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    Predefinito 28 dicembre - Santi Innocenti Martiri

    Dal sito SANTI E BEATI:

    Santi Innocenti Martiri

    28 dicembre - Festa

    sec. I

    Gli innocenti che rendono testimonianza a Cristo non con le Parole, ma con il sangue, ci ricordano che il martirio è dono gratuito del Signore. Le vittime immolate dalla ferocia di Erode appartengono, insieme a santo Stefano e all'evangelista Giovanni, al corteo del re messiniaco e ricordano l'eminente dignità dei bambini nella Chiesa. (Mess. Rom.)

    Patronato: Bambini

    Emblema: Palma

    Martirologio Romano: Festa dei santi Innocenti martiri, i bambini che a Betlemme di Giuda furono uccisi dall’empio re Erode, perché insieme ad essi morisse il bambino Gesù che i Magi avevano adorato, onorati come martiri fin dai primi secoli e primizia di tutti coloro che avrebbero versato il loro sangue per Dio e per l’Agnello.

    Martirologio tradizionale (28 dicembre): A Betlemme di Giuda il natale dei santi Innocenti Martiri, i quali furono per Cristo uccisi dal Re Erode.

    La Chiesa onora come martiri questo coro di fanciulli ("infantes" o "innocentes"), vittime ignare del sospettoso e sanguinario re Erode, strappati dalle braccia materne in tenerissima età per scrivere col loro sangue la prima pagina dell'albo d'oro dei martiri cristiani e meritare la gloria eterna secondo la promessa di Gesù: " Colui che avrà perduto la sua vita per causa mia la ritroverà". Per essi la liturgia ripete oggi le parole del poeta Prudenzio: "Salute, o fiori dei martiri, che sulle soglie del mattino siete stati diverti dal persecutore di Gesù, come un turbine furioso tronca le rose appena sbocciate. Voi foste le prime vittime, il tenero gregge immolato, e sullo stesso altare avete ricevuto la palma e la corona".
    L'episodio è narrato soltanto dall'evangelista Matteo, che si indirizzava principalmente a lettori ebrei e pertanto intendeva dimostrare la messianicità di Gesù, nel quale si erano avverate le antiche profezie: "Allora Erode, vedendosi deluso dai magi, s'irritò grandemente e mandò ad uccidere tutti i bambini che erano in Betlem e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato dai magi. Allora si adempì ciò che era stato annunciato dal profeta Geremia, quando disse: Un grido in Rama si udì, pianto e grave lamento: Rachele piange i suoi figli, né ha voluto essere consolata, perché non sono più".
    L'origine di questa festa è molto antica. Compare già nel calendario cartaginese del IV secolo e cent'anni più tardi a Roma nel Sacramentario Leoniano. Oggi, con la nuova riforma liturgica, la celebrazione ha un carattere gioioso e non più di lutto com'era agli inizi, e ciò in sintonia con le simpatiche consuetudini medioevali che celebravano in questa ricorrenza la festa dei "pueri" di coro e di servizio all'altare. Tra le curiose manifestazioni ricordiamo quella di far scendere i canonici dai loro stalli al canto del versetto "Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles".
    Da questo momento i fanciulli, rivestiti delle insegne dei canonici, dirigevano tutto l'uffìcio del giorno. La nuova liturgia, pur non volendo accentuare il carattere folcloristico che questo giorno ha avuto nel corso della storia, ha voluto mantenere questa celebrazione, elevata al grado di festa da S. Pio V, vicinissima alla festività natalizia, collocando le innocenti vittime tra i "comites Christi", per circondare la culla di Gesù Bambino dello stuolo grazioso di piccoli fanciulli, rivestiti delle candide vesti dell'innocenza, piccola avanguardia dell'esercito di martiri che testimonieranno col sangue la loro appartenenza a Cristo.

    Autore: Piero Bargellini

    Daniele da Volterra, Strage degli innocenti, Galleria degli Uffizi, Firenze

    Tintoretto, Strage degli innocenti, 1582-87, Scuola di San Rocco, Venezia

    Peter Paul Rubens, Strage degli innocenti, 1621, Alte Pinakothek, Monaco

    Pietro Testa, Allegoria della strage degli innocenti, 1630-40, Galleria Spada, Roma

    Domenico Ghirlandaio, Strage degli innocenti, 1486-90, Cappella Tornabuoni, Chiesa di Santa Maria Novella, Firenze

  2. #2
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    Guido Reni, Strage degli innocenti, 1611, Pinacoteca Nazionale, Bologna

    Harmenszoon van Rijn Rembrandt, Sogno di Giuseppe, 1650-55, Museum of Fine Arts, Budapest

    Duccio di Buoninsegna, Strage degli innocenti, 1308-11, Museo dell'Opera del Duomo, Siena

    Cornelis van Harlem, Strage degli innocenti, 1591, Frans Halsmuseum, Haarlem

    Cornelis van Harlem, Strage degli innocenti, 1590, Rijksmuseum, Amsterdam

    Beato Angelico, Strage degli innocenti, Armadio degli Argenti, 1450, Museo di San Marco, Firenze

  3. #3
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    Predefinito Dai «Discorsi» di san Quodvultdeus, vescovo

    Il grande Re nasce piccolo bambino. I magi vengono da lontano guidati dalla stella e giungono a Bet1emme per adorare colui che giace nel presepio, ma regna in cielo e sulla terra. Quando i magi annunziano a Erode che è nato il Re, egli si turba e per non perdere il regno cerca di ucciderlo, mentre credendo in lui sarebbe stato sicuro in questa vita e avrebbe regnato eternamente nell’altra.

    Che cosa temi, o Erode, ora the hai sentito the è nato il Re? Cristo non è venuto per detronizzarti, ma per vincere il demonio. Tu questo non lo comprendi, perciò ti turbi e infierisci; anzi, per togliere di mezzo quel solo che cerchi, diventi crudele facendo morire tanti bambini.

    Le madri che piangono non ti fanno tornare sui tuoi passi, non ti commuove il lamento dei padri per l’uccisione dei loro figli, non ti arresta il gemito straziante dei bambini. La paura che ti serra il cuore ti spinge a uccidere i bambini e, mentre cerchi di uccidere la Vita stessa, pensi di poter vivere a lungo, se riuscirai a condurre a termine ciò the brami. Ma egli, fonte della grazia, piccolo e grande nello stesso tempo, pur giacendo nel presepio, fa tremare il tuo trono; si serve di te che non conosci i suoi disegni e libera le anime dalla schiavitù del demonio. Ha accolto i figli dei nemici e li ha fatti suoi figli adottivi.

    I bambini, senza saperlo, muoiono per Cristo, mentre i genitori piangono i martiri che muoiono. Cristo rende suoi testimoni quelli che non parlano ancora. Colui the era venuto per regnare, regna in questo modo. Il liberatore incomincia già a liberare e il salvatore concede già la sua salvezza.

    Ma tu, o Erode, the tutto questo non sai, ti turbi e incrudelisci e mentre macchini ai danni di questo bambino, senza saperlo, già gli rendi omaggio.

    O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta perché non muovono ancora le membra, e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria.

  4. #4
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    Predefinito Da "I Misteri principali di Cristo"di Ernaldo di Buonavalle

    Liber de cardinalibus operibus Christi, III, in PL 189, 1626-1628

    Quando Erode si accorse che i Magi se ne erano andati prendendo un'altra strada, deplorò di essere stato ingannato. Per il principe delle tenebre è infatti cosa fastidiosissima rendersi conto che la preda è sfuggita ai trabocchetti che la sua astuzia aveva teso.
    Ora il tiranno, infiammato da una rabbia ancor più feroce, smania di trucidare bimbi innocenti. Ma nella sua persecuzione contro i santi egli è beffato, perché, mentre crede di perdere coloro che uccide, procura ad essi uno stato di vita migliore.
    I martiri trasformano in vantaggio ciò che il tiranno macchina a loro perdizione. Attraverso una rovina momentanea, acquistano in un batter d'occhio la vita che dura.
    Ecco, questi pargoli che Erode nemico della natura, nemico della pietà, mostro di ferocia bestiale e di crudeltà inaudita uccide, in un istante diventano martiri. Mentre strappati in luogo di Cristo e per Cristo dal seno delle madri, sono abbattuti, col loro martirio offrono la testimonianza che non possono ancora presentare con la parola.

    Lo spirito di questi piccoli, lasciando subitamente l'involucro infantile, non è trattenuto dal tenero corpo e dall'acerba età. Libero dagli impacci dell'infanzia, ormai in possesso della pienezza della ragione, si affretta a correre incontro a Cristo, chiede a lui la ricompensa dei suoi combattimenti. Da lui è introdotto alle gioie della luce e della pace eterna.
    Lo spirito di questi bimbi celebra in cielo la solennità dell'Epifania e si rallegra non già della luce di una stella, ma dello stesso splendore della divina presenza.
    La festa di Natale si concluse in cielo con il canto degli angeli; quaggiù trovò il compimento, grazie alla bocca dei bambini e dei lattanti, al clamore delle trombe di vittoria risuonanti fino al cielo. Il vagito degli infanti si è mutato in gioia, e in giubilo il loro lutto. L'esercito degli innocenti segue non la stella, ma l'Agnello e porta il solenne vessillo del suo gloriosissimo trionfo.

    Il mondo non poté contaminare l'esercito infantile, che era appena sceso in campo a combattere. La rapida, subitanea morte non permise che fossero inquinati quei piedi che non avevano mai ancora calpestato il fango. Nell'inizio stesso della vita tutta quella falange innocente fu sospinta, senza che avesse subito danno nell'integrità, alla gloria della vera vita.
    L'intelligenza che si sarebbe potuta sviluppare con il crescere negli anni, fu d'un tratto sciolta dalla durata e trovò il pieno compimento, sfuggendo alle vicissitudini del tempo. I sensi, avvinti dal sopore dell'infanzia, si svegliarono, le palpebre si aprirono, e quegli innocenti videro la luce, ottennero instantaneamente la beatitudine che è promessa agli operatori di pace e ai puri di cuore.

    Quei bimbi sono ascesi lungo la scala di tutte le virtù senza il concorso di insegnamenti umani e hanno raggiunto la piena misura. Hanno ottenuto nel coro dei beati il primo posto, come protomartiri; introdotti nei segreti del cielo intercedono per noi la clemenza di Dio a cui sono strettamente uniti.
    Passati dalla culla al cielo, sono divenuti i senatori e i giudici del Campidoglio celeste. Poiché non hanno bisogno di perdono per qualche colpa, sono presenti alle decisioni divine sia di misericordia, sia di giustizia. Ma più spesso seguono l'Agnello dovunque va, valendosi della sua mansuetudine piuttosto che della sua ira.
    Sono stati lavati nel suo sangue frammisto al latte, hanno consacrato le primizie del battesimo mediante il martirio, aprendo la via ai fratelli. Quando la necessità esclude ogni indugio, il sangue non è meno efficace per lavare l'anima di quanto lo sia l'acqua santificata dalle parole sacramentali. In questa specie di battesimo cruento non manca il flusso vivificatore, perché il sangue, come l'acqua nel corso di un fiume, scorre per tutto il corpo.

  5. #5
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    Predefinito Dai Discorsi di san Pietro Crisologo.

    Sermones 151 e 152, in PL 52, 604. 606-607.

    L'odierna lettura ha commosso i cuori, ha scosso le viscere, ha riempito di stupore l'udito. Abbiamo sentito dire: Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto".
    Fratelli, la fuga di Cristo dipese da un mistero non dal timore; fu una liberazione della creatura, non un pericolo per il Creatore; dipese dalla potenza divina, non dall'umana fragilità; non fu per la morte del Creatore, ma per la vita del mondo.
    Infatti, colui che era venuto per morire, perché, avrebbe dovuto fuggire la morte? Cristo avrebbe ucciso tutta la causa della nostra salvezza, se avesse permesso di essere ucciso da bambino. Cristo era venuto per confermare con gli esempi ciò che aveva insegnato con i precetti. Era venuto per fare egli stesso ciò che aveva ordinato di fare e per dimostrare possibili, una volta vedute, le cose che sembravano impossibili ad ascoltarle.
    Era venuto per infondere nel mondo con i miracoli la conoscenza della sua divinità e togliere le ignoranze all'ignoranza del genere umano. Era venuto per eccitare alla fede con le sue virtù i pigri cuori dei mortali. Era venuto per sconfiggere il diavolo in aperto scontro, affinché gli uomini lo vincessero mediante il comando divino e lo abbattessero mediante l'esempio umano.
    Cristo era venuto per mantenere le promesse della sua presenza, per concedere di vederlo a quelli cui aveva permesso di conoscerlo.

    Cristo era venuto per scegliere gli apostoli, maestri del mondo, e riempirli delle dottrine celesti, munirli delle virtù, armarli dei miracoli. Questo, allo scopo che essi domassero con i prodigi gli uomini feroci, risanassero con i portenti gli infermi, istruissero nelle verità i riottosi.
    E infine, Cristo era venuto a uccidere la morte morendo, a distruggere gli inferi scendendo in essi; era venuto a schiudere i sepolcri risorgendo, a donare i terrestri ai celesti salendo al cielo.
    Tutte queste cose sarebbero state certamente perdute per noi, se Cristo, quand'era nella culla, non fosse fuggito.
    Ma tu, ascoltatore, potresti osservare: Potendo agire in modo diverso, perché si sottomise a tante e tali offese?
    Perché? Anzitutto perché, senza l'uomo, l'uomo non poteva essere salvato né, senza le offese umane, le offese umane potevano essere troncate. Sostiene la propria causa chi si prende cura di quella d'un altro. Colui che non vi partecipa, non può troncare le sofferenze umane. Cristo ci ha accolto dentro di sé per darsi a noi: sopportò le nostre sofferenze per eliminarle. Ecco perché Cristo fuggì.

    Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui. s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio.
    Che fa Cristo? Nato re e re del cielo, perché trascurò i soldati della sua innocenza? Perché non si curò dell'esercito dei suoi coetanei? Perché abbandonò le scolte assegnate alla sua culla, così che il nemico, che cercava solo il re, infierì contro tutti i soldati? Fratelli, Cristo non trascurò i suoi soldati, ma diede loro una sorte migliore, poiché concesse loro di trionfare prima di vivere, fece sì che ottenessero senza lotta la vittoria, donò loro le corone prima delle membra. Volle che mediante le virtù lasciassero da parte i vizi, possedessero il cielo prima della terra e non fossero introdotti nelle vicende umane prima che in quelle divine. Cristo, dunque, mandò innanzi i suoi soldati, non li perdette; raccolse il suo esercito, non lo abbandonò.
    Beati quelli che abbiamo visto nati al martirio, non al mondo! Beati coloro che cambiarono le fatiche in riposo, i dolori in sollievo, le sofferenze in gioia! Vivono, vivono, perché vivono veramente quelli che meritano d'essere uccisi per Cristo.
    Beati i grembi che portarono tali creature. Beate le lacrime che, versate per loro, concessero ai piangenti la grazia del battesimo. Infatti, in un modo diverso con un solo dono le madri sono battezzate nelle loro lacrime e i figli nel proprio sangue. Nel martirio dei figli le madri hanno subito il martirio; la spada, trafiggendo le membra dei figli, giunse al cuore delle madri . Ed è necessario che siano partecipi del premio, perché furono compagne nel martirio.

    Le madri sopportarono ogni angoscia e dolore. Perciò non saranno prive della gioia del martirio, poiché del martirio versarono le lacrime.
    A questo punto l'ascoltatore faccia attenzione; faccia attenzione per comprendere che il martirio non avviene per merito, ma per grazia.
    Quale volontà c'era, quale arbitrio nei pargoli, nei quali la stessa natura era ancora involuta, per così dire prigioniera? Riguardo al martirio, dunque, attribuiamo tutto a Dio, nulla a noi. Non dipende dalla forza umana, ma da un dono divino vincere il diavolo, consegnare il corpo, disprezzare le sofferenze, svalutare i tormenti, stancare il carnefice, ricevere gloria dalle offese, ottenere la vita dalla morte. Chi corre al martirio confidando in se stesso, non giunge alla corona.
    Colui che per noi si degnò nascere in una stalla, voglia condurci ai pascoli del cielo, lui il Cristo Gesù.


  6. #6
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    Predefinito Dalla "Mistica Città di Dio" della Ven. Suor Maria di Gesù Agreda

    Libro IV, Cap. 27, §§ 672-680

    CAPITOLO 27

    Erode decreta la strage degli innocenti, Maria santissima lo viene a sapere e provvede a far nascondere san Giovanni per sottrarlo alla morte.


    672. Lasciamo adesso in Egitto il bambino Gesù, la sua santissima Madre e san Giuseppe santificare quel regno con la loro presenza e con i benefici che non meritò la Giudea, e torniamo a vedere come si concluse la diabolica astuzia ed ipocrisia di Erode. L'iniquo re aspettò il ritorno dei Magi, e la notizia che gli avrebbero recata di avere trovato ed adorato il nuovo Re dei Giudei. appena nato, con lo scopo di togliergli crudelmente la vita. Rimase beffato nel sapere che i Magi erano stati a Betlemme dai santissimi Maria e Giuseppe e che, avendo preso un'altra strada, dovevano ormai trovarsi fuori dai confini della Palestina. Poiché fu informato di tutto questo ed anche di altre cose accadute nel tempio, si accorse di essersi ingannato con la sua medesima astuzia, perché aveva preso tempo aspettando alcuni giorni, sino a quando gli parve che i re orientali avessero tardato ed il pungolo della sua ambizione non l'obbligò a domandare di essi. Consultò di nuovo alcuni dottori della legge e, siccome quello che dicevano di Betlemme secondo le Scritture concordava con ciò che vi era accaduto, comandò che si facesse ricerca con grande accuratezza della nostra Regina, del suo dolcissimo bambino e del glorioso san Giuseppe. Il Signore, che aveva ordinato loro di uscire di notte da Gerusalemme, occultò tuttavia il loro viaggio, affinché nessuno lo sapesse né scoprisse alcun segno della loro fuga. Così i ministri del re gli risposero che in tutta la regione non si trovavano quell'uomo, quella donna e quel bambino, non avendoli potuti scoprire né loro né alcun altro.

    673. Allora lo sdegno di Erode s'infiammò al punto di non lasciarlo riposare un istante, poiché non trovava mezzo né rimedio per impedire il danno che temeva dal nuovo re. Per consolarlo, il demonio, che lo sapeva disposto a qualsiasi malvagità, gli insinuò nel pensiero una grande suggestione, istigandolo ad usare del suo potere regale per uccidere tutti i bambini di quella regione che non avessero oltrepassato i due anni; tra loro sarebbe stato impossibile non trovare il Re dei Giudei, nato in quel tempo. Il tiranno si rallegrò a questo pensiero, che mai venne in mente a nessun altro despota, e lo abbracciò, senza il timore e l'orrore che un'azione così crudele avrebbe suscitato in qualsiasi uomo ragionevole. Pensando e rimuginando come potesse eseguirlo in modo da soddisfare ed appagare la sua rabbia, fece unire alcuni corpi di milizia con i ministri di sua maggiore fiducia perché li governassero, e comandò loro, sotto gravi pene, di uccidere tutti i bambini che non avessero più di due anni, in Betlemme e nel suo territorio. Come ordinò Erode, così fu eseguito. In breve quella terra fu del tutto sbigottita e si riempì del pianto e delle lacrime dei padri, delle madri e dei parenti degli innocenti condannati a morte, senza che nessuno potesse fare opposizione né trovare un rimedio.

    674. Questo empio mandato di Erode uscì sei mesi dopo la nascita del nostro Redentore. Quando cominciò ad essere eseguito, un giorno accadde che, mentre Maria santissima teneva nelle braccia il suo santissimo Figlio e contemplava la sua anima e tutti i suoi atti interiori, ella vide in essa, come in uno specchio, tutto ciò che accadeva in Betlemme, più chiaramente che se si fosse trovata presente alle grida dei bambini e dei loro genitori. La celeste Signora vide anche come il suo santissimo Figlio pregasse l'eterno Padre per i padri e per le madri degli innocenti e gli offrisse i piccoli uccisi come primizie della sua morte. Perché fossero uniti al suo sacrificio redentore, domandava che venisse loro concesso l'uso della ragione in modo che offrissero volontariamente la vita ed accettassero la morte a gloria del Signore. Egli avrebbe così ricompensato ciò che pativano con i premi e le corone dei martiri. Il Padre eterno concesse tutto, e la nostra Regina lo seppe nel suo Figlio unigenito, che accompagnò ed imitò nell'offerta e nelle preghiere che faceva. Accompagnò anche i padri e le madri nel dolore, nella compassione e nelle lacrime per la morte dei loro figli. Ella fu la vera e prima Rachele che pianse i figli di Betlemme e suoi; nessun'altra madre seppe piangerli come lei, perché nessuna seppe essere madre come lo fu la nostra Regina e signora.

    675. Fino ad allora non aveva avuto consapevolezza di quanto santa Elisabetta avesse fatto per mettere in salvo il figlio Giovanni, secondo l'avviso che lei stessa le aveva dato per mezzo dell'angelo, quando erano usciti da Gerusalemme per andare in Egitto. Anche se non dubitava che si sarebbero adempiuti in lui tutti i misteri del suo compito di precursore che aveva conosciuto con la luce divina, non sapeva però la sollecitudine e la sofferenza in cui la crudeltà di Erode aveva posto santa Elisabetta e suo figlio, né con quale mezzo si sarebbero difesi da essa. La dolcissima Madre non ardiva domandare al suo santissimo Figlio di questo evento, per la riverenza e prudenza con cui si comportava con lui in queste rivelazioni, e con umiltà e pazienza si annientava e si ritirava in se stessa. Sua Maestà, però, corrispose al suo caritatevole e compassionevole desiderio. Le rivelò come Zaccaria, padre di san Giovanni, era morto quattro mesi dopo il suo parto verginale e quasi tre dopo che essi erano partiti da Gerusalemme; santa Elisabetta, già vedova, non aveva altra compagnia che quella di suo figlio Giovanni. Con lui, sola e abbandonata, si era ritirata in un luogo appartato poiché, per l'avviso datole dall'angelo e vedendo in seguito che Erode cominciava a compiere le sue efferatezze, si era decisa a fuggire nel deserto con il bambino e ad abitare tra le fiere. Seppe anche che santa Elisabetta aveva preso questa decisione con ispirazione ed approvazione dell'Altissimo e stava nascosta in una spelonca, dove con fatica e grande disagio manteneva sé ed il figlio Giovanni.

    676. Conobbe ugualmente la celeste Signora che santa Elisabetta dopo tre anni di quella vita solitaria sarebbe morta nel Signore; che Giovanni sarebbe restato in quel luogo deserto per dare inizio ad una vita angelica e solitaria; infine che non si sarebbe mai allontanato di là sino a che, per ordine dell'Altissimo, non avrebbe cominciato a predicare la penitenza, come suo precursore. Il bambino Gesù manifestò alla sua santissima Madre tutti questi misteri e le altre occulte e profonde grazie, che santa Elisabetta e suo figlio ricevettero in quel deserto. Tutto ciò ella conobbe nello stesso modo in citi aveva conosciuto la morte degli innocenti. A questa notizia la divina Regina fu piena di giubilo e di compassione: di giubilo, nel sapere che il bambino Giovanni e sua madre erano in salvo; di compassione, per le sofferenze che essi pativano in quella solitudine. Subito chiese al suo santissimo Figlio di prendersi cura, li dove erano, della cugina Elisabetta e di Giovanni. Da allora in poi, per volontà del Signore, inviava spesso gli angeli a visitarli e, tramite gli stessi, anche alcune cose da mangiare. Questo fu il più grande regalo che ebbero il figlio e la madre solitari in quell'eremo. Per mezzo degli angeli la nostra Regina, dall'Egitto, ebbe con loro una continua e segreta corrispondenza. Quando giunse l'ora della morte di santa Elisabetta, le inviò un gran numero di angeli, affinché assistessero ed aiutassero sia lei che il suo bambino Giovanni, il quale aveva allora quattro anni e, con gli stessi angeli, seppellì sua madre morta in quel deserto. Da allora in poi, ogni giorno la Regina inviò a san Giovanni da mangiare, fino a che egli ebbe l'età per potersi sostentare, per mezzo della sua intelligenza e del suo lavoro, con le erbe, le radici ed il miele selvatico4. Egli visse, in tal modo, la più ammirabile delle astinenze di cui dirò qualcosa tra breve.

    677. Fra tutte queste opere tanto stupende, né il pensiero può giungere a concepire né la lingua può esprimere i meriti e gli aumenti di santità e di grazia che accumulava Maria santissima, perché in tutto agiva con prudenza più che angelica. Quando la Madre ed il suo santissimo Figlio pregarono l'eterno Padre in favore dei bambini innocenti, ciò che in lei suscitò meraviglia, tenerezza e lode dell'Onnipotente fu il vedere quanto generosamente operò la sua divina provvidenza con loro. Conobbe, infatti, come se fosse stata presente, quanto fu elevato il numero di coloro che morirono. I più grandi tra loro non avevano più di due anni; alcuni erano di otto giorni, altri di due mesi e i rimanenti di età intermedia. A tutti fu concesso l'uso della ragione e vennero loro infuse, oltre ad un'altissima conoscenza dell'essere di Dio, le virtù della fede, speranza e carità in grado perfetto, con le quali esercitarono atti eroici di fede e di culto, ed anche di riverenza, amore e compassione dei propri genitori. Pregarono per loro perché, coree ricompensa del dolore che sentivano per la loro morte, ricevessero dal Signore luce e grazia per procurarsi i beni eterni. Accettavano il martirio volontariamente, rimanendo con tutta la fragilità della loro infanzia, per cui sentivano il dolore più sensibilmente e aumentavano il loro merito. Una moltitudine di angeli li assisteva, e portava le loro anime nel limbo. Essi, con la loro presenza, rallegrarono i santi Padri, perché ne confermarono la speranza nella libertà ormai prossima. Tutto ciò fu effetto delle preghiere del bambino Dio e di Maria santissima. L'Imperatrice delle altezze, nel conoscere queste meraviglie, col cuore ardente d'amore, disse: «Lodate, bambini, il Signore'» e, accompagnandoli, lodò l'Autore di opere tanto magnifiche, degne della sua bontà ed onnipotenza. Solo Maria santissima conosceva e trattava tali opere con la sapienza e con la ponderazione necessarie. Lei sola, essendo tanto vicina a Dio, conobbe il grado ed il punto massimo dell'umiltà, perché essendo la madre della purezza, dell'innocenza e della santità, si umiliò più di quanto non seppero fare tutte le creature già profondamente umiliate per le loro colpe. In considerazione dei sublimi doni e benefici a lei concessi, maggiori persino di quanti ne avessero ricevuti tutte le altre creature messe insieme, solo Maria santissima, fra tutte, conseguì tale grado di umiltà. Ella sola, infatti, intuì degnamente che la creatura non può corrispondere in modo proporzionato ai benefici che riceve e, tanto meno, all'amore infinito poiché la loro origine è in Dio. Umiliandosi in questa conoscenza, la divina Signora rafforzava in essa il suo amore, la sua gratitudine e la sua umiltà; dava pienezza a tutto con la consapevolezza che nessuna creatura può dare a Dio degna retribuzione, pur essendo lei creatura pura in grado di farlo.

    678. A conclusione di questo capitolo, intendo avvertire che, riguardo a molte cose che vado scrivendo, mi risultano esservi opinioni differenti tra i santi Padri e i vari autori. Ci sono diversità circa il tempo in cui Erode eseguì la sua crudeltà contro i bambini innocenti; è dubbio se questi fossero appena nati oppure avessero alcuni giorni o non oltrepassassero i due anni; esistono altre incertezze ancora, nella spiegazione delle quali non mi trattengo, perché non è necessario al mio scopo. In secondo luogo, scrivo solo quello che mi si va insegnando e dettando, o quello che, talvolta, l'obbedienza mi ordina di domandare, per comporre meglio questa Storia divina. Nelle cose che scrivo non era conveniente introdurre discussioni, poiché fin dal principio, come allora dissi, intesi dal Signore essere sua volontà che io scrivessi tutta la storia senza opinioni, ma secondo la verità che la luce divina mi avrebbe insegnato. Il giudicare se ciò che scrivo sia conforme alla verità della Scrittura e, con la maestà e grandezza dell'argomento che tratto, se le cose abbiano tra loro adeguato rilievo e connessione, tutto questo lo rimetto alla dottrina dei miei maestri e superiori, ed al giudizio dei saggi e dei credenti. La varietà delle opinioni è quasi necessaria fra quelli che scrivono, regolandosi gli autori gli uni sugli altri, e i moderni seguendo quelli, tra gli antichi, che maggiormente li soddisfano. La maggior parte, però, degli uni e degli altri, se si eccettuano le storie canoniche, si fonda su congetture o autori incerti, ed io non potevo scrivere seguendo questo criterio, perché sono donna ignorante.

    Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

    679. Figlia mia, quanto a quello che hai scritto in questo capitolo, voglio che ti servano di insegnamento il dolore col quale lo hai scritto e l'istruzione pratica che in esso hai trovato a spese altrui. Il dolore ti è nato dal conoscere che la creatura, nobile e creata dalla mano del Signore a sua immagine e somiglianza, con qualità tanto eccellenti e divine, come è il conoscere Dio, amarlo, essere capace di vederlo e di goderlo eternamente, giunga a dimenticarsi tanto di tale dignità, e si lasci avvilire e prostrare a brutali ed orribili passioni, come quella di spargere il sangue innocente di chi non poteva far male ad alcuno. Questa compassione ti deve indurre a piangere la rovina di tante anime, specialmente nel secolo in cui vivi, nel quale la medesima ambizione, che accese Erode, ha suscitato odi ed inimicizie molto crudeli tra i figli della Chiesa, facendo sì che si perdano infinite anime e resti inutile ed infruttuoso il sangue del mio santissimo Figlio sparso come loro prezzo e riscatto'. Piangi amaramente questa disgrazia.

    680. Istruisciti però su altre sventure, e pondera bene ciò che può una passione cieca ammessa nella concupiscenza. Se si impadronisce del cuore lo brucia, o nel fuoco della concupiscenza, se compie il suo desiderio, o in quello dell'ira, se non lo può conseguire. Temi, figlia mia, questo pericolo, non solo per ciò che fece l'ambizione di Erode, ma anche per ciò che in ciascun momento intendi e conosci di altre persone. Stai molto attenta a non affezionarti ad alcuna cosa, per piccola che ti sembri, perché, per suscitare un grande incendio, basta iniziare con una piccolissima scintilla. In materia di mortificazioni delle inclinazioni, ti ripeto molte volte questo insegnamento, e lo farò spesso in ciò che resta, perché la maggiore difficoltà della virtù è il morire a tutto ciò che è dilettevole e sensibile. Non puoi infatti essere strumento nelle mani del Signore, come sua Maestà vuole, se non cancelli dalle tue facoltà persino le immagini di ogni creatura, affinché non ritrovino ingresso nella tua volontà. Voglio sia per te legge inviolabile che, tutto ciò che è fuori di Dio, dei suoi angeli e dei suoi santi, sia per te come se non fosse. Questa deve essere la tua professione, perciò il Signore ti rende chiari i suoi segreti e t'invita alla sua familiare ed intima conversazione ed io alla mia, appunto perché tu senza sua Maestà né viva, né desideri alcuna cosa.

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    Da "La Vita della Madonna" secondo le contemplazioni della Beata Anna Caterina Emmerick

    Capitolo VII
    LA STRAGE DEGLI INNOCENTI


    100 - Le visioni di Anna Caterina Emmerick intorno ai preparativi di Erode per la strage degli Innocenti. 101 - Preghiera di Suor Emmerick nella ricorrenza della strage degli Innocenti: Dio salva un fanciullo per intercessione della Veggente. 102 - Anna e la sua ancella portano sostegni alimentari alla Sacra Famiglia - Preghiera in comune.

    100 - Le visioni di Anna Caterina Emmerick intorno ai preparativi di Erode per la strage degli Innocenti

    Sabato 10 febbraio 1821, Suor Emmerick si addormentò, dopo essere stata assai disturbata da preoccupazioni temporali relative all'abitazione. Si svegliò consolata perché aveva sognato un anziano e pio sacerdote di sua conoscenza che era venuto a confortarla.

    Questo sacerdote pio e saggio mi disse: "Non curarti di nessuna abitazione, ma pensa soltanto a tener puro il tuo cuore per ricevere degnamente il Signore quando Egli viene ad abitare in te. Quando Giuseppe giunse a Betlemme non cercò abitazione per sé ma piuttosto per Gesù, allora ripulì accuratamente la Grotta del Presepio". Inoltre aggiunse: "Quando l'Angelo esortò Giuseppe a fuggire con Gesù e con Maria Santissima in Egitto, egli non si curò di cercare un'abitazione ma partì immediatamente obbedendo al comando Divino".

    Lo scrittore, supponendo che l'estatica avesse anche quest'anno visioni relative alla fuga in Egitto, le domandò: "Giuseppe fuggì proprio in questo giorno in Egitto?". Lei rispose chiaramente: "No, il giorno in cui la Santa Famiglia fuggì corrisponde al nostro 29 febbraio".

    In merito all'età precisa di Gesù al tempo della fuga, ella disse:

    "Gesù poteva avere poco più di un anno; lo vidi giocare vicino ad un cespuglio di balsami durante una sosta".

    Un'altra volta Suor Emmerick disse di aver saputo che Gesù a quell'epoca aveva l'età di nove mesi.

    Domenica 25 febbraio.

    Vedo la Santa Vergine lavorare all'uncinetto e tessere abitini. Tiene assicurato alla coscia destra un piccolo rotolo contenente della lana, ed in mano ha due bastoncini che mi sembrano d'osso e che portano alle estremità degli uncinetti. Il Santo Bambino giace nella culla e la Madonna lavora seduta oppure in piedi, ma sempre vicino a Lui. Giuseppe invece lavora come artigiano: intreccia delle stuoie con fili di scorza d'albero. Con queste forma delle intere tavole che servono per montare letti. In una capanna vicino alla casa egli ha immagazzinato un gran numero di simili stuoie e le ha disposte l'una sull'altra. San Giuseppe lavora con molto amore, sulle stuoie vi scolpisce anche disegni raffiguranti stelle, cuori ed altre simili immagini. Egli è lontano dall'immaginare la prossima persecuzione e la fuga in Egitto. Anna viene quasi ogni giorno a visitare la Santa Famiglia. Ebbi la visione di Erode che faceva arruolare nuove guardie: gli arruolati ricevevano equipaggiamento e armi in un grande cortile. Portavano al braccio una specie di scudo a mezzaluna e impugnavano lance e sciabole corte assai larghe, simili ai nostri coltelli da macello. Avevano in testa l'elmo e molti portavano legacci intorno alle gambe.

    Lunedì 26 febbraio.

    Vidi Erode assai agitato e tormentato nell'animo, come quando i Magi lo avevano interrogato se conosceva il nuovo "re dei Giudei". Egli si consigliava con "i dotti delle sacre carte", i quali studiavano i sacri Scritti contenuti in lunghe pergamene assicurate a dei bastoni lunghissimi. Siccome non si riusciva a stabilire con precisione dove fosse nato il "futuro re", Erode diede l'ordine crudele di sopprimere con cautela tutti i fanciulli minori di due anni. I nuovi soldati, che appunto erano stati addestrati ed equipaggiati, furono inviati in diversi luoghi tra Gerusalemme e dintorni. La truppa più numerosa fu mandata a Betlemme. Credo che i soldati avessero ricevuto il compito di occupare i luoghi dove passavano le madri con i propri figli dirette a Gerusalemme. Questo veniva fatto per non agire direttamente nei centri abitati, perché il tiranno temeva eventuali sommosse popolari.

    Martedì 27 febbraio.

    I soldati di Erode, oltre Gerusalemme e dintorni, strinsero la morsa intorno ad Hebron, Betlemme e in un altro paese che si trova presso il mar Morto. Gli abitanti di queste zone furono atterriti.

    101 - Preghiera di Suor Emmerick nella ricorrenza della strage degli Innocenti: Dio salva un fanciullo per intercessione della Veggente

    Ieri sera Suor Emmerick si addormentò molto agitata; improvvisamente si alzò sul letto e, raggiante in volto, così esclamò:

    "Il povero fanciullo è salvo! Ho pregato molto finché la madre dopo averlo stretto a sé, ha rinunciato a gettarlo nella palude. Dio, come sono felice di ciò!".

    A queste parole, lo scrittore le domandò cosa avesse voluto dire; allora la mistica di Dulmen così proseguì:

    "Non molto lontano da qui, una ragazza sedotta voleva annegare il suo bambino appena nato. In seguito alle visioni sulla strage degli Innocenti ho pregato Iddio con molto fervore affinché non lasciasse morire alcun bambino senza battesimo. Quando fioriscono le rose nel giardino della Chiesa celeste bisogna coglierle sulla terra; Dio mi ha così esaudito, ed io sono stata d'aiuto a quella madre e a suo figlio".

    Il giorno seguente Suor Emmerick descrisse la visione in modo più comprensibile:

    "Il mio Angelo custode mi aveva condotto da una ragazza sedotta. Mi pare che fosse giunta nei pressi di una palude, a sinistra della strada che conduce a K.. Dopo aver messo alla luce il bambino lo pose nel grembiule e si avvicinò faticosamente alla palude, la cui superficie era piena di erba. Dietro a lei vidi una figura gigantesca ed oscura vestita di luce sinistra, credo che fosse uno spirito maligno. Appena avanzai, pregando ardentemente, la figura nera fuggì via. Frattanto la madre, dopo aver riabbracciato e benedetto il bambino, non ebbe più il coraggio di annegano. Era confusa e non sapeva cosa fare, pianse amaramente. Io, che ero giunta vicino a lei con lo spirito, la consolai e le suggerii di affidarsi al consiglio del suo confessore. Ella non mi vide ma il suo Angelo custode glielo riferì.

    102 - Anna e la sua ancella portano sostegni alimentari alla Sacra Famiglia - Preghiera in comune

    Martedì 27 febbraio.

    Oggi ho veduto Anna e l'ancella dirette a Nazareth. L'ancella portava un involto pendente al fianco, un canestro sul capo e un altro in mano. Erano panieri rotondi, di cui uno era trasparente e conteneva alcuni uccelli. Anna provvedeva ai bisogni di sua figlia poiché Maria non aveva sempre l'occorrente nella sua abitazione.

    Mercoledì 28 febbraio.

    Verso sera, vidi Anna e sua figlia maggiore vicino alla Vergine. Maria Heli aveva portato anche suo nipote, il primogenito di Maria di Cleofa; il fanciullo aveva quattro o cinque anni ed era assai robusto. Gesù era l'oggetto della loro tenerezza, se lo strinsero tutte al petto e poi lo passarono nelle braccia del fanciullo. Maria Heli abitava in un piccolo villaggio situato a circa tre ore di cammino da Nazareth, verso il sud. La sua dimora, come quella di Anna, era ben curata. Un cortile murato mostrava al centro un pozzo, l'acqua zampillava in un bacino di pietra manovrando un certo dispositivo al suolo. Suo marito si chiamava Cleofa; sua figlia, Maria (Cleofa), era maritata con un certo Alfeo ed abitava all'altra estremità del villaggio. Quando di sera le donne pregavano, alla parete veniva appoggiato un tavolo coperto di stoffa rossa e bianca sul quale si trovava un rotolo. La Vergine lo svolgeva e lo appendeva alla parete sopra il tavolo: allora si mostrava una figura dai colori chiari, era assai strana, sembrava un cadavere fasciato come un bambino e avvolto in un lungo mantello bianco. ll mantello copriva anche la testa della figura, che teneva qualcosa nella mano. Vidi quest'immagine già a casa di Anna, in occasione della cerimonia di commiato per l'ingresso al tempio di Maria Santissima. Allora questa figura, che pareva tenesse in mano un calice, mi richiamò alla mente Melchisedeck; un'altra volta mi parve raffigurasse Mosè. Mentre le donne pregavano alla luce di una lampada, io mi sentii vicino a loro. La Santa Vergine e la sorella stavano davanti ad Anna, avevano le mani raccolte sul petto e poi le allargavano. Maria Santissima leggeva lentamente, quasi sussurrando, da un'antica pergamena che svolgeva a poco, a poco. Il modo e il tono con cui intonavano le preci mi rammentava il coro soave del chiostro.

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    Predefinito Dai Discorsi di san Bernardo.

    In Nativitate SS. Innocentium, in PL 183, 129‑132.

    Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Dio, il Signore. e nostra luce (Sal 117, 26-27).
    Benedetto il tuo nome glorioso e santo (Dn 3, 52).
    Il Figlio di Maria non venne invano da noi, ma ha effuso il nome e la grazia della santità. Lui, il Santo, ha santificato Stefano, Giovanni e i santi Innocenti.
    Le tre feste che accompagnano la nativitá del Signore ci dispongono a perseverare nell'amore, grazie ad una celebrazione continua, e ci rendono più attenti ai frutti di questa natività. Notiamo infatti tre tipi di santità in queste tre feste, e non penso se ne possa trovare fra gli uomini un quarto, oltre a quei tre.
    In santo Stefano ammiriamo un martirio desiderato e consumato; in san Giovanni Il martirio è solo desiderato, e per i santi Innocenti è soltanto consumato. Tutti bevvero al calice della salvezza, ma in maniera diversificata: spiritualmente, corporalmente oppure in ambedue i modi.

    Qualora uno dubiti della gloria dei santi Innocenti, non crederà neppure che appartengano ai figli di adozione quanti sono rigenerati in Gesù Cristo: soltanto una simile supposizione può rifiutare la corona del martirio a quei bambini massacrati per Gesù Cristo.Il Figlio di Dio è nato per noi, non contro di noi. Non possiamo lasciare che ci sfiori il dubbio in ordine al suo disegno di felicità per noi tutti, quindi anche per quelle creaturine. Come Cristo avrebbe potuto tollerare che quei bambini, suoi coetanei, fossero trucidati quando a impedirlo bastava un solo moto della sua volontà, se quella morte non fosse stata per essi la sorgente di un maggior bene? Nell'antica legge era sufficiente la circoncisione, perché i bambini fossero salvati, senza il minimo concorso della loro volontà. Quanto più nella nuova legge il battesimo del martirio basta a farne dei santi!

    Se mi domandate in che consista il merito dei santi Innocenti, per ricevere da Dio la beatitudine, vi dirò: "Domandate a Erode che crimine avevano commesso per venir massacrati". Credete forse che la bontà di Cristo sia inferiore alla crudeltà di Erode? Se quest'ultimo poteva far perire degli innocenti, non pensate che Cristo poteva incoronare quelli che avevano sostenuto il marti rio al suo posto? Stefano è martire agli occhi degli uomini perché la sua passione si presenta come volontaria, soprattutto nell'ultima ora, quando i suoi carnefici gli stanno più a cuore della propria vita. Egli supera la sofferenza fisica con un'affettuosa compassione, giacché prova maggior dolore per il delitto dei suoi persecutori che per lo strazio delle proprie ferite. Giovanni è martire agli occhi degli angeli, perche quei puri spiriti scorsero più chiaramente di noi le connotazioni spirituali della dedizione dell'apostolo. Ma questi bambini, o mio Dio, sono i tuoi martiri, giacché né gli uomini né gli Angeli trovano in essi un qualche merito. In loro brilla soltanto l'opera della tua grazia divina.

    O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza con la bocca dei bimbi e dei lattanti (Sal 8, 2‑3). Ma dove sta il volere in questi bambini? Gli angeli certo dissero ai pastori: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volantà (Lc 1, 14). Eppure, oso affermarlo: la lode non sarà perfetta e compiuta se non nel tempo in cui tornerà tra di noi colui che ha detto: Lasciate che i bambini vengano a me perché di questi è il regno dei cieli (Mt 19, 14). Allora il sacramento della sua misericordia darà la pace agli uomini senza il minimo coinvolgimento della loro volontà. Rendiamo grazie al nostro buono e munifico Salvatore, fratelli, perché egli cerca ogni occasione e ogni possibilità per procurare salvezza agli umani. Il suo amore è tale che egli si rallegra di trovare in alcuni l'opera e la volontà, in altri la volontà senza l'opera e in altri ancora l'opera senza la volontà. Vuole infatti che tutti gli uomini siano salvati e giungano a conoscerlo. Questa e la vita eterna: che conoscano te. l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. il auale con te è un solo e vero Dio, Benedetto nei secoli.

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    Predefinito Omelia attribuita a sant'Agostino

    Sermo Casinensis, 3, 38, in PLS II, 1321‑1323. Di questa omelia, proveniente dal codice Cassinense 117, la critica finora ha potuto soltanto dire che si tratta di un testo antico.

    Erode voleva sopprimere un bambino solo, ma ne fece entrare centoquarantamila in paradiso. Il bambino risparmiato, causa del massacro,doveva un giorno salvare una moltittudine di uomini con il suo sacrificio. Per quel primogenito gli innocenti perirono di spada, ma per il peccato del mondo proprio quel bambino si lascerà appendere alla croce. La morte degli innocenti riempi il cielo, la morte dell'Unigenito svuotera l'inferno. Questo Re ha introdotto gli innocenti in una luce invisilbile all'occhio umano, e ha illuminato con il suo fulgore le tenebre degli inferi. Gli angeli esultano per i loro nuovi compagni, ma i demoni tremano per un arrivo cosi glorioso, domandandosi a vicenda: Chi è mai costui, uscito con tanto onore dal mondo? Vi è gioia in cielo per quelle anime luminose, ma vi è pianto per i demoni all'inferno, i cui chiavistelli sono spezzati. Gli angeli esultano di avere ricevuto in cielo un esercito tanto glorioso ma i demoni gemono di vedere (Sal 117, 26-27) l'inferno svuotato a tal punto da un uomo solo.

    I santi innocenti ottennero la vita eterna dopo una breve morte. Cristo ha donato la vita a una moltitudine, dopo aver conosciuto la morte durante tre giorni. Morendo per tutti, egli ha loro concesso la vita definitiva, permettendo a quei numerosi fanciulli di rallegrarsi in cielo e di gioire nella gloria dell'Agnello. Fra di loro l'Agnello esulta, lui che fu sospeso alla croce per la salvezza del mondo. O infanzia beata la vostra, santi innocenti! Avete sparso il sangue per Cristo prima di poter commettere la colpa. Dolce martirio il vostro! L'avete subito per Cristo. 0 santa infanzia! Avete ottenuto la gloria senza penare a lungo sulla terra. Come esprimere la vostra beatitudine? Avete ricevuto la morte al posto di Cristo.

    Il vostro martirio supera tutti gli altri, o santi innocenti, perché Cristo vi consegna la palma insieme con la corona. Siete stati rivestiti della veste candida senza passare per il lavacro del battesimo. Il sangue sparso e consacrato vi bastò per battesimo: foste immolati come vere vittime per Cristo Gesù. Desideriamo vedervi, o santi innocenti, non perché lo meritiamo, ma perché lo vogliamo. Chiedete al Signore che ci sia data la capacità di ascoltare degnamente il vostro cantico di lode. Questi fanciulli hanno meritato la patria del cielo appena usciti dal grembo materno. Se l'età ce lo consente, imitiamo questi neonati incoscienti che una morte gloriosa condusse nel Regno dei cieli. Non possiamo morire di spada per Cristo: almeno mortifichiamo il male in noi. Dopo aver peccato davanti a Dio, cancelliamolo con la conversione. Se la spada non può più farci morire per lui, impegnamoci nel bene per vivere alla presenza di Dio.

    Vivete nella santità, fratelli, perché l'uomo che si riconosce peccatore guarisca grazie alla penitenza e non vada in perdizione. Anche se scorgete in voi solo un pulviscolo di malizia, badate di non perdere la patria del cielo per esili colpe: non sapete che anche senza peccati da piangere, c'è da conquistare la vita e il regno? Questi santi martiri erano innocenti, eppure acquistarono col proprio sangue la vita del cielo. Essi ottennero la corona del martirio, a prezzo della spada; però anche a noi oggi è offerta la gloria del martirio, in una forma invisibile e interiore. Possiamo davvero consumare tale martirio, fratelli miei, se amiamo gli amici in Dio e i nemici a motivo di Dio, facendo loro quanto desideriamo sia fatto a noi. Il Signore dice appunto nel vangelo: Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro (Lc 6, 31).

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    Pieter Paul Rubens, Massacro degli Innocenti, 1611-12, National Gallery, Londra (prossimamente trasferito alla The Art Gallery of Ontario, Toronto)

 

 
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