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email ki m'est arribada in sa lista de s'unibersidadi de colònia:

Il pregio del pluralismo
Un sardo letterario con due varianti
Massimo Pittau
Apprezzo molto l'articolo intitolato "Sa limba in ufficio" di Francesco
Cesare Casula, (pubblicato il 3 novembre) e non soltanto per le cose dette, ma
anche per la chiarezza e la sintesi con cui le ha sapute dire. Ho conosciuto
personalmente Max Leopold Wagner, maestro della Linguistica sarda, e con lui
sono stato in rapporti epistolari negli ultimi 10 anni della sua vita. Egli
aveva fatto la recensione laudativa di due miei libri ed inoltre mi ha citato
spesso nel suo capolavoro, il Dizionario Etimologico Sardo, chiamandomi
perfino «l'amico Pittau». In precedenza io avevo dedicato proprio a lui uno
dei miei libri più importanti scritti sul sardo.
Ebbene, nonostante questa amicizia lunga e consolidata, da quando è
sorta la "questione della lingua sarda" io mi sono convinto che al grande
maestro si deve pur muovere un forte rimprovero: egli non ha mostrato mai una
sufficiente attenzione per la lingua che i poeti sardi adoperano, sia quelli
che si esprimono in logudorese sia quelli che si esprimono in campidanese. Il
Wagner, per le stesse precise esigenze della ricerca sul campo che effettuava,
in realtà ha finito con lo studiare quasi esclusivamente i vari dialetti e
suddialetti sardi, mentre ha trascurato quasi del tutto la lingua letteraria,
per la ragione fondamentale che questa lingua, a suo parere, è carica di
cultismi (latini) e di forestierismi (catalani, spagnoli e italiani). Sta di
fatto però che pure le altre lingue letterarie neolatine (italiano, spagnolo,
catalano, francese e rumeno) sono anch'esse cariche di cultismi e di
forestierismi e ciononostante vengono dai linguisti e dagli storici della
letteratura accettate e studiate come tali; ragion per cui non trova alcuna
giustificazione il disinteresse che il Wagner ha manifestato per le due
varietà dialettali letterarie, il logudorese e il campidanese. Nel II volume
Italiano-Sardo del mio Dizionario della Lingua Sarda - fraseologico ed
etimologico, uscito di recente, con tutta tranquillità ho fatto entrare
numerosi cultismi e forestierismi sardi, che invece il Wagner aveva
tralasciato del tutto.
Dunque la lingua sarda esiste realmente come lingua letteraria, anche se
espressa in due varietà fondamentali, il logudorese letterario ed il
campidanese cittadino, ciascuna delle quali risulta ormai del tutto
standardizzata e anche fortemente unificata nel suo rispettivo ambito.
Ma questa lingua sarda bimembre - obietteranno sia i fanatici della
"unificazione" a tutti i costi sia i nemici tout court del recupero e del
rilancio della lingua sarda - non è la "lingua sarda unificata". E che
significa questo? Anche gli antichi Greci, nel periodo del pieno fulgore della
loro civiltà, non avevano né adoperavano una "lingua greca unificata", bensì
facevano uso di quattro o cinque varietà dialettali (eolico, ionico, dorico,
attico, ecc.), ciascuna carica di autorevolezza e ciascuna comprensibile da
tutti i Greci. Se i Greci non si sono sentiti mai a disagio, né hanno provato
un complesso di inferiorità per il fatto che la loro lingua greca in realtà
era distinta in quattro o cinque varietà dialettali, perché noi Sardi dobbiamo
sentirci a disagio e provare un senso di inferiorità per il fatto che la
nostra lingua è distinta in due grandi varietà letterarie? Ed aggiungendovi
pure la varietà gallurese-sassarese, in realtà noi Sardi attuali ci troviamo
in condizioni migliori di quelle degli antichi Greci quanto ad "unità" del
loro e del nostro linguaggio. Eppure, col loro pluralismo dialettale i Greci
hanno creato la loro splendida civiltà, quella che ha dato inizio all'intera
civiltà occidentale, quella di cui adesso noi andiamo giustamente orgogliosi.