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  1. #1
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    Predefinito Berlusconi's desperate gamble (The Economist)



    La disperata scommessa di Silvio Berlusconi

    Le disperate speranze del presidente del Consiglio di rivitalizzare una economia moribonda potrebbero non approdare a nulla. Le spalle a muro, intento disperatamente a cercare di aprirsi un varco e a schivare i colpi, l’eroe con un balzo afferra il candeliere. Gli assalitori lo osservano mentre lo rotea vorticosamente e si sottrae all’accerchiamento. Silvio Berlusconi puo’ sperare di aver compiuto una analoga prodezza con l’impegno di tagliare le tasse in modo da rivitalizzare sia l’economia italiana che le sue fortune politiche. Ma i suoi nemici, e anche alcuni alleati, debbono chiedersi se non e’ più probabile che finisca per ruzzolare a terra. Il 26marzo il primo ministro italiano era decisamente sulla difensiva. Alcune centinaia di migliaia di italiani erano scesi in piazza per chiedere che ne era del “miracolo” economico che aveva promesso quando era stato eletto tre anni fa. Nella giornata di “sciopero generale” secondo i sindacati avevano sfilato per le strade in 50 manifestazioni oltre un milione di persone. Lo sciopero era stato indetto per protestare contro la riforma pensionistica del governo. Ma si era trasformato in una generale protesta sullo stato dell’economia. (...) La prima risposta di Berlusconi allo sciopero e’ consistita nel ribadire l’impegno già preso l’anno passato di ridurre dal 45% al 33% l’aliquota fiscale più alta. Ne ha poi aggiunto un altro: ridurre il numero dei giorni festivi. Dopo le proteste, tra le altre quelle della Chiesa cattolica, ha corretto il tiro dicendo che intende solamente spostare i giorni festivi alla fine o all’inizio della settimana per evitare i ponti. L’abbassamento delle tasse avrebbe un impatto molto maggiore.
    A metà della settimana sembrava che Berlusconi avesse puntato su questa promessa tutto il suo futuro politico. Se entro il 2006 non avrà portato l’aliquota più alta al 33% e, ha aggiunto, quella più bassa al 23% non si presentera’ nemmeno alle elezioni politiche che si terranno appunto quell’anno. All’inizio di maggio intende approntare piani per tagli di spesa pari a 6 miliardi di euro allo scopo di finanziare una prima tornata di riduzioni fiscali.
    L’iniziativa caratteristicamente audace di Berlusconi ha colto di sorpresa tanto i suoi alleati di governo quanto i suoi avversari. Il suo vice, Gianfranco Fini, segretario del partito di estrema destra AN, che ha invano auspicato che i ministri facciano approvare le loro politiche dal Consiglio dei ministri prima di annunciarle al pubblico, era chiaramente irritato. Ma l’Italia puo’ permettersi di tagliare le tasse? Sul lungo periodo, ha detto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che chiaramente crede nella curva di Laffer, il governo si aspetta che la riduzione fiscale si auto-finanzi stimolando la crescita, accrescendo i redditi e compensando quindi il minor gettito. Ma sul breve periodo anche Tremonti ammette che e’ probabile un grosso divario.
    © The Economist
    Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

    In inglese

  2. #2
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    Predefinito Re: Berlusconi's desperate gamble (The Economist)

    In Origine Postato da MrBojangles


    La disperata scommessa di Silvio Berlusconi

    Le disperate speranze del presidente del Consiglio di rivitalizzare una economia moribonda potrebbero non approdare a nulla. Le spalle a muro, intento disperatamente a cercare di aprirsi un varco e a schivare i colpi, l’eroe con un balzo afferra il candeliere. Gli assalitori lo osservano mentre lo rotea vorticosamente e si sottrae all’accerchiamento. Silvio Berlusconi puo’ sperare di aver compiuto una analoga prodezza con l’impegno di tagliare le tasse in modo da rivitalizzare sia l’economia italiana che le sue fortune politiche. Ma i suoi nemici, e anche alcuni alleati, debbono chiedersi se non e’ più probabile che finisca per ruzzolare a terra. Il 26marzo il primo ministro italiano era decisamente sulla difensiva. Alcune centinaia di migliaia di italiani erano scesi in piazza per chiedere che ne era del “miracolo” economico che aveva promesso quando era stato eletto tre anni fa. Nella giornata di “sciopero generale” secondo i sindacati avevano sfilato per le strade in 50 manifestazioni oltre un milione di persone. Lo sciopero era stato indetto per protestare contro la riforma pensionistica del governo. Ma si era trasformato in una generale protesta sullo stato dell’economia. (...) La prima risposta di Berlusconi allo sciopero e’ consistita nel ribadire l’impegno già preso l’anno passato di ridurre dal 45% al 33% l’aliquota fiscale più alta. Ne ha poi aggiunto un altro: ridurre il numero dei giorni festivi. Dopo le proteste, tra le altre quelle della Chiesa cattolica, ha corretto il tiro dicendo che intende solamente spostare i giorni festivi alla fine o all’inizio della settimana per evitare i ponti. L’abbassamento delle tasse avrebbe un impatto molto maggiore.
    A metà della settimana sembrava che Berlusconi avesse puntato su questa promessa tutto il suo futuro politico. Se entro il 2006 non avrà portato l’aliquota più alta al 33% e, ha aggiunto, quella più bassa al 23% non si presentera’ nemmeno alle elezioni politiche che si terranno appunto quell’anno. All’inizio di maggio intende approntare piani per tagli di spesa pari a 6 miliardi di euro allo scopo di finanziare una prima tornata di riduzioni fiscali.
    L’iniziativa caratteristicamente audace di Berlusconi ha colto di sorpresa tanto i suoi alleati di governo quanto i suoi avversari. Il
    suo vice, Gianfranco Fini, segretario del partito di estrema destra AN, che ha invano auspicato che i ministri facciano approvare le loro politiche dal Consiglio dei ministri prima di annunciarle al pubblico, era chiaramente irritato. Ma l’Italia puo’ permettersi di tagliare le tasse? Sul lungo periodo, ha detto il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che chiaramente crede nella curva di Laffer, il governo si aspetta che la riduzione fiscale si auto-finanzi stimolando la crescita, accrescendo i redditi e compensando quindi il minor gettito. Ma sul breve periodo anche Tremonti ammette che e’ probabile un grosso divario.
    © The Economist
    Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

    In inglese
    anche all'estero se ne sono accorti che berlusca e un buffone

  3. #3
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    Predefinito Re: Re: Berlusconi's desperate gamble (The Economist)

    In Origine Postato da yota71
    anche all'estero se ne sono accorti che berlusca e un buffone
    Diciamo pure che sono, ALMENO, tre anni che cercano di farlo capire alla "maggioranza degli italiani".
    Il problema è: CHI la informa, di questo, la "maggioranza degli italiani"?

  4. #4
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    Predefinito Re: Re: Re: Berlusconi's desperate gamble (The Economist)

    In Origine Postato da MrBojangles
    Diciamo pure che sono, ALMENO, tre anni che cercano di farlo capire alla "maggioranza degli italiani".
    Il problema è: CHI la informa, di questo, la "maggioranza degli italiani"?
    rai uno, rai due, rai tre, rete quattro, canale 5, italia 1...........

  5. #5
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    Predefinito Corollario italico

    L’Argentina prossima ventura
    Fabio Luppino

    E’commovente il “Corriere della sera”nell’estremo tentativo di dimostrare che il sogno di Berlusconi di tagliare le tasse può essere il sogno di tutti noi. Paginate per illustrare come sarebbe bello vivere ad aliquota 33% (dica 33) o ad aliquota 23% (dica 23). Il Paese ce la può fare, diamoci anche questo. Ed ieri l’articolo sulle soluzioni per farlo, “Dalla patrimoniale alla curva di Laffer: la babele delle ricette”, come se una scelta di politica economica equivalesse ad un’operazione di marketing, del genere paghi due prendi tre, compri oggi e inizi a pagare tra un anno. In realtà è proprio un’operazione di marketing, elettorale.
    Ma se è bene sognare, in questi casi è ancora più utile spiegare. Le ricette di cui si parla non sono indifferenti, soprattutto nelle conseguenze. “Il Riformista” si affanna a esortare: il centrosinistra ce la può fare a superare il tabù del rigore, le tasse si devono abbassare, Visco si convinca. È indubbio che un problema politico c’è, ma è indubbio che bisogna navigare ad occhi aperti, anzi apertissimi. L’attuale governo non abbasserà le tasse, sempre che lo possa fare, per l’anno in corso. Berlusconi sbandiera la riforma fiscale ad aprile. La Finanziaria è già scritta e non c’è copertura ad una riforma siffatta.
    Il capo del governo vuole, al contrario, far scrivere in fretta il Dpef da Tremonti e presentarlo prima delle elezioni. Il Documento di programmazione indicherà le aliquote, ma dovrà indicare anche la copertura. E non sarà facile.
    Al momento l’ipotesi più accreditata è l’azzeramento della legge 488 del 1992 con la quale si concedono contributi alle imprese a fondo perduto: in altri termini si affonderebbe il più poderoso strumento per il finanziamento delle imprese nel Mezzogiorno.
    Se si associa a questo taglio quello dei contratti di programma per le grandi imprese nelle aree svantaggiate, l’azzeramento della legge 46 per l’innovazione tecnologica, la fine dei contributi per le aree in via di deindustrializzazione e le agevolazioni per le piccole e medie imprese, con un risparmio complessivo per lo Stato di circa 30 miliardi di euro, avremo la sicura fine di investimenti nelle aree depresse e a più alto tasso di disoccupazione del Paese in cambio di una futile ed effimera promessa: e, cioè, che l’effetto arricchimento si trasferirebbe in più consumi e più investimenti. Un’assurdità, dimostrata dalla storia economica recente. Il signor Laffer, solo citato dal “Corriere della sera”, fu l’artefice teorico della “reaganomics”. L’assunto di Arthur Laffer, e della sua famosa curva, era il seguente: riducendo le tasse aumenta il numero dei contribuenti e con questo le entrate dello Stato. Con la conseguenza che minor tasse producono un aumento di reddito individuale e che, sempre in conseguenza, ma si badi bene siamo su un piano teorico, aumentano automaticamente i consumi, gli investimenti, l’occupazione e
    si può ridurre la spesa pubblica. Secondo Laffer con l’aliquota del 20% e con l’aliquota dell’85% si ha lo stesso introito fiscale.
    E allora perché non diminuirla producendo d’incanto una ricchezza virtuale nelle tasche del contribuente? A dirlo sembra facile, ma non è che accada come con un colpo di bacchetta magica. E Tremonti non è la fata Smemorina (anche se qualche vuoto di memoria ce lo vuole imporre a noi, ma ne parliamo più avanti). E non lo fu nemmeno Laffer per Reagan. Negli anni ottanta con la ricetta dell’economista americano i tassi di crescita Usa furono la metà di quelli previsti; i consumi non crebbero, né il numero di coloro che pagavano le tasse. E, soprattutto, la riduzione della spesa aumentò il numero dei poveri americani. Ma in quegli anni Reagan (e poi Bush padre) aveva avviato monumentali piano di riarmo (lo scudo stellare) che furono finanziati con la dissennata politica di remunerazione del dollaro (alti tassi), che lasciarono a Clinton un paese oberato dal debito pubblico e sull’orlo della bancarotta finanziaria.
    Ma l’Italia non è l’America. Ci troviamo in una strana situazione, mai provata in precedenza. A tassi bassi, inflazione mediamente
    bassa, redditi inferiori all’inflazione non sta corrispondendo in questi anni una poderosa crescita del Pil. L’effetto 11 settembre non può spiegare tutto. Non solo. Malgrado i tassi sul debito pubblico siano fermi e decrescenti il debito continua ad aumentare. È chiaro che si deve intervenire sul lato della spesa, ma individuando esattamente gli sprechi. In questa sede il discorso però è un altro. Il quadro economico di riferimento è totalmente negativo.
    La presunta scossa di cui parla Berlusconi (tasse più basse), in un contesto in cui si è allargata la quota dei cittadini che si sente poco al di sopra della soglia di povertà, accrescerebbe solo ed esclusivamente la propensione al risparmio. Quella minima fetta che si riverserebbe nei consumi, in uno stato pressoché comatoso dell’economia ulteriormente negletto per i sostegni agli investimenti che si andrebbero a colpire, creerebbe necessariamente inflazione. Per fermare l’inflazione si alzano i tassi, si deprimono ancora di più le prospettive di investimento, si creano le condizioni per una recessione permanente. Di più. La promessa di tasse più basse porterebbe ad una riduzione della spesa pubblica in tutti i servizi essenziali, di cui la riforma Moratti non è che la prima sperimentazione. Ad una scuola annichilita, assoceremo un welfare destrutturato, una forbice sempre più ampia tra ricchi e poveri.
    Infine. Nel silenzio più o meno generale vanno avanti operazioni di lifting contabile. Per dirne una alla fine del 2002 il ministero dell’Economia si è ripreso dalla Banca d’Italia un titolo di debito corrispondente alla chiusura del conto di tesoreria del ‘93. Fazio aveva un credito di 39,4 miliardi di euro con l’Economia. È stato ceduto al Tesoro per un valore complessivo di 17.520 milioni di euro. Un concambio.
    Non entriamo nei dettagli tecnici del con cambio e dei tassi assegnati ai titoli di Stato riemessi. Con questa operazione il governo ha potuto scrivere a bilancio che un debito di 39 vale 17. Un’operazione contabile. L’Argentina, signori, è sempre più vicina.

  6. #6
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    Il Berlusconi Lafferiano di oggi mi ricorda il boss di Fantozzi e Filini sullo yacht. Con i due "inferiori" sottoposti alle sue bizzose e repentine assurde richieste. "Ah, tiro al piattello".....e la nave affonda.

  7. #7
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    In Origine Postato da Claude
    Il Berlusconi Lafferiano di oggi mi ricorda il boss di Fantozzi e Filini sullo yacht. Con i due "inferiori" sottoposti alle sue bizzose e repentine assurde richieste. "Ah, tiro al piattello".....e la nave affonda.
    Verosimile...


  8. #8
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    Predefinito Re: Berlusconi's desperate gamble (The Economist)

    In Origine Postato da MrBojangles
    Il suo vice, Gianfranco Fini, segretario del partito di estrema destra AN,
    Hai sbagliato la traduzione, o quelli dell'Economist non sono molto preparati sulla politica italiana ?

  9. #9
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    Predefinito Re: Re: Berlusconi's desperate gamble (The Economist)

    In Origine Postato da Il Condor
    Hai sbagliato la traduzione, o quelli dell'Economist non sono molto preparati sulla politica italiana ?
    Il fatto che l'hai letto non significa che tu lo abbia capito.

  10. #10
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Berlusconi's desperate gamble (The Economist)

    In Origine Postato da yota71
    rai uno, rai due, rai tre, rete quattro, canale 5, italia 1...........
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