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  1. #1
    Le fondamenta di POL
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    Il 1°, il 2°, il 3° e il 4° Governo Berlusconi ...




    Ci voleva Berlusconi, l'uomo asservito agli americani ed al loro volere, per vedere il nostro paese farsi rispettare in ambito internazionale! Nessuno voleva i terroristi e pensavano di risolvere la situazione rifilandoli al paese dei signor si (in cambio di poltrone, ovviamente), ma hanno avuto una brutta sorpresa. Ed oggi ci siamo ritrovati tutti i paesi dell'UE costretti ad assumersi le proprie responsabilità nell'ospitare questi terroristi, mentre quando la richiesta doveva ancora essere ufficializzata, subito i leader della sinistra si erano affrettati ad affermare la disponibilità dell'Italia ad accoglierli.

  2. #2
    Le fondamenta di POL
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    Post Berlusconi: "Non potevamo dire sì ai palestinesi"

    da Il Nuovo.it

    "Come avremmo potuto accoglierli dopo che fummo i primi a dire agli Usa che avremmo combattuto i terroristi ovunque fossero?", dice il premier. Casini: "Il governo si è mosso con equilibrio in una situazione delicata".

    ROMA - Berlusconi ribadisce il no all'ospitalità per i 13 palestinesi della basilica della Natività. E ribadisce la il peso di questa scelta dovrà essere condivisa fra tutti i partners europei. Ma è con rammarico che il premier ha deciso di chiude la porta. Per lui, amico degli Usa, amico di Bush, pronto a scendere in campo dopo l'11 settembre, quel no a Powell deve essere costato davvero troppo. Lo imponevano però tre questioni inelubibili: la situazione politica interna italiana, la difficile definizione dello status dei palestinesi, il rifiuto opposto da quasi tutti i paesi.
    In una intervista a Panorama, Silvio Berlusconi torna sul tema scottante dell'asilo agli assediati della Natività. La premessa parte dalla fatidica data dell'11 settembre: dopo l'attentato agli Stati Uniti - dice Silvio Berlusconi - "gli Usa avevano invitato i paesi alleati 'a perseguire i terroristi dovunque fossero'. E noi ci siamo sempre dichiarati d'accordo".
    E' anche per questo motivo che il presidente del Consiglio si chiede: "Come possiamo ora accogliere dei palestinesi accusati di gravi reati di terrorismo che, non essendo stati né processati né condannati, da noi
    sarebbero inevitabilmente liberi?". "Non è un caso - afferma il premier - se tutti i paesi in Europa li rifiutano: nessuno può incarcerare quegli uomini, oppure riconoscergli il diritto d'asilo dopo aver visto il loro curriculum".
    Gli alleati sono comunque soddisfati. Dopo i no di Fini e Bossi, anche casini dice che il governo ha scelto la via della ragionevolezza della moderazione. "Mi sembra - dice Casini a margine della deposizione di una corona di fiori in via Caetani in ricordo di Aldo Moro - che il governo si sia mosso con equilibrio in una vicenda molto complicata".
    (9 MAGGIO 2002; ORE 13:56)

  3. #3
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    Predefinito Vaticano e dintorni

    perchè non citi la posizione del vaticano in questo frangente?
    La falsa denominazione di custodi del luoghi santi, che è invece degli ortodossi.
    L'estremismo intransigente dei cattolici in questo frangente la dice lunga sulle vere personalità dei personaggi e della politica estera del Vaticano.
    I palestinesi li accolgano loro in vaticano!!!!!!!
    Ciao.

    [mid]http://utenti.lycos.it/NUVOLA_ROSSA/ZEROVOIJER.mid[/mid]
    ------------------------
    sull'argomento visita anche....:
    http://www.politicaonline.net/forum/...5391#post75391
    Marcia per la Pace in Medio Oriente

  4. #4
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    Predefinito tratto dalla Agenzia ANSA dell'8 maggio 2002

    MO/Natività: Pri, necessario un mandato chiaro per l'Italia

    La segreteria del Pri
    apprezza la posizione di Gianfranco Fini e del governo italiano sulla crisi di Betlemme e sottolinea che, per svolgere un ruolo, il nostro paese deve avere "un mandato chiaro".

    I repubblicani sottolineano che "il nostro paese fa parte di un'alleanza internazionale, e quindi un compito diplomatico gli deve essere assegnato", e non muoversi nella "penombra".

    "Colpisce leggere – prosegue il comunicato – che fossero ambienti prossimi al Vaticano a invitare il governo italiano a muoversi in questa penombra, quasi non si volesse prendere atto che si trattava di ospitare, non si sa in che condizioni, dei terroristi".

    Roma, 8 maggio 2002 (ANSA)

  5. #5
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    Predefinito

    Le nuove strategie che nascono a Pratica di Mare

    E' vero, come ieri ha scritto Tony Blair sul Corriere della Sera, che a Pratica di Mare "la guerra fredda è finita davvero". Non è un'espressione retorica. Ed è anche vero, sempre per citare il premier britannico, che "i nemici di un tempo diventano amici leali". Non certo perché siamo in presenza della "fine della storia", ma semmai per la ragione opposta, perché "ci troviamo di fronte a nuove, pericolose sfide", e "NATO e Russia possono affrontare queste minacce comuni in modo più efficace unendo le loro risorse e lavorando insieme".

    Cambiano, insomma, i problemi del mondo e cambia anche la geometria delle alleanze. Il terrorismo, i fermenti del mondo islamico, l'esigenza di contenere la proliferazione delle armi nucleari e di mantenere sotto controllo i conflitti tra paesi - come l'India e il Pakistan - che quelle armi già posseggono, sono tutti argomenti che spingono verso la grande intesa tra gli ex-nemici.

    Ma a rendere possibile questa intesa è stata in primo luogo la sconfitta di un modello, quello marxista-leninista, che per oltre settant'anni ha imbrigliato la Russia allontanandola dall'Occidente. Sotto le macerie del muro di Berlino è stato seppellito "il secolo breve", con tutti i suoi sottoprodotti (a cominciare dal Patto di Varsavia) e da quelle ceneri è tornata a spuntare l'anima occidentale della Russia.

    Un modello, quello marxista-leninista, che anche in Italia ha avuto - e in una certa misura ha tuttora - i suoi mentori e i suoi seguaci. Molti dei quali si sono ravveduti e hanno scelto, come la Russia, l'Occidente. Di questa evoluzione non possono che essere lieti i repubblicani. Con i liberali, con i socialdemocratici, con la DC degasperiana, essi hanno sempre fatto della collocazione occidentale l'architrave della loro politica estera.

    E sono oggi lieti che ad aprire la nuova fase politica, con un ruolo che Tony Blair ha definito "decisivo", sia ancora un governo del quale i repubblicani fanno far parte.

    Roma, 29 maggio 2002

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  6. #6
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    Predefinito

    Io credo che in queste situazioni difficili il governo si sia mosso bene. Non voglio apparire " schierato " ma il confronto tra il balbettio della politica estera Italiana del centrosinistr sempre alla ricerca del compromesso del compromesso del compromesso e le mosse di Berlusconi chiare e lineari è evidente


  7. #7
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    Predefinito Mi permetto........

    Politica estera dell'Italia dal '45 ad oggi ........oh no!!!!!!!


    Comunque se mi permettete voglio fare alcune considerazioni, fin dai tempi di Sforza (repubblicano) la politica estera dell'Italia era imperniata sulla difesa della democrazia, sulla alleanza perfetta con gli Usa e sull'allargamento dell'economia (Ugo La Malfa liberalizzazione degli scambi).
    Il balbettio continuo di Andreotti in politica estera convinceva gli italiani, particolarmente i democristiani che era lui l'unico rappresentante dell'Italia all'estero e che era lui solo a progettare una politica estera, il che non era affatto vero egli raccoglieva i frutti di altri che avevano già fatto tutto il lavoro.Ora in questo ultimo governo sembrava che Ruggero fosse il toccasana di tutti i mali della politica estera italiana.
    Tutto si è detto perfino che con le dimissioni di Ruggero al Corriere della Sera l'Italia sarebbe sprofondata nel più buio sentiero della politica estera assieme alla Grecia e al Portogallo.
    Ora desidereri sentire qualcuno che parli, osservi, consideri che cosa porta all'Italia l'attuale politica estera.
    Perchè dalle televisioni ho visto e sentito poco, salvo il martellante stillicidio delle notizie sui disagi che avrebbe portato ai cittadini romani e ai bagnanti del litorale romano la presenza dei venti della Nato a Pratica di Mare.
    Per avere notizie più precise ho dovuto leggere i giornali dell'opposizione, l'Unità, Repubblica, ecc.
    Capisco che in Rai sono interessati più agli omicidi e ai fatti di sangue che alla politica, tantomeno alla politica estera, ma uno straccio di servizio, uno straccio di commento, tantopiù che la Rai ha dei bravi giornalisti come Santoro, Biagi, quello indignato, non quello democratico e pacifista.
    Niente di tutto questo.
    Bah!!!

  8. #8
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    Predefinito

    Il primo compleanno del governo Berlusconi

    Dopo il primo anno di vita, il governo Berlusconi "fa …. registrare un livello di approvazione più elevato " del governo D'Alema e vince il confronto anche con il governo Prodi, che pure era partito all'inizio con un consenso record nel paese.

    Sono queste le conclusioni dell'ampia analisi con cui Renato Mannheimer fotografa il rapporto tra l'elettorato e il governo Berlusconi ad un anno di distanza dalla sua nascita. Il giudizio è equilibrato, tende a mettere a fuoco luci ed ombre, consensi e delusioni.

    Per quanto ci riguarda, sono fuori discussione i successi ottenuti dal governo - e dal premier in particolare - in politica estera e nel campo delle relazioni internazionali. Le intese con Blair e Aznar sul mercato del lavoro e sulle liberalizzazioni, l'opera svolta per allargare la Nato alla Russia sono successi indiscutibili, destinati a lasciare il segno anche per il futuro.

    E certamente il governo ha segnato punti a proprio vantaggio in alcune iniziative assunte sul terreno della politica economica e di quella istituzionale. La stessa divisione del sindacato conferma che sulle politiche del lavoro l'azione riformatrice del governo si muove nella direzione giusta e trova il consenso di quella parte del movimento sindacale che non è politicamente prevenuta.

    Due osservazioni contenute nell'indagine di Mannheimer vanno ancora sottolineate. In primo luogo, la crescita di consenso nei confronti del governo tra chi dichiara di essersi astenuto alle elezioni: in pratica, in un elettorato "neutrale" il cui orientamento può però essere decisivo in futuro.

    La seconda osservazione è che, per molti tra gli intervistati (il 28%), il governo è stato "un po' deludente rispetto alle aspettative". In pratica, ci si aspetta di più, si vuole - proprio da questo governo - una maggiore spinta riformatrice.

    Che è quanto anche noi ci attendiamo, ed è un terreno su cui il premier troverà il sostegno convinto dei repubblicani.

    Roma, 21 giugno 2002

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  9. #9
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    Predefinito tratto da LA SICILIA ON LINE 6 luglio 2002

    «Giornata storica, la dedico a Marco Biagi»
    Berlusconi: chi vuol fare gli interessi del Paese deve guardare dritto

    ROMA

    Nessun rimpasto a Palazzo Chigi, nessuna scalata al Colle. Silvio Berlusconi inizia la sua lunga giornata con una serie di smentite, intervenendo all'inaugurazione di un viale ristrutturato antistante la Farnesina. Il presidente del Consiglio torna a ribadire che non ci sono ipotesi di rimpasto in vista e polemizza con quanti sostengono che in Forza Italia sia in corso una lotta di successione in previsione di una sua eventuale elezione a presidente della Repubblica. «Ci sono molte, troppe fantasie sui giornali per quanto riguarda rimpasti di governo che sono assolutamente da escludere e anche per quanto riguarda un'apertura della successione in Forza Italia».

    Nonostante l'intoppo (le dimissioni di Scajola), la macchina di palazzo Chigi procede spedita e questo Berlusconi lo vuole chiarire sino in fondo: «Non ci sono previsioni di scalata al Colle da parte mia e non ci sono previsioni di cambiamenti anche per quanto riguarda Forza Italia». «Non c'è nessuna possibilità che si parli di un cambiamento, di un trasferimento di chi fa l'operaio al governo per migliorare le cose, per cambiare il Paese». Anche perchè l'agenda degli impegni è fittissima e non ammette distrazioni: sapeste quanto lavoro c'è da fare al governo del Paese.
    L'auspicio del premier è che «se gli italiani lo vorranno» il suo lavoro «prosegua anche «al di là di questa legislatura».
    Ma la seconda parte della giornata è quella che sicuramente dà più soddisfazione a Berlusconi che esulta per il raggiunto accordo con le parti sociali su lavoro, fisco, sommerso e Mezzogiorno: «Se dovessi dare un titolo a una giornata come questa, direi più lavoro e meno tasse». Così il premier ha esordito nella conferenza stampa svoltasi al termine della sigla dell'accordo con le parti sociali (il Patto per l'Italia), accordo che non porta in calce la firma della Cgil.

    «Abbiamo vissuto una giornata fortunata – ha detto Berlusconi – grazie a questo accordo abbiamo potuto varare la maggiore riduzione della pressione fiscale mai realizzata nella storia repubblicana». «Meno tasse, che derivano dal primo modulo della riforma fiscale contenuta nel Dpef e che è stata prodromica al Patto per l'Italia». Il premier ricorda il patto con gli elettori e afferma: «Abbiamo fatto un passo in avanti nell'esecuzione del contratto con gli elettori. Siamo in largo anticipo su tutti i tempi previsti dal nostro piano di governo».
    E ci tiene a «dedicare l'accordo a Marco Biagi», il consulente del ministero del Welfare assassinato il 19 marzo scorso a Bologna in un agguato terroristico. Il Cavaliere ringrazia quindi la sua squadra di governo che «ha lavorato con resistenza, equilibrio e pazienza».

    Un apprezzamento anche per «le parti sociali responsabili», con cui «abbiamo lavorato bene». E non poteva mancare il riferimento alla grande assente, la Cgil: «Credo che non si possa più affermare che il governo vuole facilitare i licenziamenti. L'articolo 18 non è stato toccato». «Il Patto dimostra – osserva Berlusconi – che chi vuole fare davvero gli interessi della collettività non deve guardare a chi sta dall'altra parte del tavolo».
    E a chi sollecita un commento sull'incontro che Segio Cofferati ha chiesto alle opposizioni, Berlusconi risponde con una battuta: «Non ho letto la lettera di Cofferati.

    Non ho letto i giornali. Ho fatto altre cose e sono sopravvissuto. Ma credo che sia nel suo pieno diritto». Poi, a conferenza stampa conclusa e prima dell'inizio del Consiglio dei ministri che ha varato il Dpef, Berlusconi cita l'esempio spagnolo: «Ho seguito l'esempio del premier Aznar nell'arrivare alla conclusione di questo accordo sul lavoro». Adesso, fa sapere Berlusconi, «andremo avanti con la riforma del fisco e la riduzione delle tasse».

    Laura Caputo

  10. #10
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    Predefinito dal MESSAGGERO Online 8 agosto 2002

    DIETRO LE QUINTE

    E il Cavaliere disse: al taglio delle tasse non rinuncio


    di MARCO CONTI

    ROMA - Nei dieci chili di sovrappeso c’è anche il gelato al limone ingurgitato in maniera un po’ nervosa a villa "La Certosa" nell’ultimo weekend di luglio. Malgrado Giulio Tremonti avesse già anticipato a Silvio Berlusconi - nell’aereo che li stava portando in costa Smeralda - la non facile situazione dei conti pubblici dovuti all’autotassazione, le crude percentuali messe nero su bianco fecero a Silvio Berlusconi l’effetto di un pugno nello stomaco.
    I dati scomposti dai tecnici di via XX Settembre, le considerazioni del ministro sulla congiuntura internazionale e sulle responsabilità della sinistra, hanno solo in parte allievato le preoccupazioni del premier per un settembre «molto impegnativo». Raccontano che il chiarimento con il super ministro sia stato solo avviato e che la decisione di accentrare a palazzo Chigi la scelta delle priorità di spesa e la relativa "trattativa" con i singoli ministeri, sia stata accolta da Tremonti con un certo sollievo. Dopo Ferragosto comincerà in Sardegna il tour dei ministri e il Cavaliere dovrà far ricorso a tutta la sua capacità persuasiva per convincere i ministri che non ci sono soldi, che le riforme dovranno attendere una congiuntura più favorevole e che per ora si potrà avviare solo la riforma fiscale prevista nel patto per l’Italia alla quale Berlusconi, come ha ridetto chiaramente in questi giorni, non intende rinunciare.
    Al presidente del Consiglio gli argomenti non mancano perchè «le difficoltà dell’Italia sono le stesse di molti altri paesi europei» (Francia e Germania in testa), perchè «il pesante debito pubblico è frutto della politica dei padri dell’attuale centrosinistra», perchè «il governo passato oltre ad aver lasciato un buco nei conti dello Stato ha favorito fiscalmente le grandi imprese gonfiando il gettito del 2001 e tagliando fuori le medie e piccole che costituiscono invece l’ossatura produttiva del nostro paese». Il richiamo che invece verrà fatto all’Europa affinchè "attrezzi" una propria politica economica, servirà per prepararsi a quella riunione di novembre dell’Ecofin nella quale si tenterà l’assalto ad un’interpretazione più flessibile del patto di stabilità che favorisca la ripresa. «D’altra parte - come spiega Giorgio La Malfa - è il Fondo Monetario ad indicare per l’intera Europa una bassa crescita nel 2003».
    Chiuso in questo modo il fronte della polemica esterna, resta a Berlusconi la non facile gestione di una collegialità che nel governo rischia di venir meno per le fibrillazioni di tutti i ministri tecnici che al superministro imputano lo scarso successo delle riforme messe in atto. A cominciare dal sommerso e dalla Tremonti-bis. Alcuni rischiano di veder rinviati i loro programmi di riforme, altri «ministri dovranno tirare la cinghia» come annuncia Giancarlo Giorgetti il presidente leghista della commissione Bilancio. Nel mirino c’è la sanità, la scuola e il pubblico impiego, ma prima di affondare il bisturi e scrivere una Finanziaria "lacrime e sangue" si attendono i dati di agosto e settembre.
    Il presidente del Consiglio continua a ripetere di non voler mettere le mani nelle tasche negli italiani, ma l’idea di metterle in quelle della Banca d’Italia comincia a farsi largo. Tra le idee di finanza straordinaria che circolano in queste ore c’è quella di «mettere a frutto» i 50 mila miliardi di riserve che custodisce via Nazionale e magari di rinviare a momenti migliori (dal punto di vista borsistico) l’ulteriore privatizzazione di Enel ed Eni. Scalpitano i ministri tecnici (Moratti e Lunardi in testa), ma tensioni si avvertono anche nel resto dell’esecutivo nei confronti del responsabile del Tesoro il quale del rapporto stretto con la Lega fa il suo punto di forza.

 

 
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