Questa lettera vergata dal compianto Prof. Miglio era stata spedita ai frequentatori del sito padanialibera.net, per quanto ho sempre saputo è un originale e scritta appositamente per l'occasione. Purtroppo, come qualcuno sa, l'esperienza di padanialibera.net si concluse senza una ragione chiara, così come non ci fu una vera ragione per cui ad alcuni venne impedito di continuarla: dei bizantinismi che sicuramente non avrebbero fatto piacere al "Profesùr". Fortunatamente ebbi la premura di conservare questo "pezzo unico", visto che tutto il resto è andato perduto. L'apertura di questo spazio telematico dedicato a Miglio mi ha fatto ricordare della sua esistenza, spero di fare cosa gradita girandola al nuovo forum ma ovviamente anche a tutti i frequentatori di Padania!.
Ciao e buon lavoro,
asb.
_____________________
Cari amici,
a fronte della restaurazione in atto della Prima Repubblica, con tutti i suoi meccanismi perversi, desidero inviarvi il mio saluto e augurarvi un buon lavoro nell’opera di chiarimento, di studio e di divulgazione che vi accingete a svolgere nel campo della critica dell’aberrante conservatorismo e dell’immobilismo che contraddistingue la classe politica di questo disgraziato Paese.
La vostra è un’opera molto importante: e qui mi rivolgo soprattutto ai giovani. La vecchia generazione non riuscirà a gettare le basi concettuali e pratiche del federalismo, che è una concezione e una pratica politica separata ed opposta rispetto al filone e alle concezioni che hanno dominato per secoli nel Diritto Pubblico Europeo. Mi sto accorgendo che anche a livello di istituzioni e di giuristi europei, su questo tema c’è il vuoto. Non riescono nemmeno a concepirne le implicazioni, che stravolgono radicalmente lo statalismo unitarista e centralizzatore che si è cristallizzato negli intelletti ormai impoveriti di alcune loro generazioni.
Il federalismo implica un rivolgimento politico radicale (incompatibile con la Costituzione vigente in Italia, tutta basata sulla struttura unitaria e indivisibile del potere) ed è un modo per impedire al potere di governo di concentrarsi e di crescere a dismisura, come accade sempre invece, quando di fronte a sé non incontri limiti, sbarramenti. Il federalismo implica quindi anche un attacco alle pratiche predatorie e parassitarie della tassazione, che contraddistinguono la fase degenerativa e probabilmente conclusiva dello Stato Moderno, nato proprio grazie alla pratica tassazione coatta, spinta ormai fino ad una sua definitiva intollerabilità.
Tutti gli autonomismi di facciata e i falsi federalismi che si vorrebbero accreditare agli occhi dell’opinione pubblica sono un intollerabile inganno, perché non solo non risolvono il problema della crescita del potere, del peso insopportabile dello Stato e della sua tassazione (problema centrale per i ceti produttivi del Nord), ma lo aggravano. A partire dal cosiddetto “federalismo fiscale”, specchietto per le allodole e farraginoso meccanismo per legittimare la spremitura dei cittadini : l’uso stesso del termine al di fuori di un contesto autenticamente federale è un nonsenso.
Il fallimento della prima e ultima protesta fiscale nelle regioni del Nord, agli inizi di questo Decennio, ha fatto sì che le pratiche predatorie e parassitarie, i “trasferimenti” della Prima Repubblica a vantaggio di larghi strati di popolazione improduttiva e di Regioni ingiustamente privilegiate (comprese tutte quelle a Statuto Speciale), si perpetuassero indisturbati, divenendo in molti casi ancor più sfrontate.
Come già nel lontano 1983 il Gruppo di Milano da me diretto aveva sottolineato, questo Paese rimane macroscopicamente diviso fra due strati di cittadini : coloro che cercano di produrre ricchezza, confidando di salvarne almeno una parte dalla rapina fiscale e dai “trasferimenti” e coloro che si servono del potere politico per godere dei frutti del lavoro altrui, estorti con la minaccia dell’uso della violenza. I secondi vivono alle spalle dei primi. I “trasferimenti di ricchezza” sono una sottrazione indebita di risorse a chi le ha prodotte, per assegnarle nella stragrande maggioranza dei casi non già a chi ha realmente bisogno, ma a coloro che non sono disposti, non sanno o non sono messi nelle condizioni di produrle, pur disponendo di enormi potenzialità (vedi il caso del nostro Meridione). A quasi vent’anni di distanza non è stata iniziata alcuna riforma costituzionale per porre fine a questa intollerabile situazione e ogni tentativo per ristabilire minime condizioni civili di libertà e di dignità dei cittadini che lavorano e producono, condivise da molti altri popoli, viene interpretato e punito come un atto di rivolta.
I teologi e i moralisti della Cristianità medievale hanno insegnato per tempo che contro l’abuso del potere, del quale una sottospecie sono anche l’uso illegittimo delle risorse pubbliche e la dilatazione delle spese per rafforzare il potere di chi comanda, la comunità ha il diritto naturale di insorgere e di restaurare la giustizia violata, richiamandosi al diritto/dovere di resistenza.
La sopportazione passiva e senza limiti, richiesta per tutelare un inesistente “interesse generale” o l’ ”ordine sociale”, non è degna di uomini liberi e apre le porte al dilagare inarrestabile di angherie e soprusi.
Una società senza produttori diventa asfittica e prima o poi muore. Una società senza parassiti invece vive benissimo e fiorisce.
Vi auguro un buon lavoro, pur sapendo che il cammino è irto di difficoltà. Dobbiamo recuperare il patrimonio di studio e di azione comune, che è stato sprecato e interrotto in questi anni per cause futili di rivalità politica e di bassi interessi personali. L’alternativa è una decadenza senza fine, per la quale saremo tenuti a rispondere ai nostri figli e ai nostri nipoti.
Con stima,
Gianfranco Miglio