ORO
di Hugo Wast
1999, pp. 264, euro 15,49
Nella prima edizione italiana del 1936 (Oro era stato pubblicato in Argentina l'anno precedente) il traduttore presentava il libro come "un formidabile romanzo sociale, impastato d'attualissima realtà..." L'attualissima realtà era - ed è - il dominio dell'oro, l'impero planetario delle oligarchie finanziarie. "L'immensa lotta che Wast descrive, con respiro di poema epico, ha l'eternità e il patos del cozzo della materia contro lo spirito, della città di Satana contro la città di Dio, di Mosca, Londra, Ginevra contro Roma, di Wall Street contro piazza san Pietro."È l'epopea che viviamo.L'introduzione italiana non nasconde una diversa e più chiara definizione di quel mondo della "materia" che muove guerra alla "civitas Dei":....lo scoppio furibondo dell'odio ebraico, massonico, bolscevico, capitalista".Era lo stile fascista della comunicazione sociale: slogan politici con aggettivazioni "composte". Stile rozzo, ma istruttivo. È chiaro che il primo aggettivo, "ebraico", crea problemi gravi per il lettore dei nostri giorni: l'argomento resta innavicinabile.
Dunque è innegabile che questa riedizione, a oltre sessant'anni dalla prima pubblicazione in lingua italiana, proceda su un campo minato. Del resto una tale materia, la dittatura invisibile della finanza sulla vita dei popoli, deve pur essere restituita alla verità della storia. Hugo Wast è lo pseudonimo di Gustavo Martinez Zuvirià. Nasce nel 1883 in Argentina, a Cordoba. Fu tra i pochissimi scrittori argentini capaci di vivere della loro penna (aveva abbandonato anche la professione forense) e alla fine del suo cammino di letterato, tradotto ai quattro angoli del mondo e adottato in molti collegi e università degli Stati Uniti per lo studio della lingua spagnola, Wast era diventato uno dei più grandi scrittori tra le due guerre, con un posto d'onore nella letteratura argentina.Nel 1934 fu nominato ministro della giustizia e della pubblica istruzione. Nel 1954, in clima di persecuzione ai danni della Chiesa, il libero muratore Pèron destituì Martinez dalla carica di direttore della biblioteca nazionale e abolì la legge sull'insegnamento religioso di cui era stato artefice. Nel 1962 muore a Buenos Aires.
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