alla vitale società civile locale. Il Paese rischia seriamente di essere oggetto di una spartizione fra quanti puntano a continuare lo sfruttamento delle grandi risorse minerarie congolesi. In fondo, quando l'allora segretario di Stato Usa Madeleine Albright definì quella congolese come la "prima guerra mondiale africana" disse la verità, poiché gli interessi che si celano dietro a tutto questo non appartengono soltanto alle potenze continentali che vi hanno preso parte sul piano militare. Se finora la divisione e lo smembramento del Congo non sono divenuti realtà è perchè c'è una forte coscienza nazionale, che resiste ad ogni prospettiva di questo genere. Ma quella stessa società civile che rappresenta la grande speranza per il futuro è vittima quotidianamente di soprusi e violenze da parte di chi vorrebbe far tacere la voce di un intero popolo. Situazioni come quelle esistenti a Kisangani e nel Kivu non lasciano spazio a particolare ottimismo. Altrettanto dicasi per l'atteggiamento della comunità internazionale, la quale fa finta di non rendersi conto che la Missione delle Nazioni Unite nell'ex Zaire (Monuc) sarà condannata a restare inutile spettatrice fino a quando non si vedrà assegnare un mandato più ampio, che preveda la possibilità di contribuire attivamente al disarmo delle troppe fazioni operanti nel Paese. Appena sabato scorso una delegazione della Monuc atterrata in elicottero a Baraka, nel sud Kivu, è stata costretta da un centinaio di miliziani della Coalizione democratica congolese (Rcd-Goma) a fare dietrofront e tornare alla propria base. Altro che entusiastici proclami sulla pace a portata di mano. A quattro anni dall'inizio della guerra, Rwanda e Uganda, insieme ai movimenti locali loro alleati, non sono intenzionati a fare un passo indietro. E il documento firmato da Kabila e Kagame ha tutta l'aria di essere un tentativo di compiacere quegli ambienti diplomatici che garantiscono lauti finanziamenti e sono ben disposti a confondere un protocollo d'intesa con un accordo di pace.
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    Attenzione, questo è un articolo molto vecchio ma ho pensato che fosse interessante pubblicarlo

  5. #5
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    Con questo articolo comincia la lunga sequenza di articoli dedicati alla guerra in Congo, per chiarezza ho deciso di postarli dal più vecchio così che magari chi di voi legge possa almeno capire meglio
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    CONTINUA LA GUERRA


    30 Giugno 2002


    (17 Giu) Continua la guerra che ha già fatto tre milioni di morti e che colpisce sopratutto la popolazione civile.

    KINSHASA - Domenica 9 giugno alcune migliaia di soldati dell'RCD-Goma sono arrivati a Bunyatenge (Nord Kivu,RDC), dove vivono circa 300famiglie di rifugiati rwandesi hutu ( alcuni di loro la scorsa settimana, avevano parlato con gli ufficiali della MONUC, per fargli presente la loro situazione).

    Gli uomini dell'RCD-Goma hanno parlato con la popolazione congolese del luogo ( cosi come fecero , nel 1996 , le truppe ruando-ugandesi) per rassicurarli sul fatto che i civili , non verranno toccati, dal momento che le truppe si trovano li' per cercare gli Interahamwe e hanno aggiunto che porteranno un nuovo ordine. Secondo fonti estrememamente affidabili se l'RCD-Goma decide di raggiungere Butembo , può farlo in brevissimo tempo, anche perchè ci sono altre truppe pronte ad attraversare il lago Virunga.

    L'arcivescovo di Kisangani, Mons.Laurent Monsengwo Pasinya , in Italia in questi giorni, ha incontrato i partecipanti all'azione di pace '' Anch'io a Kisangani''ed il presidente della provincia di Bologna Vittorio Prodi nel corso di una conferenza stampa che si è svolta il 15 giugno presso la Sala Rossa di palazzo Malvezzi. Il vescovo ha detto ''Una volta ancora il sangue scorre a Kisangani, città-martire da più di 40 anni. Una volta ancora seguendo l'esempio di Caino , degli uomini rifiutano di essere fratelli e provano piacere a uccidere i loro simili. Fino a quando Kisangani sarà teatro di uccisioni ed esecuzioni sommarie, di stupri e saccheggi, di violazioni permanenti e massicce dei più elementari diritti umani?''

  6. #6
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    Mercenari al soldo delle compagnie petrolifere


    10 Luglio 2002

    Un articolo pubblicato dal giornale tedesco Die Tageszeitung riporta la notizia che la compagnia petrolifera canadese Heritage Oil sarebbe in stretto contatto con formazioni di mercenari sudafricani.

    Nell'articolo viene indicato Tony Buckingham, fondatore e direttore generale della Heritage Oil, come persona notoriamente in connessione con la famigerata Executive Outcomes (nota compagnia di mercenari ora dissolta) e con altri gruppi di mercenari.

    Il giornale tedesco afferma che la Heritage Oil avrebbe usato i mercenari della Executive Outcomes per ottenere concessioni di trivellazione ed estrazione di petrolio durante la guerra in Angola nel 1994 , nell'aquisizione di concessioni nella Repubblica del Congo (Brazzaville) e nell'area di confine tra Uganda e R.D. Congo.

    Secondo Die Tageszeitung i ribelli sostenuti dall'Uganda nel conflitto con la Repubblica Democratica del Congo hanno conquistato il controllo delle aree di confine proprio grazie all'aiuto dei mercenari assunti dalla compagnia petrolifera. Anche gli scontri tribali in atto in alcune regioni della R.D.Congo avrebbero come sfondo le estrazioni petrolifere.

    Il governo Ugandese ha finanziato con denari pubblici esplorazioni della compagnia petrolifera canadese nel corso dello scorso anno ma il ministro per lo sviluppo minerario ha dichiarato nei giorni scorsi: "Sento le notizie di collusioni con mercenari per la prima volta, noi non abbiamo questo tipo di informazioni, sappiamo solo che i progetti che finanziamo sono una joint venture tra la Eritage Oil la compagnia sudafricana Energy Oil"

    La Heritage Oil ha in programma di avviare estrazioni di greggio sia in Uganda che nella Repubblica Democratica del Congo , i vertici dell'azienda hanno dichiarato che contano di iniziare le trivellazioni nei primi giorni di Agosto.

    Paolo Oddone

  7. #7
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    Continuano gli scontri, nessun aiuto per i civili


    12 Luglio 2002


    Fonti delle Nazioni Unite riportano la notizia di aspri scontri iniziati martedì scorso tra il Rassemblement congolais pour la democratie-Mouvement de liberation (RCD-ML) e i guerriglieri di etnia Hema nel Nord del paese.

    Fonti del RCD-ML hanno dichiarato di aver contato 40 morti tra le loro fila , non ci sono dati sulle perdite da parte della fazione opposta.

    Secondo le organizzazioni umanitarie che operano nella zona ci sono state anche molte vittime civili che si trovavano nelle loro case al momento degli scontri.

    Il leader del RCD-ML ha dichiarato che agli scontri hanno partecipato anche le truppe Ugandesi in supporto al gruppo di ribelli Hema comandato da Thomas Lubanga.


    Intanto migliaia di sfollati nella parte est della Repubblica Democratica del Congo avrebbero bisogno urgente di cibo , vestiario e medicine. La situazione dei profughi è sempre più grave e le loro condizioni igenico-sanitarie sono preoccupanti perchè continua ad essere impedito l'accesso ai convogli umanitari a causa del perdurare degli scontri tra le truppe Ruandesi e le Forces pour la Defense de la Democratie (FDD) nell'altopiano a sud di Kivu.

    La guerra ha ormai messo in ginocchio l'attività agricola e la pastorizia dell'altopiano , fame e malnutrizione si diffondono rapidamente tra la popolazione civile.
    Per i contadini della zona è impossibile raggiungere i campi coltivati e i pascoli per il bestiame.

    La R.D. Congo continua anche ad essere teatro di violentissimi scontri tra etnie , il ministro per i diritti umani del Congo ha dichiarato di recente che nel solo conflitto tra l'etnia Hema e i Lendu , negli ultimi tre anni, ci sono state oltre 20.000 vittime.

    Paolo Oddone

  8. #8
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    Ancora guerra, aziende straniere sotto inchiesta


    20 Luglio 2002


    Nelle ultime settimane ci sono stati violenti scontri tra gli uomini del RCD-Goma e le milizie Banyamulenge (Tutsi) comandate da Patrick Masunzu.
    Masunzu e i suoi uomini sono un gruppo di dissidenti staccatosi dallo stesso RDC-Goma all'inizio del 2002.
    I vertici del RDC-Goma sostengono che la rivolta di Masunzu e' stata agevolata e supportata dall'esercito governativo , dalle Milizie Mayi-Mayi e dagli Hutu Interahamwe.
    L'unica cosa che appare certa è però il fatto che Masunzu è molto popolare tra la popolazione del luogo che , al contrario, risulta essere avversa al RCD-Goma.

    Il teatro degli scontri è stato la zona di Hauts Plateaux , che sovrasta la città di Uvira.
    Truppe ruandesi sono state dislocate nella regione in aiuto alle milizie del RCD-Goma , la BBC riporta anche notizie di bombardamenti con elicotteri su villaggi della zona.

    Intanto le Nazioni Unite e alcune organizzazioni non governative hanno finalmente avuto l'autorizzazione all'invio di una prima missione umanitaria nella regione di Sud Kivu, nella parte est del Paese.
    E' la prima volta dall'inizio delle ostilità che le Nazioni Unite riescono ad accedere con una missione umanitaria nella zona; Amos Namanga Ngongi , rappresentante dell' ONU in R.D.Congo ha dichiarato : "Non ci avevano mai dato le necessarie garanzie di sicurezza prima d'ora" . Si calcola che almeno 50.000 profughi siano in attesa che la missione umanitaria rechi loro un primo aiuto.

    Ma l' ONU , in questo periodo, è attivo in Congo anche con compiti investigativi:
    Un'inchiesta svolta da osservatori delle Nazioni Unite nella città di Kisangani ha concluso che i responsabili del massacro compiuto nella zona all'inizio di quest'anno sono senza ombra di dubbio i ribelli del RCD-Goma , alleati delle forze armate Ruandesi. Le testimonianze dei civili che parlarono di esecuzioni sommarie, decapitazioni con machete e di altre orribili atrocità sono state confermate e ritenute attendibili dagli ispettori.

    In questi giorni, poi, Kofi Annan ha esteso fino al 31 ottobre di quest'anno il mandato per un'altra importante inchiesta delle Nazioni Unite in Congo: l'inchiesta si propone di rilevare l'importanza che ha avuto in questi anni la cattiva gestione del commercio delle risorse naturali congolesi nella prosecuzione delle guerre che continuano ad insanguinare lo stato africano.

    A rinforzare i sospetti che l'esportazione illegale di petrolio ed altre materie prime sia alla base dei continui scontri in Congo arriva anche una commissione costituita dal Senato del Belgio che ha messo sotto inchiesta diverse aziende nazionali ed estere.
    L'inchiesta si propone di investigare il ruolo che alcune aziende private avrebbero svolto nel fomentare le continue guerre interne al Congo allo scopo di accaparrarsi lo sfruttamento delle risorse naturali.

    Paolo Oddone

  9. #9
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    Finirà la guerra del Coltan?


    25 Luglio 2002


    E' stato predisposto un accordo tra il governo ruandese e la Repubblica Democratica del Congo. L'accordo prevede il ritiro delle truppe ruandesi dalla zona est del paese dove agivano in supporto dei miliziani del RCD-Goma e di altri gruppi mentre il Congo dovrà disarmare le milizie Hutu che combattono nella zona.

    I presidenti dei due stati non hanno ancora firmato l'accordo ma si prevede che lo faranno entro questa settimana.

    L'accordo porta qualche speranza di pace nella martoriata regione africana, ma è ben lungi dall'essere considerato un vero e proprio atto risolutivo del conflitto.
    Quasi tutti i commentatori della stampa nazionale congolese hanno giudicato l'accordo un passo significativo ma che riguarda solo la dimensione esterna del conflitto, lasciando aperti tutte le questioni interne (scontri tra etnie e fazioni congolesi).

    Altri dubbi sull'accordo vengono dal fatto che , per il momento, le milizie del RCD non hanno partecipato alla trattativa.

    La regione est del Congo , dalla quale dovrebbero ritirarsi le truppe Ruandesi secondo l'accordo, è stata il cuore della guerra che ha coinvolto diversi stati africani ed è stata definita una "guerra mondiale africana".
    Le ricchezze naturali della regione sono immense: diamanti, oro, e Coltan, il prezioso minerale usato nella fabbricazione dei telefonini e nell'industria elettronica e aereospaziale.

    Le vittime stimate ad oggi sono almeno 350.000 , senza contare i milioni di morti per fame e carestia provocati dalla guerra.

  10. #10
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    Predefinito cosa è il coltan ?

    Spulciando tra le varie pagine internet ho trovato che cosa è il coltan

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    LA FEBBRE DEL COLTAN


    Una sabbia nera luccicante e leggermente radioattiva, fino a qualche tempo fa il coltan valeva poco o niente.Oggi le sue quotazioni sono centuplicate e la sua estrazione in Africa ha scatenato una vera e propria corsa all'oro. Ma cosa c'è dietro il commercio del coltan? Questo articolo tratto da www.diario.it , aprile 2001 ci svela i retroscena.

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    Metallo ricco mi ci ficco

    Il coltan è una specie di sabbia nera radioattiva e preziosissima. È il nuovo business della Repubblica democratica del Congo. Senza, non esisterebbero telefonini, aerei e PlayStation2

    di Marina Rini

    KINSHASA. Martin Nkibatereza si alza, raccoglie la sua sabbia nera e la mette in un sacchetto di plastica. Sono almeno due ore che scava e spezza le rocce con il piccone sotto il sole cocente. Si asciuga il sudore della fronte con uno straccio lercio e lurido e si ripara all'ombra di un mango per consumare il suo pasto frugale: farina di manioca stemperata nell'acqua. Ciononostante l'uomo è contento. Sa che la sua fatica sarà ricompensata da un buon gruzzolo di dollari. Ha però un po' di paura. La zona è piena di ribelli che ogni tanto, specie quando sono ubriachi, attaccano sparando all'impazzata, senza un obiettivo preciso. Così, per seminare terrore tra i civili. Tutt'intorno ci sono uomini armati che guardano e controllano. L'area da proteggere è strategicamente importante, qui dalle miniere a cielo aperto si estrae il coltan, il minerale più ricercato del momento. Al calar del sole centinaia di uomini come Martin escono dalle buche scavate nel terreno e dalle lunghe trincee che tagliano le colline, trasportando con fatica i loro sacchi di plastica. Siamo nella giungla tropicale della Repubblica democratica del Congo, nella parte orientale del Paese, dove dall'agosto 1998 infuria la guerriglia. Da una parte ci sono i ribelli e i loro alleati, soldati ugandesi e ruandesi che occupano il territorio congolese, dall'altra le milizie hutu che sostengono il governo di Kinshasa. In palio ci sono le immense ricchezze del sottosuolo: oro, diamanti, rame e ora anche il coltan, un minerale raro che contiene tantalio e niobio (che un tempo di chiamava colombite). Per sfruttare le miniere ci si sono messi in tanti: sudafricani, americani inglesi e ora anche i russi e i kazaki, che fanno la parte del leone.

    FINO A QUALCHE TEMPO FA NESSUNO LO VOLEVA.

    Due volte alla settimana un uomo chiamato Pierre arriva in miniera e compra i sacchetti di sabbia nera a dieci dollari ciascuno. Nessuno di quelli che lo scavano sa perché quell'uomo sia così interessato ad acquistare fango. "Il coltan? Nessuno sa cosa cos'è", risponde Martin asciugandosi il sudore, "è utile?". "Il coltan", spiega il vecchio gestore delle miniere del Congo quando ancora si chiamava Zaire, "veniva sfruttato anche prima della Seconda guerra mondiale, ma è diventato strategico solo da qualche anno. Prima valeva pochissimo e nessuno voleva estrarlo. Spaccare le pietre sotto il sole non è un lavoro piacevole. Ora è richiestissimo dall'industria ultratecnologica e le concessioni si sono moltiplicate". A cosa serve il coltan? A vederlo così non somiglia a niente. Solo fango di sabbia nera con qualche debole scintilla di luce, come se fosse quarzo. Se gli si avvicina una calamita si attacca. In realtà il coltan è un minerale dall'importanza economica e strategica immensa. In particolare, spiegano gli esperti, serve a ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuovissima generazione. Nei telefonini, per esempio, o nelle telecamere o nei computer portatili dove il problema più difficile da risolvere è quello della durata delle batterie. I condensatori al tantalio permettono un risparmio energetico e quindi una maggiore versatilità dell'apparecchio. Questa la spiegazione ufficiale. Ma parlando con i commercianti che esportano il coltan viene fuori un'altra strana verità. Il coltan è radioattivo e contiene anche un bel po' di uranio. Non è forse che questo faccia gola più della tantalite? Il commerciante che regala una bustina di polvere di coltan a Butembo, nella parte nordorientale del Congo, quella per intendersi controllata dagli ugandesi, consiglia vivamente: "Non la tenga in tasca, per carità! La radioattività potrebbe danneggiare i suoi organi genitali". Oltre a essere l'ingrediente fondamentale nella costruzione dei nostri telefoni cellulari, il coltan è usato nell'industria aerospaziale per fabbricare i motori dei jet, oltre agli air bag, ai visori notturni, alle fibre ottiche. L'anno scorso quando in tutto il mondo occidentale la gente impazziva perché nei negozi a PlayStation 2 era introvabile, si era diffusa la voce che la vera ragione fosse la carenza sul mercato della sabbia nera che ogni giorno Martin Nkibatereza e i suoi colleghi estraggono dalle miniere nella foresta africana. Per alcuni mesi la guerra ha impedito il lavoro nelle miniere e il coltan non ha potuto raggiungere le sedi della sofisticata industria hi-tech.Il prezioso minerale è naturalmente anche la causa della guerra che sta devastando il Paese. I proventi della vendita del minerale servono infatti a pagare i soldati e ad acquistare nuove armi.

    MORTI DI FATICA PER SFAMARE L'ESERCITO.


    Il Congo orientale è la più grossa riserva al mondo di coltan, e in meno di due anni il valore del minerale è cresciuto a dismisura. Fino alla settimana scorsa i ribelli che controllano l'area hanno rivendicato il monopolio sulle esportazioni. "Siamo in guerra", argomenta Bizima Karaha, uno dei leader dell'Rcd, "dobbiamo mantenere i soldati e tutta la logistica a loro necessaria". "La realtà è che la popolazione lavora fino allo sfinimento fisico nelle miniere unicamente per sfamare l'esercito che ha trovato nel prezioso minerale un'inesauribile fonte di arricchimento", risponde Erik Kennes un economista belga che sta studiando le implicazioni economiche e politiche del "miracolo coltan". Prima della guerra il Kivu, la regione orientale del Congo, era un'area molto fertile e aveva la reputazione di essere il granaio del Paese. Riforniva di carne e verdure Kinshasa, la capitale distante 1.600 chilometri. Con l'occupazione ribelle il canale commerciale è stato definitivamente interrotto e la gente ha cominciato a chiudere tutte le attività, comprese quelle agricole e pastorali. Da febbraio a dicembre 2000 interi villaggi - si calcola oltre 10 mila persone - sono stati trasferiti nella zona dei giacimenti del coltan. L'organizzazione svizzera World Conservation Union ha lanciato un grido di allarme chiedendo alla comunità internazionale di boicottare il commercio del minerale. Secondo gli ambientalisti elvetici le miniere a cielo aperto congolesi stanno danneggiando l'ecosistema di due riserve naturali considerate universalmente protette dalla convenzione dell'Unesco World Heritage.

    VITTIME TRA LE POPOLAZIONI INDIGENE.

    Nei parchi nazionali di Kahuzi-Biega e Okapi si sono riversate migliaia di persone che stanno alterando l'equilibrio ecologico della foresta abbattendo alberi e uccidendo gli animali per nutrirsi. La febbre di questo nuovo oro nero ha già provocato un numero alto e imprecisato di vittime tra la popolazione indigena della tribù Mbuti, oltre all'uccisione di numerosi elefanti e alcune specie di gorilla. Quando alla Borsa di Londra il prezzo del minerale si è moltiplicato per dieci raggiungendo un picco di 400 dollari al chilo, i guerriglieri del ribelle Rassemblement Congolais pour la Democratie (Rcd), che governa la parte del Congo occupato dalle truppe ruandesi, ha persino ordinato di sospendere l'estrazione dell'oro per cercare il coltan. "Con la vendita dei diamanti riusciamo più o meno a guadagnare 200 mila dollari al mese", dichiara Adolphe Onusumba, presidente della fazione ribelle che controlla anche la regione diamantifera di Kisangani, "con il coltan arriviamo a guadagnare oltre un milione di dollari al mese". I soldi servono a pagare la logistica militare, il carburante degli automezzi e degli aerei, il cibo ai 40 mila soldati attestati su un fronte lungo 1.600 chilometri e, naturalmente, le armi. "In realtà solo una piccola parte di sabbia nera ha un certo valore", afferma Bernard, uno dei 19 comptoir, cioè compratori al dettaglio del Kivu, subito dopo aver chiuso il suo telefono portatile con cui stava parlando a un uomo d'affari tedesco, "una volta acquistati, i sacchetti vanno analizzati e ripuliti". Da qualche mese Bernard ha la tendenza a frenare gli acquisti. È una resistenza passiva, spiega, mostrando le carte che rivelano affari per poche migliaia di dollari. Il malcontento ha investito tutti i compratori locali del minerale da quando l'Rcd, fiutando il business, ha deciso di serrare le briglie e di imporre il monopolio sulle vendite all'estero. I commercianti locali dichiaravano di aver comprato 40 tonnellate al mese e su quelle pagavano le tasse mentre i dirigenti ribelli addetti alle finanze sapevano che ne rivendevano oltre 140 tonnellate in nero. Inoltre mentivano anche sul prezzo: sulla carta dichiaravano otto dollari al chilo, in realtà ne guadagnavano da 30 a 80, secondo la qualità. Dallo scorso novembre tutti i comptoir si sono visti annullare le loro licenze commerciali e sono stati obbligati a rivendere il coltan a una nuova società creata per l'occasione, la Société minière des Grands Lacs (Somigl), di cui il Rassemblement congolese detiene il 75 per cento del capitale. La Somigl versa nelle casse del gruppo di occupazione ribelle dieci dollari per ciascun chilo esportato. Nelle prime due settimane di attività la società ha già esportato più di 30 tonnellate di coltan, per un ricavo di 550 mila dollari, cifre da capogiro. La ragione ufficiale dell'istituzione di un regime di monopolio è quella di "combattere le frodi", controllando l'esportazione. Invece, secondo i comptoirs, i ribelli ruandesi intendono solo riempire le loro casse di denaro.

    NIENTE DI NUOVO IN CONGO.


    dall'inizio della guerra, nel 1998, tutti i belligeranti stranieri - compresi Zimbabwe, Angola e Namibia, amici del governo di Kinshasa - si sono buttati sulle enormi ricchezze del Congo. "È tornato il Congo di Leopoldo II. Chiunque può venire e prendere la sua parte", ironizza un prete cattolico di Goma. In effetti, prima dell'ordinanza sul monopolio delle esportazioni, i soldi gestiti dai compratori locali circolavano tra la popolazione. Oggi il milione di dollari mensile guadagnato nell'esportazione del coltan rimane solo a disposizione dei leader dell'Rcd. La rabbia dei commercianti è diventata ancora più forte quando i leader dell'Rcd hanno affidato la gestione e la direzione della Somigl a una donna ricca dal passato oscuro e la reputazione solforosa: Aziza Gulamali Kulsum, una meticcia araba e burundese di etnia hutu. Proprietaria di una fabbrica di sigarette a Bukavu, al confine con il Ruanda, la donna dirige anche la propria attività di comptoir con una catena di negozi che acquistano la preziosa sabbia nera direttamente dai minatori. Per anni Aziza è stata la principale finanziatrice della ribellione hutu in Burundi che dispone di basi segrete anche in Congo. La donna ha costruito un impero fondato su un gigantesco contrabbando di sigarette, oro, avorio, diamanti, armi, e ora anche di coltan. "Quando il prezzo del coltan è salito alle stelle", racconta il presidente dell'Rcd, "stavamo cercando una figura che potesse aiutarci a fare dei soldi e gestire il monopolio per il commercio del minerale. Abbiamo pensato subito a madame Gulamali perché conosce ogni canale legale e illegale di questo Paese. E poi da quando collabora con noi ha smesso di vendere le armi agli hutu". Dopo l'allontanamento della ribellione hutu dal Congo orientale, grazie all'occupazione dell'esercito tutsi ruandese, mascherato da ribellione interna, pare che la donna abbia deciso di prendere le distanze dai suoi vecchi amici ed entrare in affari con i nuovi leader venuti da Kigali.

    CARNEFICI E VITTIME D'ACCORDO IN NOME DEL COLTAN.


    Tuttavia i bene informati rivelano che la società di Aziza, la Shelimed, compra la sabbia nera da chiunque, anche dalle miniere controllate dagli attuali nemici dei suoi soci e dalle milizie hutu ruandesi che hanno bisogno di denaro contante per comprare i kalashnikov. Gli autori e le vittime del genocidio ruandese sembrano così aver inventato un modello di esistenza basato sul commercio. La leggendaria madame si interessa personalmente a tutto. È lei che controlla la merce e si assicura che la sabbia nera sia imbarcata a bordo di aerei protetti dalle squadre speciali dell'esercito ruandese, per essere esportato a Kigali. Nelle zone controllate dagli ugandesi, invece, il monopolio non è mai esistito. A Butembo, per esempio, operano sei grossi compratori stranieri, ufficialmente in concorrenza tra loro. Lo strano, però è che operano in sordina, discretamente. La visita in uno di questi uffici se da un lato lascia insoddisfatti, dall'altra sorprende. Gli impiegati stranieri, a parte un ugandese, sono tutti ex sovietici: russi o kazaki, forse, i quali non vogliono rivelare la loro identità. "Meglio che non le diciamo i nostri cognomi. Io sono Alexiei, lui è Misha. Niente di più. Viviamo in Sudafrica da anni e ora siamo qui solo per seguire il business del coltan". Ma chi lo compra? Solo alla fine di una conversazione che dura più di un'oretta si riesce a strappare a denti stretti: "Il Kazakistan". Informazioni riservate in possesso delle Nazioni Unite rivelano che in Kazakistan è diretta la maggior parte del coltan estratto da queste parti e che a organizzare il traffico sia addirittura la figlia del presidente kazako, Nursultan Nazarbaev, attraverso società di comodo e partner belgi. Particolare inquietante, la figlia di Nazarbaev è sposata con Vassili Mette, direttore generale della Ulba, la società kazaka che si occupa dell'estrazione e della raffinazione dell'uranio e che possiede uno degli impianti più grandi del mondo. Naturalmente non sarebbero estranei al traffico i familiari dei presidente ugandese Yoweri Museveni, e in particolare il fratello Salim Saleh, noto per avere lo zampino in qualunque affare poco pulito che coinvolga il suo Paese.

    UN'INCHIESTA DELL'ONU.

    Il traffico illegale di materie prime del Congo è diventato talmente drammatico che il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha istituito una commissione di inchiesta che sta attualmente indagando sullo sfruttamento illegale delle risorse congolesi, tra cui il coltan, e del collegamento con il conflitto in corso. Un primo rapporto degli esperti delle Nazioni Unite è appena stato pubblicato rivelando che "le attività commerciali dei Paesi stranieri "invitati" da Kinshasa e "non invitati" presenti in Congo oltrepassano la qualifica di "sfruttamento illegale", ma sono diventate un vero e proprio "saccheggio sistematico" delle ricchezze del ricchissimo Paese. I destinatari finali sono, per ordine di importanza, i seguenti Paesi: Stati Uniti, Germania, Belgio e Kazakistan". Lo sfruttamento delle materie prime è una partita di poker che si gioca fra più fazioni su un campo in rovina. Ma fino a quando? A Bruxelles all'Istituto di studi internazionali sulla tantalite, frenano gli entusiasmi sulla frenesia attuale che circonda il miracoloso minerale. La crescita favolosa del prezzo del coltan nel 2000 è stata eccezionale, ma la tendenza attuale è un po' al ribasso. L'Africa deve fare i conti con la concorrenza dell'Australia e del Brasile, che stanno scoprendo giacimenti di colombite-tantalite. Difficile dire se la febbre del coltan rimarrà solo un miraggio. È certo però che la strana sabbia nera è un anello indispensabile della catena lucrativa che è alla base della cosiddetta new economy, e l'industria hi-tech continuerà a finanziare la più grande e sanguinosa guerra africana. Per il momento, senza sapere il perché, i contadini nella foresta congolese continuano a riempire i loro sacchetti di sabbia.

 

 
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