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Discussione: Separati alla nascita

  1. #1
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    Predefinito Separati alla nascita

    «A convincere i Ds della maggioranza che è il momento buono per la controffensiva è stata pure l’attenta lettura che ieri hanno fatto dell’Unità. A cominciare dall’articolo del direttore Furio Colombo “a proposito del caso Travaglio”, dove prende le distanze dal suo collaboratore, ma con cautela, dove si giustifica ma non retrocede.
    Alcuni dalemiani lo leggevano e, tra di loro, lo “traducevano” secondo lo stile dell’antica rubrica di Cuore “Parla come mangi”: “Colombo dice solo: caro Travaglio, hai ragione ma hai sbagliato i tempi. Tanto imbarazzo ma niente di più. Non ci serve...”. E poi, con un certo compiacimento, l’occhio cadeva sulla rubrica delle lettere: una a favore, una contro Travaglio, “prima erano solo a favore”. E quindi, dopo l’accantonamento politico di Travaglio, ora si chiede anche quello di Flores. Convinti, nel partito, che la stagione dei girotondi sia in via di esaurimento. E a via Nazionale gli uomini di Fassino ripetono: “Da oggi in poi, davvero basta con questi ultimatum e queste arroganze”. Ora bisogna solo provare a mantenere la posizione.

    IL FOGLIO, 20 gennaio, pag. 1

    «La nostra sincera solidarietà a Furio Colombo. Non è facile per un direttore cavarsi d’impaccio in un conflitto di interessi professionale, ma ancor di più è difficile per un aspirante parlamentare europeo che deve scegliere tra la lista del triciclo e quella eventuale dei girotondi. Con l’articolo di ieri Colombo ha scelto il triciclo.
    Auguri. Però non lo faccia a scapito del povero Travaglio. Tra le mille obiezioni che poteva fargli, Colombo doveva risparmiarsi quella sull’opportunità: “Travaglio non avrebbe dovuto, nel giorno delle liste unitarie, in un simile momento tragico della vita italiana, lanciare quelle accuse”.Travaglio doveva tener presente un topos del comunismo: il contesto. E il contesto per Colombo è: “l’emergenza Berlusconi”, che sospende anche la libertà di espressione di Travaglio.
    Con questi argomenti, finirà che dovremo difendere la libertà di espressione di Travaglio”»

    IL RIFORMISTA, 20 gennaio, pag. 1

    Non sembrano scritti dalla stessa "mano"?

  2. #2
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    Predefinito Un po' di memoria

    Poco prima dell’ultima campagna elettorale (16 marzo 2001) Silvio Berlusconi giurò in una celebre telefonata a Santoro che la Fininvest non aveva società all’estero. Negli stessi giorni, la Repubblica pubblicò ampi stralci della consulenza Kpmg per la Procura di Milano, da cui risultava che la Fininvest di società estere ne aveva 64, sparse fra i più esotici paradisi fiscali, dalle Isole Vergini alle Cayman, dalle Isole del Canale alle Bahamas, dal Lussemburgo al Liechtenstein. Un vero e proprio «comparto B» occulto, sconosciuto ai bilanci.
    La capofila era la famigerata All Iberian, nota alle cronache per i 21 miliardi a Craxi e perché Berlusconi aveva sempre negato di conoscerla. Poi si era scoperto che era tutta sua. Un mese dopo quella telefonata a Santoro, in un raduno elettorale con i commercianti romani, il Cavaliere annunciò trionfante: «È vero, avevo società estere, mi servivano a pagare meno tasse».
    Dimenticò poi di ritelefonare a Santoro per avvertire i telespettatori che li aveva spudoratamente presi in giro. O forse provò a chiamare, ma in Rai non trovò più Santoro.

    Ora però il ministro Tremonti annuncia a Bruxelles che l’Italia non avrà nessuna pietà per chi tiene società off-shore nei paradisi fiscali.
    Tempi duri per All Iberian e le sue 63 sorelline, a meno che la cosa non volga soltanto per Parmalat. Pare che, dalle parti del Cavaliere, l’annuncio sia suonato più come una minaccia che come una promessa.
    Ma di editori col vizietto dell’off-shore, in Italia, ce ne sono almeno due. L’altro è quello de Il Riformista, che associa i contributi dello Stato italiano a una miriade di società estere: una di diritto britannico con sede a Tortola (Isole Vergini), una anonima in Lussemburgo, una in Olanda, altre in diversi paradisi fiscali. Uno dei soci, Piergiorgio Crudele, è indiziato per aggiotaggio e false comunicazioni a Brescia, dove è stata perquisita anche la Hopa di un altro capitano coraggioso, Emilio Gnutti.

    Solo 20 giorni fa dopo l’arresto di Tanzi, il Riformista aveva ammonito contro il ritorno del «giustizialismo» e delle «manette facili», nonché contro il rischio di un «clima anticapitalista».

    Ora è tutto più chiaro. Addio, mondo Crudele.

  3. #3
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    Predefinito Qualche dettaglio...

    Il Riformista in paradiso (fiscale), al 49%
    Rinaldo Pianola

    MILANO Ieri l’Unità ha pubblicato la notizia che Pierluigi Crudele, azionista di controllo e presidente di Finmatica, finito sotto inchiesta per false comunicazioni sociali e aggiotaggio, è azionista del quotidiano il riformista, attraverso società straniere e off-shore. Assieme a Crudele, per il quale vale come per tutti i cittadini la presunzione d’innocenza, anche altri imprenditori privati sono soci del piccolo quotidiano. Che un giornale o un’azienda di altro genere abbia azionisti con sede nei paradisi fiscali non è un reato, né qualche cosa di cui bisogna vergognarsi: è tutto lecito e, in ogni caso, c’è davvero molto di peggio in Italia. Inoltre le frontiere dei neo riformisti sono talmente ampie che può passare tutto.
    Ci siamo limitati solo a dare una notizia curiosa che altri giornali non hanno fornito. Per noi la storia poteva finire qui. Invece siamo costretti a tornarci sopra perchè l’editore de il riformista, Claudio Velardi, ha contestato il nostro articolo e ha aggiunto che si tratterebbe di «una non notizia buona solo ad alimentare piccoli veleni ma poco degna di una testata di un glorioso passato».
    Possiamo assicurare che non abbiano alcun intenzione di alimentare veleni o polemiche col Riformista, ci mancherebbe: ma proprio perchè teniano alla credibilità del nostro giornale, che faticosamente cerchiamo di costruire giorno dopo giorno dopo i disastri del passato, è evidente che non possiamo farci sgridare o smentire dall’editore Velardi.
    A questo punto, allora, dobbiamo raccontare, almeno per sommi capi, la costruzione della struttura azionaria del quotidiano edito da Velardi e diretto da Antonio Polito. Diciamo subito che il riformista è una giornale che almeno per il 49% ha il suo capitale all’estero, compresi quei paesi che vengono comunemente definiti paradisi fiscali, perché il fisco è molto leggero, quasi inesistente. Il capitale de il riformista è posseduto al 51% dalla cooperativa Ivo Campone srl, capitale sociale 4mila euro, amministrata da Antonio Napoli, già socio di Velardi in Paypermoon srl e Reti, La Ivo Campone ha «fini mutualistici e non speculativi» e come oggetto sociale «la finalità di conseguire continuità di occupazione lavorativa,miglioramento della professionalità e delle condizioni economiche e sociali dei propri soci, attraverso lo svolgimento delle attività previste dall’art. 1 della legge 5 agosto 1981 n.416 e tutte le attività comunque connesse alla comunicazione ed all’informazione in qualsiasi forma la tecnologia permetta e, in particolare: a) editare testate, comprese le agenzie di informazione. b) effettuare attività di servizio editoriale per conto terzi, fornendo, in tutto o in parte, un prodotto editoriale destinato alla diffusione, c ) raccogliere pubblicità, d) effettuare rassegne stampa...».
    Il 49%, invece, è detenuto dalla societa Nova Editior Sociètè Anonime con sede in Lussemburgo, in Boulevard Royal 8. Come nasce la Nova Editior? Nasce da due società che sottoscrivono in parti uguali l’intero capitale: la Aqualegion ltd, sede a Londra (Queens House 55156 Lincoln’s Inn Fields), rappresentata dalla signora Luisella Moreschi, domiciliata in Lussemburgo; e dalla Walbond Investments ltd, con sede a Tortola, nelle Isole Vergini Britanniche: anche questa società è rappresentata da Luisella Moreschi.
    Un fatto almeno curioso. La dottoressa Moreschi, laureata in discipline economiche, è una professionista che vive in Lussemburgo e che, probabilmente, si occupa di fondare società e partecipare a consigli di amministrazione.
    Infatti la Moreschi è consigliere di amministrazione di Nova Editior assieme a due commercialisti di Roma: Maria Gabriella Attardi e Roberto Allocca. A questo punto il 49% delle azioni del riformista, con un capitale di 10mila euro, sono girate in tranche successive alla Nova Editior, cioè la società del Lussemburgo. Il passo successivo è la sottoscrizione da parte di alcuni soci (gli imprenditori Crudele, Garrone, Angelucci) delle azioni, ovviamente con sovrapprezzo, della scatola, pardon, della società lussemburghese Nova Editior: così il 49% del capitale del riformista si trova in una società basata in Lussemburgo.
    Ci manca ancora un passaggio importante: la cooperativa Ivo Campone srl ha realizzato un accordo di fusione con la testata Le Ragioni del socialismo di Emanuele Macaluso, così il quotidiano di Polito e Velardi usufruisce anche del finanziamento pubblico per l’editoria.

    Come la consorte del PdC per il Foglio.

    Ma tutto questo è "normale", per gli adepti......e TUTTO tace.

  4. #4
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    Predefinito

    ......e TUTTO tace.

    Anche qui tutto tace ...

    B.

  5. #5
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    In Origine Postato da Barbanera
    ......e TUTTO tace.

    Anche qui tutto tace ...

    B.
    "Nessuna pietà", Barba....dice il Treconti.

    Sembra quasi vero...

  6. #6
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    Predefinito Dai nemici mi guardi iddio...

    Giornali off shore
    «La verità tutta la verità nient’altro che la verità»

    Unità. Gira voce che i Ds abbiano deciso di dare a Furio Colombo un seggio nel parlamento europeo, per toglierlo così dalla direzione dell’Unità. E che Colombo, appagato, abbia di conseguenza dato un giro di vite “riformista” alla sua direzione dopo i travagli degli ultimi giorni. A noi però sembra una decisione illogica, e spieghiamo perché. Se Colombo ha infatti accumulato meriti nei confronti della sinistra italiana dirigendo l’Unità, non si capisce perché non debba continuare a farlo. Certamente godrebbe da via dei Due Macelli di una tribuna più efficace di quella offerta da uno scranno a Strasburgo. Se invece ha accumulato demeriti, non si vede perché debba essere premiato con un seggio che più utilmente potrebbe essere scaldato da qualcun altro. Insomma: se vogliono liberarsi di Colombo, lo chiedano alla proprietà e non agli elettori.
    (Il Riformista, pag. 1, 22 gennaio)

  7. #7
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    Finmatica, mandato d'arresto per Crudele e Bottari

    BRESCIA - Primi ordini di custodia cautelare per il caso Finmatica. Per Pierluigi Crudele e Fabio Bottari, rispettivamente presidente e amministratore delegato dimissionari della società, il pm di Brescia Lorenzo Benini, ha deciso gli arresti domiciliari. Crudele è stato fermato dalla Guardia di finanza di Eboli nella sua abitazione in località Campolongo e portato nella locale caserma Gdf. Bottari è stato portato invece nella caserma della Finanza a Brescia. Per entrambi il gip ha disposto gli arresti domiciliari, come richiesto dalla procura bresciana. Il presidente e amministratore delegato dimissionari di Finmatica dovrebbero uscire a breve dalle due caserme, dopo l'espletamento delle pratiche relative agli arresti domiciliari, ed essere accompagnati dagli uomini delle Fiamme Gialle nelle loro abitazioni.

    (24 gennaio 2004)

  8. #8
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    Colombo e il Riformista

    Cari lettori, questo è l’editoriale che pubblica oggi “Il Riformista”
    contro il nostro giornale e contro chi lo dirige. Ne siamo in
    possesso non perché lo abbiamo trafugato prima della pubblicazione come si usa in altri giornali. La ragione è che hanno
    provveduto essi stessi a pubblicare il testo sul loro sito, in modo
    che almeno qualcuno - oltre a quelli che lo ricevono nelle mazzette
    governative dei giornali - lo legga. Infatti è bene leggere le
    righe che seguono. Svelano un mistero che non si è chiarito alle
    edicole. Perché esiste “Il Riformista”? Esiste perché esiste l’Unità,
    che rifiuta il grande silenzio.
    Conflitto di interessi, Berlusconi e Goebbels, Berlusconi e i
    giudici, Berlusconi e “meglio il fascismo”, illegalità, corruzione,
    leggi personali, Costituzione in pericolo, Bossi e la secessione?
    Un fastidio, un ingombro, un rumore inutile. Alla vita loro
    chiedono poco, luci basse, voci basse, buoni rapporti con tutti,
    un buon caffè e sparare a zero, non con cattiveria, solo come
    andare a caccia contro chi fa esattamente ciò che essi dovrebbero
    fare, dato il nome del quotidiano. Noi siamo il nemico, perché
    non capiamo il loro motto (non scritto ma evidente in ogni
    pagina): “Riformista è chi tace”. Alcuni di noi hanno visto
    quanto accanito, implacabile e senza lunghe pause di silenzio
    sia il riformismo fuori da Berlusconia. Rompiamo le scatole,
    perché rompiamo il silenzio.
    Che dire? Due diversi punti di vista. Se questi “riformisti”
    del silenzio non aggiungessero ogni volta un paio di bugie (come
    la storia inventata e ormai smentita anche da Dagospia, della
    mia candidatura europea) si potrebbe, ogni tanto, quando Berlusconi
    va in clandestinità per un altro lifting, vedersi al club e
    scambiare due battute, leggere, senza pregiudizio politico, su
    come cambia il clima e come non si riconoscono più le stagioni.
    F.C.


    Dopo aver tentato di sistemare D’Alema con le pezze al culo e la
    merchant bank, il girotondismo che gira intorno all’Unità di Furio
    Colombo ci prova con Rutelli: traditore, opportunista e ubriaco.
    Ellekappa sfotte la Margherita sulle note di Cocciante: «Poi spacchiamo la sinistra e facciamola ballare/ perchémi è venuta a noia, non la posso sopportare/ raccogliamo tutti i voti che può darci primavera/ regaliamoli a Schifani, per un’alleanza vera»; e il direttore spedisce dalla sua prima pagina un’accorata lettera al leader della Margherita, la cui sostanza è che Rutelli «compie un gravissimo errore svalutando l’antiberlusconismo», che sarà «punto di riferimento della nostra (sua? ndr) campagna elettorale». Con ciò - oggettivamente - aiutando
    il nemico.
    Dal giornale dei Ds è un bel viatico alla lista unica. Ma, si sa,
    Colombo aborre il termine riformista, e rimbrotta perfino Ferruccio
    de Bortoli, colpevole di averne pacatamente ragionato sul nostro
    giornale, perché così facendo non si è lasciato incasellare in quell’icona
    dell’antiberlusconismo che Colombo aveva cercato di creare, ai
    tempi di «si sono presi il Corriere». Ma il ragionare storto produce
    logiche pericolose, speriamo inintenzionali, comunque sorprendenti.
    Colombo contesta così a Rutelli una frase talmente ovvia da
    essere il leit motiv di ogni leader dell’opposizione democratica in
    ogni paese democratico che si conosca: «Dobbiamo incalzare il
    governo affinché ponga mano a quelle riforme di cui gli italiani
    hanno bisogno». Per Colombo anche «incalzare» questo governo è un tradimento dell’obiettivo principe: scalzare questo governo. Di che riforme avrebbero poi bisogno gli italiani? Della riforma della
    giustizia, di quelle istituzionali, di quella del sistema tv? Suvvia, che ingenuità, avverte Colombo: l’unica riforma utile è far fuori Berlusconi.
    Forse - ripetiamo - senza avvedersene, Colombo porta la sua
    tesi alle conseguenze estreme (estremiste?) e afferma: «In questa legislatura non c’è traccia di un solo istante in cui un solo emendamento dell’opposizione abbia potuto cambiare una sola di quelle pessime leggi a cui anche tu ti sei opposto». E dichiara così l’inutilità, la futilità addirittura, della battaglia parlamentare, ringraziando in questo modo - en passant - anche quei gruppi parlamentari dei ds di cui l’Unità risulta essere organo, traendone buona parte dei suoi finanziamenti, e che - poveri illusi - passano la vita a presentare stupidi emendamenti.
    Una volta dichiarata l’inutilità della battaglia parlamentare, questa
    sinistra diventa compiutamente extraparlamentare. Per questo
    preferisce le piazze e disprezza il parlamento. Per questo considera Palazzo Chigi una sentina, chiunque vi posi le membra. Per questo inorridisce di fronte all’idea che un’opposizione di governo abbia il dovere, di tanto in tanto, di avanzare una proposta, di dire come farebbe lei ciò che comunque andrebbe fatto. Questa impostazione è l’esatto opposto di quel che si propone la lista riformista alle europee.
    Eppure dicono che Colombo ambirebbe farne parte. Speriamo
    che lascino in vita il voto di preferenza.


    Dai nemici mi guardi dio....

  9. #9
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    Finalmente idee chiare per vincere

    Si vince con le idee e con la voglia di tenere il campo anche organizzandosi. Colombo faccia il direttore dell’Unità, faccia l’eurodeputato, passi da Agnelli a De Michelis a Cofferati a Di Pietro.
    Sono fatti suoi. Il feltrismo è una vera innovazione giornalistica ma per capire il suo meccanismo interno basta andare dal fondatore e poi girare la chiavetta, a destra o a sinistra. Senza ingaggiare battaglie che fanno perdere tempo.
    Oggi dobbiamo dare consistenza programmatica al centrosinistra, incoraggiare la svolta di Bertinotti emettere in campo il cantiere del partito riformista senza pensare che si farà domani. Si farà, è una necessità storica e lo dirigerà chi darà più idee e orgoglio a questo disegno senza farsi intimidire dagli anatemi di chi, avendo letto Lenin sulla Selezione del Reader’s Digest, oggi va cercando disperatamente il rinnegato Kautski.

    (Il Riformista, 28 gennaio)

    Dai nemici mi guardi dio....

  10. #10
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    L’astuta tattica di combattere Berlusconi parlandone bene sta dando i suo frutti. Notevole quello mietuto dal Riformista.

    L’altro giorno, sul forum ondine del quotidiano off-shore, compariva la seguente lettera di un certo Santi Logoteta:
    «Dopo sei mesi di lettura del Riformista, la cosa strana è che da forcaiolo interventista mi sento riformista. Ma di riformista c’è solo questo giornale (di cui condivido il 90% delle posizioni). Non c’è un partito, non c’è unmovimento, ma tante tante persone dall’ingegno multiforme, tante quante sono le anime del riformismo. Non si può essere riformisti e stare con i comunisti; non si può essere riformisti guardando al passato; non si può assistere a questa cecità individuale; non si può avere un timore reverenziale verso l’ideologia. Voterò Berlusconi. Considero lui molto più riformista di Prodi, vecchio conservatore Dc che rappresenta quel che di più marcio c’era nella Prima Repubblica. E io amo la Prima Repubblica, veramente».

    Il Polito delle Libertà ha conquistato alla causa il suo primo lettore (su due).
    Sono soddisfazioni.

    Dai nemici mi guardi dio...

 

 
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