Animalisti contro islamici per il macello di montoni
LUINO (Varese) - C’è un istante in cui il musulmano Rasciuk, barbetta rada e occhi infossati, si guarda intorno smarrito e a voce alta comincia a fare i conti: «Ma come? Io l’ho pagato 150 euro il mio montone... E adesso quelli vorrebbero impedirmi di ucciderlo, di mangiarlo?». Solo un istante, perché subito una voce autorevole lo riporta alla realtà: «Rasciuk, non è questo il punto: noi siamo qui per affermare il diritto di celebrare la Festa del Sacrificio, non pensare al prezzo del montone...». C’è un istante in cui l’animalista Donatella, jeans strappati e sguardo fiammeggiante, canta vittoria, come allo stadio: «Dai che ce l’abbiamo fatta: sono riusciti a portare al macello un solo montone, dai, che tra poco rinunciano...». Solo un istante, perché poi qualcuno le spiega che «non è questo il punto: non potremo impedire la strage perché la legge è dalla parte dei musulmani, ma almeno avremo gridato la nostra rabbia contro questi riti atroci...».
Alla fine, nessuno dei due andrà a casa felice. Non Rasciuk, deluso e arrabbiato con quei 50 animalisti «che ci hanno rovinato la festa, insultando noi, i nostri figli, le nostre credenze». E nemmeno Donatella, impotente fino alle lacrime di fronte ai quei due camion rossi che tra mezzogiorno e l’una rovesciano nel macello comunale 130 montoni vivi: subito sgozzati, appesi a testa in giù, dissanguati a regola d’arte, come impone il rito islamico della Festa del Sacrificio, Aidh el Adha, omaggio al profeta Abramo, pronto a sacrificare a Dio il suo unico figlio Ismael.
Luino, sponda del lago Maggiore. Domenica di sole. Domenica di incomunicabilità. Insulti. Spintoni. Sit-in. Animalisti che tentano di gettarsi sotto le ruote di un camion. Musulmani che lanciano anatemi. Bambini che guardano e non capiscono. Anziani che capiscono e smettono subito di guardare. Montoni sgozzati. Dotte dissertazioni sul «perfetto taglio alla gola». Radicalismi contro. Eccessi. Schegge di razzismo. Prove di dialogo senza speranza. Lacrime e olè.
Avviene tutto in cinque ore, in una strada lunga e stretta, davanti al macello comunale. I primi ad arrivare sono gli animalisti, quelli dell’Oipa, della Lav, dell’Enpa. Sono una cinquantina, vengono da Lugano, Varese e dintorni. Alle 8 sono già lì. Sanno che non potranno vincere, non potranno impedire la macellazione dei montoni: «Siamo consapevoli - afferma il presidente del’Oipa, Massimo Comparotto - che la legge italiana prevede e autorizza questo genere di pratiche. Ma crediamo che attraverso la protesta e la mobilitazione si possa arrivare a modificare la normativa, evitando metodi di macellazione così cruenti...». Nel mirino c’è il decreto legge 333 del ’98 che consente, nel caso di macellazioni a scopo religioso, di uccidere l’animale senza prima stordirlo, come solitamente avviene.
I primi musulmani si materializzano verso le otto e mezza. Gli uomini in avanscoperta. Donne e bambini arriveranno dopo. «Per noi questi giorni sono come la Pasqua per i cattolici, si sta con gli amici, si prega e si parla...»: sorride Jamel, 25 anni, meccanico. Poi si interrompe di colpo, si rabbuia. In fondo alla strada, è scattata l’offensiva degli animalisti: in una decina si buttano a corpo morto contro un camion che sta portando agnelli e montoni al macello. Intervengono le forze dell’ordine, il camion fa dietrofront. Poi vengono fermate alcune auto che trasportano animali vivi nel baule. Jamel e i suoi compagni esplodono: «No, così no! Noi siamo autorizzati a celebrare la festa. Lavoriamo, paghiamo le tasse, abbiamo i loro stessi diritti, questo è razzismo...». Il clima si fa teso. Qualcuno, tra i dimostranti, si fa scappare frasi pesanti: «Tornate a casa, marocchini... Non vogliamo il vostro Allah...». Sono pochi e isolati. Subito zittiti dalla maggioranza degli animalisti: «Smettetela, ma che dite? Qui non c’entrano religione e colore, è una questione di violenza inutile contro gli animali..».
Passano le ore. Si arriva a un accordo: verbale e multa per chi viene sorpreso con montoni vivi nell’auto, in compenso via libera ai due camion che trasportano i 130 animali. La tregua regge fino a quando compare il primo dei furgoni. Gli animalisti cercano di bloccarlo. Le forze dell’ordine usano le maniere spicce. Il camion passa. I giovani gridano «assassini». I musulmani applaudono e fanno boccacce. Nella penombra del macello, sotto gli sguardi dei veterinari dell’Asl, il rito si compie: il marito uccide l’animale, moglie e figli assistono. Tantissimi i bambini, «perché così vuole la tradizione». I poliziotti allargano le braccia: «Interveniamo solo se un bimbo appare particolarmente impressionato...». Due giovani animaliste, testa tra le mani, singhiozzano in fondo alla strada.
Francesco Alberti
Corriere della Sera
2 02 04