User Tag List

Pagina 1 di 8 12 ... UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 72
  1. #1
    cattolico refrattario
    Data Registrazione
    14 Oct 2002
    Località
    Modugno - Terra di Bari -
    Messaggi
    2,838
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Introduzione al revisionismo

    Che cos'è il revisionismo?
    La parola "revisionismo" viene dal vocabolo latino "revidere" - riesaminare. Il riesame di teorie tradizionali è qualcosa di completamente normale, e cioè tanto nelle scienze naturali e nella tecnica quanto nelle scienze sociali, a cui appartiene la ricerca storica. La scienza non è uno stato, ma un avvenimento, cioè l'acquisizione di nuove conoscenze per mezzo della ricerca di prove. Se -per mezzo della continua ricerca- si trovano nuove prove o se -da parte di ricercatori critici- si scoprono errori in antiche dimostrazioni, ciò conduce spesso a modifiche di vecchie teorie e a volta perfino a doverlemandarle al macero.

    Con l'espressione "revisionismo" s'intende perciò il metodo di riesaminare criticamente e sotto la lente d'ingrandimento vecchie teorie e vecchie affermazioni scientifiche, di riesaminare le loro conclusioni, e d'investigare se nuove prove possibilmente confutino o modifichino tesi e idee tramandate. Il tentativo di riesaminare e di confutare tesi e concetti tramandati è una parte integrante della scienza. Solo là dov'è permesso esporre certe affermazioni e teorie ai più duri tentativi di confutazione, si può controllare quanta verità è contenuta in queste affermazioni e teorie, e quindi avvicinarsi alla verità.

    http://vho.org/GB/c/NordbruchNZZ120699.html

    Perchè il "revisionismo storico"?
    Anche le nostre opinioni sulla storia vengono investigate sempre più criticamente se si trovano nuove prove. Le tesi della ricerca storica hanno bisogno d'essere riesaminate in modo particolarmente critico in due casi, e cioè:

    se si ha da fare con fatti che son successi molto tempo fa e sui quali esistono solo poche prove;
    se si tratta di avvenimenti degli ultimi anni, cosicchè la nostra opinione su di essi può avere un grande influsso politico sul nostro mondo attuale.
    Nel primo caso nuove prove, anche se poche, possono mandare a gambe in aria intere immagini della storia. Per esempio, si riesamina attualmente la vecchia opinione che l'America sia stata colonizzata dagli europei solo da qualche secolo. Ritrovi archeologici dimostrano manifestamente non solo che i vichinghi hanno raggiunto l'America già verso il decimo secolo, ma anche che uomini con connotati europei vivevano lì già circa 10.000 anni fa [vedere per esempio l'articolo di John Nugent, "Who were the real indigenous peoples of America?" (Chi erano i veri primitivi dell'America?).

    http://www.vho.org/VffG/1999/4/Nugent386-390.html

    Nel secondo caso vale, per esempio dopo le guerre, il vecchio proverbio che il vincitore scrive la storia, e i vincitori scrivoro la storia raramente in modo obbiettivo. Il riesame dell'interpretazione degli avvenimenti storici distorta dalle potenze vittoriose è spesso possibile solo se non c'è più nessuno scontro tra vincitori e vinti. Ma la cosa può durare anche secoli. Dato che la ricerca storica non ha praticamente nessuna importanza per l'economia liberale, press'a poco tutti gli istituti di ricerca storica del mondo vengono finanziati dai loro paesi. Non c'è quasi nessun istituto libero ed indipendente. Particolarmente nel campo della storia contemporanea, dove ogni governo ha massicci interessi politici, si dovrebbe perciò essere fondamentalmente diffidenti di fronte alle decisioni sulla scrittura ufficiale della storia, poichè, come dice il vecchio proverbio tedesco, "io mangio proprio di pan il filone di chi intono la canzone"! Perciò il riesame critico, dunque il revisionismo, è così importante per la storia recente - e nello stesso tempo tanto malvisto dai potenti di questo mondo!



    Finora si credeva che l'America fosse stata colonizzata dal genere umano solo da 20.000 anni. Recentemente però si son trovati oggetti che potrebbero rimontare a 250.000 anni fa, vedere il resoconto di V. Steen-McIntyre.
    http://www.vho.org/VffG/1999/4/Steen379-386.html

    Perchè il revisionismo (o riesame dell'olocausto)?
    L' olocausto non è un affare di fede, ma fa parte della storia, e soggiace quindi alle regole della ricerca storica proprio allo stesso modo di tutti gli avvenimenti storici. Anche le nostre opinioni sull'olocausto debbono quindi poter sopportare una ricerca critica. E se, in considerazione di nuove prove o anche solo per il motivo che vecchie prove ed affermazioni risultino false, o che si mostri necessaria una modifica del nostro modo di vedere, ne deve risultare una tale modifica. Dato che non può mai essere moralmente riprovevole esser critici di fronte ad un'affermazione scientifica e cercare di confutarla, non può essere nemmeno riprovevole avere un approccio critico e diffidente con le nostre immagini dell'olocausto -finchè ciò avviene in spirito obbiettivo e finchè lo scetticismo è fondato.

    La maggioranza della gente sa che i potenti di questo mondo e in particolare i potenti in Germania non amano un punto di vista critico di fronte all'olocausto, punendolo perfino duramente. Qui si dimostra ciò che è stato esposto alla domanda n.2: i potenti della nostra epoca hanno manifestamente un massiccio interesse politico nel mantenere la nostra immagine dell'olocausto adoperando ogni coercizione statale. Un motivo ne sono massicci interessi politici e finanziari di certi gruppi confessionali, come li ha dettagliati esaurientemente il politologo statunitense Prof. N.G.Finkelstein nel suo libro "The Holocaust Industry" (L'industria dell'olocausto). Questo libro può essere solo raccomandato urgentemente alla lettura generale. Rispetto alle diffusissime invenzioni e distorsioni riguardo all'olocausto il Prof. Finkelstein deplora persino che in questo campo non ci siano più scettici! Anche il Prof. Raul Hilberg, noto ricercatore su questo argomento, fa intendere ripetutamente che la superficialità (http://www.vho.org/GB/Books/Giant/Chapter10.pdf) e la mancanza di controlli di qualità (http://www.vho.org/D/Beitraege/HilbergBZ040900.html) sono i problemi principali nelle ricerche sull'olocausto. Si ricercano dunque d'urgenza degli scettici!

    Non ne va però solo degli interessi di certi gruppi confessionali, ma anche dell'ordine del dopoguerra creato dagli alleati, ordine la cui credibilità dipende dall'immagine degli avvenimenti storici imposta dai vincitori. In questa immagine della storia l'olocausto è una tessera di mosaico posta in posizione centrale. Inoltre ne va anche dell'egemonia politica e culturale di circoli d'orientamento internazionalistico o egualitario a cui l'immagine generalmente accettata dell'olocausto è veramente la benvenuta nella lotta contro ogni tentativo d'indipendenza etnica, regionale o nazionale in Asia, Arabia, Africa, America del Sud o Europa. Poichè in fin di conto i movimenti d'indipendenza nazionale presuppongono il nazionalismo, e questo è notoriamente cattivo, dato che si dice abbia condotto già una volta alle camere a gas di Auschwitz...

    Inoltre molti politici tedeschi sanno esattamente che la Germania sarebbe terribilmente posta sotto pressione da parte dell'estero se si tollerasse un punto di vista critico di fronte all'olocausto, anche solo ai suoi inizi. E finalmente è in gioco anche la credibilità di tutti quelli che si sono organizzati il loro mondo sotto la stella polare dell'olocausto e che anche se solo dubitassero andrebbero incontro moralmente e socialmente ad una totale bancarotta. Sono perciò anche semplicissimi motivi psicologici ed egoistici che rendono impossibile a molti intellettuali il solo dubitare del proprio modo di vedere le cose.

    È però del tutto insignificante avere un atteggiamento pro o contro l'interzionalismo o l'egualitarismo o pensare qualsiasi cosa degli intrighi e degli umori dei potenti e delle sfere d'influenza politica. Il fatto è che ci sono oggi molti gruppi enormemente potenti che vogliono impedire a ogni costo un approccio critico con l'olocausto. In scala mondiale è proscritto dubitare dell'olocausto. Nei paesi di lingua tedesca lo si punisce di molti anni di reclusione (§130, capoverso 3 del codice penale tedesco, §3h della legge austriaca dei divieti, §216bis del codice penale svizzero.
    http://gesetze.2me.net/stgb/stgb0220.htm) Questo solo dovrebbe già rendere diffidente ogni persona che rifletta in modo critico e farle fare la domanda sul perchè i potenti di questo mondo hanno bisogno tanto urgentemente dell'attuale immagine dell'olocausto.

    A questo proposito citiamo il parroco cattolico Viktor R.Knirsch di Kahlenbergerdorf (Austria)
    http://www.vho.org/D/ffh/Vorspann.html





    "È diritto di chi cerca la verità poter dubitare, ricercare e soppesare. E dovunque si proibisca questo dubitare e soppesare, dovunque la gente reclami che le si debba credere, è evidente un'alterigia bestemmiatrice che fa riflettere. Se ora quelli, di cui mettete in dubbio le tesi, hanno la verità dal loro lato, essi accetteranno serenamente tutte le domande e risponderanno pazientemente. E non nasconderanno più a lungo le loro prove e i loro documenti. Se però essi mentono, allora faranno appello alla giustizia. In questo li si riconoscerà. La verità è sempre serena. La menzogna invece grida giustizia terrena."

    E in conclusione ancora un'altra interessante riflessione: Nel loro annuncio pubblicitario in vista d'ottenere doni per la costruzione del monumento in ricordo dell'olocausto Lea Rosh profetizza, in relazione a quanti asseriscono che non c'è mai stato nessun olocausto:

    "'l'olocausto non c'è mai stato'
    Ci sono sempre ancora molti che lo asseriscono. Tra 20 anni saranno ancora di più.
    Donate perciò per il monumento in memoria degli ebrei d'Europa assassinati."

    Ci sono buone ragioni per i presentimenti di Lea Rosh. Le nostre conoscenze su ogni normale avvenimento storico aumentano infatti con l'andar del tempo. E questo non forse per un motivo qualsiasi, malgrado la circostanza che muoiano i testimoni di quell'avvenimento, ma in certo modo perfino perchè muoiono quelli che vi hanno partecipato. Poichè coloro che sono intervenuti con la propria presenza attiva in avvenimenti storici hanno sempre anche interessi personali e le loro descrizioni son perciò spesso distorte. Vincere questa tendenza alle distorsioni è spesso solo possibile se non si deve avere nessun riguardo a queste persone e ai loro lobby, specialmente se si tratta di persone o istituzioni influenti.

    Se dunque è giusta la dichiarazione che tra vent'anni saranno ancor più numerosi quelli che sono del parere che "l'olocausto non c'è mai stato", allora ci debbono essere ragioni che non si trovano in loro ma nelle nostre crescenti conoscenze sull' "olocausto" e nello svanire dell'influsso di quelle persone e di quei gruppi di potere che hanno forti interessi non obbiettivi riguardo al modo di scrivere la storia dell'olocausto.

    Sarebbe per esempio proprio assurdo asserire che, solo perchè son morti tutti coloro che hanno partecipato alle uccisioni in massa durante la rivoluzione francese, il numero di coloro che dubitano di questi assassini crescerebbe sempre più. La nostra conoscenza degli avvenimenti storici non dipende appunto dai testimoni ancora in vita ma si rivela attendibile proprio quando viene alla luce senza di loro. I dubbi su date opinioni su certi avvenimenti storici son sempre aumentati solo quando ci son state solide ragioni obbiettive per giustificarli.



    Che cosa s'intende per "olocausto" o "shoah"?
    Per olocausto (parola greca che significa cremazione completa d'animali sacrificati), o anche shoah (parola greca che significa catastrofe), s'intende l'annientamento quasi completo e violento d'un gruppo umano ben definito, in questo caso degli ebrei che si trovavano nella sfera di potere del Terzo Reich. Non ne fanno parte la privazione dei propri diritti, le espulsioni e le deportazioni come anche gli arresti in vista d'esecuzione di lavoro forzato, cose cioè che sempre sono esistite ed esistono, poichè da tutto ciò non consegue per forza un tentativo di genocidio del gruppo umano colpito dalle suddette misure. Certo, davanti a tutti si desta spesso l'impressione che già la privazione dei propri diritti faccia parte dell'olocausto, ma se fosse così si dovrebbero considerare già come parti d'un olocausto la privazione dei propri diritti dei palestinesi in Israele e nei territori occupati dagli israeliani o la mancanza (parziale) di diritti degli indiani e dei neri negli Stati Uniti fino nella metà del ventesimo secolo

    L'immagine storica vigente dell'olocausto degli ebrei è caratterizzata dai punti seguenti:

    La volontà del regime nazista di perpetrare il genocidio degli ebrei;
    Un piano del governo nazista in vista del suddetto genocidio;
    Un'organizzazione statale e un bilancio in vista dell'esecuzione di questo piano;
    Armi o metodi d'uccisione in massa d'alta tecnologia in vista del raggiungimento di questo scopo, e qui hanno un ruolo speciale le camere a gas destinate ad uccidere esseri umani, come anche le fucilazioni in massa dietro il fronte russo;
    Tecniche d'eliminazione dei cadaveri, cioè crematoi o roghi con sufficiente capacità e sufficiente combustibile.
    Le pretese uccisioni in massa nelle camere a gas a rapido effetto, come anche, subito dopo, l'incenerimento dei cadaveri nei crematoi, dunque un assassinio in massa, a catena di montaggio, progettato a sangue freddo e condotto a termine, sono designati come "unici" e fanno risaltare l'olocausto su tutto ciò che c'è stato finora nella storia dell'umanità.

    Che cosa afferma il revisionismo (o riesame dell'olocausto)?
    A motivo di false descrizioni fatte in pubblico occorre innanzi tutto una rettifica di ciò che il revisionismo (o riesame dell'olocausto) non afferma:

    Non afferma che non ci sia stata nessuna persecuzione degli ebrei;
    Non afferma che non ci sia stata nessuna privazione dei diritti degli ebrei;
    Non afferma che non ci sia stata nessuna deportazione degli ebrei;
    Non afferma che non ci sia stato nessun ghetto ebreo;
    Non afferma che non ci sia stato nessun campo di concentramento;
    Non afferma che non ci sia stato nessun crematoio nei campi di concentramento;
    Non afferma che non ci sia stato nessun ebreo morto per molte ragioni;
    Non afferma che non sia stata perseguitata nessun'altra minoranza, come gli zingari, i testimoni di Geova, gli omosessuali, e i dissidenti politici
    e infine non afferma che le azioni suddette non siano state ingiuste.
    Tutte queste azioni ingiuste del regime nazista non son messe in dubbio dal revisionismo (o riesame dell'olocausto). Agli occhi dei revisionisti esse non hanno però niente da fare con l'olocausto, inteso come uccisione in massa progettata e tecnicizzata, soprattutto con l'aiuto delle camere a gas, vedere domanda n°4.

    I revisionisti affermano invece:

    Non c'è stato nessun ordine del governo nazista di perpetrare il genocidio fisico degli ebrei (vedere R. Widmann);
    Non c'è stato nessun piano del governo nazista in vista del suddetto genocidio;
    Raul Hilberg

    Non c'è stata nessuna organizzazione statale e nessun bilancio in vista dell'esecuzione di questo preteso piano (è classico vedere su di ciò il più prominente ricercatore -su scala mondiale- R. Hilberg: « Ma ciò che cominciò nel 1941 non era nessun tentativo di genocidio [degli ebrei], pianificato in anticipo e organizzato da un ufficio centrale . Non c'è stato nessun piano e nessun bilancio per questi provvedimenti di genocidio. Essi [questi provvedimenti] ebbero luogo facendo un passo dopo l'altro, eseguendo un provvedimento dopo l'altro. Ciò accadde perciò non certamente eseguendo un piano ma per un'incredibile coincidenza d'intenzioni, una concordante lettura nei pensieri altrui d'una burocrazia [tedesca] di ben grande portata.»
    In lavori di ricerca dettgliati sugli ex-campi di concentramento tedeschi si è mostrato: non c'è stata nessun'arma o nessun metodo d'alto sviluppo tecnico per le pretese uccisioni, e soprattutto nessuna camera a gas destinata all'uccisione d'esseri umani (vedere a questo proposito G. Rudolf, J. Graf; Mattogno, C. Mattogno, F. Berg). Anche i resoconti di fucilazioni in massa dietro il fronte russo sono per lo meno molto esagerati e tolti dal loro contesto (vedere a questo proposito H. Tiedemann e G. Rudolf/S. Schröder);
    Non c'è stata nessuna tecnica e nessun combustibile sufficiente con cui le pretese quantità gigantesche di cadaveri si sarebbero potute eliminare; la capacità dei crematoi esistenti non bastava per incenerare le vittime di iponutrizione, malattie ed epidemie (vedere su di ciò le ricerche di C. Mattogno e A. Neumaier).
    Non c'è nemmeno nessun documento che dimostri l'esistenza di camere a gas destinate ad uccidere esseri umani (vedere su di ciò G. Rudolf e W. Rademacher), e nemmeno tracce materiali delle pretese uccisioni in massa (vedere i rinvii incrociati dati ai punti 4 e 5, R. Krege come anche J.C. Ball (anche qui)). Tutte le "prove" riposano soltanto su deposizioni di testimoni dei quali è sufficientemente noto che non sono affidabili nella questione dell'olocausto (vedere F. Faurisson, M. Köhler e J. Graf).
    Malgrado massicce attività, di servizi segreti, di gruppi di resistenza e di partigiani, nei territori occupati dai tedeschi, anche e proprio nelle vicinanze dei campi di concentramento tedeschi, tutti i nemici della Germania nella seconda guerra mondiale si comportarono come se non ci fosse stato nessun tentativo di genocidio degli ebrei. Solo dopo la sconfitta della Germania, quando il governo tedesco non poteva opporre nessuna contraddizione, si sentì parlare di aspri giudizi di biasimo per preteso tentativo di genocidio. (vedere A. Butz)
    Ricerche statistiche esatte sulla popolazione di fede ebraica viventi nel mondo mostrano chiaramente che le sue perdite durante la seconda guerra mondiale neppure approssimativamente ammontano a sei milioni d'individui. La vera cifra si trova probabilmente ben al di sotto del milione d'individui (vedere su di ciò le ricerche di W.N. Sanning and G. Rudolf)

    http://www.vho.org/VffG/1997/2/Faurisson2.html
    http://www.vho.org/GB/Books/trr
    http://www.vho.org/D/Majdanek/index.html
    http://vho.org/GB/Books/dth/fndMattogno.html
    http://www.vho.org/D/Stutthof/index.html
    http://www.vho.org/GB/Books/dth/fndieselgc.html
    http://www.vho.org/GB/Boosk/dth/fndbabiyar.html
    http://www.vho.org/VffG/1999/2/Rudol...er145-153.html
    http://www.vho.org/GB/Books/dth/fndcrema.html
    http://www.vho.org/GB/Books/dth/fndtreb.html
    http://www.vho.org/GB/Books/trr
    http://www.vho.org/VffG/2000/3/Radem...30-344.html#SB
    http://www.vho.org/VffG/2000/1/Krege62-64.html
    http://www.air-photo.com/
    http://www.vho.org/GB/Books/dth/fndwitness.html
    http://www.vho.org/GB/Books/dth/fndvalue.html
    http://www.vho.org/D/atuadh/index.html
    http://www.vho.org/GB/Journals/JHR/3/4/Butz371-405.html
    http://www.vho.org/D/da/index.html
    http://www.vho.org/GB/Books/dth/fndstats.html

    Ma che cosa ne è delle molte foto di montagne di cadaveri nei campi


    Foto di morti per tifo in una fossa comune del campo di concentramento di Bergen Belsen, presa dalle truppe britanniche.

    L'immagine qui sopra d'una fossa comune del campo di concentramento di Bergen-Belsen è un rappresentante tipico di tutta una serie di simili foto. Queste foto vengono mostrate alla televisione o senza commenti o però con l'affermazione, che trae in inganno, che queste siano vittime dell'olocausto. Ma in realtà si tratta di vittime di epidemie, per la grande maggioranza dei morti che si trovarono alla liberazione dei campi di concentramento alla fine della guerra. Ciò risulta già dallo stato dei cadaveri. Se le vittime fossero state assassinate, esse non sarebbero dimagrite completamente. Se fossero morte di fame, avrebbero avuto edemi dovuti alla fame, articolazioni gonfie e ventri gonfi d'acqua. I medici riconoscono alla vista di queste foto che si tratta in questo caso di vittime d'un'epidemia tifoide.

    Del resto tali foto vengono soltanto dai campi di concentramento occidentali (per esempio Dachau, Bergen-Belsen, Buchenwald), dove non c'è più nessuno storico serio che al giorno d'oggi asserisca ci sia stato un tentativo di genocidio (vedere M. Weber). Ma dai campi di concentramento dove oggi si asserisce ci sia stato un tentativo di genocidio (Auschwitz, Treblinka, Belzec, Sobibor, Chelmno, Majdanek) non c'è venuta nessuna foto di questo genere. Tutti questi campi di concentramento si trovano in regioni che caddero sotto controllo sovietico alla fine della guerra. I sovietici non pubblicarono però nessuna foto di montagne di cadaveri o di fosse comuni e non permisero nemmeno a nessun giornalista, medico o esperto in altri campi di esaminare qualsiasi oggetto, sulla qual cosa si potrebbe scrivere all'infinito. Dalla fine degli anni 80 i revisionisti esaminano i luoghi dove si pretende ci siano stati assassini, ma ne vengono impediti dalle autorità del luogo con tutti i mezzi.

    Probabilmente per mancanza di altre foto continua ancora ad accadere che le vittime della fame, del tifo o d'altre cause a causa di'alimentazione insufficiente e di mancanza d'igiene nei campi di concentramento occidentali verso la fine della guerra siano rappresentate come vittime d'un assassinio in massa premeditato. In realtà le condizioni dei campi di concentramento alla fine della guerra, che sembravano infernali agli imparziali spettatori alleati, davano l'impressione che in questi campi di concentramento fossero state perpetrate uccisioni in massa premeditate, di modo che i primi resoconti degli alleati sembrarono abbastanza chiari. Queste condizioni furono però provocate da circostanze che non dovevano essere giustificate dal solo governo del Reich: verso la fine della guerra Himmler aveva ordinato -certo senza buon senso- d'evacuare verso l'interno del pase i campi di concentramento vicini al fronte, la qual cosa rese disperatamente sovraffollati i campi di concentramento rimasti. Contemporaneamente, a causa dei bombardamenti terroristici crollò l'intera infrastruttura del Terzo Reich, e così anche i rifornimenti sanitari, medici e alimentari dei campi di concentramento sovraffollati.

    Il rispettato storico di sinistra Norbert Frei ha riassunto come segue il fatto che le montagne di cadaveri nei campi di concentramento liberati siano stati interpretate innanzi tutto dagli americani in modo completamente falso (Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte, 35 (1985) p.400):

    "Lo shock delle scoperte condusse spesso a conclusioni che in seguito si rivelarono in parte come tenaci pregiudizi.»

    Naturalmente un governo che rinchiuda in campi di concentramento esseri umani, è responsabile di questi uomini in tutte le circostanze. Uomini rinchiusi a torto erano perciò anche allora vittime del Terzo Reich se "solo" fossero state vittime d'un'epidemia. Certo non si può non notare in questo caso che l'intera Germania era alla fine della guerra un gigantesco ammasso di montagne di cadaveri: nelle città tedesche ci furono 600.000 vittime a causa dei bombardamenti degli alleati; dappertutto infierivano fame ed epidemie, di cui furono vittime milioni fino alla fine del 1949; in Germania dell'Est e nella Repubblica Ceca ci furono tre milioni di vittime tedesche assassinate da serbi, cechi, polacchi e russi, durante le loro espulsioni; nei campi di concentramento dei vincitori occidentali vegetarono milioni di giovani tedeschi, e di questi circa un milione perì; innumerevoli centinaia di migliaia furono strascinate dai sovietici ai lavori forzati dei loro gulag, la maggior parte con un addio per sempre. Nei mezzi di comunicazione si mostra però solo una specie di cadaveri, e cioè quelli dei campi di concentramento. Ognuno si domandi perchè.

    La dignità e il rispetto che rendiamo alle vittime di tutti i delitti può però dipendere dalla loro nazionalità?

    Ma si fa una differenza se le vittime sono morte a causa d'epidemie o nelle camere a gas?
    Dal punto di vista della vittima e della sua sofferenza personale non c'è in linea di principio nessuna differenza. Si potrebbe perfino alzare la dichiarazione ancora di più dicendo che è meno spiacevole morire presto d'una dose eccessiva di veleno piuttosto che lentamente d'un'epidemia. Ma nelle considerazioni presenti non si tratta dell'intensità della sofferenza delle vittime, che nessuno mette in dubbio.

    Ne va qui innanzi tutto dell'esattezza storica di ciò che è stato costatato, e quindi naturalmente della responsabilità morale dei colpevoli o del "popolo colpevole" tedesco e delle conseguenze che ne risultano. Dal punto di vista dello storico come anche del colpevole c'è certamente una differenza gigantesca, se un uomo fu vittima d'un'epidemia che non si poteva impedire o vittima d'un tentativo di genocidio pianificato ed eseguito industrialmente in mattatoi chimici d'uccisione in massa sviluppati specialmente a questo scopo. Ci sono sempre state nella storia dell'umanità epidemie, carestie catastrofiche ed altre specie di morti su larga scala a causa di trattamenti ingiusti e di sbagliate pianificazioni o sconfitte politiche e/o militari.

    Qui ne va dell'unicità storica, e innnanzi tutto morale, del delitto di tentativo industriale di genocidio di una determinata popolazione. Per questo delitto unico son resi responsabili non solo singoli colpevoli ma tutto il popolo tedesco. Oggi se ne deducono tutte le forme del trattamento particolare e negativo dei tedeschi (arresti collettivi, debito ereditario), come anche del trattamento particolare e positivo delle vittime reali o presunte del loro tentativo di genocidio (vedere a questo proposito Norman Finkelstein). http://www.amazon.com/exec/obidos/tg.../-/1859843239/

    Non fa tutt'uno quanti ebrei siano morti durante il Terzo Reich, dal momento che anche mille ebrei sarebbero già troppi?
    Doubtless it is correct that even one is one too many, and really one must go even farther than that: even those measures of Third Reich persecution which did not result in outright deaths were in every respect unacceptable. But this is not a valid argument against the statistical investigation of the 'whether' and 'how' of the destruction of the Jews, and for three reasons.

    Senza dubbio è giusto che già una sola vittima è una vittima di troppo (e non solo 1000!). Anzi si deve andare perfino più lontatno: Anche le misure di persecuzioni del Terzo Reich, e di persecuzioni che non conducevano alla morte, erano già ad ogni riguardo inaccettabili. L'obiezione non vale però come argomento contro la ricerca della problematica sull'esistenza del tentativo stesso di genocidio degli ebrei e sul come esso è avvenuto, e cioè per tre ragioni.

    In primo luogo già sola essa non ha successo dato che il numero delle vittime è sacrosanto da decenni. Se non si tenesse al numero delle vittime questo numero non sarebbe protetto come un tabù sia sociale che perfino protetto dal diritto penale. Manifestamente dietro la cifra dei sei milioni sta però più che il solo fatto che ciò contenga un'abbondanza di singoli destini: Ne va d'un simbolo, a cui non si vorrebbe rinunciare, dato che dubbi giustificati su questo numero possono presto condurre ad una indesiderabile messa in discussione d'altri insiemi dell'olocausto. Tanto meno si vorrebbe contestare ad ogni singola vittima la tragedia d'un destino individuale, tanto più la scienza deve esigere che dev'essere sempre possibile discutere sulle cifre. È addirittura schizofrenico che da un lato quelli che mettono in dubbio la cifra dei sei milioni vengano proscritti socialmente o perfino penalmente, e che però d'altro lato giustizia e società, all'affiorare di validi argomenti contro la cifra dei sei milioni, improvvisamente si ritirino dal contare il numero dei milioni, lo dichiarino poco importante e insistino sulla dignità già solo della prima vittima. La cifra dei sei milioni è una misura protetta dal diritto penale o è poco importante?

    In secondo luogo - e questo è l'argomento principale - la valutazione moralmente corretta che già una sola vittima sia di troppo non può costituire in linea di principio un'obiezione contro una ricerca scientifica di questo avvenimento storico. Ciò innanzi tutto non già perchè alla scienza debba essere sempre permesso di cercare e trovare risposte esatte a domande precise. Che cosa si dovrebbe pensare di qualcuno che non permettesse ad un fisico di trovare quali valori esatti siano ottenuti dai suoi esperimenti di detonazione perchè già un valore inferiore sarebbe terribilmente sufficiente? Un fisico che si sottomettesse a questa assurda richiesta dovrebbe obbligatoriamente giungere a falsi risultati e costituirebbe perciò un pericolo pubblico per ogni società. E così è anche con la ricerca storica: Se si vietano ricerche esatte e critiche perchè uno le considera moralmente insopportabili, se ne deve dedurre obbligatoriamente che i risultati d'una tale ricerca storica tenuta al guinzaglio non danno affidamento o sono falsi. Dato che le conoscenze della nostra storia recente hanno un influsso immediato sulla politica, anche la politica non dà perciò affidamento o diventa semplicemente mal consigliata ed influenzata. È proprio il nocciolo di ogni scienza accertare e dover accertare cifre e valori esatti. Ciò che vale nelle scienze d'ingegneria, nella fisica e nella chimica, non può improvvisamente essere abolito nella ricerca scientifica per motivi politici -salvo se si è pronti a mettersi in movimento intellettuale giù verso l'oscuro medio evo o perfino più indietro verso la più alta antichità.

    In terzo luogo il giudizio moralmente corretto che già una vittima è di troppo non può essere un'obiezione contro una ricerca scientifica di questo delitto speciale ed unico. Per un delitto che si dica eccezionalmente riprovevole si deve almeno ammettere ciò che vale per ogni delitto, che cioè venga sottoposto ad un'inchiesta dettagliata, ed che anzi debba esser sottoposto ad una tale inchiesta. Io vado perfino più lontano: Chi voglia postulare un delitto "unico", deve accettare un'inchiesta "unica" del delitto che si rinfacci, prima di accettare o presupporre la sua "unicità". Se invece si tenta di proteggere da un'inchiesta questo delitto che si dica "unico" con una impreparazione morale, ci si rende se stessi colpevoli d'un delitto "unico" che consiste nel sottrarre ad ogni critica e ad ogni difesa l'oppressione dei rimproveri di colpevolezza (qui contro i tedeschi e i loro alleati). Si fanno così diventare i tedeschi vittime a cui nemmeno è permesso di difendersi obbiettivamente. Nel mondo moderno che altrimenti permette perfino al più grande assassinio in serie una difesa davanti al tribunale questo è veramente un avvenimento "unico".

    Ma le vittime ebree non meritano rispetto e riparazione?
    Ad ognuno che ha subito un torto spetta una riparazione, e ad ogni vittima d'un delitto spetta il rispetto corrispondente alla sua dignità umana. Per il revisionismo non si tratta di negare a qualcuno il torto subito, di rifiutargli il rispetto o di privarlo d'una riparazione. Per il revisionismo si tratta solo di costatare fatti storici. E se, dopo la valutazione dello stato delle prove, si stabilisce che un determinato avvenimento storico non ha provocato approssimativamente tante vittime come si è pensato finora, ciò è in primo luogo solo una costatazione storica che, presa a parte, non ha nessun effetto di nessuna specie sul destino della gente o una costatazione storica che provochi nuove vittime.

    Dalla fine della guerra la Germania ha pagato molto più di 100 miliardi di marchi in riparazioni a privati o istituti ebrei. Oltracciò furono trattate circa cinque milioni e mezzo di domande di riparazione da parte dei sopravvisuti (come si vede, molte vittime sono sopravvissute!). Richiamandosi all'imperscrittibile debito tedesco si continuano a presentare ininterrotamente richieste di riparazione ai contribuenti tedeschi con un aumento graduale proprio da qualche tempo. Si deve qui trascurare la questione se quelli che domandano ancor più soldi dopo 57 anni hanno diritto di farlo. Di gran lunga più importante è la questione sul perchè il contribuente tedesco di oggi deve trovare questi soldi. 99,9% di tutti i contribuenti tedeschi di oggi hanno al più 67 anni, e quindi avevano al più nove anni alla fine della guerra.

    Ora la domanda forse un po' provocatrice ma decisiva, cari lettori:

    Quanti ebrei avete ucciso nella vostra vita, quanti stranieri avete sfruttato come schiavi, quanti membri di minoranze avete perseguitato?

    La domanda è, se vogliamo, assurda poichè in quasi tutti i casi la risposta suonerà naturalmente: Nessuno. Perchè allora però pagate voi, come contribuenti e consumatori, miliardi su miliardi di riparazioni? Perchè vi si intima voi ad espiazione, penitenza, umiltà e rinuncia? Vi meravigliate veramente sul perchè le imposte in Germania aumentano sempre più e la disoccupazione infierisce?

    Forse vi ricordate del seguente principio, in origine cristiano, che oggi vale per tutti gli stati di diritto: Non ci può essere nessuna responsabilità di parentela e nessun debito ereditario. -Questo principio è oggi è disprezzato. Da voi, cari lettori,si incassa per il (preteso) debito dei vostri genitori, nonni, bisnonni e trisavoli!

    Ed ora, di passaggio, si faccia cenno che sarebbe interessante rintracciare quando poi potranno finalmente notificare un diritto a riparazione i molti milioni di tedeschi che furono sfruttati per anni e qualche volta per decenni come lavoratori-schiavi da francesi, olandesi, inglesi, belgi, iugoslavi, polacchi, danesi, russi, cechi...; e quando potranno farlo i dodici milioni di tedeschi dell'est espulsi dalla loro patria; e quando potranno farlo quelli che son rimasti dei tre milioni di vittime dell'espulsione; o delle 600.000 vittime degli attacchi aerei da parte degli alleati, attacchi che andavano contro ogni diritto internazionale; dei quattro/sei milioni di morti di fame del dopoguerra provocati dal blocco alimentare degli alleati, dallo smantellamento industriale e dalle condizioni nei campi di fame di Eisenhower? (Vedere su di ciò J. Bacque)

    Non meritano tutte le vittime lo stesso rispetto e la stessa riparazione, o certi uomini valgono dunque più di altri uomini?




    Paul Rassinier, Insegnante di geografia e di storia, rimase molti anni come membro della "résistance" [organizzazione dei partigiani francesi] nei campi di concentramento tedeschi. Attaccò le menzogne del suo collega di prigionia E. Kogon e d'altri, e diventò così il fondatore del revisionismo storico.

    Chi sono i revisionisti? (o chi riesamina l'olocausto?)
    Holocaust Revisionists are not a homogenous group.

    Ci sono fra di loro ebrei (Josef G.Burg, Roger-Guy Dommergue, David Cole, Stephen Hayward), cristiani (Germar Rudolf, Michael A. Hoffman, Robert Countess), moamettani (Ibrahim Alloush, Ahmed Rami) e atei (Bradley Smith, Robert Faurisson).
    Ci sono fra di loro perseguitati dal regime nazista ed ex-detenuti dei campi di concentramento (Paul Rassinier, Josef G. Burg), ex-soldati tedeschi (Werner Rademacher, Wilhelm Stäglich) e soldati delle forze armate alleate (Douglas Collins).

    Ci sono fra di loro professori (Prof. Robert Faurisson, Prof. Arthur R. Butz, Prof. Christian Lindtner, Prof. Costas Zaverdinos), dottori (Dr. Wilhelm Stäglich, Dr. Robert Countess, Dr. Stephen Hayward, Dr. Herbert Tiedemann), chimici diplomati, fisici ed ingegneri (Michael Gärtner, Germar Rudolf, Arnulf Neumaier, Friedrich Berg), storici (Mark Weber, Robert Countess, Carlo Mattogno), insegnanti (Jürgen Graf)...

    Ci sono fra di loro comunisti e socialisti (Paul Rassinier, Roger Garaudy), gente della sinistra moderata (Pierre Guillaume, Serge Thion), liberali (Andrew Allen, David Cole, Bradley Smith, Richard Widmann), conservatori (Germar Rudolf, Carlo Mattogno, Werner Rademacher), gente di destra (Udo Walendy, Mark Weber) e nazionalsozialisti (Ernst Zündel). (Dato che l'autore di questo scritto non è mai stato interessato a spiare politicamente i revisionisti, non si dà qui nessuna garanzia per la giustezza di questi attributi politici).

    Ci sono fra di loro francesi (Robert Faurisson, Pierre Guillaume, Roger Garaudy, Paul Rassinier, Vincent Reynouard, Jean Plantin), americani (Bradley Smith, Mark Weber, Arthur Butz, Richard Widmann, Fredrick Leuchter), tedeschi (Germar Rudolf, Werner Rademacher, Michael Gärtner, Arnulf Neumaier, Wilhelm Stäglich), svizzeri(Jürgen Graf, Arthur Vogt), italiani (Carlo Mattogno), spagnoli (Enrique Aynat), giordani (Ibrahim Alloush), marocchini (Ahmed Rami), svedesi, danesi, britannici, polacchi, russi..., per nominarne solo alcuni.

    (vedere l'indice per autori per i libri e gli articoli scritti dagli autori suddetti) http://www.vho.org/i/a.html

    Chi sono i revisionisti? (O chi riesamina l'olocausto?)
    non si può dire che cosa vogliano "i revisionisti". Ogni cliché deve perciò esser falso fin dal principio. I revisionisti sono d'accordo in linea di principio solo in una cosa: Vogliono dimostrare che le loro opinioni sono giuste, e vogliono convincere altre persone delle loro tesi. Su tutto il resto i revisionisti dissentirebbero violentamente e probabilmente senza fine, se anche solo tentassero di trovare un denominatore politico comune. È perciò falso e disonesto imputare "ai revisionisti" scopi politici unitari. Le opinioni politiche dei revisionisti sono realmente ben molteplici e diverse.

    Il cliché propagato dalle autorità e dai mezzi di comunicazione tedeschi dice invece che tutti i revisionisti sono persone d'estrema destra che vogliono riabilitare il regime nazista per insediare una nuova forma statale autoritaria di destra. Questa affermazione può essere giusta per i revisionisti che hanno preso una posizione di destra, ma che formano solo una minoranza nel cerchio dei revisionisti.

    Alcuni esempi brillanti possono illustrare la molteplicità politica dei revisionisti:

    Paul Rassinier: Che motivo politico potrebbe avere un comunista francese che, a causa della sua attività nel movimento della resistenza antitedesca, sbarcò in un campo di concentramento?

    Josef G.Burg: Che motivo politico potrebbe avere un ebreo che durante la seconda guerra mondiale soffrì sotto l'occupazione tanto tedesca che russa?

    David Cole: Che motivo potrebbe avere un giovane americano di fede ebraica che ha adottato una posizione politica liberale?

    Fredrick Leuchter: Che motivo potrebbe avere un esperto americano di tecniche d'esecuzione capitale completamente estraneo alla politica?

    Pierre Guillaume, Serge Thion: Che motivo potrebbero avere dei francesi che hanno adottato una posizione politica di sinistra ed anarchica?

    Roger Garaudy: Che motivo potrebbe avere un vecchio prominente comunista francese?

    Bradley Smith, Richard Widmann: Che motivi potrebbero avere degli americani di tendenza liberale?

    Vincent Reynouard, Jean Plantin, Germar Rudolf: Che motivi potrebbero avere dei giovani europei liberali e conservatori, che son nati nella metà degli anni 60?

    Ma l'importante non è forse a che cosa vuole arrivare un revisionista, che sia ora in modo politico o in altro modo? Su di ciò sia citato Germar Rudolf:

    "Ognuno a cui venga il sospetto che i revisionisti vogliano assolvere il nazionalsocialismo, riammettere forme di governo di destra o aiutare il nazionalismo a venir fuori di nuovo, potrei rispondere ciò che segue:

    Nella ricerca su avvenimenti storici la nostra norma suprema deve essere sempre il cercare di trovare come i fatti si siano svolti nella realtà (citazione libera dal grande storico tedesco del 19° secolo Leopold Ranke). Per lo storico, per esempio, non dovrebbe valere affatto come motivo predominante l' incolpare di delitti o il difendere da un'accusa, con le sue ricerche, Gengis Khan e le sue orde di cavalieri mongoli. Se ora però qualcuno richiedesse che alla ricerca non sia permesso difendere politicamente e moralmente Gengis Khan da una tale accusa, ciò provocherebbe tutt'al più disprezzo e derisione, come anche farebbe sorgere il rimprovero che colui che facesse tali richieste assurde sarebbe ben guidato lui stesso da motivi politici. Altrimenti non si potrebbe spiegare in nessun caso perchè qualcuno possa richiedere che la nostra immagine della storia di Gengis Khan dovrebbe essere per sempre quella che le sue vittime ed i suoi avversari hanno disegnato su di lui.

    Lo stesso vale anche per Hitler e il Terzo Reich. Ogni revisionista come ogni antirevisionista può avere l'opinione politica che vuole. Il rimprovero però che i revisionisti farebbero ciò che fanno solo per difendere da un'accusa il nazionalsocialismo, e che ciò sia riprovevole o perfino delittuoso è un bumerang: Poichè il rimprovero presuppone anzi che si guardi come poco degno di fiducia il difendere da un'accusa il nazionalsocialismo storicamente (e quindi in parte anche moralmente). Chi però presenti ciò come poco degno di fiducia confessa apertamente di non essere interessato a trovare la verità ma ad incolpare o a veder incolpato il nazionalsocialismo storicamente e moralmente. A questo scopo si possono però addurre solo motivi politici. Così si ottiene la convinzione che colui che fa ai revisionisti il rimprovero d'una strumentalizzazione politica strumentalizza lui stesso politicamente l'argomento. Non sono dunque i revisionisti stessi ad essere guidati da motivi politici, ma, con sicurezza irrefutabile, tutti coloro che rimproverano ai revisionisti di voler difendere in qualche modo da un'accusa una figura storica da gran tempo marcita, un sistema politico da gran tempo tramontato e appartenente ad un'epoca da gran tempo passata.

    In breve: Nelle nostre ricerche non ci deve interessare a quali effetti i nostri risultati potrebbero avere sul valore morale d'un politico e d'un regime defunti, ma ci debbono interessare solo i fatti. Chi pensa altrimenti non è scientifico e nessuno si dovrebbe permettere di giudicare su terze persone."

    Il revisionismo (o riesame dell'olocausto) è illegale?
    Teoricamente no. La dichiarazione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, obbligatoria per la Germania, come anche la costituzione della repubblica federale tedesca garantiscono la libertà di parola e la libertà della scienza (articolo 5). A dir vero la libertà di parola è limitata da leggi, se si tratta di discorsi offensivi o di discorsi che instighino a commettere azioni delittuose. La libertà della scienza è veramente illimitata. Una dettagliata tesi di dottorato sulla "colpevolezza della negazione d'Auschwitz" (Die Strafbarkeit des Auschwitz-Leugnens), redatta ultimamente, arriva perciò anche alla conclusione che lo stesso revisionismo o riesame dell'olocausto non può essere punibile, poichè ciò violerebbe dei diritti dell'uomo fondamentali.

    In pratica il mondo ha sicuramente un'altra faccia. In realtà i revisionisti (quelli cioè che riesaminano l'olocausto) vengono condannati da circa metà degli anni 80, e in modo particolarmente severo, all'incirca dal 1995, ad alte pene pecuniarie e detentive, solo perchè non vogliono credere all'immagine prescritta dell'olocausto e innanzi tutto alle camere a gas destinate all'uccisione d'esseri umani, e perchè esprimono ciò a parole e/o nei loro scritti. Tribunali e mezzi di comunicazione ingiuriano tali scettici e tali scienziati che deviano dalla "linea del partito" come "bugiardi di Auschwitz", "negatori di Auschwitz" o "negatori dell'olocausto". (Vedere su di ciò le molte notizie nella rubrica "In breve" dei Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung).
    http://www.vho.org/VffG/2001/1/Rudolf100-112.html





    Lettera del pubblico ministero di Chemnitz: Nazisti sono tutti quelli che sono di destra. E siccome, come tutti sanno, una metà è a sinistra e l'altra metà a destra del centro, secondo una costatazione ufficiale 50% di tutti i tedeschi sono neonazisti
    http://vho.org/Intro/I/StA.html

    Fondamento di ciò è innanzi tutto il paragrafo 130 del codice penale tedesco, contrario ai diritti dell'uomo e alla costituzione, che minaccia, nell'articolo 3, di reclusione fino a cinque anni la "negazione" degli assassini di popolazione commessi dal nazionalsocialismo. "Negazione" significa: "asserire in malafede la falsità". Viene anche insinuato che tutti sono convinti della verità dell'immagine storica prescritta e che quanti esprimano dubbi o perfino opinioni contrarie, mentono coscientemente con intenzione cattiva, il che significa con intenzione criminale, oppure hanno disturbi mentali. Presentare davanti al tribunale prove di dubbi sull'immagine storica prescritta è parimenti vietato con minacce penali nelle sale dei tribunali tedeschi. Bel "Mondo Nuovo"!

    Dunque non è illegale il revisionismo (o riesame dell'olocausto), ma il modo di procedere della giustizia tedesca. Purtroppo quest'ultima ha il potere. (Cose analoghe valgono per l'Austria e la Svizzera.)

    Da circa dieci anni vengono di nuovo anche bruciati in modo intensivo libri, innanzi tutto -ma non soltato- di revisionisti, e annualmente in Germania sono condannati per reato perseguibile penalmente circa 15.000 persone a causa di "delitti mentali". (Vedere su di ciò un articolo riassuntivo sulla censura in Germania).http://www.vho.org/censor/D.html#GB

    Quanto seria è la cosa lo mostra il documento qui sopra a destra. I mezzi di comunicazione e le autorità tedesche qualificano oggi indistintamente come "persone di destra", "radicali di destra", "persone d'estrema destra" e "neonazisti" tutto ciò che è da classificare come a destra del centro politico, dunque anche semplici conservatori e patriotti. Non si fa più nessuna differenza già da molto tempo. Seduce esser d'accordo nella persecuzione di neonazisti, che son rappresentati dai mezzi di comunicazione come persone orribili e brutali. Pensate però: chi è d'accordo con leggerezza che si possano perseguitare penalmente dei neonazisti solo a causa del fatto che la loro opinione devi dalla "linea del partito", non si può poi lamentare se già domani lui stesso sarà scoperto e perseguitato come neonazista, per esempio solo perchè un vicino lo ha visto per caso sventolare una bandiera tedesca o lo ha sentito cantare l'inno nazionale! È perciò dovere d'ogni democratico protestare e combattere contro la persecuzione di dissidenti. Ciò vale non solo se questa persecuzione risulta da una dittatura, ma anche se essa proviene da una democrazia di uno stato di diritto.

    Dove posso apprendere altro sul revisionismo (o riesame dell'olocausto)?
    Il sito migliore, più veloce e meno caro per questo scopo è l'internet, e qui, per lettori di lingua tedesca, specialmente il sito web www.codoh.com, www.ihr.org, www.vho.org. Se il vostro "provider" di servizi dovesse aver sbarrato questa pagina (il che dimostra che in Germania c'è la censura) potete però raggiungere questa stessa pagina approfittando dell'aiuto gratuito di www.anonymizer.com.

    Questo sito web rende impossibile alle vostre società di servizi il riconoscere che contenuto è trasmesso al vostro computer.

    Sul sito web www.vho.org, si trovano a vostra disposizione quasi tutti gli scritti revisionisti, o direttamente o però almeno via collegamenti ad altre pagine. Su ogni pagina di questo sito si trova nella lista dei menù una scritta "Index" su cui trovare indici di nomi, di lingue (language) e di temi (subjects).

    Come scritti introduttori si possono raccomandare specialmente:

    Jürgen Graf, The Giant With Feet of Clay (Gigante su piedi d'argilla, in tedesco e inglese)
    http://www.vho.org/GB/Books/Giant/index.html
    Ernst Gauss, Jürgen Graf, Lectures on the Holocaust (Conferenze sulla storia sull'olocausto, in tedesco e inglese)
    Per chi ha fatto qualche progresso si raccomanda

    Ernst Gauss, Dissecting the Holocaust (dissecazione dell'olocausto, in tedesco e inglese)
    http://www.vho.org/GB/Books/dth/found.html
    Al lettore interessato alle novità pubblicate regolarmente sul revisionismo raccomandiamo:

    The Revisionist (Il revisionista, in inglese)
    http://vho.org/tr
    The Journal of Historical Review (Giornale di rivista storica, in inglese)
    http://ihr.org/
    Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung (Quaderni trimestrali di libera ricerca storica, in tedesco)
    http://vho.org/VffG
    Mandate per favore le vostre ordinazioni a:

    Europe: Castle Hill Publishers, PO Box 118, Hastings TN34 3ZQ
    Email: chporder@vho.org; Fax: 0044-8701-387263

    USA: PO Box 257768, Chicago, IL 60625, USA
    Email: order@tadp.org; Fax: 1(413) 778-5749

  2. #2
    cattolico refrattario
    Data Registrazione
    14 Oct 2002
    Località
    Modugno - Terra di Bari -
    Messaggi
    2,838
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Qualche data da ricordare

    Lo storico italiano Enzo Collotti (Ordinario di Storia contemporanea all'Università di Firenze) partecipa a conferenze deridendo con sufficienza il professor Faurisson. Secondo tale eminenza grigia di regime, il ricercatore revisionista non meriterebbe di essere seguito perchè presentatosi incappucciato ad una registrazione di un incontro televisivo su una rete svizzera. È forse necessario ricordare a questo "storico" che mangiare con una cannuccia e perdere l'uso della parola dopo un'aggressione sionista non è certo un piacere?

    Evidentemente si.

    16 settembre 1989: Robert Faurisson, capofila degli storici revisionisti, è aggredito da tre ragazzi nei pressi del suo domicilio, a Vichy, mentre sta portando a passeggio il cane. Dopo averlo cosparso di gas anestetizzante lo picchiano selvaggiamente colpendolo alla testa. Dei testimoni asseriranno che gli aggressori colpivano per uccidere.
    Ricoverato in ospedale per alcune settimane e operato più volte, il professor Faurisson ha avuto la mascella fratturata e ritroverà soltanto lentamente l'uso di parola. L'aggressione è stata rivendicata da un gruppo denominato "I Figli della memoria ebraica": «Il professor Faurisson è il primo, ma non sarà l'ultimo. Tremino tutti coloro che nagano la Shoa».
    Diverse organizzazioni e molti giornali, compreso Le Monde (19 settembre 1989), condannano l'attentato. Tuttavia il «cacciatore di nazisti» Serge Klarsfeld dichiara:«Chi ha provocato per anni la comunità ebraica deve apsettarsi questo tipo di cose (...). Non si può insultare la memoria dei morti senza sopportarne le conseguenze».


    6 febbraio 1990: Scena di pugilato in diretta sul palcoscenico di Ciel mon mardi, la trasmissione su TF1 condotta da Christophe Dechavanne e quel giorno dedicata all'estrema destra. Un gruppo di militanti dell'OJC, accompagnati da Jean-Pierre Pierre-Bloch e dalle sue guardie del corpo colpiscono indifferentemente invitati e spettatori. Uno dei partecipanti, Olivier Mathieu, che si presenta come «scrittore post-revisionista», è picchiato di santa ragione per le sue dichiarazioni provocatrici. Anche la fidanzata è coperta di botte. Tra i presenti, Yves Derai, giornalista di Actualité juive, e Moshe Cohen, ex-sottoluogotenente dell'esercito israeliano e responsabile del Betar-Tagar (braccio picchiatore del sionismo). Gli scontri continueranno in strada, al grido di "Israele vincerà!" Numerose automobili sono danneggiate a colpi di mazze da baseball. Uno dei perturbatori, fermato dalla polizia, sarà rilasciato poche ore dopo «su intervento di Jean-Pierre Pierre-Bloch» (Le Choc, giugno 1991).
    Alcuni giorni più tardi, il 20 febbraio, senza essere infastidito, l'aggressore di Olivier Mathieu, è presente al processo dei membri dell'O.J.D. (Organizzazione Ebraica di Difesa) che hanno attaccato Opera francese nel 1998. Una delle guardie del corpo di Jean-Pierre Pierre-Bloch in seguito sarà identificata. Si tratta di Patrick Genthner, ispettore di polizia distaccato al municipio di Parigi (delegato C.G.C. dal 1984 al 1986) e «capo di gabinetto» di Jean-Pierre Pierre-Bloch. Il caso Dechavanne sembra montato di sana pianta, se si deve credere a Claude Sarraute (Le Monde, 8 febbraio 1990) che rivela di aver saputo in anticipo che ci sarebbero stati degli incidenti. Secondi lei, Jean-Pierre Pierre-Bloch «doveva certamente sapere come erano distribuite le parti dello sketch prima di venire a intepretare la sua...».

    1 marzo 1990: Bernard notin, professore incaricato dell'Università di Lione III, è sequstrato e minacciato nell'aula dove abitualmente teneva le sue lezioni, da un commando di una ventina di membri dell'Unione degli studenti ebrei di Francia, accompagnato da Marc Aron, presidente del B'nai B'rith di Francia, Jean Lévy, presidente del C.R.I.F. di Lione e Marx Rochman, presidente dell'U.E.J.F. Le minacce e le sistematiche manifestazioni contro di lui, obbligheranno Bernard Rotin a lasciare l'insegnamento.

    14 gennaio 1991: Venti militanti incappucciati, che si dichiarano appartenenti al Betar, attaccano i locali dell'Alleanza indipendente della facoltà di giurisprudenza di Sceaux (Hauts-de-Seine) ferendo due persone. Questo sindacato studentesco aveva osato apporre un manifesto sulla Guerra del Golfo.

    21 gennaio 1991: Un Tunisino e due Francesi, di cui uno guardiano all'Università di Paris Tobiac, sono aggrediti e feriti da un «commando sionista».

    Primavera 1991: Ogni martedì pomeriggio, gruppi di manifestanti assediano la libreria La Vieille Taupe (La Vecchia Talpa), rue Saint-Jacqus (Paris V°) animata dal militante di estrema sinistra revisionista Pierre Guillaume. la vetrina è regolarmente fracassata; all'interno vengono messi prodotti tossici e nauseabondi per impedire l'ingresso dei clienti e la vendita dei libri. «A poco a poco la situazione si fa tesa. Il raduno del martedì prende l'aspetto di un vero campo di battaglia» (7 à Paris, 1 maggio 1991). In questa maniera i militanti sionisti riusciranno a liquidare la libreria, non avendo potuto ottenerne la chiusura per «turbativa dell'ordine pubblico» (come aveva annunciato la L.I.C.R.A.).

    21 e 22 marzo 1991: Intimidazioni ripetute, colpi e agitazioni del Betar contro supposti revisionisti al processo di Robert Faurisson al Palazzo di Giustizia di Parigi. L'editore Pierre Guillaume è colpito con violenza, così come un inglese che lo accompagna. Nessuno dei gendarmi presenti si intromette. Il capo del Betar dichiara:«In qualche modo, Faurisson lo uccideremo!»

    2 aprile 1991: Fabrice Benichou, strillone de L'idiot international di Jean-Edern Hallier, è preso a bastonate nel quartiere del Sentier. Rientra con difficoltà dai genitori e muore qualche minuto dopo. Nessun seguito giudiziario sarà dato a questo omicidio.

    8 aprile 1991: Un centinaio di militanti del Betar irrompono nella riunione organizzata da L'idiot international alla Mutualité (Paris V°), Marcel Coudari, 58 anni che era stato un ostaggio francese detenuto in Libano dagli islamici, è pestato per le sue dichiarazioni antisionistiche. La polizia presente sul posto non interviene.

    20 aprile 1991: Una cinquantina di individui mascherati, armati di spranghe di ferro, mazze da base-ball e bombe a gas, attaccano La Maison des Mines, dove deve aver luogo una riunione del Circolo culturale Horizons, diretto da Eric Croenne, in omaggio allo scrittore Saint Loup, che era stato membro della legione dei volontari francesi e istruttore politico della Divisione Carlomagno. Tredici persone sono ferite, di cui due molto gravemente. In particolare una donna di 71 anni che si trovava lì per caso, è trasportata in coma all'ospedale Beaujon. L'attentato è rivendicato dal Gruppo di azione ebraica.

    17 marzo 1992: Il professor Robert Faurisson è aggredito a Stoccolma da un gruppo di attivisti, tra i quali si trovano numerosi membri del Betar. Una delle persone che accompagnavano il professore, uno svedese, è seriamente ferita.

    22 maggio 1993: Un gruppo di militanti del Betar mascherati, col capo coperto da un passamontagna e muniti di spranghe di ferro, attacca una riunione revisionista a Stoccolma alla quale deve partecipare anche il professore Robert Faurisson. Dopo aver tentato di linciare Faurisson, il gruppo ferisce due poliziotti in borghese. Quattro manifestanti (tra i quali un francese) sono brevemente interrogati. Il giorno prima, una trentina di Betarim avevano preso l'aereo Parigi-Stoccolma.


    Per una cronologia più estesa ed esauriente della violenza sionista si legga "I Guerrieri d'Israele" di E. Ratier, ed.CLS 1998

  3. #3
    cattolico refrattario
    Data Registrazione
    14 Oct 2002
    Località
    Modugno - Terra di Bari -
    Messaggi
    2,838
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    1997

    Invece di una prefazione



    Non morite idioti!
    Il revisionismo, lo sanno tutti, è un abominio. Ma esiste; e persiste, anche. Le condanna, morali e penali, i comitati di vigilanza, le stesse leggi della repubblica, non possono farci niente: da poco meno di vent'anni il revisionismo non fa che crescere e diventare più bello. Un recente sondaggio rivela che il trenta per cento dei francesi sono pronti ad accoglierne le idee di base. Tacciono solo per prudenza.

    Questa situazione si fa sempre più imbarazzante. Come diceva il venerabile avvocato della Ligue des Droits de l'Homme che, davanti al giudice Pluyette, reclamava la proibizione del primo nurnero delle "Annales d'Histoire révisionniste": "Fino a che si trattava di pubblicazioni confidenziali non dicevamo nulla. Ma ieri ha trovato questa rivista al chiosco dell'aeroporto di Marignane. Allora, ecco, chiediamo la proibizione". Ahimè, questi discorsi arieggianti virtù e saggezza romane venivano tenuti nell'87. Dieci anni fa. Dopo di allora le pubblicazioni revisioniste hanno conosciuto tirature stupefacenti: è il caso del libro di Roger Garaudy, che si è venduto dovunque, per decine di migliaia di esemplari.

    E il peggio deve ancora venire. E' esattamente un anno che su Internet esiste un sito revisionista in francese. L'équipe che lo anima, e cui soltanto le leggi repressive impediscono di rivendicare l'onore di salvare, animandola, la libertà effettiva di espressione, sembra essersi data il compito di porre a disposizione del pubblico i principali elementi della controversia e di trattame tanto razíonalmente quanto è possibile farlo. Così, ci sono in Internet un certo numero di testi che quasi si potrebbero dire "classici" e che erano difficili da trovare: poco a poco vengono messi in rete.

    Si assiste ad un principio di messa a frutto dell'archivio della Vieille Taupe, gruppo che ha avuto un ruolo importantissimo nello svilupparsi delle polemiche in Francia. Anche i numerosi interventi del professor Faurisson, a datare dal 1978, poco a poco vengono messi a disposizione di un pubblico che non ha vissuto gli inizi di questa controversia. Si riparla di Paul Rassinier, che negli anni Cinquanta e Sessanta fu il principale iniziatore della ricerca revisionistica in Francia e anche all'estero. Già una cinquantina di testi del '51-53 sono venuti fuori dagli archivi, dove giacevano quasi dimenticati. Sono disponibili anche i libri di Serge Thion, che descrivono e analizzano gli inizi di quel periodo. Eric Delcroix è presente con un vigoroso pamphlet che gli è valsa una condanna da parte del tribunale di Parigi. C'è anche la famosa tesi di Nantes sostenuta da Henri Roques nell'85, che provocò tanto scalpore. Altri testi seguiranno tra breve.

    1 tentativi di soppressione della libertà intellettuale vi sono fatti oggetto di speciale attenzione. Sono evocati i processi, con relative argomentazioni delle parti, e il ruolo che l'istituzione giudiziaria ha in tutta la questione viene analizzato in profondità. In un anno, così, centinaia di testi sono stati resi disponibili su Internet, creando una cerchia di lettori assidui che hanno dato prova di una serietà degna di nota. Bisogna dire che il revisionismo francese, così come si esprime in rete, non ha legami politici. Esso ignora del tutto gli appelli alla violenza e all'odio lanciati da questi e da quelli. Parte dal principio dell'unità del genere umano. E' di una calma olimpica in una ricerca completamente materialistica e razionale, cioè aperta alla confutazione e alla critica, una ricerca che rivendica il diritto all'errore e alla correzione degli errori. Esso mostra che la lotta contro il revisionismo è, tutt'intera, legata alla lotta per la sopravvivenza , sempre meno probabile, dello Stato di Israele, e non esita a scandagliare le fondamenta di questa entità, che è l'ultimo dinosauro tra i grandi sistemi di oppressione collettiva che furono i fascismi, gli apparati pseudocomunisti, il colonialismo, l'apartheid: tutte cose morte, le une dopo le altre, sotto il peso delle loro contraddizioni e, infine, della loro profonda inumanità.

    Non contenti di presentarsi in questo modo in rete, i revisionisti francesi hanno dato la parola a revisionisti che si esprimono in inglese, in tedesco e in italiano. E' noto che in Germania l'elenco dei libri proibiti si allunga giorno dopo giorno. Altrettanto, del resto, accade in Francia. Ed è del tutto naturale che questi libri conoscano una nuova vita e un'udienza più ampia rifugiandosi in Internet. Libri esauriti vengono riproposti nel sito dell'AAARGH: è il caso, tra l'altro, di quello, basilare, di Lenni Brenner sui rapporti tra movimenti sionisti e regimi fascisti (questo libro introvabile è in inglese).

    Ancora non paghi di vettovagliare di testi i cervelli curiosi, che non mancano, i revisionisti, ai quali le cose complicate non fanno paura, hanno creato un mezzo per disporre, insieme con il testo che si legge sullo schermo, delle relative note a piè di pagina, e soprattutto hanno creato un insieme di legami interni nei documenti, un insieme che permette di accedere a informazioni e di trovare correlazioni su un sempre maggior numero di argomenti, di persone, di luoghi e di avvenimenti. Questo sito, dunque, assume una dimensione enciclopedica, giacché non cessa di arricchire i dati che si trovano nei testi. Senza esserselo espressamente proposti, i revisionisti si sono attestati all'avanguardia nell'utilizzazione pedagogica che si può fare delle risorse di Internet. Basta visitare altri siti per rendersi conto dell'incredibile comodità rappresentata da un sapere cosciente e organizzato offerto ad un lettore la cui libertà rimane completa. Molti di questi altri siti, che si vogliono avversari del nostro, potrebbero prenderlo a modello.

    A dispetto di molti tentativi e delle fervide speranze nutrite da molti "responsabili", ancora non si è trovato modo di censurare Internet. Forse un giorno queste potenti pulsioni oscurantiste avranno di che esser paghe; per il momento, niente da fare. In un anno di esistenza il sito ha ricevuto in media 400 visitatori al giorno, il che significa 145.000 in un anno. Evidentemente, è solo un inizio. Le cadenze di accesso ad Internet aumentano molto rapidamente. L'anno prossimo sarà possibile ricevere Internet direttamente su un televisore a ciò predisposto. Faurisson sarà accessibile e leggibile senza computer, lui che, ancora poco tempo fa, diffondeva i suoi testi in 20-30 esemplari.

    Pensateci. La stampa può e senza dubbio deve ignorare questo fenomeno. Ma è a proprie spese che lo ignora. Forse sarebbe ora che se ne rendesse conto. Forse sarebbe ora di gLocare le proprie carte. Di aprire i dossier. Perché i revisionisti hanno dei dossier molto accurati. E d'altronde, per colmo d'ironia. si preparano a pubblicare i dossier dei loro avversari. Il confronto rischia di riuscire molto doloroso per certi agitati della penna. Si vedrà quali sono i re che sono nudi.

    I revisionisti non hanno una verità bell'e fatta da vendere. Sanno che per parlare di avvenimenti atroci bisogna prendere molte precauzioni. Si inchinano dinanzi alle povere vittime della guerra mondiale, come, del resto, dinanzi a quelle degli orrori che l'hanno seguita. Ma non riconoscono ai sopravvissuti o a coloro che quelle prove non le hanno vissute il diritto di trasformare la realtà. Vogliono i fatti, e solo i fatti. E' per questa ragione che riscuotono tante simpatie, in tutti gli ambienti politici, simpatie che non si possono esprimere liberamente per via del timore legittimo, bisogna dirlo che è connesso alla trattazione di questi argomenti. Ci sono organizzazioni che in totale impunità danno la caccia ad eventuali dissidenti. La gente ha paura per sé, per la propria attività, per il pane dei propri figli; e allora si chiude a riccio. Coloro che ottengono questo eccellente risultato, questo apparente conformismo, questo assordante silenzio del gregge, se ne dovrebbero preoccupare. A tutt'oggi i revisionisti sono i soli a proporre un'uscita onorevole, una discussione razionale. Temono, anche loro, le violenze latenti determinate da questa rimozione.

    Andate a vedere questo sito. Lo potete trovare al seguente indirizzo: <<http://aaargh-international.org>. Nessuno vi chiede di essere d'accordo. Ma è probabile che molti di voi condannino il revisionismo senza aver mai letto un solo rigo di un testo revisionista. Se volete condannare, sappiate almeno perché. Non morite idioti. Fatelo adesso per non dovere, tra dieci o vent'anni, morsicarvi le dita per non aver cercato il dialogo con persone ragionevoli. Ve ne sono altre che ragionevoli lo sono molto meno di noi, lo sappiamo benissimo sia noi sia voi. E se avete osservazioni critiche, anche violente, da formulare, scrivete a <aaarghinternational@hotmail.com> Agli insulti non rispondiamo: a quelli, no. Ma c'è da dire anche questo: che sono rari.

    Buona consultazione. E non dimenticate che ci sono decine, forse centinaia, di siti antirevisionisti. Andate a vedere anche quelli. Meritano la scappata.

    Il segretariato internazionale dell'AAARGH (Association des Anciens Amateurs de Récits de Guerres et d'Holocaustes)

    +++++++++++++++++++++++++++++++++++
    Testo originalment in francese: messagio di Le Temps irreparable (14 sett. 1997).
    Traduzione in italiano par Marco serra nelle libro Il Caso Faurisson e il revisionismo olocaustico, Graphos, 1997, pp. 7-10.



    --------------------------------------------------------------------------------


    Questo testo è stato messo su Internet a scopi puramente educativi e per incoraggiare la ricerca, su una base non-commerciale e per una utilizzazione equilibrata, dal Segretariato internazionale dell'Association des Anciens Amateurs de Récits de Guerres et d'Holocaustes (AAARGH). L'indirizzo elettronico del segretariato è <aaarghinternational@hotmail.com>. L'indirizzo postale è: PO Box 81 475, Chicago, IL 60681-0475, Stati Uniti.
    Mettere un testo sul Web equivale a mettere un documento sullo scafale di una biblioteca pubblica. Ci costa un po' di denaro et di lavoro. Pensiamo que sia di sua volontà che il lettore ne approfitta e questo lettore lo supponiamo capace di pensare con la sua testa. Un lettore che va a cercare un documento sul Web lo fa sempre a proprio rischio e pericolo. Quanto all'autore, sarebbe fuori luogo supporre che condivio la responsabilità degli altri testi consultabili su questo sito. In ragione delle leggi che istituiscono una censura specifica in certi paese (Germania, Francia, Israele, Svizzera, Canada, ecc.) non domandiamo il consenso degli autori che in esi vivono, poichè non sono liberi di darlo.
    Ci poniamo sotto la protezione dell'articolo 19 della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, il quale stabilisce:<Oguno ha diritto alla libertà di opinione e di expresssione, il che implica il diritto di non essere molestati per le proprie opinioni e quello di cercare, di ricevere e di diffondere, senza considerazione di frontiera, le informazioni e le idee con qualsiasi mezzo di espressione li si faccia> (Dichiarazione internazionale dei Diritti dell'Uomo, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU a Parigi il 10 dicembre 1948).

    --------------------------------------------------------------------------------
    aaarghinternational@hotmail.com


    --------------------------------------------------------------------------------

    L'indirizzo elettronico (URL) di questo documento è: <http://aaargh-international.org/ital/ital/idioti.html>

  4. #4
    cattolico refrattario
    Data Registrazione
    14 Oct 2002
    Località
    Modugno - Terra di Bari -
    Messaggi
    2,838
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Verità storica o verità politica?
    Serge Thion

    [100]

    Ecco un individuo che afferma che le camere a gas dei zampi di concentramento tedeschi non sono mai esistite, che sono esserizialmente un mito, nato dagli orrori della guerra. Scandalo. Si denuncia quest'uomo come un pazzo o un nostalgico del nazismo. A prescindere dal modo in cui questo individuo e le sue affermazioni provocatorie vengono etichettati, il suo caso appare chiaro e privo del minimo interesse.

    Ma, stranamente, il caso si gonfia, acquista proporzioni inattese, dilaga sulla stampa nonostante il desiderio di smettere di parlame che questa rivela. Ministri rilasciano dichiarazioni, parlamentari interpellano il governo e uno di essi ne approfitta per chiedere l'introduzione in Francia del Berufsverbot, l'interdizione del pubblico impiego agli "estremisti". Dall'ottobre 1978 la stampa non riesce più a ensurarsi perché si verificano disordini all'Università di Lione-2, perché, sommerso da ingiurie, l'interessato si divincola e bombarda i giornali con richieste di rettifiche a termine di legge, perché si istruiscono processi per stampa, se ne parla allestero e perché infine i movimenti antirazzisti decidono di schiaociare il tanghero intentandogli un processo con l'accusa, del tutto originale per il diritto francese, di avere "volontariamente falsificato la presentazione della Storia". Notiamo la S maiuscola e aspettiamo di vedere come la giustizia se la sbroglierà con questa ipostasi.

    [101]

    La voce che le idee di questo Faurisson siano oltraggiose in quanto emanazione di un nazista, o di un filonazista, e di un antisemita, si diffonde per la città, anche quando non è stampata nero su bianco. Che lui respinga sia l'una sia l'altra definizione, che a questo riguardo vinca un processo per diffamazione contro "Le Matin de Paris", non muterà affatto le convinzioni dei suoi detrattori, basate non tanto su ciò che dice quanto sulle intenzioni più o meno losche che gli si attribuiscono. Bisogna dire molto chiaramente che questi processi alle intenzioni non onorano i censori, ma soprattutto che non sta qui il nocciolo della questione. Si può certamente dire che Faurisson è un uomo di destra. Tuttavia, va anche ricordato che i suoi allievi e moltissimi tra i suoi colleghi lo consideravano, fino allo scoppio dell'affare, piuttosto come un uomo di sinistra. In ogni caso, egli è un uomo solo. Quanto ai suoi sentimenti politici, non ci trovo, per quel che ne so, niente di attraente se non un rifiuto dei tabù intellettuali e una certa propensione, che condivido, a schierarsi dalla parte dei vinti, di coloro che si trovano, o si ritrovano, dalla parte opposta a quella del più forte. Questa propensione, secondo me, non basta a fondare una morale politica, ma è un ottimo vaccino contro le illusioni del potere.

    Ciò che si deve respingere con estrema energia è che qualsiasi argomentazione di un nemico politico sia automaticamente da considerare falsa, nulla e inesistente. Conosco gente di destra capace, all'occorrenza, di dire cose sensatissime e gente di sinistra in grado di sputare enormità che fanno raggelare il sangue. Né il primo fenomeno né il secondo, ed essi sono noti a chiunque, ha mai indotto me, o qualcun altro, a cambiare opinione politica. Ma ho potuto impararne qualcosa, oppure ho cambiato opinione su un punto ben preciso, procedendo poi ad integrarla nel mio modo di vedere le cose.

    Non ci si deve quindi accontentare di chiedere libertà di espressione per i nostri avversari, fossero pure nemici della libertà, come elemento altrettanto essenziale della nostra stessa libertà di espressione, da cui è indivisibile, ma si deve insistere sul diritto di comprendere, di interpretaro le loro affermazioni senza farsi trattare da complici idioti.

    Niente obbliga, per capire che ci si è sbagliati, ad andare a piangere lacrime d'innocenza tradita suIla stampa avversaria e a vendere a caro prezzo il racconto pietoso delle proprie ingenuità successive.

    [102]

    Faurisson, dunque, secondo me, è un uomo di destra. Ciò che pensa del significato politico delle sue affermazioni non ci interessa molto. Non abbiamo alcun motivo per discutere delle sue intenzioni. Ma egli fa delle affermazioni a proposito di fatti e di realtà di un vicino passato. Certo, che un individuo più o meno qualificato scriva non importa che cosa su non importa quale argomento, è una constatazione di schiacciante banalità. Vi basta conoscere un po' un argomento per averlo studiato in profondità o una situazione per averla vissuta, per rendervi conto che le colonne dei giornali e gli scaffali delle librerie sono ingombii di elucubrazioni che nulla in apparenza distingue da opere serie meritevoli di stiTna. La spaventosa tragedia della deportazione s'è rivelata un tema adatto ad ogni tipo di affabulazione che solo degli ex deportati possono identificare di primo acchito. Per noi è più difficile.

    L'affermazione secondo la quale le camere a gas non sono esistite fa quindi immediatamente pensare a quel "non importa che cosa", all'universale e insipida salsa che condisce oggi tutti i piatti dello spirito.

    Di fronte ad avversari così meschini, confusi in dispregio della realtà, si è allora vista levarsi una toccante unanimità nazionale. Ministri, parlamentari, editorialisti di ogni bandiera hanno accusato le nuove generazioni di ignorare il passato e fors'anche addirittura di fottersene. Su "Le Monde" del 21 febbraio '79 si è scatenata l'artiglieria pesante, con una dichiarazione solenne firmata da trentaquattro tra i più noti dei nostri storici, i quali affermano che non ci si deve chiedere come un fatto possa essere accaduto, in quanto, convinto della sua esistenza, lo storico non è spinto a rimetterlo in questione. Ecco un intollerabile limite che nessuno tra loro accetterebbe per le proprie ricerche, nello specifico campo cui si riferiscono. Se ci penso, mi prende un senso di vertigine: di quale fatto storico, di qualsiasi tipo possa essere (innanzitutto economico, ma anche militare, culturale, sociale, psicologico, ecc.) potrei mai dare una spiegazione senza essermi interrogato, prima o dopo, sulle modalità tecniche della sua esistenza, sul come del suo perché? Capisco perfettamente il motivo per cui tanti eminenti storici hanno finnato quel testo. (Non mi chiedo perché altri storici, altrettanto eminenti, non l'hanno finnato, né perché anche la maggior parte dei veri specialisti del problema si sia astenuta.) L'hanno fatto per solidarietà intellettuale e politica, più

    [103]

    che per competenza reale, in quanto nell'insieme essi lavorano in settori diversissimi. Hanno firmato sulla fiducia. Quel che mi pare più stupefacente è proprio che, per fare quell'atto politico impedire qualsiasi dibattito sull'esistenza delle camere a gas degli storici abbiano avallato un testo che espressamente limita il campo della ricerca a quanto acquisito dalla generazione precedente. Per me, che in qualche modo faccio il ricercatore di professione, il diktat è inammissibile.

    Mi si obietta che questo esto non tende per nulla a vietare qualcosa, che la sua formulazione è indubbiamente un po' maldestra e anche ambigua e che io ho voluto interpretarla nel modo meno indulgente. Esso voleva semplicemente affermare che determinati fatti (la politica di sterminio, l'utilizzazione massiccia delle camere a gas) sono noti, che molteplici prove assolutamente convincenti sono a disposizione del pubblico e che è assurdo voler negare l'evidenza. E si richiamano gli scritti che mettono in causa l'esistenza fisica di Gesù di Nazareth, di Giovanna d'Arco, di Napoleone, ecc. Trovo che l'analogia sia divertente, niente di più. Insomma, mi si dice che non ci si deve preoccupare e, intervenendo in un dibattito sull'esistenza delle camere a gas, che "non ci può essere dibattito" al riguardo. La contraddizione non è di poco peso. Se scrivo che il generale De Gaulle non è mai esistito, dubito che "Le Monde" impegni parecchie pagine per confutarmi. Se, di conseguenza, mi si dicesse che esistono dei limiti ad un dibattito storico, sarei d'accordo. Ci sono sicuramente affermazioni che non val la pena discutere.

    Occorre che i dati di base siano chiari per tutti, studiati in modo pressoché esauriente e che la discussione sulla ricostruzione dei fatti sia stata portata a termine. Poi si sviluppa il gioco delle interpretazioni. Che cos'è una discussione in questo caso? L'esame degli argomenti: la loro valutazione, il loro rifiuto o la loro accettazione secondo ragioni esplicite, ad esempio secondo l'analisi delle compatibilità con il contesto.

    Il dibattito che si svolge su "Le Monde" non è una discussione in questo senso (se non, ruolto parzialmente, nel caso di due articoli di G. Wellers). La dichiarazione degli storici ostenta la sua bandiera: ecco la versione dei fatti, così come noi la sottoscriviamo; sull'oggetto del dibattAo non si discute perché, essendo escluso dalla nostra interpretazione, esso non esiste. La difficoltà, quel

    [104]

    la di rispondere a Faurisson (è quanto si aspettano certi lettori), viene aggirata perché si dice che non c'è bisogno di rispondergli (è quanto si aspettano altri lettori). Non stupisce che la conclusione di questa dichiarazione sia grossolana o ambigua. Se non lo fosse, la scelta sarebbe tra due posizioni ugualmente brutali: o "tutto ciò è idiota perché non quadra con la nostra interpretazione", oppure "ci dà fastidio, ci sconvolge per motivi personali, sconfina nell'indicibile, non sopportiamo una discussione che offende ciò che di più sacro sentiamo".

    Ritornerò sulla prima conclusione implicita e la criticherò. Quanto alla seconda, non mi si farà il torto di credere che io non sia consapevole di tutie le emozioni che può sollevare, e la trovo perfettamente comprensibile. Osservo del resto che l'emozione più viva si riscontra in coloro che non hanno conosciuto la deportazione. I deportati, quelli che conosco, sono consci di aver sperimentato solo aspelti particolari della deportazione e non si riconoscono sempre negli scritti che ne parlano. Vorrei tornare su questa seconda conclusione implicita della dichiarazione, in quanto mette gli autori nella difficile posizione di dover spiegare a fondo che non ne vogliono parlare, quanto meno in un modo che si allontani dall'ortodossia. Avrebbero potuto preferire il silenzio, trattare quest'affare con disprezzo, e sono persuaso dell'esistenza di questo atteggiamenio. Lo comprendo e potrei anche approvarlo. Non vedo in nome di che cosa ci si dovrebbe sempre sottomettere a tutte le ridiscussioni portate dall'aria dei tempo. Ci si può trincerare nelle proprie certezze e rifiutare cortesemente un dibattito che si ritiene inutile e doloroso. Ma se decidete di intervenire, se l'ansia di convincere vi tormenta, allora dovete essere pronti a spiegarvi su tutto, a mettere in vetrina la merce, a subire i colpi di spillo della critica.

    Uno dei firmatari della dichiarazione, per sintetizzare il suo atteggiamento sul senso di questa faccenda, mi ha detto: "Coloro che prendono a bersaglio ciò che gli ebrei hanno di più sacro, sono degli antisemiti", allusione a quello che adesso viene chiamato, con un termine preso dai rituali, l'olocausto. E' facile essere chiari su questo punte: l'affermazione non si può assolutamente condividere. Che ciascuno metta il sacro dove vuole, sta bene. Che imponga ad altri di rispettarlo come articolo di fede, no. Per un materialista, il sacro non è che una categoria mentale tra le al-

    [105]

    tre, di cui si può anche seguire l'evoluzione storica. Non si può far finta di riverire tutte le proteiformi sacralità generate dall'insieme delle credenze umane. Non sarebbe neppure saggio scegliere. Mi basta che si rispettino gli individui in carne ed ossa e la loro libertà materiale e morale. Forse non è inutile, mentre l'ultimo grido della moda è il ritorno al religioso, nel quale si mescolano allegramente gli ayatollah e le svendite "giudeocristiane" del primo efebo arrivato, riaffermare che nessuna credenza è in sé rispettabile. Ciascuno faccia i conti con le sue e con quelle degli altri. Né dio, né padrone. E' il minimo che si possa chiedere in una società laica. Liberi gli idolatri di non ascoltare gli spregiatori degli idoli. Mi si obietterà forse che, tra l'assenza di rispetto per il sacro altrui e il passaggio all'azione per impedire una credenza, non c'è che un passo. In realtà, non si abbattono gli idoli che per sostituirli con feticci e si è visto che le rivoluzioni hanno fatto assai presto a riempire a loro vantaggio le forme di un sacro che dapprima hanno cercato di svuotare del loro contenuto. L'uomo è credente, si dice dappertutto, e lo sono forse anch'io perché credo che non lo dovrebbe essere.

    Esiste, per dissolvere l'aura del sacro attorno al fenomeno nazista, un'altra ragione, più contingente, ma definitiva: il tempo che passa.

    Ma dobbiamo rispondere anche a un'ulteriore obiezione, che è la specificità del destino degli ebrei, soprattutto nel modo in cui si è manifestata durante il periodo nazista. Ciò che forse vale, relativamente, per il sacro altrui, non varrebbe per il destino degli ebrei, in quanto fenomeno unico, di cui il resto dell'umanità dovrebbe render conto al popolo ebraico. Occorre anche qui dire quindi che il destino di uomini o gruppi ci uomini e singolare e che la specificità degli uni è pressappoco ermetica alla specificità degli altri. Per me, che non conosco altra patria se non l'arcipelago delle amicizie e degli incontri, che ho fatto di tutto un po' e in diversi continenti, un uomo vale un uomo. Ciò che gli uomini hanno in comune, ciò che è confrontabile tra l'uno e l'altro, è ben poco e vale poco. Sono le singolarità, altrimenti ricche, mescolate, giustapposte, appena trasmissibili, a costituire la trama reale delle nostre erranze. Parlando d'esperienza. non concepisco che si possa credere che ci sia maggior gloria o sfortuna ad essere ebreo, o zuIù, o melanesiano, o mnong, con le estreme differenze che

    [106]

    comportano queste appartenenze, più o meno volute e fatte proprie. Non mi piacciono queste idee generali che arrivano come obici da 75. Diventiamo tutti troppo equivoci e disparati, per sopportare ancora a lungo queste vecchie chimere: voi siete questo, io sono quest'altro...

    Non è che a prezzo di un rimedio teologico, confessato o no, che si può così singolarizzare un gruppo ed assegnargli un ruolo distimivo. E facile capire come un'ideologia fondata sulla nozione di elezione predisponga all'affermazione di una specificità irriducibile. Ma qualsiasi gruppo umano è portato a recitare la propria teofania, in nome di un'interiorità che non s'accorda con nessun'altra. Se ne può scegliere una, oppure non sceglieme nessuna.

    Nessuno negherà che esiste quasi un'esitazione, o persino censura, nei riguardi di qualsiasi discorso sugli ebrei o su degli ebrei, o sul sionismo, o su Israele, se la parola pronunciata non è stata prima di tutto, in un modo o nell'altro, autorizzata. Per ascoltarla, occorre sapere, come si dice, da dove arriva. Senza una sanzione appropriata, senza un visto di legittimazione, ogni discorso su questo tema è votato alla forca, consegnato al sospetto. Si giunge così a sentire argomenti che, sostenuti da un ebreo, il quale ad esempio critichi il sionismo o qualche atteggiamento delle istituzioni ebraiche, sono considerati intollerabili sulla bocca di un gentile, previo accordo in proposito tra ebrei e non ebrei. Il termine stesso di "ebreo" è stato per lungo tempo evitato nel vocabolario della sinistra. Per ottenere l'autorizzazione, un discorso che tratti di un aspetto qualsiasi dell'ebraicità deve unirsi Ld una colpevolezza, ossia deve trasferire quella dei colpevoli veri (i nazisti, i loro sostenitori e gli antisemiti) su coloro che non lo sono, ma che devono farsene carico perché parte di una collettività che ha generato tali colpevoli. Il grande referente, d'uso universale, è Auschwitz. E' la parola d'ordine, il simbolo che apre le porte. Aprite un giornale, un giorno qualsiasi, e vi troverete citato il nome di Auschwitz in rapporto a qualunque cosa. Esso dice tutto.

    E, naturalmente, non dice nulla. Che cosa succederà se, per un rifiute che mi è abituale verso ciò che sembra una semplice convenzione, io mi metto a considerare la realtà di ciò che è stata questa tetra pianura, a cercare di comprendere che cosa è stata l'edificazione di quella che si configura storicamente anzitutto come una

    [107]

    gigantesca impresa industriale e politica? Se, dietro al simbolo, cerco i fatti, ai quali sarei tentato di applicare i metodi di comprensione di cui farei uso in altre occasioni? Sono un freddo mostro, a pretendere di continuare a ragionare dinanzi all'insostenibile spettacolo dell'orrore?

    Se si tratta poi, davvero, di far sapere alle giovani generazioni ciò che è accaduto affinché "non succeda più", bisogna mostrar loro la verità tanto da vicino che la possano stringere, eliminando dall'immagine della deportazione tutti i miti che la ricoprono e rispondendo il più chiaramente possibile a tutte le domande che non mancheranno di essere formulate. E' certamente questo il rispetto che si deve a chi ha sofferto. Ogni indignazione che non avesse per ragione esclusiva la ricerca della verità, con ciò che questa comporta di dubbio, avrebbe sicuramente un significato politico tagliato più sul presente che sul passato: occorrerebbe trattarla come un procedimento polemico che utilizzi, a torto, la sofferenza degli altri. Per il momento, osservo che questo aspetto politico e, nolens volens, polemico rischia di essere quello dominante. Domando quindi, per essere un po' metodico, che si sospenda per un attimo il giudizio politico, in modo che ci si possa chiedere se esiste una ragione per porsi il problema delle camere a gas in termini di fattualità storica.

    1 L'aspetto storico

    Una ragione per farlo c'è, secondo me molto semplice e che nessuno contesterà: tra i testimoni, tra i deportati, tra i nazisti accusati dinanzi ai tribunali alleati e tra gli storici che hanno tentato di sintetizzare la storia della deportazione sono esistiti ed esistono ancora disaccordi profondi a proposito dell'installazione, del funzionamento e dell'esistenza stessa di alcune camere a gas.

    Possiamo farcene un'idea leggendo le tre paginette (su 667) che Olga Wormser-Migot dedica al "problema delle camere a gas" nella sua tesi sul Système concentrationnaire nazi, 1933-1945 (PUF, Parigi 1968, pp. 541-544). Non vi si parla che di Mauthausen e di Ravensbrück; l'autrice osserva che le testimonianze si contraddicono, che in genere sono piene di inverosimiglianze, che i comandanti dei campi osembrano aver rincarato l'orrore" (p. 540)

    [108]

    nel corso dei loro processi e che le loro "confessioni" (virgolette di O. W.-M.) le sembrano "molto strane" (pp. 543-544). A proposito delle testimonianze che collocano camere a gas a Mauthausen e a Oranienburg, ella scrive: "queste affermazioni ci paiono aver carattere di leggenda". Quanto a Ravensbrück, dove la camera a gas sarebbe stata una "baracca di legno" (secondo Marie-Claude Vaillant-Couturier), "si noterà infine che le dichiarazioni sull' esistenza della camera a gas di Ravensbrück la situano a partire dal febbraio 1945, data dell'arrivo degli evacuati da Auschwitz" (p. 544), affermazione che viene d'altronde contestata.

    Questi brani di una storica che ha dedicato anni alla ricerca, hanno dolorosamente scosso Germaine Tillion, famosa etnologa, lei stessa deportata a Ravensbrück perché impegnata nella resistenza. La Tillion, fin dal suo arrivo nel campo e dopo la liberazione, ha raccolto quel che ha potuto, quanto a dati sui deportati e sul funzionamento del campo. Con un lavoro di censiderevole pazienza e con grande prudenza metodologica, è arrivata a ricostruire buona parte della storia di questo campo femminile. Ad esempio, dimostra che certi ricordi precisi sono del tutto falsi, o spostati nel tempo o nello spazio. Per stabilire un fatto, anche minimo, occorrono numerosi controlli incrociati. E quindi notevole che ccncluda ricordando che l'esistenza della camera a gas non era messa in dubbio da nessuno (sicuramente non dalle SS dei campo durante il loro processo) e non dandone alcuna prova certa, al punto di non farla figurare sulla pianta, pur particolareggiata, del campo, che allega (pp. 272-3). Si comprende, leggendo questo libro serio e commovente, che l'autrice non riesce a pensare di dover fornire delle prove di ciò che le sembra tanto manifestamente ed evidentemente vero.

    Gli storici di professione si pongono però da un altro punto di vista e considerano questa camera a gas come inesistente. Andando un po' più indietro nel tempo, ci si rende conto che vi sono delle testimonianze, registrate a Norimberga e altrove, su camere a gas che la maggior parte degli storici, tra i più ostili all'idea che le camere in questione non siano esistite, oggi non considerano più come esistile. Il direttore dell'ufficialissimo Institut für Zeilgeschichte di Monaco ha scritto nel 1960 che non ci fu alcun "annientamento di massa di ebrei col gas" nel "vecchio Reich", ma che ce n'erano stati nei territori occupati della Polonia, in particolare ad

    [109]

    Auschwitz-Birkenau, Sobibor, Treblinka, Chelmo e Belzec. Alcuni obietteranno che questa dichiarazione non esclude le gassazioni "non di massa" o le gassazioni di nonebrei, come a Dachau, dove, sembra, la percentuale di ebrei era bassa. Ma la lettera di Broszat si intitola Keine Vergasung in Dachau, in risposta ad un articolo precedentemente apparso sullo stesso giornale.

    Se si accetta la tesi secondo la quale le camere a gas hanno funzionato solo nei territori polacchi, bisogna eliminare dal catalogo delle infamie naziste quelle che vengono tuttavia citate, e anche confermate, a Dachau, Struthof (in Alsazia), Ravensbrück, Mauthausen-Hartheim, e moltissime altre ancora. Le autorità hanno finito con l'apporre un cartello sulla pretesa camera a gas nel campo di Dachau, precisando che essa non è mai entrata in funzione. Germaine Tillion ci presenta tuttavia il rapporto di Albert Fribourg, ingegnere chimico, capitano e membro della missione militare francese al seguito dell'US Army, che ha visitato Dachau sei giorni dopo la liberazione del campo stesso nell'aprile del 1945 (pp. 24925 1), il quale dice invece che funzionava.

    Allora, che cosa credere? Come potrà orientarsi un profano in questi documenti, tutti sulle prime convincenti, che presentano tesi così manifestamente contraddittorie? Ci si può fidare di queste "opere di seconda mano che esigono dai loro autori moltissima pazienza, tempo, merito, perché, per non perdersi in questo guazzabuglio sanguinolento, bisogna decifrare innumerevoli scartoffie incredibilmente noiose, le più importanti delle quali sono state falsificate" (parole di Germaine Tillion)? In quale labirinto siamo capitati? Tutti gli autori affermano che esistono queste falsificazioni, ma non si accordano per identificarle. Per fare un po' il punto sulle nostre conoscenze di questo periodo tremendo, così vicino e così lontano, ci si può rifare a uno tra coloro che più hanno studiato la questione, Léon Poliakov, e leggere quanto segue dalla nuova prefazione che ha scritto nel 1974 per la ristampa del suo classico Bréviaire de la haine (Le livre de poche, 1974, pp. 1213, prima ed. 1951):


    Si verifica quindi uno stato di cose sorprendente. Da un lato il genocidio hitleriano è diventato uno dei grandi miti del mondo contemporaneo, ancora oggi difficilmente dissociabile da ogni presa di posizione politica o etica di fronte agli ebrei e che le
    [110]
    chiese o i capi di Stato o gli studenti parigini in rivolta o i moralisti ed i romanzieri di tutti i paesi hanno evocato in tanti modi diversi. D'altra parte, malgrado l'interesse costante nutrito dal grande pubblico per la storia della seconda guerra mondiale, malgrado il processo Eichmann e malgrado il recente rinnovamento della produzione storica riguardante lo stesso Hitler, gli storici, universitari e non, si disinteressano della sua impresa più specifica, quella che ha fatto del suo nome uno spauracchio ed un insulto. Di conseguenza, le nostre conoscenze sulla soluzione finale della questione ebraica sono progredite di meno nel corso degli ultimi venticinque anni rispetto a quelle che possiamo avere sulla notte di San Bartolomeo o sull'antico Egitto.
    Perché questa reticenza dei ricercatori, complementare alla capacità di dimenticare da parte del pubblico? Non sarà per un diffuso senso di colpevolezza, a causa del quale anche l'antisemitismo dal 1945 è colpito da interdizione o camuffato sotto altri vocaboli? Sarebbe allora lo stesso terrore che lo fa censurare con estrema severità (sintomo, per lo psicologo, della sua presenza nascosta in fondo ai cuori) e che sconsiglia di conoscere ciò che è realmente accaduto agli ebrei, o come agivano i loro carnefici e perché lo diventarono. [Posso sottolineare questo "come" e questo "perché"?]. Tale sembra essere il legame tra l'impopolarità dell'argomento e la proscrízione della parola, se non della cosa; è quindi ad una censura oppure a resistenze di questo tipo, ma proiettate verso il passato, che si deve attribuire la tendenza a non soffermarsi su questo "lato cattivo" della storia.

    Non lascia insensibili vedere lo stesso Léon Poliakov che pare qui augurare ricerche nuove, più approfondite, che studino il come e il perché, prive di quella "colpevolezza diffusa" che censura l'argomento tra i firmatari della dichiarazione dei trentaquattro ed esserne perfino uno dei promotori, come si dice in diritto canonico. Non dispiaccia a questi nuovi conformisti: è in corso un aspro dibattito tra autori che professano principi assai simili. Non auspicano forse, loro che lo fanno per mestiere, di fare strame delle leggende, delle false testimonianze, delle "falsificazioni" che ottenebrano queste questioni fattuali? Planchais, che redige il cappello della dichiarazione degli storici, è sicuramente colpevole di leggerezza quando scrive: "Che non ci siano state camere a gas in tutti i campi di concentramento, anche in alcuni di quelli nei quali le si vucle mostrare ai pellegrini ed ai turisti, è un fatto riconosciuto dagIL specialisti e dai testimoni diretti". E'

    [111]

    falso; o Planchais non è informato dell'esistenza di questi dissensi, oppure li passa sotto silenzio.

    E se la tendenza della ricerca contemporanea, convalidata dai trentaquattro, che ignorano il dibattito più sopra ricordato, consiste nel respingere verso l'Est questi simboli dell'omicidio di massa, introducendo una distinzione tra campi "di sterminio" e campi "di concentramento" (sola parola storicamente accertata), distinzione che l'amministrazione tedesca non ha mai applicato, è allora del tutto illegittimo volersi assicurare che stavolta i documenti non siano falsificati, che i testimoni non abbiano commesso errori, che le confessioni giudiziarie provengano tutte da una buonafede controllabile, che siano finalmente messi un po' d'ordine e della serietà nella critica particolarmente attenta richiesta per una documentazione da cui la verità appare tanto fuggevole, che sia finalmente messo a punto un metodo per discriminare tra le false prove riguardanti l'esistenza di camere a gas nei campi dell'Ovest e le altre, spesso di identica origine, riguardanti i campi dell'Est? Come si potrà evitare di porsi delle domande sul modo in cui operò il Tribunale di Norimberga ("Norimberga aveva un difetto: era stato insediato dai vincitori che giudicavano un vinto", disse Jean-Paul Sartre). Come si potranno eludere delle domande sul valore della documentazione prodotta dai sovietici? "Dopo la liberazione del campo di Auschwitz, la commissione straordinaria di Stato dell'Unione Sovietica per l'esame dei crimini tedeschi, presieduta dal generale Dmitrij J. Kudrjatsev, si è immediatamente messa all'opera". In quel periodo di apogeo stalinista, i più bei titoli di gloria dei giuristi sovietici erano ancora i processi di Mosca. C'è mancato poco che a Norimberga gli stessi giuristi sovietici non riuscissero a rifilare ai nazisti la responsabilità dei massacri di ufficiali polacchi a Katyn, le cui fosse comuni furono scoperte solo dall'avanzata dell'esercito tedesco. Ma su quel piano, stranamente, gente pur prevenuta pare dispostissima a fare affidamento sui sovietici e sui polacchi, il ben noto antisemitismo dei quali garantirebbe allora l'onestà, sempre tenendo presente che l'antisemitismo dei nazisti garantirebbe l'inverso. Quale serietà!

    Ho l'impressione che Poliakov, nella frase sopra riportata, descriva un fenomeno che assomiglia ad una "storiografia bloccata". Si potrebbe parlare a lungo delle cause storiche di ciò, o, meglio, della immobilizzazione della storiografia sulla realtà dell'immediato

    [112]

    dopoguerra, periodo di ricostruzione sia materiale sia ideologica. Bisognerebbe parlare dell'atmosfera di quel periodo, del monopolio che si arrogavano i comunisti ed i loro compagni di strada su tutti gli aspetti della guerra e della resistenza, sui terrori e le infamie che sono seguite sotto il nome di epurazione.

    Il comune mortale, indubbiamente, crede, come ho creduto io per tanto tempo, che sul tema della politica nazista di sterminio si disponga di una vasta quantità di documenti e di informazioni veri ficabili. Abbondanza di prove titola un articolo di Georges Wellers, esperto in materia ("Le Monde", 29 dicembre 1978). Francois Delpech, che espone con tutta semplicità La verità sulla "soluzione finale" ("Le Monde", 8 marzo 1979) parla di "molteplicità di testimonianze, di documenti e di opere di ogni tipo". Questa non è, evidentemente, l'opinione di un altro specialista, Léon Poliakov:

    Solo la campagna di sterminio degli ebrei, per quanto riguarda la sua concezione, come per molti altri aspetti essenziali, rimane immersa nella nebbia. Inferenze e considerazioni psicologiche, resoconti di terza o quarta mano, ci permettono di ricostruime lo sviluppo con notevole verosimiglianza. Certi particolari, tuttavia, rimarranno sconosciuti per sempre. Per quel che riguarda la concezione propriamente detta del piano di sterminio totale, i tre o quattro protagonisti si sono suicidati nel maggio 1945. Non è rimasto, né forse è mai esistito, alcun documento. Questo è il segreto con cui i capi del III Reich, per quanto cinici e millantatori siano stati in altre occasioni, hanno circondato il loro massimo crimine.

    Per quale altro argomento ci si contenterebbe di considerazioni psicologiche e di resoconti di terza o quarta mano per definire la ricostruzione notevolmente verosimile? Non appare un'inverosimiglianza psicologica la stessa ultima frase citata? Non posso accontentarmi di questo genere di affermazioni. Non dico che Poliakov abbia torto, o che abbia ragione, ma egli ci offre tutti i motivi per considerare ipotesi quelle che ci presenta come conclusioni. Queste ipotesi sarebbero quindi da verificare con altri mezzi perché, ci viene detto, non esistono documenti, cosa difficilmente credibile se si ha qualche cognizione del funzionamento della mace hina amministrativa tedesca.

    Si è quindi sviluppata, in margine alle istituzioni, un'altra scuola, che viene chiamata revisionista, molto eterogenea d'altronde, il cui

    [113]

    denominatore comune mi pare l'insistenza sul fatto che una parte dell'idea che ci facciamo della Germania nazista derivi direttamente dalla propaganda di guerra alleata, propaganda che non era molto più rispettosa della verità dì quella di coloro che contrastava. Nessuno del resto negherà che qiesta propaganda ci sia stata, né che abbia potuto avere un accentuato aspetto menzognero. Il "mondo libero" ci ha abituato, in occasione delle sue guerre imperiali, a campagne di manipolazione molto efficaci: la guerra d'Algeria, le operazioni della CIA, l'Indocina, ecc. Si potrebbero moltiplicare gli esempi ad nauseam. Lo sanno tutti, ma forse non si ha la consapevolezza che gli effetti di una propaganda non si esauriscono dopo che è stato vissuto l'evento che rie ha provocato lo sviluppo. Per quanto concerne la Germania nazista, sembra che nessuno si sia dato la pena di delimitare chiaramente ciò che è propaganda, invenzione dei testimoni, affabulazione ufficiale e ciò che rientra nella categoria dei fatti verificabili.

    Ma quest'operazione è stata fatta per la prima guerra mondiale e potrebbe servire come modello.

    Qui non possiamo dibattere a fondo l'argomento. Non sono uno storico della Germania, ma il problema consiste proprio nel fatto che questa corrente non è riconosciuta, che la sua esistenza viene soffocata dalla stampa. Il caso Faurisson sembrava proprio una specie di sfondamento della scuola revisionista, tanto più brusco e inopinato in quanto essa era soffocata da lungo tempo. Occorre conoscerla un po' per comprendere la critica che le rivolge Francois Delpech:

    I "revisionisti" utilizzano un vecchio metodo politico di cui è inutile dimostrare l'efficacia: l'ipercritica. Il procedimento consiste nel cercare, all'interno dell'immensa letteratura dedicata alla persecuzione nazista, forzatantente molto disuguale, errori o esagerazioni, che vengono gonfiati e sottolineati all'infinito per gettare il sospetto sull'insieme e negare tutto in blocco.
    E' da parecchio tempo che gli storici denunciano la critica esagerata e considerano vero o molto probabile ogni fatto testimoniato da due fonti indipendenti e bene informate, con riserva di ulteriore verifica. Essi accettano di buon grado e persino auspicano le obiezioni e le ridiscussioni, purché siano ragionevoli e fondate su argomenti seri. Non è il caso dell'odierna campagna che tende a far dubitare della realtà dell'olocausto. E' comunque
    [114]
    rischioso rispondere all'ipereritica, perché è possibile affogare nel particolare e perdere di vista l'insieme.

    Si può, in principio, risporidere che la nozione di ipercritica viene impiegata di rado in quanto essa è instabile e perfino, in certo qual modo, contraddittoria. Se, come dice il vocabolario, significa "critica minuziosa, esercizio sistematico del dubbio" non vi è nulla di veramente riprovevole. Cartesio era quindi un ipereritico. Se si vuol dire che la critica non è più la critica, che il dubbio non è più il dubbio, perché negare l'evidenza non è un dubbio ma una certezza, allora la parola non ha neppure più senso. Ma andiamo avanti.

    E' divertente vedere attribuita agli storici l'idea ingenua della deontologia giornalistica, con la faccenda delle due fonti indipendenti che si confermano. Nessuno lavora con un simile metodo. Ci sono le fonti buone e le fonti cattive e l'astuzia sta nel valutarle in modo corretto, in quanto evidentemente non è quasi mai possibile assicurarsi che due fonti siano indipendenti l'una dall'altra. Ma mi colpiscono soprattutto le parole "con riserva di ulteriore verifica". Ulteriore rispetto a che cosa? Non è forse la porta aperta alla ridiscussione, se per caso la verifica tarda o si rivela impossibile? Osserviamo anche l'onestà che consiste nell'auspicare le "obiezioni e le ridiscussioni" fondate su "argomenti seri". Si potrebbe credere che lo storico, impegnato a dissipare ogni dubbio, voglia dimostrare che gli argomenti di Faurisson non sono seri e non resistono all'analisi. "Non è il caso", dice a definitiva confutazione, e aggiunge che si rischierebbe di "affogare nel particolare". Ecco dunque buona parte dei suoi colleghi condannati alla disoccupazione per aver commesso l'effore di dedicarsi ai dettagli. Si sarà capito che l'ipercritica si rivela preziosissima per salvarsi dall'annegamento, cui non si esita a condannare il pesce.

    La cosa più incredibile, quindi, per chi si occupa di questo problema, è, tra l'enormità dei fatti e la generalità della loro rappresentazione, la ristrettezza delle fonti, se si scarta la massa di testimoni che non hanno visto, ma hanno sentito dire. E' davvero stupefacente constatare che il pezzo forte è l'insieme delle confessioni dei comandanti dei campi tedeschi passati dinanzi ai tribunali alleati. Se si vuole per un istante immaginare la situazione di questi uomini vinti, che si giocavano la vita nelle mani dei loro carcerieri, un piccolo gioco in cui verità e menzogna erano gli elementi

    [115]

    di base di una tattica di sopravvivenza, non ci si può dire pronti a prendere tutte le loro dichiarazioni per oro colato. Ma che cosa prendere e che cosa lasciare? Non esistono studi esaurienti di tutti i processi fatti ai responsabili nazisti in Germania, in Polonia, nell'URSS, in Francia, ecc. Non tutti hanno accesso agli archivi, ma tutti possono procurarsi un brivido di spirito critico rileggendo le confessioni di Hóss, uno dei comandanti di Auseliwitz, possono rilevame le incoerenze e le stranezze, tenendo presente che scriveva in prigione con l'assistenza di un giudice istruttore polacco, prima del suo processo e con la prospettiva della forca. Ecco un piccolo esercizio di critica alla portata di tutti e molto salutare.

    Altri documenti provengono da testimoni involontari od occasionali; i più noti sono Gerstein, Kremer, Nyiszli, ecc. Non spetta a me entrare nel vivo dell'argomento. Dirò soltanto che le stranezze abbondano, che sono certamente note agli autori che basano le loro tesi su queste testimonianze e che vi appiccicano spiegazioni che sono, a mio avviso, discutibili, ossia che si dovrebbero sottoporre a verifica. E' una parte importante del dibattito, che in realtà non si è svolto.

    Gli elementi nuovi, in campo documentario, sono rari. Tuttavia, come prevedeva l'autore revisionista americano A.R. Butz, i servizi segreti americani avevano nei loro archivi delle foto aeree, prese nel 1944 a bassa quota, del complesso di Auschwitz. Tecnici della CIA ne hanno pubblicato una serie che si sono sforzati di confrontare con gli elementi storiografici forniti dalle commissioni d'inchiesta polacche. Queste foto risalgono al 4 aprile, al 26 giugno, al 26 luglio e al 25 settembre, ossia a quando, se si rilegge Léon Poliakov, le cremazioni raggiungevano le cifre più elevate: da 12.000 a 15.000 al giorno in maggio - giugno e perfino 22.000, secondo la testimonianza del dottor Robert Lévy (citato da Poliakov, il quale osserva che secondo una fonte polacca la capacità dei crematori era di 12.000 cadaveri al giorno e riporta l'indicazione di Höss su una capacità massima di 4.000; nessun commento sull'incoerenza assoluta tra tutte le cifre; corne se non se ne rendesse conto. Al lettore decidere). Le foto mostrano i dintorni dei crematori deserti. Niente folla, niente agitazione visibile, nessuna attività. Si vede una volta un gruppo di detenuti vicino ad un treno non lontano dai crematori. Il testo annota: "Benché i superstiti ricordino che fumo e fiamme uscivano continuamente dai

    [116]

    camini deì crematori e che erano visibili a chilometri di distanza, la fotografia che abbiamo esaminato non ne fornisce alcuna prova" (p. 11). Il resto è simile. I due esaminatori, che hanno il testo polacco tra le mani, evidentemente non si sognano neppure per un istante di mettere in dubbio alcunché. Cercano semplicemente di reperire sulle foto gli elementi d'informazione che possiedono, ma, stranamente, queste foto non servono a nulla. Se ne ricava tutt'al più che non confermano quanto è scritto circa l'utilizzazione dei crematori. Senza essere dei maniaci dell'ipercritica, si può auspicare che simili contraddizioni non vengano semplicemente lasciate così come sono.

    Il L'aria del tempo, il tempo si copre

    Sento l'obbligo di partecipare al lettore le convinzioni che un breve studio di questo enorme dossier ha suscitato in me. Una sola, inflessibile, solidissima: si può dubitare che le cose siano avvenute in questo modo. La versione della storia dello sterminio così come viene presentata nella dichiarazione degli storici e nell'articolo di Francois Delpech, che riprendono quella di Poliakov e di numerosissimi libri, la quale a sua volta riprende i lavori un po' affrettati, non esenti da certi pregiudizi, del Tribunale militare interalleato di Norimberga, questa versione, che ha tutti i caratteri di un credo universale, mi sembra soffrire di sorprendenti fragilità. Ha le virtù di un'ipotesi coerente in apparenza, confortata da documenti interpretati sele(tivamente. Non si è pensato che sono ugualmente possibili e ragionevoli altre interpretazioni. Questa versione delle cose lascia troppe domande senza risposta per poter essere considerata da esseri razionali come definitivamente accettabile.

    Per il resto, non so. Ci sono state camere a gas ad Auschwitz e altrove? Faurisson e altri pensano di no. Conosco le loro argomentazioni, conosco quelle di coloro che sostengono il contrario, sono incapace di decidere. Perché poi, anche se ci si potesse assicurare che era impossibile che le cose avvenissero come sostengono le testimonianze di valore dubbio, potrebbe essere accaduto qualcos'altro, ad un ritmo meno rapido, su scala più ridotta. Non vedo come, allo stato delle ricerche, potrei in coscienza decidere. Sarà compito, credo, di una prossima generazione di storici di professione.

    [117]

    Ci sono state deportazioni e morti in quantità enormi. Le cifre che se ne danno sono semplici stime e le discordanze al riguardo sono notevoli. Sulla base della certezza che l'enonne maggioranza dei deportati ebrei sia stata gassata, non si è mai fatta una ricerca seria su ciò che è capitato ai deportati dopo la loro partenza, su scala globale. Le cifre stesse della deportazione non sono note che con estrema imprecisione. Si sa ad esempio che un istituto ufficiale francese si rifiuta di renderle pubbliche. Per altri paesi, non si sa nemmeno se i dati siano stati raccolti. Sicuramente ci sono state gassazioni artigianali, ma la questione dei metodi industriali di sterminio non viene discussa in modo da rispondere a tutte le domande che ci si sente in diritto di porre sul funzionamento di ogni altra impresa industriale, in un altro contesto. E' ciò che ho chiamato il come del perché. (Come osserva R. Faurisson, nessun tribunale ha mai ordinato una perizia tecnica di una camera a gas. Non pare nemmeno che sia stato sollecitato il parere di ingegneri o di chimici sul funzionamento di complessi "crematorio-camera a gas" e sui particolari tecnici del loro funzionamento; l'uso di gas cianidrico come disinfettante è tuttavia ben conosciuto: ci sono norme per la sua utilizzazione in numerosi eserciti ed amministrazioni civili risalenti a prima della seconda guerra mondiale.) Tutto ciò converge verso un insieme di dubbi lan2inanti, che include ma supera la specifica questione dell'esistenza delle camere a gas. Se si vuole riconoscere, a me come ad altri, il diritto di sapere, si farebbe bene a non frapporre ostacoli, a non porre condizioni ad inchieste che dovranno un giorno dissipare la "nebbia" di cui parla Poliakov.

    Molti tra i miei amici sono spaventati. Che io lo voglia o no, mi dicono, anche con le più nobili rnotivazioni, sollevare questo genere di domande rimette in forse la realtà del genocidio, dà argomenti agli antisemiti e aiuta la destra. Inoltre, aggiungono i più preoccupati per la mia tranquillità, tu stesso sarai associato agli antisemiti.

    Pesante responsabilità, gravi rischi davvero, se per caso avessero ragione loro. Che cosa si può fare contro delle voci, contro delle deformazioni, dovute forse a sincera indignazione, a perfidie in cui i sentimenti s'accavallano? Non sono uno che ricorre ai tribunali, non mi batterei, non stimo tanto colui che insulta da rendergli la pariglia. Non ho, come protezione, che il buon senso altrui, la certezza che un malinteso si può dissipare con un po' di buona

    [118]

    volontà e soprattutto l'assicurazione che si può vivere con i propri simili anche sopportando dei disaccordi. Dopo tutto, non c'è molta gente della mia generazione politica con cui mi sia sentito sempre d'accordo su tutto. L'affare non è quindi personale, ma, di fronte all'insistenza, che i miei scritti rispondano per me. Respingo anche l'idea che si potrebbero offrire argomenti agli antisemiti. Costoro non ne hanno bisogno: dietro di loro hanno una solida tradizione di falsi, di menzogne e di calunnie, più che sufficiente.

    Aiutare la destra è invece un'obiezione che merita di essere analizzata Si osserverà innanzitutto che non si tratterebbe certo di un aiuto diretto. Ma semplifichiamo ancora l'obiezione, riducendola al suo nucleo centrale: togliere un crimine enorme dal catalogo delle ignominie naziste significherebbe riabilitare il III Reich o "banalizzarlo", collocandolo sullo stesso piano di altri regimi politici. Ma questa è confusione: si attribuisce agli autori che mettono in dubbio l'esistenza delle camere a gas l'intenzione di mettere in dubbio tutti gli altri orrori, molto meglio conosciuti e verificati. Non è che un procedimento polemico. Per quanti vogliano combattere la peste bruna per non vederne mai più il ritorno, il problema sta nel valutare il mezzo a ciò adeguato: accumulare il massimo di storie atroci, col rischio di vedersi rinfacciare delle esagerazioni o anche delle invenzioni, oppure delimitare un insieme di verità inconfutabili, forse meno stupefacenti per la fantasia, ma indubitabili.

    Ho così constatato con sorpresa che nella letteratura specializzata non si fa mai menzione di un fatto di cui ho intess o parlare mille volte: il sapone che sarebbe stato fabbricato coi cadaveri degli ebrei. Ma queste saponette sono state viste. Confesso di provare un certo sollievo all'idea che questi oggetti ripugnanti siano mitici come i chiodi della santa croce, i peli della barba del profeta, il dente di Buddha, che ho visto qua e là.

    Osservo anche che uno dei trentaquattro storici firmatari, E. Le Roy Ladurie, riprendendo le cifre fornite da un demografo sovietico dissidente che imputa allo stalinismo un'eliminazione netta di 17 milioni di persone, apporta un po' di sollievo: scartando calcoli di fantasia e incredibili come quelli di Solzenicyn (60 milioni), egli circoscrive il fenomeno, cerca di renderlo intellegibile e fornisce una base molto più probabile e verosimile per un giudizio, per una valutazione morale e politica. Nessuno, mi sembra, ha accusato Le Roy Ladurie di volere in certo qual modo "banalizzare"

    [119]

    lo stalinismo o riabilitarlo. Si sa d'altronde che egli ne è guarito. Si nota invece che si tratta di stabilire un elemento incontestabile e tanto più schiacciante di questo fenomeno, in un processo che è tutto da istruire, in quanto i successori di Chruscëv vi hanno rinunciato.

    Allora, due pesi, due misure? Non credo. La differenza è che le affermazioni di Le Roy Ladurie riprendono quelle di un dissidente sovietico dal quale ci si aspetterebbe che faccia piuttosto come Solìenicyn, cioè che esageri. Il fatto che egli ridimensioni le stime correnti viene considerato come prova del fatto che la sua unica preoccupazione è quella della verità. Le affermazioni dei revisionisti riguardo alle camere a gas e la cifra, relativamente ridotta, delle vittime della deportazione non sono in genere attribuite a una pura preoccupazione di verità. Si suppone che siano strumentali, che utilizzino in rnalafede le lacune della documentazione o che sfruttino il carattere congetturale delle cifre abitualmente fornite. (Si sa che la cifra di sei milioni è una stima priva di carattere scientifico e che è oggetto di discussione all'intemo della stessa tendenza storica; esistono, con gli stessi metodi, stime nettamente più alte e altre nettamente più basse. Non vi è alcuna ragione di affermare, come fanno alcuni, che non si conoscerà mai la cifra esatta, finché tutti gli archivi non saranno stati esaminati. Non è affatto vero.) Si nega fiducia alle argomentazioni dei revisionisti perché essi sembrano trarre un profitto politico dalla riduzione del numero delle vittime, mentre il dissidente sovietico che fa la stessa cosa sembra perdere un vantaggio politico. Sarebbe così se si trattasse di una destra che, sotterraneamente, cercasse di scalzare la condanna morale di cui il nazismo è pressoché universalmente oggetto. Che alcuni, individui o gruppi, manifestino questo tipo di duplicità, è non solo possibile, ma probabile. C'è, tra gli autori revisionisti (lio detto che questa "scuola" è eteroclita), qualcuno che è nazista da un punto di vista ideologico. Altri non lo sono. Ma questa questione deve passare in secondo piano se si fa in modo che il criterio della produttività politica di un'affermazione non coincida col criterio della verità dei fatti. Per concludere questo esempio, farò notare che Le Roy Ladurie non ha evidentemente i mezzi per verificare in modo diretto le affermazioni del demografo sovietico e non lo pretende; lui non fa che esporre queste affermazioni mettendo in guardia contemporanea-

    [120]

    mente sulla probabilità che siano vere, perché né lui né il dissidente ne traggono profitto. Ma, nel fondo, ci troviamo nell'impossibilità di sapere se ciò che viene detto è vero. Noi modificheremo il giudizio corrente che abbiamo in testa per adottare quello che Le Roy Ladurie propone, a causa del criterio dell'interesse politico del suo autore: è evidentemente molto vago e, in seconda istanza, non accetteremo questa cifra che a titolo provvisorio, aspettando di meglio. Ma non si può elevare a regola di accettare un'affermazione solo persuadendosi che il suo autore non abbia alcun interesse politico nel farla. Se ci comportassimo così rigetteremmo come falsa qualsiasi affermazione che confermasse un punto di vista stabilito. La realtà è molto più ambigua, anche senza insistere sul fatto che non si controlla sempre bene il modo in cui altri intendono i propri interessi politici.

    La propaganda suscita la contropropaganda e si perde la testa (oggi si dice la credibilità.) a sposare l'una o l'altra, in nome di interessi che sono per natura mutevoli. Per alcuni, e per me, la verità è l'unica arma che non può rivolgersi contro colui che l'utilizza. Che l'interesse politico coincida o no con essa è questione di circostanze, di scelta, di morale politica.

    I miti politici sono come palle di neve: più rotolano, più s'ingrossano. Ne abbiamo avuto un esempio recentemente. Qualche furbastro lancia la voce: "Bokassa antropofago". Si capisce immediatamente, leggendo con attenzione qualche buon giornale, che si tratta di una frottola. Non importa, la leggenda parte; una graziosa cortina fumogena per giustificare a cose fatte l'intervento militare francese in Centro Africa. Bisognava anestetizzare l'opinione pubblica, soprattutte quella africana.

    Il meccanismo di queste faccende è semplicissimo: esagerare, abbellire con dei particolari cui non si penserebbe spontaneamente e che vengono spacciati per realtà. Gli hitleriani eccellevano in questo giochetto, ma i comunisti e i democratici occidentali non sono da meno. La ricerca faticosa, spesso sgradevole, a volte impossibile, della verità non aiuterà nessuna delle forze politiche che basano il loro dominio sull'ignoranza e la menzogna. E se si scoprisse che c'è qualche verità sgradevole da rilevare nella storia degli anni Quaranta, sarebbe meglio che fosse la destra a trarne merito, a servirsene corne di un'arma, oppure la sinistra? E se non c'è nulla da scoprire, se si incide l'ascesso e si arriva pressap-

    [121]

    poco alla stessa conclusione che è in vigore attualmente, che cosa avremmo perso?

    Molti, in conclusione, saranno d'accordo con ciò che abbiamo detto. Essi opporranno però un'ultima obiezione, che ritengono risolutiva: non è il momento di porre questo genere di problema, l'antisemitismo risolleva la testa, guardate i libri che escono, i volantini, gli attentati. Risponderò che bisogna mantenere la calma, che a guardar bene non succede niente di diverso da prima; che una certa inquietudine cresca nella comunità ebraica è possibile, ma l'inquietudine cresce un po' dappertutto. L'idea che l'antisemitismo aumenti è un'idea che è stata sempre ripresa dalla fine della guerra: non c'è mai stato un periodo in cui si sia detto che diminuiva. E quindi una falsa idea, un'illusione di prospettiva. Se si dovesse attendere che scompaia, si rimanderebbe tutto alle calende greche. Non bisogna farsi illusioni: la questione dell'esistenza delle camere a gas è già stata affrontata varie volte negli ultimi vent'anni, lo sarà ancora, che se ne parli o no. Articoli e libri si accumulano e ricevono una sola risposta: il problema non esiste. In Germania, sono proibiti e i loro autori puniti. à una tattica miope, che non fa presagire nulla di buono. Non si deve reprimere, a questo riguardo. E' però proprio ciò che una parte della sinistra ha creduto di dover fare. lo ho altre proposte da presentare e sono le seguenti:

    1) -- Fermare le persecuzioni giudiziarie contro Faurisson (o altri). I tribunali non sono in grado di risolvere alcunché. Inoltre, non trovo onesto attaccare un uomo con l'unico pretesto che le sue opinioni sono sconvolgenti. Non solo è troppo facile, ma è stupido nascondersi dietro le leggi.

    2) -- Aprire un dibattito di metodologia storica. Occorre indubbiamente cominciare coll'esaminare le argomentazioni di Faurisson e dei revisionisti, senza esitare ad "affogare nei particolari". Sono i particolari che contano! Sarebbe auspicabile che un gruppo di storici accettasse di dedicarsi a questo compito. Il luogo e la forma del dibattito saranno fissati da coloro che vi si vorranno impegnare.

    3) -- Dotarsi degli strumenti per ampliare le fonti. Occorrerebbe chiedere valutazioni e perizie tecniche. Oltre a ciò, vi sono archivi che non sono stati ancora sfruttati, in particolare gli archivi tedeschi che bisognerebbe inventariare negli Stati Uniti, in Francia e naturalmente, innanzitutto, nell'Unione sovietica. Non riterrei inu-

    [121]

    tile un passo presso le autorità governative perché agissero nei loro negoziati coi sovietici affinché l'accesso a tali archivi diventasse una contropartita per i vantaggi da loro richiesti.

    4) -- Far conoscere pubblicamente i risultati di tali ricerche, evitando di dar loro un carattere di verità ufficiale. E' importante che queste cose rimangano tra gente onesta, il che implica che non vi si mescolino i poteri pubblici e politici, sindacali, religiosi, ecc.

    Non so se chiedo troppo. Mi sembra che sia il minimo che si possa faire.

    14 ottobre 1979

    ++++++++++++++++++++++++

    Prima parte da Serge Thion, Vérité historique ou vérité politique? Le dossier de l'affaire Faurisson. La question des chambres à gaz, Paris, La Vieille Taupe, 1979, pp. 13-45. Il titolo era: Le comment du pourquoi (il come dello perché).
    Prima traduzione italiana: Il Caso Faurisson, a cura di Andrea Chersi, [1981], p. 49-72. Le note sono assente.
    Nova traduzione in Il Caso Faurisson e il revisionismo olocaustico, Graphos, 1997, pp.100-122. Anche la, le note sono assente.


    --------------------------------------------------------------------------------


    Questo testo è stato messo su Internet a scopi puramente educativi e per incoraggiare la ricerca, su una base non-commerciale e per una utilizzazione equilibrata, dal Segretariato internazionale dell'Association des Anciens Amateurs de Récits de Guerres et d'Holocaustes (AAARGH). L'indirizzo elettronico del segretariato è <aaarghinternational@hotmail.com>. L'indirizzo postale è: PO Box 81 475, Chicago, IL 60681-0475, Stati Uniti.
    Mettere un testo sul Web equivale a mettere un documento sullo scafale di una biblioteca pubblica. Ci costa un po' di denaro et di lavoro. Pensiamo que sia di sua volontà che il lettore ne approfitta e questo lettore lo supponiamo capace di pensare con la sua testa. Un lettore che va a cercare un documento sul Web lo fa sempre a proprio rischio e pericolo. Quanto all'autore, sarebbe fuori luogo supporre che condivio la responsabilità degli altri testi consultabili su questo sito. In ragione delle leggi che istituiscono una censura specifica in certi paese (Germania, Francia, Israele, Svizzera, Canada, ecc.) non domandiamo il consenso degli autori che in esi vivono, poichè non sono liberi di darlo.
    Ci poniamo sotto la protezione dell'articolo 19 della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, il quale stabilisce:<Oguno ha diritto alla libertà di opinione e di expresssione, il che implica il diritto di non essere molestati per le proprie opinioni e quello di cercare, di ricevere e di diffondere, senza considerazione di frontiera, le informazioni e le idee con qualsiasi mezzo di espressione li si faccia> (Dichiarazione internazionale dei Diritti dell'Uomo, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU a Parigi il 10 dicembre 1948).

    --------------------------------------------------------------------------------
    aaarghinternational@hotmail.com




    --------------------------------------------------------------------------------

    L'indirizzo elettronico (URL) di questo documento è: <http://aaargh-international.org/ital/STvsvp1.html>

  5. #5
    cattolico refrattario
    Data Registrazione
    14 Oct 2002
    Località
    Modugno - Terra di Bari -
    Messaggi
    2,838
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Olocausto e revisionismo
    33 domande e risposte
    Ciò che avreste (forse) sempre desiderato sapere, ma che i media concordemente tacciono
    Il caso Faurisson non rappresenta la nascita del revisionismo olocaustico. Ne rappresenta, però, il momento di piena maturità. Da esso, da ciò che vi ha tenuto dietro, da Faurisson personalmente, gli studi revisionistici hanno ricevuto un impulso determinante. Ne è seguito un allargamento e un approfondimento delle ricerche. Il tesbo che facciamo seguire, e che risale al principio di quest'anno, fornisce un quadro complessivo dei risultati che oggi si debbono considerare acquisiti in ordine alla persecuzione antiebraica durante la seconda guerra mondiale.

    Non abbiamo mai sottaciuto che revisionisti sono uomini di sinistra non meno che uomini di destra, e ancora oggi, senza dubbio, i secondi sono più dei primi. La cosa essenziale -- per nulla scontata è che le opzioni ideologiche restino esterne all'opera di ricerca, ad essere impegnati nella quale sono dei singoli. E', poi, naturale, e salutare, che ci si divida quanto all'uso politico che si fa dei risultati di quest'opera: non v'è nessun tratto di strada da percorrere insieme politicamente -- nessun tratto di strada che comporti l'uso di quei risultati.

    Questo testo emana da ambienti di destra. Dobbiamo constatare che tale circostanza non ha inciso sull'obiettività dell'esposizione. V'è un passo, tuttavia, che da parte nostra richiede una messa a punto. Per il tenia cui si riferisce, esso è inessenziale ai fini della completezza informativa del quadro; non senza fondate motivazioni, dunque, potremmo amputarlo e limitarci a indicare l'amputazione con i rituali tre pungini. Ma questo modo di procedere, pur legittimo, nel caso specifico ci lascerebbe con il dubbio di aver sottratto al lettore un elemento alla cui conoscenza egli ha diritto.

    Ci riferiamo alla seconda parte della risposta alla trentaduesima domanda. Se la omettessimo, ci risparmieremmo non già un imbarazzo (non è di ciò che si tratta), ma una spiegazione necessariamente complessa, la quale, soprattutto, dovrebbe investire temi non aventi rapporto alcuno con il revisionismo olocaustico.

    [128]

    Quest'ultima considerazione è qui decisiva; e dunque preciseremo che se ci si pore, come noi ci poniamo, nell'ottica della lotta di classe, e prima di tutto della sua ripresa a chiusura di una corso storico disastroso per la classe operaia e per ogni possibilità di trasformazione socialista, noti si può non considerare -- contro l'irresponsabilità e le superstizioni solidaristiche in cui non può non crologiarsi il genus che oggi passa per essee "di sinistra" -- la prospettiva del multiculturalismo con un'inquietudine che non è per niente minore di quella con la quale guardano al fenomeno quegli "esprits d'orientation nationale" al cui novero non apparteniamo. Questa inquietudine è giustificata, in primo luogo, dal fatto che, creandosene le condizioni, la lotta tra le razze minaccerebbe obieitivamente di sostituirsi alla lotta di classe e, in un quadro storico il dato saliente del quale è la lunga assenza di quest'ultima, di prevenirne la possibilità di ricomparsa (cose di cui non si accorgeranno se non con il ritardo consueto coloro che in sede di analisi si permettono di confondere essere e dover essere); poi dalfatto che altrettanto obiettivamente i flussi migratori lendono a metter capo alla ricostituzione di un esercito lavorativo di riserva (in Italia, secondo Guido Bolaffi, lo fanno già) il cui sfruttamento a prezzo rinvilito non mancherebbe sul lungo periodo di ripercuotersi sulla composizione organica del capitale, nel senso di un rallentamento della discesa del saggio di profitto, anche se è del tutto probabile che la tendenza non si realizzi mai compiutamente.

    Chiarita, anche se nel modo più sommario, la qual cosa, il campo resta libero a quei cotali che coglieranno il destro per blaterare di un nostro "scivolamento" (vedi appendice al saggio introduttivo).

    [C.S.]



    1. E' provato che i tedeschi abbiano ucciso sei milioni di ebrei ?

    Nessuno contesta che tantissimi ebrei siano morti durante la seconda guerra mondiale a causa della loro deportazione nell'Europa dell'Est e delle condizioni inumane che in certi periodi si verificarono nei campi di concentramento. Niente dimostra, tuttavia, che. sia esistito (e sia stato eseguito) un piano per l'uccisione di chicchessia in ragione della sua razza. Né gli ebrei, né gli zingari sono stati sterminati in modo sistematico. Tutti coloro che morirono nei campi di concentramento, dai criminali di diritto comune ai resistenti e partigiani di varie nazionalità, ecc., conobbero lo stesso tragico destino.

    [129]

    2. E' provato che Hitler fosse al corrente dell'Olocausto e che lui o Himmler abbiano dato un ordin!, in proposito?

    Non esiste alcun ordine scritto esplicito. Tuttavia le autorità naziste si rendevano sicuramente conto che la deportazione degli ebrei all'Est era realizzata in coridizioni tanto dure che gran parte degli ebrei dovevano lasciarvi la pelle.

    3. Esistono ordini scritti per lo srenninio degli ebrei?

    Neanche uno. E' inimmaginabile che, nella Germania di quest'epoca, rigorosamente burocratica e gerarchizzata, un'azione di tali proporzioni sia stata compiuta senza una catena di ordini espliciti, scritti, chiari e dettagliati. Si pretende che parole come Sonderbehandlung, Umsiedlung, Arbeirseinsatz ed Endlösung equivalessero in codice a "sterminio". A nostro avviso, questa è una speculazione senza fondamento.

    4. Un'operazione di tale ampiezza poteva restare segreta?

    Impossibile. D'altronde, è chiaro che le pretese camere a gas da esecuzione avrebbero potuto essere notate da qualcuno. Si vedano Air Photo Evidence di John C. Ball e l'Album di Auschwitz di Serge Klarsfeld.

    5. Perché gli ebrei non opposero resistenza o quasi?

    Perché, apparentemente, nessuno aveva l'intenzione di sterminarli. Per vari motivi (essenzialmente di sicurezza), essi venivano raggruppati e poi deportati verso ghetti o campi dove erano costretti a lavorare in condizioni il più delle volte terribili.

    6. E' dimostrato che non sono stati uccisi sei milioni di ebrei?

    E' difficile dimostrare che una cosa non si è verificata. Ma i revisionisti hanno presentato, nel corso degli anni, innumerevoli argomenti di natura criminologica, demografica, analitica, logistica, tecnica e comparativa, dai quali scaturisce un'immagine ben diversa della sorte degli ebrei.

    [130]

    7. Che cosa risulta alla Croce rossa internazionale sul preteso genocidio?

    Una delegazione della CRI, che visitò Auschwitz nel settembre del 1944, segnalò specificamente nel proprio rapporto che i detenuti potevano ricevere pacchi di generi alimentari e che, dopo aver cercato di verificare le voci sulle pretese camere a gas, non era in grado di confermarle. Inoltre la CRI dispone di un Servizio internazionale di ricerche ad Arolsen, che centralizza tutti i dati a carattere individuale sui detenuti dei campi e che, su richiesta delle famiglie, rilascia informazioni o certificati di morte. Alla data del 31 dicembre 1983 la Croce rossa aveva compilato complessivamente 373.486 certificati relativi a tutti i decessi, di ebrei e non ebrei, nei campi tedeschi. Il numero degli ebrei morti in questi campi e fuori di essi non è ancora stato stabilito.

    8. Simon Wiesenthal ha dichiarato che "non ci sono stati campi di sterminio sul territorio tedesco" e che gli ebrei assassinati non sono sei, ma undici milioni?

    Sì, nel numero di aprile del 1975 di "Books and Bookmen", ha confermato che le gassazioni ebbero luogo solo in Polonia e, sul settimanale belga-olandese "De Post" del 9 maggio 1982, ha parlato di undici milioni di morti ebrei.

    9. Ciò nondimeno, Dachau si trova in Germania e dei veterani americani sostengono che vi era una camera a gas. Ci sono anche delle fotografie di delegati del Congresso americano che visitano questa camera a gas.

    Si tratta di propaganda di guerra respinta oggi da tutti gli storici, compresi quelli antirevisionisti.

    10. E' provato che ad Auschwitz vi siano state camere a gas da esecuzione?

    No. Nel 1976 il professor Faurisson ha scoperto che la pretesa camera a gas del campo principale di Auschwitz, visitata ogni anno da decine di migliaia di turisti, non è che un imbroglio. Nel

    [131]

    1995, lo storico antirevisionista Erie Conan lo ha ammesso: "E' tutto falso" ("L'Express", 19 gennaio, p. 68).

    11. Se Auschwitz non era un campo di sterminio, che cosa era?

    Questo campo faceva parte di un grande complesso industriale dove si producevano particolarmente caucciù sintetico e benzina a partire dal carbone. Il campo dei detenuti serviva come riserva di manodopera, ma anche come Durchgangslager (campo di transito), dal quale gruppi di lavoro (Kommandos) erano inviati presso altri campi. Sarebbe anche servito da base per il trasferimento degli ebrei in Bielorussia (si veda Die 2. babylonische Gefangenschaft di Steffen Werner, Pfullingen, 1990).

    Gli aerei da ricognizione americani fotografarono d'altronde questo importante complesso chimico a partire dal 1943. Sulla base dei loro clichés, John C. Ball, esperto canadese in foto aeree, ha scritto Air Photo Evidence, dal quale le tesi dei revisionisti ricevono una convincente conferma. Auschwitz tutto era fuorché il luogo ideale per commettere un genocidio al riparo da sguardi indiscreti.

    12. Perché allora Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, ha confessato che nel campo sarebbero stati gassati due milioni e mezzo di ebrei?

    Grazie al revisionista francese Robert Faurisson sappiamo oggi che Höss fece le sue ammissioni sotto tortura. Gli inquirenti britannici riferirono come avevano catturato Höss e lo avevano picchiato per giorni; all'apparenza, essi ne erano fieri. In seguito Höss fu consegnato ai polacchi, che lo impiccarono nel 1947. "Confessioni" ottenute in questo modo erano moneta corrente in Germania all'indomani della guerra.

    13. C'è una differenza tra i campi di concentramento tedeschi e i campi di concentramento americani nei quali furono internati, durante la guerra, i cittadini americani di origine giapponese?

    In principio, no. Anche i giapponesi furono considerati pericolosi per la sicurezza, come appartenenti ad un popolo contro il quale gli Stati Uniti erano in guerra. Tuttavia gli Stati Uniti erano

    [132]

    lontani dal teatro del conflitto e non si trovavano in una situazione disperata come quella della Germania.

    14. Quanti ebrei vivevano nei territori controllati dalla Germania?

    Meno di quattro milioni.

    15. Numerose fotografie mostrano montagne di scheletri. Anche in questo caso si tratta di una falsificazione?

    In sé, i cumuli di cadaveri non dicono niente a proposito della causa delle morti. E' significativo, invece, che la maggior parte di questi cadaveri fossero scarnificati, ciò che suggerisce come causa del decesso il tifo. Le persone colpite da tifo diventano infatti scheletri viventi (si vedano le immagini che giungono dall'Africa). Dei corpi così scarnificati non potevano certamente appartenere a deportati appena arrivati, cioè in condizioni di salute ancora relativamente buone.

    Ma è curioso che siano sempre le montagne di cadaveri filmate nel campo di Bergen-Belsen (Germania del Nord), dove nessuno ha mai preteso che esistessero camere a gas, che servano a illustrare le gassazioni... di Auschwitz! Tutti sanno che a Bergen-Belsen vi furono migliaia di morti (tra i quali Anna e Margot Frank) a seguito, agli inizi del 1945, di un'epidemia terribile di tifo che non fu possibile debellare. Dopo la liberazione del campo da parle dei britannici, il 15 aprile 1945, vi morirono ancora numerosissimi deportati, poiché i britannici commisero l'errore di mettere il campo sotto quarantena, cosicché i detenuti indeboliti e affamati ma non ancora colpiti dal morbo si ammalarono anch'essi e morirono nelle settimane successive.

    Al momento dell'epidemia di tifo del 1942, Höss, comandante del campo di Auschwitz, aveva commesso lo stesso errore, con le stesse conseguenze.

    Un'altra falsificazione ben nota è quella delle fotografie di GI's americani tra centinaia di cadaveri di detenuti disposti su lunghe file di fronte ad una fabbrica di Nordhausen. Questi detenuti non morirono per colpa dei tedeschi, ma sotto un bombardamento americano il 4 aprile del 1945. Un'azione del tutto superflua, per di più, poiché la sconfitta tedesca era sicura.

    [133]

    Anche il celebre film proiettato al processo di Norimberga è un cocktail di immagini e di messe in scena realizzato dall'esperto Alfred Hitchcock.

    Non per nulla ancora oggi ci si deve rivolgere a uno Spielberg, maestro nella fantascienza, quando si vuole spacciare la fiction per realtà (si vedano i punti 27 e 28).

    16. Quale era le cause principali di decesso?

    Seprattutto le epidemie di tifo, rita anche le condizioni di vita terribili e il trattamento spesso barbaro infitto ai detenuti dai Kapo (criminali di diritto comune, comunisti, ebrei).

    17. Che cos'è il tifo?

    Questa malattia si diffonde soprattutto quando molte persone sone costrette a vivere insieme in condizioni di scarsa igiene. Un esempio: il Ruanda nell'agosto del 1994. La malattia si trasmette attraverso le pulci.

    18. Quale metodo di disinfestazione impiegavano i tedeschi?

    Lo Zyklon B, marchio commerciale dell'acido cianidrico, era ed è ancora utilizzato per ogni intervento contro i pidocchi. La Germania ne era sprovvista, così come mancava di tante altre materie prime. Paradossalmente, si può affermare che, se i tedeschi avessero avuto a disposizione una quanItà maggiore di Zyklon B, sarebbe sopravvissuto un numero maggiore di detenuti. Inoltre, negli ultimi catastrofici mesi (avvicinamento dei fronti militari, bombardamenti continui, evacuazioni improvvise, milioni di rifugiati dall'Est, carestia), non potevano essere applicati i metodi nonnali di disinfestazione, così che in numerosi campi scoppiarono epidemie di tifo le cui immagini atroci sono note al mondo intero.

    19. Lo Zyklon B poteva anche servire alla gassazione in massa di esseri umani?

    No. 1 tedeschi avevano inoltre, vicino ad Auschwitz, nel complesso industriale chimico di Monowitz, riserve quasi inesauribili

    [134]

    di prodotti più efficaci e meno cari. Negli Stati Uniti le camere a gas da esecuzione sono cabine capaci di contenere una o al massimo due persone; la preparazione, l'introduzione e l'estrazione del gas vi si svolgono in modo completamente diverso da quello delle pretese gassazioni di massa di Auschwitz. Il revisionista oggi più conosciuto, Robert Faurisson, è stato il solo e il primo a interrogarsi sulla possibilità materiale e chimica delle gassazioni. Nei suoi studi, egli è spesso tornato sull'argomento e ha specificamente dedicato al "problema delle camere a gas" una videocassetta nella quale espone il suo punto di vista in modo pacato e convincente. L'esperto americano di camere a gas Fred Leuchter (1988), il chimico tedesco Germar Rudolf (1991), che ha lavorato alla Max Planck Gesellschaft di Stuttgart, organismo di fama internazionale, e l'ingegnere austriaco Walter Lüftl (1992) hanno approfondito questo aspetto.

    20. Et vero che lo Zyklon B lascia delle tracce? E' stata mai effettuata una perizia chimica?

    Sì, vi sono già state varie perizie chimiche e, tutte, hannò dato direttamente o indirettamente ragione ai revisionisti. Anche la perizia del Museo nazionale di Auschwitz conferma le constatazioni di Fred Leuchter sull'assenza di ferriferrocianuro.

    Per anni, il professore francese Robert Faurisson ha svolto ricerche in questo settore. Egli è stato il primo a esaminare in loco come funzioni per esempio una camera a gas americana ed è stato lui a scoprire i progerti dei crematori nel Museo di Auschwitz. Quando il revisionista tedesco-canadese Emst Zündel è stato processato, ha nominato Robert Faurisson come esperto della difesa. Insieme, essi hanno dato mandato allo specialista americano di camere a gas Fred Leuchter Jr. di esaminare i locali reputati camere a gas di Auschwitz, Birkenau e Majdanek e di depositare una perizia. Il 25 febbraio 1988 si è mossa un'équipe che ha effettuato in loco delle constatazioni e delle misure e ha riportato 32 campioni (mattoni, malta, ecc.) per controllarvi la presenza di cianuro.

    Il dottor James Roth, direttore degli Alha Analytical Laboratories di Ashland (Massachusetts) ha testimoniato al processo che si sono riscontrati 1050 mg/kg di cianuro nel campione n. 32 (proveniente da una camera a gas per la disinfestazione degli oggetti),

    [135]

    ma niente, o tracce insignificanti, negli altri 31 campioni. Ne deriva che gli impianti nei quali, stando a ciò che si è preteso finora, milioni di esseri umani sarebbero stati gassati con l'acido cianidrico, non sono mai stati di fatto in contatto con questo gas! E' stata la fine del mito delle camere a gas.

    Nel 1990, dalle lapidi commemorative del Museo di Auschwitz è stato eliminato un testo che affermava che 4 milioni di esseri umani erano morti assassinati in questo campo.

    Adesso gli storici tradizionali stanno riducendo questa cifra tutti gli anni; si è già passati da un milione e mezzo a 600.000-800.000 (J.-C. Pressac).

    21. Numerosi sopravvissuti affermano che i corpi venivano ammucchiati e bruciati in fossati.

    La procedura descritta da questi "testimoni" è tecnicamente impossibile (si veda il punto 25).

    22. Perché c'erano forni crematori ad Aurchwitz?

    E' sicuro che i crematori II e III servirono principalmente per incenerire dei cadaveri. Furono d'altronde concepiti e costruiti nell'inverno 1942-43 dopo le terribili epidemie dell'estate 1942. La regione era paludosa, con una falda acquifera molto superficiale, cosa che rendeva impossibile la sepoltura di tutti quei corpi.

    23. Alcuni testimoni oculari affermano che questi crematori potevano incenerire un corpo in 10 minuti e che, a volte, molti corpi venivano inceneriti nella stessa muffola.

    E' tecnicamente impossibile. I crematori sono installazioni tecniche con limiti molto precisi. Sui crematori di Auschwitz e di Birkenau, si dispone di una documentazione praticamente completa, poiché gli archivi della Bauleitung furono sequestrati dai sovietici.

    Il revisionista italiano Carlo Mattogno ha studiato questo problema per anni con l'aiuto di due ingegneri e le sue conclusioni sono chiarissime. La capacità massima teorica per l'insieme dei crematori era di 1.248 corpi al giorno. 1 crematori II e III furono

    [136]

    operativi per 971 giorni e i crematori IV e V per 359 giorni. Al massimo avrebbero potuto bruciare 300.000 corpi. Se si tiene conto dei tempi per la sostituzione dei materiali refrattari nei forni, i crematori poterono incenerire al massimo 162.000 corpi e, inoltre, le quantità di coke fornite non permettevano di incenerire se non i detenuti deceduti normalmente registrati (che vengono valutati all'incirca in 150 o 170.000). 1 calcoli sono anche confermati dal tempo necessario per incenerire un corpo, che prende da 60 a 80 minuti.

    Nei crematori di oggi, si bruciano in media 3 o 5 corpi al giorno.

    Infine, le cifre concordano con i 51 Totenbiicher (registri mortuari tenuti dall'amministrazione del campo), che coprono il periodo dall'agosto del 1941 al 1943 e contengono i dati relativi a 66.000 deceduti.

    24. Come si spiega che vi siano state montagne di cadaveri proprio là dove esistevano dei crematori?

    Nelle ultime settimane di guerra, questi crematori furono smantellati o non furono utilizzati a causa dell'assenza di parti di ricambio. Non si possono nenimeno escludere atti di sabotaggio. La propaganda di guerra ha approfittato largamente di questa situazione e di queste immagini.

    25. Aerei da ricognizione alleati hanno scattato delle fotografie nel periodo in cui questi crematori avrebbero funzionato a pieno ritmo al pari delle camere a gas. Che cosa mostrano queste fotografie?

    Non mostrano né pretese aperture attraverso le quali lo Zyklon B sarebbe stato introdotto, né feritoie per la ventilazione del gas letale, né riserve di carbone, né sistemi efficaci per il trasporto del carbone, né fosse nelle quali bruciare i cadaveri, né cumuli di cadaveri, né camini fumanti, né protezioni contro gli sguardi indiscreti, né file di detenuti in movimento verso i crematori o in attesa del loro turno; in realtà, queste fotografie non rivelano niente realtivamente a ciò che i "testimoni oculari" pretendono di aver visto! Di più, da esse scaturisce che non sono mai esistite le fosse gigantesche e profonde nelle quali, secondo numerosi testimoni, i cadaveri venivano bruciati quando i crematori erano fuori uso.

    [137]

    Queste fosse a combustione sono un'invenzione per i seguenti motivi:

    -- ad Auschwitz-Birkenau, regione paludosa, la falda acquifera è molto in superficie; ciò rendeva impossibile la combustione in fosse, che si sarebbero immediatamente riempite d'acqua;

    -- la cremazione in fosse è tecnicamente impossibile a causa della mancanza di ossigeno, che impedisce di raggiungere la temperatura necessaria, collocata tra 500* e 800*; per contro, sarebbe stata possibile la cremazione su pire, a condizione di disporre di sufficiente combustibile; quasi tutti i testimoni parlano di fosse; non esiste documentazione relativa alla fornitura di combustibile sufficiente;

    -- nelle fotografie aeree scattate nel periodo in questione non si vedono né fosse, né cremazioni di corpi (trasporti di combustibile e fumo);

    -- l'esame al suolo e la fotografia aerea non rivelano in nessun luogo traccia di tali fosse (modifiche della struttura del suolo). Si vedano Air Photo Evidence e The Ball Report dell'esperto canadese John C. Ball.

    26. I revisionisti sono in grado di dare una risposta ragionevole alla domanda: che fine hanno fatto dunque le comunità ebraiche scomparse (costituite o meno che fossero da sei milioni di persone)?

    L'autore revisionista americano [in fatto tedesco] Walter Sanning ha svolto uno studio demografico (The Dissolution of Eastern European Jewry, Institute of Historical Review, Newport Beach, 1983; disponibile anche in tedesco presso le edizioni Grabert) affrontando il problema dettagliatamente. In primo luogo, bisogna dire che la cifra di sei milioni è fittizia e simbolica. In secondo luogo, non tutti gli ebrei furono deportati e molti tra loro riuscirono a nascondersi.

    Proporzionalmente, furono deportati moltissimi ebrei olandesi, ma pochi ebrei francesi. Inoltre, in Belgio, in Francia e in Italia esitono ancora consistenti comunità ebraiche. Dopo la guerra, molti ebrei lasciarono l'Europa e scelsero Israele e gli Stati Uniti come luogo di destinazione. Gran parte degli ebrei polacchi e russi potè fuggire o fu deportata nella Russia centrale e asiatica.

    Il Servizio internazionale di ricerche della Croce rossa ad Arolsen possiede milioni di documenti sui cLeportati, dai quali po-

    [138]

    trebbe scaturire una notevole chiarificazione su questo aspetto. Sfortunatamente, i suoi archivi sono inaccessibili agli studiosi. Perché? Si teme forse di far apparire un'altra realtà, che faccia crollare la teoria dei sei milioni? I Totenbücher di Auschwitz (si veda il punto 23), nascosti per quarant'anni a Mosca, sono ora depositati anch'essi ad Arolsen nelle casseforti dei Servizio di ricerche della Croce rossa. Così sono stati di nuovo sottratti al pubblico. Nessuno storico riceve il permesso di consultarli.

    27. Il film Schindler's List è una storia vera?

    Questo film è tratto da un libro con lo stesso titolo di Thomas Keneally. A pagina 3 dell'edizione originale inglese si legge: "Novel. This book is a work of fiction. Names, characters, places and incidents are either products of the author's imagination or are used fictiously. Any resemblance to actual events or locals or persons, living or dead, is entirely coincidential". Sul dorso del libro si legge anche: "Fiction/Judaic".

    28. Amon Göth, che nel film di Spielberg comanda il campo di Plaszow, è esistito veramente?

    Sì, ma era in realtà molto più vecchio. Spielberg ci presenta un nazista giovane e duro in stile hollywoodiano. Lo mostra al balcone della sua villa, in cima a una collina, mentre spara sui detenuti.

    Di fatto, tutta la messa in scena di Spielberg è un imbrogilio, poiché l'abitazione di Göth si trovava ai piedi di una collina e dietro il campo e perciò non disponeva di nessuna vista su quest'ultimo. Su Plaszow la Vrij Historisch Onderzoek ha pubblicato un opuscolo contenente una trentina di fotografie autentiche, che ne danno un'inimagine molto diversa e più realistica.

    La moglie di SchindIer vive ancora in Argentina e, intervistata, ha fornito un ritratto di quest'uomo opposto a quello del film A suo avviso, si trattava di un "folle" che non si curava minimamente dei detenuti (se non per il loro denaro) ed è a lei che questi devono tutto, in quanto era lei ad occuparsi dell'approvvigionamento di generi alimentari, mentre SchindIer era sempre assente. A seguito dell'intervista ci si chiede perfino se gli SchindIer erano veramente tedeschi. Al momento dell'occupazione tedesca della

    [139]

    Cecoslovacchia, essi fuggirono in Polonia. Perché? E quando i tedeschi occuparono la Polonia, SchindIer -- secondo il film di Spielberg -- ricevette una medaglia d'oro dal partito nazista.

    29. Si dice che i revisionisti sono antisemiti o neonazisti.

    E' solo per diffamarli e intirmidirli. Li si vuole anche stigmatizzare, visto che non è possibile confutarli. In ogni modo, 1 + 1 = 2, anche se a dirlo è un nazista. Il revisionismo non vuole negare o minimizzare i veri misfatti del nazionalsocialismo. Il revisionismo vuole separare la verità storica dalla propaganda di guerra.

    30. Perché i punti di vista dei revisionisti non traspaiono mai dai media?

    Chiedetelo a loro. Il motivo è senza dubbio che con il revisionismo essi perdono del tutto la faccia. Per decenni, senza la minima critica e senza un briciolo di buon senso, i media hanno disinformato l'opinione pubblica ricorrendo alle atrocità della propaganda di guerra. Inoltre, questo argomento è divenuto un dogma e un tabù che si può infrangere solo con uno straordinario coraggio. Nei prossimi decenni, ci si remperà la testa a forza di chiedersi come un numero così vasto di persone abbia potuto unire tanta stupidità a tanta vigliaccheria.

    31. Che cosa succede a coloro che negano l'Olocausto?

    Sono posti al bando dalla società.

    32. Questa discussione è ancora attuale?

    Combattere le menzogne è un dovere morale e civico. Un'informazione scorretta (anche in campo storico) porta a decisioni scorrette.

    La versione classica dell'Olocausto è ancora utilizzata quotidianamente nel dibattito politico per togliere di mezzo gli avversari o per conservare dei diritti acquisiti. E' chiaro che colpiti sono soprattutto il popolo palestinese e il popolo tedesco. Ma, più in generale, lo sono tutti coloro che, di orientamento nazionale, respin-

    [140]

    gono la società multiculturale come un'utopia perturbatrice dell'ambien:e naturale e del biotopo, e che vengono bollati correntemente come affetti da sindrome dell'Olocausto. E' sorprendente che i fautori della società multiculturale tirino fuori costantemente immagini e avvenimenti della seconda guerra mondiale, ma tacciano pudicamente su un fatto attuale come l'espulsione dei palestinesi dalla loro terra.

    33. Quali sono gli autori revisionisti più importanti?

    Paul Rassinier, Robert Faurisson, Arthur Butz, Thies Christophersen, Wilhelm Stäglich, Carlo Mattogno, Henri Roques, Udo Walendy, Jürgen Graf, Germar Rudolf, Walter Sanning, Mark Weber, John C. Ball, Emst Zündel, David Irving, Ingrid Weckert, Enrique Aynat, Serge Thion, Carlos Porter.

    1997

    VHO (Vrij Historisch Onderzoek), Antwerpen, Belgo

    +++++++++++++++++++++++++.

    Traduzione in Il Caso Faurisson e il revisionismo olocaustico, Graphos, 1997, pp.127-140.





    --------------------------------------------------------------------------------



    Questo testo è stato messo su Internet a scopi puramente educativi e per incoraggiare la ricerca, su una base non-commerciale e per una utilizzazione equilibrata, dal Segretariato internazionale dell'Association des Anciens Amateurs de Récits de Guerre et d'Holocauste (AAARGH). L'indirizzo elettronico del segretariato è <aaarghinternational@hotmail.com>. L'indirizzo postale è: PO Box 81 475, Chicago, IL 60681-0475, Stati Uniti.
    Mettere un testo sul Web equivale a mettere un documento sullo scafale di una biblioteca pubblica. Ci costa un po' di denaro et di lavoro. Pensiamo que sia di sua volontà che il lettore ne approfitta e questo lettore lo supponiamo capace di pensare con la sua testa. Un lettore che va a cercare un documento sul Web lo fa sempre a proprio rischio e pericolo. Quanto all'autore, sarebbe fuori luogo supporre che condivio la responsabilità degli altri testi consultabili su questo sito. In ragione delle leggi che istituiscono una censura specifica in certi paese (Germania, Francia, Israele, Svizzera, Canada, ecc.) non domandiamo il consenso degli autori che in esi vivono, poichè non sono liberi di darlo.
    Ci poniamo sotto la protezione dell'articolo 19 della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, il quale stabilisce:<Oguno ha diritto alla libertà di opinione e di expresssione, il che implica il diritto di non essere molestati per le proprie opinioni e quello di cercare, di ricevere e di diffondere, senza considerazione di frontiera, le informazioni e le idee con qualsiasi mezzo di espressione li si faccia> (Dichiarazione internazionale dei Diritti dell'Uomo, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU a Parigi il 10 dicembre 1948).

    --------------------------------------------------------------------------------
    aaarghinternational@hotmail.com


    --------------------------------------------------------------------------------

    L'indirizzo elettronico (URL) di questo documento è: <http://aaargh-international.org/ital/33domande.html>

  6. #6
    Ancilla Domini!
    Data Registrazione
    07 Jul 2003
    Località
    Roma
    Messaggi
    288
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito L'ultima battaglia

    di Jurgen Graf

    "La risposta alle questioni circa il nuovo ordine mondiale è in stretta dipendenza con l'apprendimento della lezione olocaustica" {Ian Kagedan, il direttore delle relazioni governative del B'nai B'rith, secondo quanto riportato dal Toronto Star il 26 novembre 1991}

    La trasformazione dell'olocausto in una religione

    La storia ortodossa dell'olocausto non ha possibilità di essere difesa con argomentazioni razionali poichè la sua assurdità è soverchiante. Siamo chiamati ad obbedire alla fata morgana di un immenso massacro compiuto da industrie omicide che non lasciano traccia alcuna - nessun documento, niente ossa, niente cenere - niente! Ancora, siamo obbligati a credere che gli Alleati, con una vastissima rete di informatori in tutta Europa ed una spia nella leadership tedesca (l'Ammiraglio Canaris, la mente dell'intelligence Tedesca), non si resero conto di questo gigantesco genocidio fino alla fine della guerra e che se fossero venuti a conoscenza del massacro avrebbero agito molto prima.




    Infine ci obbligano a credere che gli Ebrei polacchi, nell'epicentro dell'olocausto, non sapevano nulla circa le camere a gas di Auschwitz fino all'agosto 1944, mentre gli Ebrei del ghetto di Lodz non si recarono ad Auschwitz volontariamente - cosa che invece fecero, così come dimostrato da Raul Hildberg nella sua opera "Die Vernichtung der europaein Juden", p.543,544.

    Proprio per questi motivi il sistema delle democrazie occidentali, controllato dai sionisti, ed incapace di controbattere i revisionisti con serie argomentazioni, ha fatto ricorso alla censura ed alla forza bruta in modo da ridurre al silenzio i pericolosissimi eretici. E gli Ebrei sembra stiano trasformando l'olocausto in una religione. Una strategia efficacissima poichè, come evidenziato dal Faurisson, un uomo non potrà mai refutare una religione con argomenti scientifici.

    Così, i musei ed i monumenti olocaustici si diffondono come funghi negli USA e in Europa, divenendo i templi della nuova religione, dove professionisti "sopravvissuti all'olocausto", come Elie Wiesel, sono i sacerdoti di questo nuovo credo. Lo stesso Wiesel dichiara:«L'olocausto è un santo mistero, il segreto la cui conoscenza rimane limitata alla cerchia dei sacerdoti sopravvissuti» (P. Novick, L'Olocausto nella vita americana, 1999, p.211,212). Un altro alto sacerdote del culto olocaustico, Simon Wiesenthal, va oltre: «When each of us comes before the Six Million, we will be asked what we did with our lives... I will say: I did not forget you» ("S. Wiesenthal in response", vol.20, nr.1)

    Nessuna critica è permessa poichè rappresenterebbe un atto blasfemo: le domande critiche causano un fortissimo disappunto alle eterne vittime della persecuzione, gli Ebrei, e sono un tentativo per ripulire il Nazional Socialismo - la più malefica ideologia di tutti i tempi che ha reso possibile l'olocausto. Nell'attuale Germania viene considerato inammissibile comparare l'olocausto con le atrocità dei tiranni comunisti come Stalin o del dittatore cambogiano Pol Pot, perchè ciò è visto come una "relativizzazione" o "trivializzazione" del peggiore crimine della storia.




    Il propagandista Sionista francese Claude Lanzmann, produttore di un film di inesplicabile stupidità circa l'olocausto (il titolo di questo film è "Shoa", in ebraico "catastrofe", spesso usato dagli Ebrei come sinonimo di "olocausto"), non fa alcuno sforzo nel dichiarare che il culto dell'olocausto si pone in sostituzione della cristianità: «Se Auschwitz è un orrore della storia, allora la Cristianità vacilla dalle sue fondamenta. Cristo è il figlio di Dio, esso si è spinto all'estremo della sopportazione umana, patendo la più crudele delle sofferenze. [...] Se ciò che è accaduto ad Auschwitz fosse vero allora c'è una sofferenza con la quale quella di Cristo non può neanche essere comparata. [...] In questo caso, Cristo è falso e la salvezza non verrà certo da lui. [...] Auschwitz è la refutazione di Cristo.» (Les temps modernes, Paris, Dicembre 1993, p.132, 133)

    Ad oggi, una grossissima percentuale degli Ebrei non crede più in Dio, ma virtualmente ognuno di loro crede ai Sei Milioni. La leadership Sionista sfrutta l'olocausto per unire tutti gli Ebrei tenendoli in un costante stato di isteria e mania di persecuzione, insinuando che soltanto se rimarranno uniti riusciranno ad evitare una nuova tragedia.

    Non c'è bisogno di dire che pochi non-Ebrei hanno intenzione di abbracciare l'oscura religione olocaustica. Nonostante la schiacciante maggioranza degli uomini occidentali ancora creda nella versione ufficiale dell'olocausto sia essenzialmente vera (anche se c'è il sospetto che il numero delle vittime sia alquanto esagerato/gonfiato) essi vengono continuamente bombardati dal lamento eterno sulle le vittime ebraiche e della sofferenza ebraica. Molti di loro non vogliono più sentirne parlare. In Germania, delle statistiche hanno mostrato la maggioranza della popolazione avversa alla progettazione di un monumento dell'olocausto a Berlino (e non si tratta di una singola parte, non di un singolo partito politico e non di un quotidiano d'opposizione). È probabile che privatamente i politici siano anch'essi profondamente disgustati dalla litania infinita sull'olocausto come il resto della popolazione, ma non potranno mai appoggiare i revisionisti perchè danneggerebbero le vere fondamenta del sistema democratico al quale devono la carriera.

    La funzione dell'olocausto nel mondo dal 1945

    Le conseguenze politiche dell'olocausto sono state tremende. Ricordo che, ogni qual volta userò il termine "olocausto", non mi riferirò ad un fatto storico, poichè lo sterminio degli Ebrei in macellerie chimiche non è accreditabile. Ma nella mente del popolo questo olocausto è vero quanto la Seconda Guerra Mondiale o le piramidi Egizie, mentre i veri genocidi come il massacro degli Ucraini da parte dei Comunisti nel 1932/1933, sembra siano stati dimenticati.

    Ma procediamo approfondendo l'analisi delle conseguenze

    La creazione dello stato di Israele

    "Senza l'Olocausto non ci sarebbe stato nessuno stato Ebraico".
    Questa candida dichiarazione è stata fatta da un Ebreo, Robert Goldman (Frankfurter Allgemeine Zeitung, 19 Dicembre 1997, p.9); costui aveva ragione. Senza l'olocausto, il mondo non avrebbe mai permesso la fondazione di uno stato Ebraico in Palestina, appena tre anni dopo la guerra. L'era coloniale era giunta al termine proprio in quel periodo. Gli inglesi avevano già deciso di conferire l'indipendenza all'India, mentre dozzine di territori Asiatici e Africani erano sottoposti a numerosi cambiamenti per eliminare il ruolo dominante degli Uomini Bianchi. Mentre gli altri poteri stavano spingendosi al garantismo dell'indipendenza delle loro colonie, agli Ebrei in Palestina veniva permesso di intraprendere l'avventura colonialista per eccellenza, con la benedizione dell'Occidente e dell'Unione Sovietica. Per assicurare che il loro stato avesse una maggioranza Ebraica, i Sionisti procedettero con una brutalità inaudita; interi villaggi furono rasi al suolo, migliaia di Arabi furono uccisi (Deir Yassein fu soltanto uno dei molti massacri) e moltissimi Palestinesi furono espulsi dalla terra dei loro avi. Gli unici che rimasero furono assoggettati ad una severa repressione, una repressione mai vista prima.

    Come riportato sul settimanale filo-sionista Svizzero (22 Ottobre 1992), non meno di 15.000 prigionieri politici Palestinesi stavano marcendo in prigione nel 1992, e l'uso della tortura era ufficialmente sanzionato dalla Corte Suprema d'Israele nel Novembre 1996. Ma anche ora, mentre scrivo queste righe, i soldati Israeliani stanno facendo fuoco su dimostranti Palestinesi disarmati, molti dei quali bambini, ogni giorno.

    Il terrore Ebraico nella Palestina occupata non è attualmente incoraggiato o approvato dall'opinione mondiale, ma è tollerato. Dopo tutto, gli Ebrei hanno bisogno di una loro terra per proteggersi da un nuovo olocausto, e cosa sono le sofferenze dei Palestinesi se paragonate a quelle degli Ebrei sotto il regime di Hitler? Cerchiamo di distoglierci da queste illusioni: fino a quando gli uomini dell'Occidente crederanno ai Sei Milioni e alle camere a gas, questi supporteranno sempre Israele, per principio, anche se criticheranno il trattamento riservato da Israele ai Palestinesi come eccessivamente crudele.

    Senza assistenza esterna, lo stato parassita Sionista non sarebbe stato costruito. La principale fonte d'introito è costituita dagli aiuti finanziari degli USA, dal supporto dell'Ebraismo internazionale e dal pagamento tedesco per debito di guerra. Secondo fonti ufficiali, la Repubblica Federale Tedesca pagò 85,4 billioni di marchi dal 1992 (Der Spiegel, 18/1992), ma la somma reale è ben più considerevole. In aggiunta Israele ha ricevuto enormi consegne di merce da parte della Germania. Nahum Goldman, per molto tempo presidente del Congresso Mondiale Ebraico, non ne ha mai fatto un segreto; infatti scrive:

    «Senza gli introiti pervenuti dalla Germania durante i primi dieci anni dalla sua costituzione, Israele non avrebbe neanche la metà delle infrastrutture odierne. Tutti i treni sono Tedeschi, e lo stesso si può dire per le installazioni elettriche e in grandissima parte per l'industria d'Israele» (Nahum Goldman, Das juedische Paradox, Europaeische Verlagsanstalt, 1978, p.171).

    Nel 1999 la Germania ha rifornito Israele di modernissimi sottomarini adatti al trasporto di testate nucleari. Gli Israeliani non ebbero a pagare nulla - i sottomarini furono un altro lascito per la responsabilità tedesca dell'olocausto.

    L'immunità ebraica alle critiche

    Prima del 1945, la critica agli Ebrei era legittima. Oggi, non c'è scampo, anche la più insignificante critica al potere Ebraico e alla sua arroganza - per esempio sulla pesante influenza Ebraica sui mass-media dell'Occidente, o lo scioccante numero di Ebrei nell'amministrazione Clinton o Bush, o ancora l'influenza impertinente del Consiglio Centrale Ebraico in Germania - viene immediatamente schiacciata dalle urla di Auschwitz. L'effetto di queste intimidazioni è dimostrato dai seguenti fatti: la "Mafia Russa" viene regolarmente definita come l'organizzazione criminale più disgustosa al mondo. Tutti i capi di questa organizzazione sono Ebrei, spesso con passaporto israeliano. Ciò è inconfutabilmente dimostrato da Juergen Roth nella sua documentazione "Die Russen Mafia" (Rasch und Roehring, Amburgo 1996). Se il titolo di questo testo fosse "La Mafia Ebraica", l'autore verrebbe rinchiuso in una prigione tedesca ed il suo libro verrebbe bruciato. Nella Russia contemporanea ben cinque o sei dei sette oligarchi che fecero la loro fortuna con il denaro rubato al popolo russo sono Ebrei.

    Questo non viene mai menzionato dai media dell'Occidente.




    La creazione dello sdegno per la nazione Tedesca

    Dal 1945, i tedeschi sono stati marcati dalla vergogna. La tendenza prevalente fu l'odio e lo sdegno per se stessi, mentre il patriottismo ed il rispetto furono oltraggiati con disprezzo.

    Dopo la guerra contro l'Iraq del 1991, George Bush Senior, che poi divenne Presidente degli Stati Uniti, parlò pubblicamente di un "Nuovo Ordine Mondiale". Così come provato dai fatti, il "Nuovo Ordine Mondiale" significa che l'America, come indiscussa superpotenza, può imporre la sua politica ed i suoi dubbi valori alle altre nazioni. E l'America è largamente governata dagli Ebrei. (Anche se l'influenza ebraica è meno pervasiva nel partito Repubblicano piuttosto che in quello Democratico, gli Ebrei posseggono ancora i maggiori quotidiani e la maggior parte delle reti televisive cosicchè nessun repubblicano potrebbe pensare di governare senza di loro. Nella società moderna, nessuno può governare contro i media, come Richard Nixon imparò a suo discapito un quarto di secolo fa)

    Cosa accadrebbe se l'olocausto fosse esposto pubblicamente come una frode?

    Se l'olocausto venisse mostrato pubblicamente come una frode vergognosa, e se tutte le persone al mondo venissero a conoscenza che, mentre gli Ebrei venivano indubbiamente perseguitati durante la Seconda Guerra Mondiale non ci fu mai un tentativo di sterminarli, che le industrie di morte, le camere a gas ed i vagoni a gas sono una fandonia Ebraica, e che l'immagine dei 6 milioni è una fantasiosa esagerazione, il Nuovo Ordine Mondiale condotto dai Sionisti sarebbe finito.

    La Germania diverrebbe ingovernabile; il popolo Tedesco non proverebbe altro che odio per i politicanti, gli intellettuali ed i giornalisti che li hanno traditi e umiliati giorno dopo giorno. Tutto il regime della nazione verrebbe screditato senza alcuna speranza.

    Questi alcuni esempi della consapevolezza di regime:
    Il 15 Agosto 1994 il giornalista Patrick Bahners, commentando la vicenda del revisionista Guenter Deckert, carcerato per “negazione dell'olocausto”, scrisse sul Frankfurter Allgemeine Zeitung: «Se le constatazioni di Deckert sull'olocausto fossero corrette, la Repubblica Federale Tedesca sarebbe basata su una menzogna. Ogni dichiarazione del Presidente, ogni minuto di silenzio. Ogni libro di storia sarebbe una bugia. Per questo Deckert, negando il genocidio degli Ebrei, nega la legittimità della Repubblica Federale Tedesca».

    Con estrema difficoltà si potrebbe esprimere più propriamente il problema. Alcuni opinionisti Tedeschi ora dichiarano apertamente che l'Olocausto è il fondamento dello stato di Germania del dopoguerra, come mostrato da una citazione di un quotidiano molto influente, il Die Welt (28 Aprile 1994):

    “Chiunque neghi la verità circa i campi di sterminio Nazional socialisti fa cedere le fondamenta sulle quali fu costruita la Repubblica Federale di Germania.”

    Ma anche in altre nazioni Occidentali, il credo nel cosidetto “sistema democratico” sarebbe profondamente scosso se la gente domandasse a se stessa perchè questa pantomima deve essere mantenuta tramite la censura ed un nudo terrore per un pericolo di cedimento.

    Mentre le conseguenze di un'esposizione pubblica della frode olocaustica sarebbero molto più serie per il sistema Occidentale, esse sarebbero catastrofiche per il giudaismo internazionale sotto la protezione dello Stato d'Israele. Ci sarebbe un'ondata mondiale di snetimenti anti-Ebraici, e nessun non-Ebreo rimarrebbe più di supporto allo stato Sionista parassita. Gli esborsi Tedeschi verrebbero interrotti la notte stessa, e gli USA dovrebbero ridurre il loro aiuto finanziario a Israele così drasticamente che si verificherebbe la bancarotta dopo non più di un anno. Gli Ebrei d'Israele rimarrebbero completamente demoralizzati, poiché capirebbero istintivamente che uno stato fondato su una così colossale frode non avrebbe nessun diritto morale all'esistenza. Se la religione olocaustica, che unisce gli Ebrei di tutto il mondo, giungesse al collasso, la solidarietà al Giudaismo internazionale diverrebbe materia del passato. E la rabbia dei Palestinesi assumerebbe dimensioni gigantesche, poiché questo popolo capirebbe di aver subito il furto della propria patria e il genocidio dei loro figli nel nome di una menzogna.



    L'ultima arma contro il Sionismo e lo stato d'Israele

    Alla fine del 2000 Israele è una nazione circondata, ma sotto il punto di vista militare è ancora largamente superiore ai suoi vicini, e ciò rallegra l'incondizionato supporto degli Stati Uniti d'America. Se qualche stato Islamico crescesse al punto tale da intimidire Israele, sarebbe sicuramente attaccato ed annichilito militarmente dall'America. Mentre alla Russia non intende rischiare un confronto con gli USA per il destino dei Palestinesi. Intanto ammiriamo il coraggio degli stessi Palestinesi che combattono nella resistenza, sacrificando la vita per liberare le loro terre dagli intrusi ma, realisticamente, essi non hanno alcuna probabilità di vittoria, armati di sole pietre e fionde e costretti ad un confronto con un esercito dotato di elicotteri e carri armati.




    Combattendo un nemico si dovrebbe sembre guardare il suo punto più debole. Il punto debole di Israele, il suo tallone d'Achille, è la menzogna olocaustica alla quale deve la sua esistenza. I revisionisti hanno la possibilità di fornire un'arma terribile agli avversari di Israele e del Sionismo internazionale. Molti revisionisti sono senza dubbio guidati da considerazioni politiche. Alcuni di essi – Carlo Mattogno è un buon esempio – sono motivati soltanto da curiosità intellettuale: vogliono appurare cosa accadde realmente agli Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma anche se il revisionismo non è un movimento politico, le sue implicazioni politiche sono tremende. I revisionisti stanno tentando di scovare la verità, e la verità è la morte dello stato d'Israele e dell'internazionale Ebraica. Per questo i revisionisti, in ogni caso, lavorano oggettivamente contro Israele ed il Sionismo, anche se soggettivamente mirano a fini puramente scientifici evitando qualsiasi ambizione politica.




    Questa è naturalmente la ragione per la quale sono perseguitati ed i loro testi vengono bruciati in moltissime nazioni.

    In vista del controllo Ebraico totale dei media e della repressione anti-revisionista in costante crescita in molte nazioni Occidentali è quindi davvero dificoltoso prevedere la penetrazione revisionista. Noi revisionisti stiamo affrontando una durissima battaglia, che può essere spiegata solo in parte a causa della totale mancanza di risorse finanziarie. Fortunatamente internet, che gli Ebrei non possono censurare, ha incrementato notevolmente le nostre possibilità, almeno per rendere noti al Mondo i risultati delle nostre ricerche. Ma, nonostante ciò, non possiamo farci illusioni: non tutti i cittadini del mondo Occidentale, informati sugli argomenti revisionisti diverranno automaticamente revisionisti ed anti-Sionisti. La media della popolazione di questo Occidente, specialmente in Germania, è stata esposta ad un tale lavaggio del cervello che un'improvvisa esposizione alla verità può provocare cedimenti nervosi o crampi allo stomaco. Ho avuto modo di verificarlo personalmente.
    Altre persone potrebbero accettare volentieri la verità sull'olocausto, ma venendo a conoscenza delle conseguenze (ostracismo sociale, rovina economica e persecuzione legale), preferiscono comprensibilmente non essere coinvolte. Comunque, se vogliamo vincere la guerra contro quelli che un mio amico Russo ha definito come “i nemici di Dio e del genere umano”, non abbiamo molte scelte: o distruggere la Grande Menzogna o lasciare che la Grande Menzogna ci distrugga.

    Secondo una logica conseguenza tutte le nazioni autenticamente anti-Sioniste ed i veri amici del popolo Palestinese oppresso dovrebbero assurgere a definitiva priorità il progresso del revisionismo sull'olocausto. Un carro armato costa milioni di dollari, mentre un soldato può distruggerlo con un missile. I revisionisti possono dare un'arma che neanche migliaia di missili potrebbero distruggere.


    (Fonte: http://www.ety.com/tell/books/jglife/15.htm)

    Il testo completo di questa relazione può essere consultato in lingua inglese su http://www.ety.com/tell/books/jglife/jgtoc.htm

  7. #7
    cattolico refrattario
    Data Registrazione
    14 Oct 2002
    Località
    Modugno - Terra di Bari -
    Messaggi
    2,838
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Bibliografia revisionista


    (1996)

    TESTI REVISIONISTI


    L'Aigle Noir, Mémoire en défense - Josef Kramer contre Josef Kramer, Polémiques, 1988.

    Aitken J., Epilogue judiciaire de l'affaire Faurisson, La Vieille Taupe, 1983.

    Amaudruz G.-A., Ubu justicier au premier procès de Nuremberg, Jonquières, 1949.

    Amaudruz G.-A., Spielberg et sa "Liste de Schindler", "Courrier du Continent" n.357 1994

    Amaudruz G.A., Les variantes de la loimuselière, "Courrier du Continent" n.359 1994 ' Anders W., Verbrechen der Sieger, Druffel - Verlag, 1975.

    Andriola F., De Angelis M., Intervista a David Irving, "L'Italia settimanale" n.47/1995.

    App A J., No Time for Silence - Pleas for a just Peoce over Four Decades, IHR, 1987.

    App A., The Six Million Swindle, Boniface Press, Takoma Park, Maryland, 1973.

    Aretz E., Hexeneinmaleins einer Lage, Verlag Hohe Warte - Franz von Bebenburg, 1973.

    Aschenaner R., Krieg ohne Grenzen. Der Partisanenkampf gegen Deutschlad, Druffel, Leoni am Starnberger See, 1982.

    Aynat E., Los "Protocolos de Auschwitz": G una faente historica ?, Garcia Hispán, 1990 * Aynat E., Estudios sobre el "halocausto", GarciaHispán, 1990.

    Ball J., Air Photo Evidence - Auschwitz, Treblinia, Majdanek, Sobibor, etc., Ball Resource Services, 1992 *

    Ball J., The Ball Report - Concentration camps drawn from WW 11 air photos, Samisdat Publishers, 1993 .*

    Bardèche M., Nuremberg ou la terre promise, Paris, 1948.

    Bardèche M., I servi della democrazia, Longanesi, 1949 .

    Bardèche M., Nuremberg II ou les Faux Monnayeurs, Paris, 1950.

    Bardèche M., L'uovo di Colombo - Lettera aperta a un senatore americano, Longanesi, 1952.

    Bardèche M., Nürnberg oder Die Falschmunzer, Verlag für ganzheitliche Forschung und Kultur, 1992.

    Bardèche M., Die Politik der Zerstorung - Nurnberg oder Europa, Verlag für ganzheitliche Forschung und Kultur, 1992.

    Belgion M., Epitaph on Nuremberg, London, 1946..

    Benamou J., Dallo sfruttamento nei lager allo siruttamento dei lager, Graphos, 1994.

    Bergh H. (van -), Verbrecher oder Soldat - Die andere Seite des Falles Waldheim, Türmer, 1988.

    Bermont J.P. [Paul Rassinier], La verità sul processodiAuschwitz, LaSfinge, 1985.

    Bochaca J., Los crimenes de los "buenos", Barcelona, 1982.

    Bochaca J., "Anne Frank's diary - A Hoax", IHR, 1979.

    Bohlinger R., Ney J.P., Gutachten zur Frage der Echtheit des sogenannten WannseePrototolls und der dacugehorenden Schriftstücke, Verlag für ganzheitliche Forschung und Kultur, I ed. 1992, II ed. 1994.

    Bohlinger R., Ney J.P., Die Stellungnahme der Leitung der Gedenkstatte Haus der Wannsee-Konferenz zu dem von Bohlinger und Ney verfassten Gutachten zur Frage der Echtheit des sogenannten Wannsee-Protokolls und der dazugehorenden Schriftstücke, Verlag für ganzheitliche Forschung, 1995.

    Bohlinger R., ID Informations- und Dokumentationsdienst, n.l, VfgFuK, 1994.

    Bohlinger R. (a cura di -), Die geheime Verführung - Uber die Methoden heute herrschender Kreise zur geistigen Manipulierung de rMenschen, VfgFuK, 1994.

    Bohlinger R., Verfassungshüter oder Tyrannenknechte?, VfgF, 1994.

    Borràs J. A. L., Crimenes de guerra, Barcelona, 1973

    Brennecke G., Die Nurnberger Geschichtsentstellung - Quellen zur Vorgeschichte und Geschichte des 2. Weltkriegs aus den Akten der deutschen Verteidigang, Verlag der Deutschen Hochschullehrer-Zeitung (Grabert), 1970.

    Brigneau F., Mais qui est donc le professeur Faurisson?, Publications FB, s.d.

    Burg J.G., NS-Verbrechen. Processe des schlechten Gewissens, München, 1968.

    Burg J.G., Das Tagebuch (di Anna Frank), München, 1978.

    Burg J.G., Majdanek in alle Ewigkeit?, Ederer, 1979.

    Burg J.G., Sandenbocke - Grossangriffe des Zionismus auf Papst Pius Xll, Ederer, 1980.

    Burg J.G., Schuld und Schicksal - Europas Juden zwischen Henkern und Heuchlern, K.W. Schutz, 1990.

    Burg J.G., Mossad-Pädagogen, in proprio, s.d.

    Burg J.G., Jüdisch-deutscher Dialog, Max Wahl, 1992.

    Butz A.R., The Hoax of the Twentieth Century, IHR, 1989.

    Cerase M., La Corte di Karlsruhe alle prese con il revisionismo storico [2064/12], "Cassazione penale" dic. 1994.

    Chelain A., Le proces Barbie ou Le Shoahbusiness à Lyon, Polémiques, 1987.

    Chelain A., La these de Nantes et l'affaire Roques, Polemiques, 1988

    Chelain A., Les crématoires d'Auschwitz, Revue d'Histoire Non Conformiste, n. 2, 1994.

    Chersi A. (a cura di-), Il caso Faurisson, in proprio, 1983.

    Christophersen T., La fandonia di Auschwitz, La Sfinge, 1984.

    Le Citoyen, Les petits suppléments au Guide des droirs des victimes. No 1. L'incroyable Affaire Faurisson, La Vieille Taupe, 1982.

    Le Citoyen, L'affaire Papie-Barbon et L'arrêt du 26 avril 1983, La Vieille Taupe, 1983.

    Clarion Cunecator, Holkaustismus - Prägang und Zerfall eines Begriffs, Michael Koll, 1994.

    Cohn-Bendit J.-G. (et al.), Intolérable intolérance, Editions de la différence, 1981.

    Committee for Truth in History, The Six Million Reconsidered, The Noontide Press, 1979.

    Cornilleau C., La répression en France, "Le Flambeau" No 4/1994.

    Deana F., Testimonianze e documenti vari su i lager: Fania Fenelon, "Sentinella d'ltalia" n.258, 1995

    Deana F., Simone Wiesenthal: Giustizia non vendetta, "Sentinella d'ltalia" NN 261, 262 e 264, 1995.

    Degrelle L., Lettera al papa sulla traffa di Auschwitz, Sentinella d'Italia, 1979.

    Delcroix E., La Police de la pensée contre le révisionnisme, Diffusion: RHR, 1994.

    Delcroix E., La francophobie - Crimes et délits idéologiques en droit francais, Libres opinions, 1995.

    Delcroix E., N'est-il pas temps de se libérer?, "Le Flambeau" n. l 5, 1995.

    De Martin P., Il segreto di Dachau, Sentinellad'Italia, 1988.

    Di Zaga E., La dichiarazione in favore degli ebrei favorisce un razzismo che lede il diritto di legittima difesa degli altri popoli, in proprio, 1965.

    Diewerge W., Das Kriegsziel der Weltplutokratie: "Germany must perish", Nordwind, s.d., (Franz Eher, 1941).

    Dommergue Polacco De Ménasce R.G., Auschwitz: Das Schweigen von Heidegger der Kleine Einzelheiten, Max Wahl, 1992.

    Duprat F., Le Mystère des chambres à gaz, "Défense de l'Occident," n. 63, 1967.

    Fahey D., The Rulers of Russia, IHR, 1986 (1938).

    Faurisson R., Le problème des "chambres à gaz", "Défence de l'Occident" n. l58, 1978.

    Faurisson R., Le camere a gas non sono mai esistite, articoli su "Storia Illustrata", nn.261, 262, 263, 265,1979.

    Faurisson R., Mémoire en défense contre ceux qui m'accusent de falsifier l'histuire, La Vieille Taupe, 1980.

    Faurisson R., Ich suchte - und fand die Wahrheit, Mohrkirch, 1982.

    Faurisson R., Réponse à Pierre VidalNaquet, La Vieille Taupe, 1982.

    Faurisson R., Het Dagboek van Anne Frank: een vervalsing, Antwerpen, Vrij Historisch Onderzoek, 1985.

    Faurisson R., Vers un krach du Shoah business, La Vieille Taupe, 18 giugno 1987 (riedizione 1991).

    Faurisson R., Réponse à Jean-Glaude Pressac sur le problème des chambres a gaz, R.H.R., 1994.

    Faurisson R., Le falsificazioni di Auschwitz secondo un dossier de L'Express, "Sentinella d'ltalia" n.259, 1995.

    Faye G., Il sistema per uccidere i popoli, Edizioni dell'Uomo libero, 1983.

    Faye G., La nuova società dei consumi, "I'Uomo libero" n.20, 1985.

    Faye G., La religione dei diritti dell'uomo, "Diorama letterario" n. l 27, 1989.

    Felderer D., Auschwitz Exit, Vol. I, Täby, Svezia, 1980.

    Felderer D., Il diario di Anna Frank: una frode, Edizioni La Sfinge, 1990.

    Ferrero G., L'Europa giovane - Studi e viaggi nei paesi del Nord, Treves, 1897

    Fisher M.R., Amerikas Schuldanteil an beiden Weltkriegen - Der jüdische Krieg gegen Deutschland, in proprio, Chicago, 1981.

    Finke F., Was darf man noch sagen und tun? - Zur Zensur im "freiheitlichsten Staat unserer Geschichte", "Deutschland in Geschichte und Gegenwart" n.1/1995.

    Frank H., Enthüllung jüdischer Geschichtsgeheimnisse - Grundlagen jüdischer Weltherrschaft, s.e., s.d.

    Franz-Willing G., Umerziehang - Die De-Nationalisierung besiegter Völker im 20. Jahrh., Nation Europa, 1991.

    Franz-Willing G., Weltherrschaft durch Umerziehung?, Deutsche Verlagsgesellschaft, 1994.

    Freund W., B'nai-B'rith-Judentum und Weltpolitik, Archiv-Edition, 1990 (1942).

    Frey G., Prominente ohne Maske, FZ Verlag, 1988.

    Frey G., Prominente ohne Maske international, FZ Verlag, 1989.

    Frey G., Prominente ohne Maste DDR, FZ Verlag, 1991.

    Frey G., Vorsicht Fälschung, FZ Verlag, 1991.

    Frey G., Deurschlands Ausplünderung - Vom Versailler Diktat bis zum Maastricht-Betrug, FZ Verlag, 1993.

    Frey G., Deutschland wie es wirklich war, FZ Verlag, 1994.

    Frey G., Die besten Soldaten der Welt, FZ Verlag, 1994.

    Frey G., Massenmord-Lügen gegen Deutschland, FZ Verlag, 1994.

    Frey G., 5000 Judische Prominente - Ihre Herkunft, ihr Leben, ihr Einfluss, FZ Verlag, 1995.

    Freyenwald H.J. (von-), Jüdische Bekenntnisse aus allen Zeiten und Ländern, Faksimile Verlag, 1992 (1941).

    Fritsch L.A., Amerikas Verantwortung für das Verbrechen am deutschen Volk, Grabert, 1988.

    Fritsch T., Handbuch der Judenfrage, Faksimile Verlag, 1991 (1933).

    Fritzsche H., Vor dem Tribunal der Sieger: Gesetzlose Justiz in Nürnberg, Verlag K. W. Schütz, 1981.

    Füssl K.-H., Die Umerziehung der Deutschen - Jugend und Schule unter den Siegermachten, Schöningh, 1994.

    Garaudy R., Les mythes fondateurs de la politique israéliènne", "La Veille Taupe" n.2, 1995.

    Gauss E., Vorlesungen über Zeitgeschichte - Strittige Fragen im Kreazverhör, Grabert, 1993.

    Gauss E., Chemische Wissenschaft zur Gastammerirage, "DiGuG" n.2/1993.

    Gauss E., Grundlagen zur Zeitgeschichte, Grabert, 1994.

    Gerhard R., Der Fall Gottfried Weise - Dokumentation zu einem Auschwitz-Birkenau Prozess, in proprio, 1989.

    Gibbon L.F., Katyn, IHR, 1979.

    Grabert W. (a cura di -), Geschichtsbetrachtung als Wagnis - Eine Dokumentation, Grabert, 1984.

    Grabert W., Gauss' "Grundlagen" beschlagnahmt, "Euro-Kurier" n.2/1995.

    Graf J., Der Holocaust-Schwindel - Vom Werden und Vergehen des Jahrhundertbetrugs, Guideon Burg, 1993.

    Graf J., L'holocauste au scanner - Témoignages oculaires ou lois de la nature, Guideon Burg, 1993.

    Graf J., Tätergeständnisse und Augenzeugen des Holocaust, Neue Visionen, 1994.

    Graf J., Todesursache Zeitgeschichtsforschang, Neue Visionen, 1995.

    Guerre sociale, La, Dallo sfruttamento nei lager allo sfruttamento dei lager, Graphos, 1994.

    Guillaume P., Droit et histaire, La Vieille Taupe, 1986.

    Guillaume P., A-t-on lu Pressac? ou Pressac, mode d'emploi, La Vieille Taupe, 1994.

    Guillaume P., Della miseria intellettuale in Francia in ambiente universitario e specialmente nella corporazione degli storici - Jean-Claude Pressac, preteso demolitore del revisianismo olacaustica, Graphos, 1996.

    Guionnet A., Appel au meurtre, "Revision" n.47, 1993.

    Guionnet A., Les 125.000, "Revision" n. 52/53/54, 1994.

    Härtle H., Freispruch für Deutschlad-Unsere Soldaten vor dem Nürnberger Tribunal, K.W. Schütz, 1965.

    Härtle H., Was "Holocaust" verschweigt, Druffel, 1979.

    Harwood R., Auschwitz o della soluzione finale - Storia di una leggenda, Le Rune, 1978.

    Hitler A., Idee sul destino del mondo, Edizioni di Ar, 1980.

    Hitler A., Monologe im Führerhauptquartier 1941-1944 (raccolti da Heinrich Heims), Gondrom, 1988.

    Hitler A., Hitlers Tischgespräche im Führerhauptquartier (raccolti da Henry Picker), Ullstein, 1989.

    Hitler A., Ultimi discorsi, Edizioni di Ar 1988.

    Hoffmann J., Stalins Vernichtungskrieg 1941-1945, Verlag für Wehrwissenschafien, 1995.

    Holmar K.C., Die Gas Kammern und die bundesdeutsche Justiz - Zum neuesten Urteil des BGHs, "DiGuG" n.2/1994.

    Honsik G., Freispruch für Hitler?, Ediciones Libreria Europa, 1992.

    Honsik G., Schelm und Scheusal - Meineid Macht und Mord anf Wizenthals Wegen, Ed. Libreria Europa, 1993.

    Honsik G., Die Jägschitzlüge - Richter Stockhammer liess nach Honsik Prozess 1992 unredlichen sachverständigen Gerichtsprotololl und Gutachten verfälschen, "Halt" n.74, ottobre-novembre 1994.

    Institute for Historical Review, The Zionist Terror Network - Background & Operations of the Jewish Defense Leogue and Other Criminal Zionist Groups, IHR, I ed. 1985 (II ed. aumentata 1993).

    Institute for Historical Review, Worldwide Growth and Impact of "Holocaust" Revisionism, IHR, 1987.

    Irving D., Apocalisse a Dresda, Mondadori 1965.

    Irving D., La pista della volpe, Mondadori 1978.

    Irving D., Der Nürnberger Proress, München, 1980.

    Irving D., La guerra tra i generali, Mondadori, 1981.

    Irving D., Ungheria 1956. La rivolta di Budapest, Mondadori 1982.

    Irving D., Der Morgenthau-Plan 1944-1945, Faksimile Verlag Wieland Soyka, 1986.

    Irving D., Churchill's War, vol. 1·, The struggle for Power, Veritas Publishing C., 1987.

    Irving D., Göring, il maresciallo del Reich, Mondadori, 1989.

    Irving D., Hitler's War and the War Path 1933-1945, Focal Point, Londra, 1991.

    Jordan R., Vom Sinn dieses Krieges, Zentralverlag der NSDAP, 1942.

    Kadell F., Die Katyn Lüge - Geschichte einer Manipulation, Herbig, 1991.

    Kammerer R., Solms A., Wissenschaftlicher Erdrutsch durch das Rudolf-Gutachten, Cromwell Press, 1993.

    Kamp J. P., The Bigots Behind the Swastika Spree, The Noontide Press, s.d. (1960).

    Keppler K., Tod über Deutschland - Der Morgenthauplan, Grabert, 1971.

    Kern F., Verbrechen am deutschen Volk - Dokumente alliierter Grausamkeiten 1939-1949, K.W. Schütz, 1983.

    Kern E., Die Tragödie der Juden. Schicksal zwischen Wahrheit und Propaganda, Verlag K.W. Schütz KG, Preuss, Holdendorf, 1979.

    Kern E. (a cura di-), Verheimlichte Dokumente, FZ Verlag, 1988.

    Khol A. (et al.), Die Kampagne - Kurt Waldheim, Opfer oder Täter?, Herbig, 1987.

    Knieriem A. (von-), The Nuremberg Trials, Regnery, 1959

    Kohler M., Auch Holocaust-Lügen haben kurze Beine!, Cromwell Press, 1994.

    Kohler M., Jean-Claude Pressac und die deutsche Öffentlichkeit, "DiGuG" n.4/1994.

    Kolb E., Bergen-Belsen 1943 bis 1945, Vandenhoeck & Ruprecht, 1991.

    Kretschmer W., Der mittelalteliche Hexenprozess und seine Parallelen in unserer Zeit, "DiGuG" n.2/1993.

    Kulaszka B., Did Six Million Really Die? - Report of the Evidence in the Canadian "False News" Trial of Ernst Zündel, Samisdat Publishers, 1992.

    Kulaszka B., Strafverfolgang der Holocaust-Leugner?, "Die Bauernschaft" n.2/1995.

    Kumpf F., Die Verbrechen an Deutschen, Mannheim, 1954.

    Kurowski F., Das Massaker von Dresden und der anglo-amerikanische Bombenterror 1944/1945, Druffel, 1995.

    Kursbuch Polen 1942: Amtlicher Taschenfahrplan für das Generalgouvernement, Gültig vom 2. November 1942 an bis anf weiteres, Verlag Josef Otto Slezak, Wiedner Hauptstrasse 42, A-1040 Wien 4, 1984.

    Le Goff H., Les grands truquages de l'histoire, Jacques Grancher, Paris, 1983.

    Lenski R., The Holocaust on Trial - The Case of Ernest Zündel, Reporter Press, 1989.

    Leuchter F. A., The Leuchter Report - The First Forensic Examination of Auschwitz, Focal Point Publications, 1989.

    Leuchter F.A., Rapporto Leuchter, Edizioni all'insegna del Veltro, 1993.

    Leuchter F.A., Der zweite Lenchter Report - Dachau, Mauthausen, Hartheim, Samisdat 1989.

    Lüftl W., Die Feuerbestattung in der ersten Hälfte dieses Jahrhunderts, "DiGuG" n.2/1995.

    Marals P., Les camions à gaz en question, Polémiques, 1994.

    Martin J. J., Revisionist Viewpoints, Colorado Springs, 1971.

    Martin J. J., The Man Who Invented "Genocide" (Raphael Lemkin), IHR, 1984.

    Martin L., Frank Walus, a frame-up vicrim of the nazi hunters, Pro-American Press, 1988.

    Maser W., Nuremberg. A Nation on Trial, New York, 1979.

    Mattern H., Jesus, die Bibel und die 6.000.000 Lüge, Samisdat Publishers, Toronto, 1979.

    Matthiessen W., Israels Geheimplan der Völkervernichtung, Archiv-Edition, 1991 (1938).

    Mattogno C., Il mito dello sterminio ebraico, Sentinella d'Italia, 1985.

    Mattogno C., La Risiera di San Sabba: un falso grossolano, Sentinella d'Italia, 1985.

    Mattogno C., Il Rapporto Gerstein - Anatomia di un falso, Sentinella d'Italia, 1985.

    Mattogno C., Auschwitz: due false testimonianze, La Sfinge, 1986.

    Mattogno C., Auschwitz: un caso di plagio, La Sfinge, 1986.

    Mattogno C., Wellers e i "gasati" di Auschwitz La Sfinge, 1987.

    Mattogno C., Auschwitz: le "confessioni" di Hoess, La Sfinge. 1987.

    Mattogno C., "Medico ad Auschwitz": anatomia di un falso, La Sfinge 1988.

    Mattogno C., Come si falsifica la storia - Saul Friedländer e il "rapporto" Gerstein, La Sfinge, 1988.

    Mattogno C., La soluzione finale - Problemi e polemiche, Edizioni di Ar, 1991.

    Mattogno C., Auschwitz: la prima gasazione, Edizioni di Ar, 1992.

    Mattogno C., Auschwitz: fine di una leggenda, Edizioni di Ar, 1994.

    Mattogno C., Intervista sull'Olocausto. Edizioni di Ar, 1995.

    Mattogno C., Lois de nombres (intervista con Jacques Moulin), "Revision" n.60, 1995.

    Mémy M.-P., L'Affaire Faurisson, Université de Bordeaux III, Option Journalisme 1982-1983.

    Mosberg H., Reeducation, Universitas, 1991.

    Munzi U., Il segreto di Carpentras: i suoi giovani-bene hanno profanato il cimitero, "Corriere della Sera", 23 settembre 1995.

    Nicosia F. R., Hitler und der Zionismus, Druff`el, 1989.

    Nolywaika J., Die Sieger im Schatten ihrer Schuld - Recht auf Wahrheit und Gerechtigkeit für Deutschland, Deutsche Verlagsgesellschaft / DVG, 1994.

    O'Keefe T. J., The US Holocaust Memorial Museum, IHR, 1993.

    Ohquist J., Le National-Socialisme des origines à la guerre, Avalon, 1989.

    Paget R. T., Manstein. - His Campaigns and his Trial, London, 1951.

    Pithou P., L'Holocausticon - Des vertus de l'holocausticon composé, La Vieille Taupe, 1986.

    Poncins L. (de-), Le procès de Nuremberg, Top Secret, Chiré en-Montreuil, 1972.

    Poncins L. (de-), Six milion innocent victims, in Judaism and the Vatican, Liberty Bell Publications, 1967.

    Ponsonby A., Falsehood in War-Time, IHR, 1980 (1929).

    Porter C. W., The Holocaust, made in Russia, IHR, 1989.

    Porter C. W., Non coupable au procès de Nuremberg, "Gazette du golfe et des banlieues" n. l 0, 1995.

    Porter C. W., Non colpevole a Norimberga, Granata, USA, 1995.

    Rassinier P., Ulysse trahi par les siens, La Vieille Taupe, Paris 1980.

    Rassinier P., L'Opération "Vicaire". Le rôle de Pie Xll devant l'Histoire, La Table Ronde, 1965.

    Rassinier P., La menzogna di Ulisse, Le Rune, 1966 [nuova ediz. Graphos, 1996].

    Rassinier P., Il dramma degli ebrei europei, Edizioni Europa, 1967.

    Rassinier P., Les responsables de la seconde guerre mondiale, Nouvelles Editions Latines, 1967.

    Rassinier P., Das Drama der Juden Europas - Eine technische Studie, Hans Pfeiffer, s.d.

    Rassinier P., Was ist Wahrheit? - Die Juden und das Dritte Reich, Druffel, 1982.

    Rassinier P., Le véritable procès Eichmann ou Les voinqueurs incorrigibles, La Viellle Taupe, 1983.

    Rassinier P., Le drame des juifs européens, La Vieille Taupe, 1984.

    Ratier E. (a cura di-), Mystères et secrets du B'nai B'rith, Facta, 1994. [Misteri e secreti del B'nai B'rith, Edizioni Sodalitium, 1995].

    Ratier E. (a cura di-), Les guerriers d'lsraël - Enquête sur les milices sionistes. Facta, 1995.

    Remer O., Kriegshetze gegen Deutschland -- Lüge und Wahrheit über die Ursachen beider Weltkriege, Remer, 1989.

    Reynouard V., Discours à ceux qui considèrent le révisionisme inutile, ANEC, 1994.

    Rinsche F.-J., Das Kainsmal der Deutschen, Sinus, 1988.

    Roques H., The "Contessions o/'K'nt Cerstein Institute t`or Historical Review, 19X9

    Rosenberg W., Simon Wisent

    hal -- Derr "Nazi-Jäger" und die sogenannten NSG-Prozesse, Werner Symanek, 1992.

    Roth H., Pourquoi nous ment-on?' Refo Druck + Verlag Witten, 1973.

    Roth H., Was hätten wir Väter wissen müssen? ed. in proprio, 1970.

    Roth H., Was geschah nach 1945? ed. in proprio, 1972.

    Roth H., ... der makaberte Betrug aller Zeiten... ed. in proprio, 1974.

    Roth H., Warum werclen wir Deutschen belogen? Refo Druck + Verlag H.F. Kathagen, 1973.

    Rothe W.D., Die Endlösung der Judenfrage. E. Bierbaum, 1974.

    Rothe W.D., Wiesenthals wundersames Wirken, Verlag für Volkstum und Zeitgeschichte, 1975.

    Rothe W.D., Wiesenthal und der Moralkrieg. Volksbewegung gegen antideutsche Greuellügen, 1979.

    Rudolf G., Kammerer R., Solms A., Das Rudolf Gutachten Cromwell Press, 1993.

    Rudolf G., Statistisches über die Holokaust Opfer - W. Benz und W. Sanning im Vergleich, "DiGuG" n.4/1993.

    Rudolf G., Die Freiheit der Wissenschaft als Grund- und Menschenrecht, "Staatsbriefe" n. 11/1994.

    Rudolf G., Leuchter-Gegengutachten: ein wissenschaftlicher Betrug? "DiGuG" n. 1/1995.

    Rudolf G., Meine dritte Hausdurchsuchang, "Sleipnir" n. 3, 1995.

    Rudolf G., "Non esiste per nessuno..." (conferenza dell'8 ottobre 1994) "Courrier du Continent" n. 373, 1995.

    Rudolf G., Semitischer Revisir>nismus "Staatsbriefe" n. l l, 1995

    Rullmann H.P., Der Fall Demjanjuk, Helmut Wild, 1987.

    Rullmann H.P., Victim of the Holocaust UNCHAIN, 1987.

    Rumpf E., Wiedergutmachung - Deutschland zahlt immer, Kultur und Zeitgeschichte / DVG, 1992.

    Salettta C., Per il revisionismo storico contro Vidal-Naquet, Graphos, 1993.

    Salm K., Der Justizskandal im Fall Thomas-Dehler-Stiftung, Staatsbriefe, n. 2, 3-4 e 6, 1995.
    Salm K., Schüsslburner J., Loher.J., Der Rechtsverfall, "Sttatsbriefe/Consiliaren", n. 1, 1995.


    Sanning W. N., The Dissolution of Eastern European Jewry, IHR, 1983.

    Sanning W. N., Die Auflösung des osteuropäisches Judentum, Grabert, 1983.

    Scheidl F. J., Der Staat Israel und die deutesche Wiedergutmachung, Scheidl, 1989.

    ScheIdl F. J., Geschichte der Verfehmng Deutschlands, Scheidl, 1990.

    ScheIdl F. J., Deutscland und die Juden, Scheidl, 1990.

    Schlegel F., Das Unrecht am deutschen Volk, W. P. Publications, 1978.

    Schlegel F., Die Befreiung nachh 1945, W. P. Publications, 1978.

    Schlegel F., Wir werden niemals schwegen W. P. Publications, 1978.

    Schlegel F., Verschwiegene Wahrheiten, Samisdat Publishers, s. d.

    Schlesiger W., Der Fall Rudolf'- Menschenrechtswidriger Vernichtungsfeldzug gegen einen tadellosen Wissenschaftler, Cromwell Press, 1994.

    Schrenk-Notzing C., Lavaggio del carattere - L'occupazione americana della Germania e /e sue conseguenze, Edizioni del Borghese, 1968.

    Schüsslburner J., Die deutsche Freiheit erdrosselt vom Verfassungspatriotismus, "Staatsbriefe" n. 8-9/1995.

    Scronn A., General Psychologus Kritik n. 42, 1978.

    Sella P., L'Occidente contro l'Europa, Edizioni dell'Uomo libero, 1985.

    Sella P., Prima d'Israele, Edizioni dell'Uomo libero, 1990.

    Sella P., Cinquant'anni dopo: RSI, fascismo, Germania nazionalsocialista, "l'Uomo libero", n. 36, 1993.

    Sella P., Genesi e funzione del pregiudizio nella cultura demotratica "I'Uomo libero", n. 39, 1995.

    Sella P., Introduzione al Revisionismo, "l'Uomo libero", n. 40, 1995.

    Smith Z. L., Dachau... Buchenwalcl... Belsen.. etc..., Vrij Historisch Onderzoek. 1984.

    Smith B. R., Confessions of' a Holocaust Revisionist, Popular Reality, 1992.

    Stäglich W., Das Institut fur Zeitgeschichte eine Schwindelfirma?, Kritik, n. 38, 1977

    Stäglich W., Die westtdeutsche Justiz und die sogennanten NS-Gewaltverbrechen, Kritik Verlag, 1978.

    Stäglich W., Der Auschwiz Mythos - Legende oder Wirklichkeit?, Grabert, 1979.

    Stäglich W., Ist Zeitgeschichte justiziabel? - Kritische Gedanken zum sogenanaten Judenmord-Urteil des Bundesgerichtshofes, Deutscher Rechtsschutzkreis, 1980.

    Stäglich W., Rechtsprechang im Zwielicht - Dokumentation eines Strafprozesses, Deutscher Rechtsschutzkreis, 1982.

    Stäglich W. et al., Zur Problematik der Prozesse um "NS Gewaltverbrechen", Deutscher Rechtsschutzkreis, 1982.

    Stäglich W., Le mythe d'Auschwitz - Etude critique, La Vieille Taupe, 1986.

    Stäglich W., Der Leuchter Report - Antwort auf eine Kritik, History Buff Books and Video, 1992.

    Stäglich W., Die Westdeutsche Justiz und die sogenannten NS-Gewaltrerbrechen - Vortrag gehalten auf dem Pfingsttreffen 1978 der Unabhängigen Freundeskreise in Scharzfeld/ Harz, Kritik, s.d.

    Sudholt G., Anti-Germanismus - Eine Treitschrift zu Dachau und Auschwitz, Türmer, 1988.

    Sudholt G., In Haft - Landsberg 1993, Persönliches u. politisches Tagebuch eines deutsch. Verlegers, Druffel, 1994.

    Taege H., Wo ist Kain? - Enthüllungen und Dokumente zum Komplex Tulle + Oradour, Askania, 1981.

    Taege H., Wo ist Abel? - Weitere Enthüllungen und Dokumente zum Komplex Tulle + Oradour, Askania, 1985.

    Thion S., Vérité historique ou vérité politique? - L'affaire Faurisson, La Vieille Taupe, 1980.

    Thion S., Une allumette sur la banquise - Ecrits de combat 1980-1992, edizione privata, 1993.

    Touvier P., Mes crimes contre l'humanité, La libre parole, 1989.

    Trémolet de Villers J., Paul Touvier est innocent, DMM (in proprio), 1990.

    Uhle-Wettler R., Die nationalen Interessen des deutschen Volkes, "DiGuG" n. 4/1994.

    Uschkujnik B., Paradoxie der Geschichte - Ursprung des Holocaust, Lühe, 1986.

    Utley F., Kostspielige Rache - The High Cost of Vengeance, Nölke, 1952.

    Valli G., Complesso Olocaustico e Mondialismo - Le manovre di condizionamento della Germania unificata, "Orion" n. 72, 1990.

    Valli G., Riabilitare Voltaire? -- Discorso alle Anime Pie del "revisionismo" olocausticoo, "Orion" n.79, 1991.

    Valli G., Schindler's List: I'immaginazione al/ potere, "I'Uomo libero" n. 39, 1995.

    Veale F. J. P., Advance to Barbarism - The Development of Total Warfare From Serajevo, IHR, 1979 (1968).

    Veale F. J. P., Crimes Discreatly Veiled, IHR, 1979 (1959).

    Wahl M., Der "Holocaust"-Mythos" -- Die Ausplünderung Deutschlands nach 1945, "Eidgenoss" n. I l /1994.

    Walendy U., Truth for Germany - The Guilt Question of the Second World War, Verlag für Volkstum und Zeitgeschichtsforschung, 1981 (I ed. tedesca 1964).

    Walendy U., Europa in Flammen 1939-1945 (due voll.), Verlag fur Vol kstum und Zeitgeschichtsforschung, 1966.

    Walendy U., Bild-Sonderdruck des historischen Quellenwerkes "Europa in Flammen 1939-1945", Verlag fur Volkstum und Zeitgeschichtsforschung, 1967.

    Walendy U., Bild "Documente" für Geschichtsschreibung?, Vlotho/Weser, 1973.

    Walendy U. (a cura di -), Auschwitz im IG Farben-Prozess, Verlag fur Volkstum und Zeitgeschichtsforschung, 1981.

    Walendy U., Des documents photographiques historiques, Verlag fur Volkstum und Zeitgeschichtsforschung, 1985.

    Weckert I., Feuerzeichen - Die "Reichskristallnacht", Grabert, 1989.

    Weber C. E., The "Holocaust": 120 Questions and Answers, IHR, 1983.

    Wember H., Umerziehang im Lager - Internierung und Bestrafung von NS in der britischen BZ, Klartext, 1991.

    Werner S., Die 2. babylonische Gefangenschaft - Das Schicksal der Juden im europäischen Osten, in proprio, 1990.

    Werner S., Verbotene Zonen und geheime Stüdie - Neues zur 2. babylonische Gefangenschaft, "DiGuG" n.4/1993.

    Wetzel B., Hexenjagd auf Richter Orlet, "National Zeitung" n. 37/1994.

    Wetzel B., Riesige Grabplatte am Brandenburger Tor?, "NZ" n. 14/1995.

    Wippermann W., Von Rassinier bis Leuchter: Zur Genese und Funktion der Auschwitzlüge, "Sleipnir" n. 6, 1995.

    Ziemssen D., The Malmédy Trial, IHR, 1981.

    Zündel E., (a cura di-), Der zweite Leuchter Report- Dachau, Mauthausen, Hartheim, Samisdat Publisher, 1993.




    The Nuremberg "Trial", di anonimo, 1946.

    Allüerte Kriegsverbrechen und Verbrechen gegen die Menschlichkeit, Samisdat Publisher, 1977.
    Auschwitz ou le Grand Alibi, La Vieille Taupe, 1969.
    The Big Lie: Six Milion Murdered Jews, Fyshwick A.C.T. Unity Printers and Publisher, 1970.
    L'Affaire Faurisson, Le lutteur de classe, 1981.
    Nazi Gassing a Myth ?, IHR, 1983.Le journal d'Anne Frank pourrait être un faux!, Le Courrier des Yvelines, 1984.
    On sait aujourd'hui que le journal d'Anne Frank était un faux. Le beau mensonge, Spécial dernière, 1984.
    Worldwide Growth and Impact of "Holocaust" Revisionism, IHR, 1985.
    25 Reasons Why John Demjanjuk Can't Be "Ivan The Terrible", "Instauration", maggio 1987.
    Das Wannsee Protokoll, "Huttenbriefe fur Volkstum...", numero speciale giugno 1992.
    Legge Mancino - Le idee nel mirino della repressione, "I'Uomo libero" n. 37, 1993.
    Un giudice tedesco dubita dell'Olocausto, "la Repubblica", 26 maggio 1993.
    "Vom Märchenerzähler zum Chronisten des Holocaust" (Steven Spielberg), in "Historische Tatsachen" n. 63, 1994.
    Entretien du général Remer avec Ahmed Rami du journal Alshaab (20 e 23 luglio 1993), L'Autre Histoire, 1994.
    Der Fall Deckert: BGH führt Ersturteil ad absurdam, "Deutschland Report" n. 12/1994.
    Libraio in carcere per vendita di opere revisioniste, "il Giornale", 8 luglio 1994.
    Mit Dreijährigen aber den Holocaust sprechen - Die totale Erfassung der Jugend, "Euro-Kurier", Grabert, n. 1/1994.
    New Persecutions of East Europeans by Jewish OSI, "The Truth At Last" n. 376, 1994.
    Auschwitz: Was war wirklich? - Neues Sondergesetz gegen Zweifel, "NZ" n. 21/1994Die Auschwitz-Hintergründe (von Schoeler), "NZ" n. 6/1995.
    David Irving's Action Report, nn. di maggio e giugno/1995.
    Sionisme, révisionnisme et démocratie, samizdat fuori commercio, La Vieille Taupe, 1995.
    Wie hoch ist die Zahl der jüdischen Opfer? ("Basier Nachrichten" n.243, 13.ó.1946), in "Revision" n. 61 -62, 1995.

    ++++++++++++++++
    estratto de L'Uomo libero, 41, aprile 1996.
    Casella postale 1658, 20123, Milano.

  8. #8
    cattolico refrattario
    Data Registrazione
    14 Oct 2002
    Località
    Modugno - Terra di Bari -
    Messaggi
    2,838
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Breve introduzione al revisionismo sull'Olocausto

    di Arthur R. Butz


    Esistono tre concrete ragioni per cui si dà generalmente credito alla leggenda, ampiamente diffusa, ma erronea, secondo la quale sarebbero stati milioni gli Ebrei uccisi dai Tedeschi durante la II guerra mondiale. Innanzi tutto vi è il rinvenimento, ad opera delle truppe inglesi e americane, di orripilanti pile di cadaveri ammassate all'interno dei campi della Germania occidentale (tra i quali Dachau e Belsen) liberarti nel '45. In secondo luogo si considera che in Polonia non sono più presenti consistenti comunità ebraiche. Il terzo motivo è che la quasi totalità degli storici e degli studiosi considerano verosimile questa leggenda.

    Durante le due guerre mondiali, la Germania fu sempre impegnata a fronteggiare le epidemie di tifo che scoppiavano a causa dai pidocchi introdotti nei traffici commerciali con l'oriente. Ciò spiega il fatto che i prigionieri dei campi di concentramento tedeschi raccontino della rasatura dei capelli, delle docce frequenti e di altre procedure d'igiene quali il trattamento dei locali con un insetticida, lo Zyclon. Ciò spiega inoltre l'elevato tasso di mortalità nei campi e la presenza al loro interno dei forni crematori.

    Quando, sul finire della guerra, la Germania entrò nel caos, tali misure cessarono e, di conseguenza, il tifo e altre malattie si diffusero rapidamente tanto da ridurre dei tre quarti la popolazione dei campi, per lo più composta da prigionieri politici, criminali comuni, omosessuali, obbiettori di coscienza, ed ebrei, tutti destinati ai lavori forzati. Di qui l'orrido spettacolo offerto ai soldati inglesi e americani, il quale, tuttavia, non aveva nulla a che vedere con lo "sterminio", né con nessun'altra deliberata politica persecutoria. Si consideri, inoltre, che i campi della Germania occidentale non sono additati come "campi di sterminio", definizione che, invece, si vorrebbe attribuire a quelli polacchi (ad es. Auschwitz e Treblinka). Questi ultimi furono tutti sgomberati e chiusi prima dell'arrivo dei Sovietici i quali, pertanto, non si imbatterono in tali drammatiche scene.

    La "Soluzione Finale" di cui si parla nei documenti tedeschi era, in realtà, un programma di evacuazione, trasferimento e deportazione degli Ebrei, il cui fine ultimo doveva consistere nella loro espulsione dall'Europa. Durante la guerra, Ebrei di varie nazionalità vennero trasferiti verso est come primo passo di questa Soluzione Finale. La leggenda vorrebbe far credere che il motivo principale di questo trasferimento fosse lo sterminio. La maggioranza delle pretese vittime dell'Olocausto non sarebbero originarie né della Germania, né degli altri stati dell'Europa continentale, ma proverrebbero, invece, dall'Europa dell'est; per questo motivo, una ricostruzione del problema basata sugli studi statistici è da sempre risultata praticamente impossibile. Rimane comunque il fatto che in Polonia non esistono più comunità ebraiche numericamente consistenti. In realtà, i Tedeschi furono solo una delle parti coinvolte nel trasferimento e nello spostamento delle popolazioni ebraiche europee. Nel 1940 i Russi deportarono quasi tutti gli Ebrei della Polonia occidentale in Unione Sovietica. A guerra finita, mentre un gran numero di Ebrei polacchi e di altre nazionalità si muovevano dai paesi dell'est alla Germania occupata, i sionisti si adoperavano per il loro insediamento in Palestina. Molti altri emigrarono in America e in altri stati, in condizioni che, nella maggioranza dei casi, rendevano impossibile un censimento numericamente attendibile. A ciò si aggiunga il fatto che i confini polacchi furono drasticamente modificati: l'intero territorio fu letteralmente spostato ad est.

    E' vero che gli storici danno credito alla leggenda, ma esistono numerosi precedenti di incredibile cecità, anche da parte di studiosi illustri. Per esempio, nel medio evo, perfino i nemici politici del Papa avallavano la sua falsa pretesa secondo la quale, il potere di governare l'impero d'occidente gli sarebbe stato conferito, nel quarto secolo, da Costantino; in realtà, tutti sapevano bene che alla morte di Costantino tale potere non era passato al Papa, ma ai suoi successori. La quasi totalità di studiosi, ricercatori e accademici diventa sospetta, soprattutto in presenza di forti pressioni politiche; in alcuni paesi gli storici revisionisti vengono perseguiti dalla legge.

    E' semplice dimostrare che la leggenda relativa allo sterminio merita almeno di essere considerata con scetticismo. Anche il lettore occasionale della letteratura sull'Olocausto sa perfettamente che, durante la guerra, tutti risposero con l'indifferenza a ciò che stava accadendo. Di conseguenza, si cerca comunemente di addossare le colpe della generale inattività al Vaticano, alla Croce Rossa e agli alleati (in particolare ai servizi segreti) e di spiegare che gli Ebrei non opposero resistenza alla deportazione poiché non sapevano a cosa andavano incontro. Mettendo insieme tutto ciò, si giunge allo strano paradosso per cui per quasi tre anni i treni tedeschi avrebbero girato l'Europa portando regolarmente e sistematicamente milioni di Ebrei alla morte, senza che nessuno si accorgesse di niente, eccetto, forse, qualche leader ebraico che, all'epoca, parlò pubblicamente di "sterminio".

    Ad un'osservazione più attenta, ci si accorge, però, che nemmeno queste poche persone agirono per contrastare ciò che a loro avviso stava accadendo. I normali canali di comunicazione tra paesi occupati e neutrali rimasero sempre aperti, quindi, se la leggenda fosse in qualche modo valida, chi sapeva avrebbe avuto la possibilità di diffondere la notizia.

    Tale incredibile ignoranza deve poi essere attribuita anche al reparto di spionaggio militare comandato da Hans Oster, che in una recente pubblicazione è stato definito, a ragione, "la vera opposizione a Hitler all'interno dello stato maggiore".

    Gli elementi che oggi sono indicati come prove, in realtà, emersero nei tribunali solo a guerra finita e si riducono, quasi unicamente, a testimonianze orali e "confessioni". Senza i processi, non si avrebbe quindi nessuna prova dello "sterminio". Questo punto va valutato con attenzione. Sono stati necessari i giudici per determinare che la battaglia di Waterloo è stata realmente combattuta? I bombardamenti di Amburgo e Dresda? Hiroshima e Nagasaki? I massacri in Cambogia? Invece, questo programma di genocidio di portata continentale, protrattosi per ben tre anni, che avrebbe provocato milioni di vittime, deve essere dimostrato in un aula di tribunale. Queste premesse non mi conducono a sostenere che i processi furono illeciti o parziali, ma solo a ribadire che una logica come questa, su cui la leggenda si basa, non deve essere favorita o sostenuta in alcun modo. Eventi di questa portata non possono aver luogo senza lasciarsi alle spalle una minima prova della loro esistenza, così come non è credibile che un grosso incendio possa divorare una foresta senza alzare un filo di fumo. Allo stesso modo si dovrebbe credere che New York sia stata rasa al suolo se solo si trovasse qualcuno disposto a confessare il gesto...

    Considerazioni specifiche su ciascuna delle prove poste a sostegno della leggenda sono materia per la letteratura revisionista e non possono essere qui singolarmente analizzate, eccetto per un punto. La pretesa della leggenda è che non siano mai esistiti strumenti appositamente dedicati allo sterminio, ma che ve ne fossero altri, originariamente destinati a scopi diversi, che svolsero, per così dire, una doppia funzione. Insomma, gli Ebrei furono gassati con un insetticida, lo Zyclon, e i loro cadaveri vennero fatti sparire, assieme a quelli di persone morte per cause "ordinarie", nei forni crematori (se si desse credito a questa teoria, mancherebbero all'appello i resti o le ceneri di milioni di corpi mai ritrovati).

    Senza dubbio, di fronte a quanto qui esposto, qualunque persona dotata di raziocinio deve essere scettica.

    ++++++++++++++++++++++++++++

    CODOH - P.O. Box 439016 / P-111, San Diego, California 92143. Website: www.codoh.com

  9. #9
    cattolico refrattario
    Data Registrazione
    14 Oct 2002
    Località
    Modugno - Terra di Bari -
    Messaggi
    2,838
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    J. SACK, "Occhio per occhio" Ed. Baldini & Castoldi, Milano, 1995

    LO STERMINIO DEI TEDESCHI AD OPERA DEGLI EBREI
    NARRATO DA UN EBREO

    Introduzione

    «Dio sa se gli ebrei erano stati provocati, ma io scoprii che nel 1945 uccisero un gran numero di tedeschi: e non si trattava di nazisti, ... ma di civili, uomini e donne, bambini, neonati, il cui unico crimine era di essere tedeschi. A causa della collera degli ebrei... i tedeschi persero più civili che a Dresda (200.000 n.d.r.), più, o almeno altrettanti, di quanti ne avessero persi i giapponesi a Hiroshima... Questo scoprivo, e ne ero inorridito» (1).

    Chi scrive non è un revisionista, è un ebreo! John Sack, inviato per “Harper’s”, “The Atlantic” e “The New Yorker”, corrispondente speciale e produttore per la CBS, giornalista da quarantotto anni. Nel 1945 l’esercito sovietico occupò la Polonia e parte della Germania. Venne immediatamente organizzato un Ufficio per la Sicurezza dello Stato, per “denazificare” il Paese. «Oltre a polacchi desiderosi di vendicarsi, i russi reclutarono anche ebrei (...) I tedeschi che finirono nei (...) campi di concentramento erano per il 99% civili che non avevano mai combattuto, compresi donne e bambini: coloro che sopravvissero alle torture vennero spesso falciati dal tifo e dagli stenti» (2).

    Dopo cinquanta anni John Sack ha ritrovato negli Stati Uniti e in Polonia, i protagonisti di questa vicenda: li ha intervistati, ha confrontato le loro testimonianze e ha scritto il succitato libro. La maggior parte delle interviste di cui si compone il libro è stata registrata; i nastri, per una durata di oltre trecento ore, fanno parte del fondo John Sack presso la Boston University, dove chiunque li potrà consultare. Quando la vittima diventa carnefice «Gerusalemme. Choc in TV: abbandonato un piano per avvelenare sei milioni di tedeschi. Vendetta ebraica nel dopoguerra» (2).

    Non è il testo di un volantino di estrema destra no! È un articolo tratto da La Stampa di Torino, che narra di un documentario della televisione israeliana: «Secondo la testimonianza di un appartenente a uno di questi “gruppi di vendetta”, sarebbe stato anche studiato un piano per uccidere 6 milioni di tedeschi, avvelenando gli acquedotti di diverse città, tra cui Norimberga e Monaco» (3).

    Qualche brano del libro «Ad Auschwitz le donne ebree non venivano violentate (le SS potevano venire impiccate per questo), ma a Gleiwitz (il campo di concentramento in cui erano internati i tedeschi, dopo il 1945 - n.d.r) poteva accadere che un focoso inquisitore strappasse di dosso i vestiti a una ragazza tedesca...».

    Un libro un po’ crudo, ma da leggere per non perdere la memoria storica.

    Note
    1) J. SACK, Occhio per occhio, ed. Baldini & Castoldi,
    Milano, 1995, p. 10
    2) La Stampa, 25/02/1996, p. 9
    3) Id.

  10. #10
    cattolico refrattario
    Data Registrazione
    14 Oct 2002
    Località
    Modugno - Terra di Bari -
    Messaggi
    2,838
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

 

 
Pagina 1 di 8 12 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. Revisionismo storico
    Di oggettivista nel forum Destra Radicale
    Risposte: 31
    Ultimo Messaggio: 24-04-08, 22:05
  2. Revisionismo storico
    Di I'm Hate nel forum Etnonazionalismo
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 30-09-06, 00:23
  3. Il revisionismo storico
    Di nowastes nel forum Il Termometro Politico
    Risposte: 58
    Ultimo Messaggio: 08-12-05, 09:34
  4. per il revisionismo storico
    Di Rodolfo (POL) nel forum Destra Radicale
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 24-08-02, 08:41

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito