Ari scrive, altrove, queste parole:
Devo dire che questo post mi ha abbastanza stupito. Quale è, a tuo avviso, la vulgata statalista novecentesca? Quale è il sistema destinato a cadere? Quale è lo stato concepito com’è ora?A volte credo che sia bene togliersi dalla mente che l'unico modo di intendere il mondo sia come lo vuole la vulgata statalista novecentesca. Ma vi sembra proprio impossibile, chiusi come siete dalle vostre sicurezze, capire che questo sistema è destinato, come ogni altro nei secoli, a cadere? E' folle pensare che lo stato com'è ora concepito sopravviva in eterno, e lo è di più restare convinti che il pensiero politically correct sia l'unico concepibile (tra l'altro seguendo la pura razionalità si arriva a conclusioni totalmente differenti).
Io a queste tre domande rispondo con una seplice affermazione: nel novecento si è sviluppato il sistema democratico, e su di esso si sono innestate forme statali adatte al periodo storico. Mi spiego meglio: hai ragione a dire che le forme statali contingenti che ci sono adesso sono caduche e non sono, nè possono, essere eterne, come ben ci insegna la Storia. Sbagli, se ritieni che questo significhi il superamento dello stato in una forma anarco-libertaria, di comunità piccole, guidate dalla libertà totale –e pertanto formale- in molti campi. Forse ho male interpretato il tuo pensiero, e ti chiedo di farmi capire quali sono, a tuo avviso, i compiti dello stato.
A quanto ho capito, tu proponi un modello alternativo di stato, ma ti sfugge il carattere totalizzante di tale modello; ed è noto che i modelli totalizzanti hanno sempre perso, non risultando abbastanza flessibili per adattarsi alla realtà. Totalizzante perchè da alcuni assunti di base fai derivare tutto senza la necessaria mediazione tra istanza ideale e applicazione.Tu poni la libertà assoluta dell’azione individuale a capo del tuo stato perfetto, dimostrando, anche a ragione, che in varie occasioni il tuo modello funziona. Il pensiero democratico ti propone, invece, qualcosa di profondamente alternativo: un metodo decisionale caratterizzato dalla reversibilità delle scelte. In questo, cioè nella capacità di cambiare indirizzo per adattare l’azione alla realtà, sta la forza di tale modello. Non è quindi accettabile il discorso di una vulgata statalista: nel novecento lo sviluppo è passato attraverso forme di intervento statale diretto, già da anni è evidente che è necessario modificare radicalmente le forme di intervento dello stato, e lo si sta facendo, per gradi, sbagliando ma lo si sta facendo. Il tuo modello, al contrario, elimina la gradualità ed elimina lo sbaglio, per così dire, d’autorità; applicando determinati principi –spesso acriticamente- si ottiene il giusto ed il buono. Tu parli di pura razionalità, io ti parlo di confronto. Non riconosco valido il principio secondo cui seguire la pura razionalità si giunge alla verità, non lo ritengo valido perchè mancano gli strumenti: come posso io giudicare razionalmente le relazioni sociali? Il funzionamento dell’economia? E questo tanto per fare degli esempi. Anche il modello di Marx, allora, è razionale.
Tu proponi un modello di stato deterministicamente definito, a ben vedere, in tutti i minimi dettagli, e pertanto un modello rigido e totalizzante, e come tutti i modelli non-mediati, in definitiva, proponi un modello autoritario, in cui la libertà formale è garantita di principio a tutti, ma la libertà effettiva è garantita a pochi, forse a nessuno; noi proponiamo un modello decisionale capace di mutarsi nel tempo e di adattarsi a forme di stato diversissime.
salut